Autore Topic: E' la dose che fa il veleno.  (Letto 17789 volte)

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Offline Vicus

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #30 il: Agosto 25, 2016, 01:29:56 am »
Anche lo sport intenso e professionistico fa male.
In che modo?
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline ReYkY

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #31 il: Agosto 25, 2016, 01:53:36 am »
Probabilmente si riferisce agli infortuni...

Offline CLUBBER

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #32 il: Agosto 25, 2016, 02:18:43 am »
In che modo?
In alcuni casi è vero.
C'è una differenza tra allenarsi per motivi salutistici (il classico tenersi in forma) e mirare alla massima performance sportiva a cui il tuo corpo può giungere.
Evito di prendere ad esempio il mio sport (le MMA) o altri sport che prevedono un contatto fisico violento(boxe,rugby,a causa di certi impatti anche il judo,la lotta ecc.) data la loro natura implicitamente traumatica.
Ho letto molti libri e ricerche russe ed americane che dimostravano che atleti come maratoneti o sciatori di fondo PROFESSIONISTI nella maggioranza dei casi abbiano uno stato di salute pessimo :traumi articolari,eccessiva produzione di radicali liberi e di cortisolo,disturbi nel ciclo sonno-veglia ecc.
Gli sport peggiori dal punto di vista salutistico sembrano proprio essere quelli prettamente aerobici e con movimenti ripetivi come la Maratona,il ciclismo,sci di fondo,nuoto sulle lunghe distanze ecc.
Gli studi mostrano che attività come la corsa sono salutari finché non si supera un certo punto,arrivando alla frequenza,al volume e all'intensità degli allenamenti degli atleti professionisti incominciano a subentrare più svantaggi che vantaggi a livello salutistico.
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Offline Vicus

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #33 il: Agosto 25, 2016, 02:35:44 am »
Senza contare il doping che malgrado le regole è comunque molto diffuso e sempre più sofisticato.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline ReYkY

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #34 il: Agosto 25, 2016, 05:26:08 am »
Eppure tanti ciclisti superano i 90 anni. :hmm:

Offline CLUBBER

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #35 il: Agosto 25, 2016, 07:58:44 am »

Stiamo incominciando a fare confusione.
La pratica del ciclismo cosi come quella della corsa ha degli effetti POSITIVI sulla salute, uno tra i tanti diminuisce la probabilità di avere un infarto.
Quando parliamo di ciclismo PROFESSIONISTICO le cose incominciano a cambiare a causa dell'incredibile mole di lavoro,il troppo stroppia e incominciano ad esserci più svantaggi che vantaggi.
Fortunatamente per ovvie ragioni gli atleti professionisti hanno una carriera sportiva che,tranne incredibili eccezioni, non prosegue oltre i 45 anni(e mi sto' tenendo larghissimo, la maggior parte non va oltre i 40)
Smesso col professionismo la maggior parte continua a fare sport in maniera più blanda e quindi benefica.
L'attività sportiva è salubre e allunga la durata e la qualità della vita ma ad ALTISSIMI LIVELLI COMPETITIVI il corpo e il sistema nervoso dell'atleta sono messi a dura prova.
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Offline ReYkY

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #36 il: Agosto 25, 2016, 08:50:45 am »
Gino Bartali 86 anni
Fiorenzo Magni 92 anni
Alfredo Martini 93 anni

Potrei andare avanti...


Tra l'altro parliamo di gente che correva molto "naive", senza neanche gli aiuti (integratori) che hanno oggi...

Offline CLUBBER

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #37 il: Agosto 25, 2016, 12:06:03 pm »
Gino Bartali 86 anni
Fiorenzo Magni 92 anni
Alfredo Martini 93 anni

Potrei andare avanti...


Tra l'altro parliamo di gente che correva molto "naive", senza neanche gli aiuti (integratori) che hanno oggi...
Ma hai letto quello che ho scritto?
Ti ho già risposto.
Lo sport professionistico non riesce ad essere così deleterio da accorciare la vita semplicemente perché viene interrotto in giovane età.
Dopo la maggior parte degli atleti si allena in maniera più sana e salubre.


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Online Frank

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #38 il: Agosto 25, 2016, 14:51:14 pm »
Gino Bartali 86 anni
Fiorenzo Magni 92 anni
Alfredo Martini 93 anni

Potrei andare avanti...


Tra l'altro parliamo di gente che correva molto "naive", senza neanche gli aiuti (integratori) che hanno oggi...

ReYkY, ma tu hai mai praticato qualche sport ? Ti intendi di questi argomenti ?
Ascolta, a livello professionistico lo sport può essere anche nocivo, e i motivi li ha ben elencati CLUBBER.

Citazione
Tra l'altro parliamo di gente che correva molto "naive", senza neanche gli aiuti (integratori) che hanno oggi...

Non è così, anche all'epoca esistevano delle "bombe" capaci di migliorare le prestazioni.

Offline Warlordmaniac

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #39 il: Agosto 25, 2016, 14:54:37 pm »

Non è così, anche all'epoca esistevano delle "bombe" capaci di migliorare le prestazioni.

Infatti Reiky non sta parlando bene di quell'epoca. Gli integratori sono benefici, le bombe no.

Online Frank

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #40 il: Agosto 25, 2016, 14:58:01 pm »
Infatti Reiky non sta parlando bene di quell'epoca. Gli integratori sono benefici, le bombe no.

A me sermbra che dica altro, ma in ogni caso gli "aiutini" esistevano pure in quegli anni.

http://www.slideshare.net/AntonioMassario/il-ciclismo-e-la-morsa-del-doping-da-coppi-alloperacin-puerto-storie-di-scandali-in-un-mondo-malato-al-suo-interno
Citazione
Come vedremo in seguito già ai tempi di Coppi era “normale”assumere sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni.

Online Frank

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #41 il: Agosto 25, 2016, 15:02:40 pm »
Stiamo incominciando a fare confusione.
La pratica del ciclismo cosi come quella della corsa ha degli effetti POSITIVI sulla salute, uno tra i tanti diminuisce la probabilità di avere un infarto.
Quando parliamo di ciclismo PROFESSIONISTICO le cose incominciano a cambiare a causa dell'incredibile mole di lavoro,il troppo stroppia e incominciano ad esserci più svantaggi che vantaggi.
Fortunatamente per ovvie ragioni gli atleti professionisti hanno una carriera sportiva che,tranne incredibili eccezioni, non prosegue oltre i 45 anni(e mi sto' tenendo larghissimo, la maggior parte non va oltre i 40)
Smesso col professionismo la maggior parte continua a fare sport in maniera più blanda e quindi benefica.
L'attività sportiva è salubre e allunga la durata e la qualità della vita ma ad ALTISSIMI LIVELLI COMPETITIVI il corpo e il sistema nervoso dell'atleta sono messi a dura prova.



E' così e in merito mi ricordo di un articolo pubblicato alcuni anni fa sulla Gazzetta dello sport, in cui si parlava di un nuotatore di livello olimpico, che aveva avuto seri problemi di salute proprio a causa degli allenamenti troppo intensi.
Anche un grande thai boxer come Ramon Dekkers, è morto a soli 43 anni perché nel corso della sua intensissima carriera, aveva chiesto troppo al suo corpo.

Anmche il caso di Junior Dos Santos è emblematico:
http://www.mmamania.it/dos-santos-urinava-fibre-muscolari-dopo-il-match-con-velasquez/
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Junior ha subito una dura sconfitta nel match con Cain Velasquez, dopo cinque round combattuti al massimo. La mattina dopo l’incontro le sue urine erano di colore marrone scuro, del colore di una birra Guinness.
Non stava urinando sangue, come succede ad alcuni atleti dopo aver combattuto match molto duri. Il colore delle sue urine era dovuto alla rabdomiolisi. Le sue fibre muscolari si stavano rompendo, riversandosi nelle urine.
E’ una patologia curabile, ma può anche essere fatale in alcuni casi. Una delle cause scatenanti è l’esercizio fisico estremo.  Dos Santos si è allenato ed ha combattuto in maniera così intensa da superare i suoi limiti naturali.

Offline ReYkY

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #42 il: Agosto 25, 2016, 18:57:17 pm »
A me sermbra che dica altro, ma in ogni caso gli "aiutini" esistevano pure in quegli anni.

http://www.slideshare.net/AntonioMassario/il-ciclismo-e-la-morsa-del-doping-da-coppi-alloperacin-puerto-storie-di-scandali-in-un-mondo-malato-al-suo-interno

Chiedi a me se ho praticato sport e confondi gli integratori col doping...anzi con le "bombe" di coppi. :lol:

Per la cronaca ho fatto anche un giro d'italia U23 (ciclismo dilettantistico). ;)
Anticipo la domanda: no, non mi sono mai dopato.

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #43 il: Agosto 26, 2016, 09:40:10 am »
Chiedi a me se ho praticato sport e confondi gli integratori col doping...anzi con le "bombe" di coppi. :lol:

Per la cronaca ho fatto anche un giro d'italia U23 (ciclismo dilettantistico). ;)
Anticipo la domanda: no, non mi sono mai dopato.

Non confondo un bel niente... casomai sei tu che ti confondi. ;)
Anche ai tempi di Coppi si "bombavano" e non con gli integratori.
Informati meglio.


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Anticipo la domanda: no, non mi sono mai dopato.

Non è una domanda che volevo farti, anche perché non mi interessa minimamente il fatto che tu ti possa essere dopato o meno.

Online Frank

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Re:E' la dose che fa il veleno.
« Risposta #44 il: Agosto 26, 2016, 10:13:18 am »
http://www.oasport.it/2013/09/storia-del-doping-un-fenomeno-antico-quanto-lo-sport/

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Storia del doping, un fenomeno antico quanto lo sport
Pubblicato il 14 settembre 2013 da Giulio Chinappi alle ore 13:00 in Rubriche

Molti appassionati di sport, ma anche giornalisti, spesso sono portati a pensare che il doping sia un fenomeno relativamente recente, sviluppatosi solamente negli ultimi decenni. In realtà è facile scoprire che non è così, anzi la differenza sta nel fatto che con il migliorare delle tecniche antidoping aumentano anche i casi di positività, il che dà la percezione che l’uso di doping sia in aumento.

In origine, addirittura, l’uso del doping era vissuto come una cosa non solo legale, ma normalissima e conclamata: e questo sin dai tempi delle Olimpiadi antiche. Del resto l’origine delle “pozioni magiche” (in stile Panoramix, per intenderci) per aumentare le proprie capacità fisiche non è altro che l’uso di sostanze naturali, spesso allucinogene, che possono aumentare a dismisura la forza e la resistenza. Questo elemento è presente in tutte le culture, dall’Europa del Nord all’Africa.

Quando nell’800 furono organizzate le prime gare di marcia di lunga durata, poi, divenne noto a tutti come gli atleti utilizzassero piante oppiacee ed altri prodotti per migliorare le proprie performance, come veniva dichiarato dagli stessi protagonisti delle competizioni. Lo stesso accadde nelle prime gare di ciclismo e di boxe negli Stati Uniti: si racconta che spesso i ciclisti venivano colti da allucinazioni e da pazzia, proprio a causa delle sostanze che assumevano, dall’oppio alla nitroglicerina, che veniva utilizzata per aumentare le capacità respiratorie.

Ai Giochi Olimpici, il primo caso conclamato di doping è quello dello statunitense Thomas Hicks, vincitore della maratona olimpica di St. Louis nel 1904: durante la gara, Hicks andò in crisi ed il suo allenatore lo soccorse con una siringa. Sul traguardo, Hicks fu preceduto dal connazionale Fred Lorz, che fu squalificato per essere stato trasportato per 11 miglia, mentre l’uso della siringa da parte di Hicks fu ritenuto del tutto normale. L’allenatore svelò poi che le iniezioni furono addirittura due e che ognuna conteneva un milligrammo di solfato di stricnina, mentre durante la corsa ad Hicks fu somministrato anche del brandy.

All’epoca, per l’appunto, non si teneva conto delle conseguenze negative che il doping avrebbe potuto avere sugli atleti, e l’uso di queste sostanze non veniva assolutamente considerato come un modo di falsare la gara, ma come qualcosa di lecito e addirittura necessario: [/b]“La maratona ha mostrato da un punto di vista medico come le droghe possano essere molto utili agli atleti nelle gare di lunga distanza”, si legge nel rapporto della maratona olimpica del 1904.

Nel 1924, il giornale Le Petit Parisien svelò invece le pratiche dopanti necessarie ai ciclisti per portare a termine il Tour de France: in un’intervista, Henri Pélissier, vincitore della Grande Boucle nel 1923, disse che il Tour era “peggio di un calvario” e mostrò le sostanze utilizzate per sopravvivere alla fatica di ogni tappa: cocaina, cloroformio, linimento e pillole varie. Negli anni ’30, poi, il libro guida per le squadre del Tour ricordava addirittura come le droghe non fossero incluse nella fornitura da parte degli organizzatori.

Le Olimpiadi di Berlino, nel 1936, sancirono invece la comparsa ufficiale delle anfetamine nello sport, solo due anni dopo che la benzedrina fu isolata da Gordon Alles negli Stati Uniti. Le stesse sostanze utilizzate nei Giochi del ’36 furono poi somministrate ai soldati durante la seconda guerra mondiale.

Questi sono solo alcuni esempi che ci ricordano come l’uso di sostanze dopanti sia in realtà qualcosa connaturato con l’esistenza stessa della competizione sportiva. Le sostanze dopanti utilizzate oggi sono certamente più sofisticate e più potenti nei loro effetti di quelle della prima metà del ‘900, ma abbiamo motivo di credere che queste pratiche, in percentuale, siano in realtà meno diffuse adesso che allora.