Esperienza personale.
Conobbi fugacemente in un viaggio condiviso in macchina MI-FI insieme ad altri, una ragazza straordinaria.
Borghese, emancipata, autonoma, anticonformista. Libera.
Proprietaria della macchina si era fidata a non fare benzina prima della partenza.
In autostrada cominciò ad entrare in angoscia poiché l’area di sosta non ne voleva sapere di apparire.
Si profilavano: esborso (suo) di parecchi soldi per trasbordo ACI; rimbrotti da parte dei passeggeri (tutti con orari prefissati); colpa...tutta a carico suo.
Cercai di tranquillizzarla. Lei consumava caramelle una dopo l’altra.
Ad un certo punto vidi un distributore fuori dall’autostrada. Le dissi di uscire al primo svincolo.
Così facemmo. E poi si rientrò.
Non la rividi più. Mi disse giorni dopo, in un sms, che aveva apprezzato molto la mia tranquillità. Le aveva contenuto il panico.
Durante il viaggio mi raccontò di frequentare l’india (anche per motivi di lavoro…commerciando stoffe).
Mi disse di avere rivalutato la rigida separazione delle caste di quel paese e l’istituto dei matrimoni combinati.
Diceva che, stante la labilità del concetto d’amore, probabilmente quella tradizione aveva un senso.
Una razionalità. Un utilità, che il legame fondato sull’amore non poteva avere.
Avrebbe accettato, lei, un matrimonio combinato?
Non so.
Ma quello era il suo pensiero.
Credo che ebbe il coraggio di confessare quello che molte donne “moderne” non dicono: la loro necessità di avere una qualche sorta di contenimento. Di guida.
Il fallimento “psichico” ancor prima che “pratico” del concetto femminista di libertà assoluta.