E' passata abbastanza in sordina (e come poteva essere diversamente?) la notizia della deposizione della Roussef dalla carica suprema di
Presidente del Brasile perchè, accusata di corruzione, è stato deciso l'impeachment nei suoi confronti. La notizia sarebbe stata certamente
ghiotta se fosse stata un uomo. Oltre che clamorosa, la notizia avrebbe dato la stura ai soliti "approfondimenti" e "riflessioni" sulla oramai
conclamata e inarrestabile crisi del genere maschile, oramai rappresentato, anche e soprattutto nei luoghi e ruoli di potere da incapaci e da
corrotti: un sesso, quindi, che non ha più niente da dire, se non volgarità e idiozie e niente da dare, se non delusioni e che quindi non deve
fare altro che cedere il passo alle donne, le sole, oramai, in grado di governare il pianeta con efficienza e onestà. Il caso di Dilma Roussef è
la smentita più smaccata di questo assunto ideologico. Le donne, quando sono al potere, si fanno corrompere eccome dal potere. Ma tutto
ciò è eresia per il "politically correct" che difatti ha reagito alla notizia riportandola asetticamente e freddamente come un puro e semplice
fatto di cronaca sul quale è "inutile fare commenti". Come del resto non si fanno commenti da tempo sugli infanticidi commessi da donne.
Mai come in casi come questi è evidente che la censura femminista e femministoide sulla stampa esiste. Solo gli imbecilli non la vedono.