ieri passeggiavamo per Venezia con Rino Barnart, Cesare Brivio e Armando Ermini e, appunto, si discuteva di quel libro di Ferliga
poi questa notte le riflessioni fatte si sono ripresentate e, ad un certo punto, mi sono accorto che stiamo ragionando su due registri:
il registro femminista e il registro vero
nel registro femminista, che attualmente è l'unico sistema hegeliano sopravvissuto alla fine delle ideologie, il riconoscimento di colpa equivale ad una condanna, e ad una condanna a morte senza appello. Per capirci immaginiamo le purghe staliniane, riconoscere di essere un capitalista o un borghese o un simpatizzante per chicchessia che non fosse il compagno Stalin, equivaleva ad una condanna a morte. Di fatto per le femminaziste non c'è scampo al crimine efferato di essere maschi, i maschi pentiti, coloro con i quali esse parlano, sono coloro che hanno fatto a tal punto autocritica da non aver conservato più alcuna identità maschile.
Perciò riconoscere le proprie colpe di fronte ad una interlocutrice femminazista è stupido, inutile, suicida.
Ma il sistema femminazista è un sistema, è un insieme di falsità del tutto scollegato con la realtà, con la vita vera, non è la realtà, non è la vita ma la sua parodia.
Nella realtà, nella vita vera, quando Gesù accusa i giudei di volerlo uccidere, la cosa più saggia e intelligente che avrebbero dovuto fare sarebbe stata di ammetterlo, di dire: "sì è vero, ti vogliamo uccidere per questo e quest'altro motivo". In quel contesto il riconoscimento della propria colpa, mi capite vero? equivale a tutt'altro che ad una condanna a morte, proprio a tutt'altro!