Io affermo con convinzione che sistono due piani dell'arte.
Un conto è il piano politico, nel quale viene censurata o finanziata l'arte perché porterebbe a certe imprecisate conseguenze: e questo è il piano sul quale le femministe guardano l'arte - che per loro è semplicemente cosmesi, un mezzo per ottenere qualcosa, qualcosa di non-sacro.
Un conto è il piano estetico-educativo, nel quale vigono il principio "l'art pour l'art" come criterio di ciò che è estetico e il bello ed il brutto come principii di potenziamento vitale correlati all'educazione: e questo è il piano sul quale io critico l'arte o presunta tale. E insieme ad esso, valuto l'arte anche da un punto di vista ulteriore che è quello della sua sacralità, ovvero quello dello sfondo religioso o spirituale dell'arte.
Il film "Dio esiste e vive a Bruxelles" è un'opera d'arte totalmente volgare, con un simbolismo sciatto e privo di allacciamento con il reale o con il buon gusto. Si potrebbero muovere ad essa varie critiche, anche ideologiche, ma se non lo faccio è solo perché non mi va. Solo, non faccio il salto in avanti fino all'invocazione della censura.
Io credo che nel femminismo sia insito proprio un modo di pensare erroneo, una carenza nei nessi causali e di dipendenza logica. La femminista dice: quel film è brutto perché svaluta le donne. E qui commette due errori: innanzitutto non si accorge del fatto che i film in questione il più delle volte non svalutano affatto le donne; in secondo luogo considera la bruttezza del film come dipendente da una cosa brutta. Io invece dico: quel film svaluta gli uomini perché è brutto, anzi, antiestetico.
Io sono nuovo della questione maschile, ho appena 22 anni e vengo da un ambiente scolastico governato dalle donne - femministe -, fatto salvo qualche professore. Ho dovuto studiare per conto mio sui libri quel poco che so della cultura passata del maschile. Mio padre - e mia madre - sono di estrema sinistra. Ho riconosciuto la mancanza di una figura paterna nella mia vita solo molto tardi, dopo aver conosciuto il mio professore di filosofia al liceo che per primo, in 17 anni, mi ha fornito un modello virile da seguire - e dal punto di vista politico ho mutato la mia posizione da un anarchismo Bakuniniano ad un aristocraticismo; in questo senso il mio professore mi insegnò i principii della sinistra storica secondo Spengler (ovvero libertà, uguaglianza, fratellanza) e quelli della destra storica (ordine, disuguaglianza, distanza) ed il principio storico che lega, sempre secondo Spengler, i sessi (ovvero, "l'uomo fa la storia, la donna è la storia") -. Questo cambiamento dell'orientamento politico dai valori della decadenza storica - ovvero sinistra storica e donne che tentano di fare la storia - ai valori della civiltà e della salute - ovvero destra storica e uomini che tornano a fare la storia con donne che tornano ad esserla - mi ha condotto verso la QM. Adesso, io sono convinto di non dire nulla che contraddica i principii della QM, ma vedendo le vostre reazioni mi chiedo dove io stia sbagliando e perciò vi chiedo che tipo di correzioni volete propormi. Io sono disponibilissimo a cambiare la mia posizione sulle questioni, come già dimostrato relativamente ai "matrimoni" gay in un altro post, purché mi si diano delle valide ragioni e non si speri che io capisca per sottintesi ed inespliciti, perché il più delle volte non capisco oppure capisco senza la certezza di aver capito.
Un'ultima nota circa la mia storia genetica, per chiarire. Io mi considero superiore a tutti i membri della mia famiglia. Credo fermamente che la mia famiglia abbia accumulato per secoli potenza a partire da una condizione di debolezza. Mio padre, un anarco-comunista, è stato lo slancio finale che ha portato, con un salto generazionale, a me, un gerarco-aristocraticista. Egli rappresenta per me una linea di demarcazione: da un lato il suo spirito anarchico lo ha condotto a rivendicare l'autonomia su di sé, da un altro il suo spirito comunista lo ha condotto ad una soltanto interiore, psicologica, "dittatura del proletariato". Nel rapporto con le donne della famiglia ciò significa che, di fronte al fatto che le donne della famiglia hanno per secoli sfruttato gli uomini espropriando il frutto del loro lavoro, lui ha avuto la capacità di riappropriarsene. Lui è un cosiddetto "uomo-beta" stando al linguaggio della QM. Con ciò è ancora legato ad una logica moderata che, volente o nolente, io ho recepito. Tuttavia io costituisco un passo ulteriore e perciò, pur venerando mio padre, non lo riconosco come figura paterna definitiva: è troppo legato a mia madre, troppo dipendente da lei.
Io mi oppongo perciò al femminismo, ma preferisco smontarne gli argomenti, che alimentare il vittimismo di cui si fa forte considerando l'arte femminista come degna di critica e discussione. In ciò mi rifaccio ad Heidegger: noi abbiamo perduto il concetto del discutibile e del questionale. Oggi per "discutibile" intendiamo ciò che è indegno, ciò di cui non si può discutere ma soltanto esprimere approvazione o disapprovazione: il discutibile è invece, secondo memoria, ciò che è degno di discussione; si trova su un rango più elevato. Per quanto riguarda il questionale, invece, consideriamo gli argomenti che suggeriscano l'approvazione o la disapprovazione di un argomento, mentre il questionale è l'argomento stesso. Così, di fronte ad un'opera d'arte o presunta tale, il questionale sono i suoi tratti estetici e sacrali, non che essa debba o meno cessare la sua diffusione. In questo senso riconosco l'opera d'arte autentica da quella farlocca. Un'opera d'arte femminista, che rappresenta cose terribili e mostruose, è per sua natura farlocca, come nel caso del film di Van Dormael. Tuttavia non considero farlocca, ad esempio, "La zattera della Medusa" di Gericault, nonostante essa rappresenti qualcosa di terribile e di assolutamente fuori di ogni auspicio. E allora mi dico, il motivo per cui oggi sorge l'arte farlocca non è culturale - si appoggia un'arte che rappresenta cose sconvenienti; perché anche la vera arte rappresenta cose sconvenienti -, ma economico-sociale - si produce arte come bene di consumo industriale e quindi c'è bisogno di un'arte povera e sciatta -. Ma la soluzione non è quella di disapprovare quell'arte povera, come ad esempio fanno le femministe con tutto quanto non rientri nei loro deliri, ma ignorarla o, qualora la si incontri, prendere atto dello schifo e andare avanti. Così come, di fronte ai fast food, evito semplicemente di andarci e non ci piazzo delle bombe dentro.
Ora so bene di avere uno stile di scrittura altamente prolisso e tendente a quella titubanza, dubbio, insicurezza, che caratterizzano gli individui subdoli. Tuttavia questo tipo di stile non si basa su calcoli meschini: il mio intento è quello di raggiungere forme totalmente esplicite del contenuto dei miei pensieri con il massimo rigore linguistico possibile. Poiché l'italiano mal si presta a discorsi brevi, a causa della povertà sintattica e lessicale che lo caratterizza rispetto, ad esempio, al greco antico (e da quanto ne so anche al tedesco), e poiché ho un sapere limitato e affatto giovanile del mondo e dei punti di vista, ottengo come risultato papiri spesso superflui e magari incoerenti. Un metodo per chiarire il mio punto di vista sulle cose può essere quello di leggermi lentamente.
@giuspal: io non ho rimandato un'accusa contro di te. Tu mi dicesti "grazie per avermi ricordato questo e quello", ma siccome ti riferivi a degli scritti che parlavano di un argomento più ampio ho precisato l'argomento e ti ho fatto notare che una cosa ricordata è una cosa già saputa. Ovviamente non intendevo "ricordartelo" quasi come se si trattasse di un tentativo di provocare a te o a chicchessia una reazione spiacevole. Quel tema che ti avevo, a tuo avviso, ricordato, l'omosessualità nel mondo Greco, mi serviva per esprimere una tesi che non ripeterò qui. Ti chiedo scusa per le mie lacune comunicative.
P.S.: sul questionale ed il questionabile/discutibile, rimarco che di fronte all'espressione "questione maschile" si debba considerare degno di discussione il maschile e l'uomo, non il "femminismo", che si trova su un rango fuor di questione. Ciò non esclude una critica al femminismo, ma io, personalmente, me ne occupo come di una questione altrettanto maschile. Cioè per me il femminismo non è un interlocutore, ma una malattia della quale l'uomo si ammala e dalla quale egli deve guarire.