Corriere della Sera - giovedì 29 settembre 2016
Il diritto della ex moglie a ricevere l’assegno divorzile scompare definitivamente nel caso in cui lei si rifaccia una vita costituendo una famiglia di fatto con un nuovo compagno, e non può essere `resuscitato´ nel caso in cui, dopo un consistente lasso di tempo, la convivenza non abbia buon fine e si sciolga come neve al sole. Lo sottolinea la Cassazione - sentenza 19345 depositata oggi dalla Sesta sezione civile -
respingendo il ricorso di una moglie di Latina, divorziata dal 2011, che dall’ex marito voleva il mantenimento a vita dopo il fallimento del menage di convivenza nel quale aveva portato con sé anche il figlio avuto durante il matrimonio.
La decisione dei giudici
Ad avviso della Suprema Corte, «l’instaurazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire meno il presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, cosicché
il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso». Per motivare il verdetto - che segue e rafforza quello già espresso nella sentenza 6855 del 2015 e nella 2466 del 2016 - la Cassazione spiega che «la formazione di una famiglia di fatto, tutelata dall’art. 2 della Costituzione come formazione stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo, è espressione di una scelta esistenziale
libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio del rapporto e, quindi, esclude ogni residua forma di solidarietà post-matrimoniale con l’altro coniuge, il quale deve considerarsi definitivamente esonerato dall’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile». In sostanza la convivenza di lungo corso libera gli ex mariti da una bella spada di Damocle. Con questa decisione, gli `ermellini´ hanno confermato il `no´ all’assegno richiesto da Rita P. all’ex marito Sergio D.P., così come stabilito dalla Corte di Appello di Roma nel 2013, che in base ad una valutazione definita dai supremi giudici «logica e coerente» aveva attribuito alla «prolungata convivenza» della donna, e del figlio, con il nuovo compagno «il carattere di una nuova famiglia di fatto». Appare dunque necessario il requisito della `longevità´ affinché una convivenza determini la irreparabile perdita dell’assegno divorzile. Nel caso in questione, notano inoltre i supremi giudici,
la signora non aveva nemmeno «dato prova della cessazione della relazione» con il nuovo partner. Il suo ricorso è stato rigettato con condanna a pagare 3200 euro di spese di giustizia.
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