Ca va sans dire... che gli italiani si autodenigrino con masochistico piacere pare sia una storia vecchia.
Questo pezzo è tratto da "Diario clandestino" di G. Guareschi (raccolta di scritti durante il suo internamento in un lager in qualità di I.M.I. (internato militare italiano, ovvero i soldati italiani che si rifiutarono di collaborare coi nazisti dopo l'Armistizio).
E' un pezzo ironico scritto al momento della liberazione dal lager, quando, sbandati per l'ennesima volta furono liberi ... di ricercarsi il cibo nella deserta ed abbandonata cittadina dove c'era il lager.
"Quando si tratta di ricercare negli altri popoli qualità positive da contrapporre a manchevolezze proprie, gli italiani si dimostrano gli uomini più volonterosi ed obiettivi del mondo. Questo è sempre stata una delle caratteristiche inconfondibili della nostra gente d’ogni secolo e, per quanto manchino in Tacito e Livio riferimenti in proposito, si può essere certi che a Roma anche i più antiannabaliani erano d’accordo nel riconoscere che, in fatto di elefanti, i romani dovevano levarsi tanto di cappello ai cartaginesi.
Così, in occasione della guerra con la Turchia e poi con l’Etiopia, gli italiani riuscirono a scoprire in determinate cose la loro inferiorità rispetto ai turchii e agli abissini; e così, trovatasi l’italia invischiata nell’avventura bellica dell’Asse, anche il più feroce antitedesco e antinazista degli italiani riconobbe volentieri che, almeno per quanto riguardava la disciplina del razionamento, la Germania era di gran lunga superiore a noi. “L’accaparratore e il borsaro nero” diceva la gente “sono porche figure tipicamente italiane”. In Germania è un’altra cosa. In Germania dal ricco al povero, dal personaggio importante all’ultimo cittadino, tutti osservano scrupolosamente il razionamento. “Hitler stesso sarà l’uomo più pazzo e criminale dell’universo, però vive coi tagliandi della tessera”. Questo diceva la gente in Italia, e tutti erano d’accordo: perciò i tremila affamati italiani che entrarono nelle deserte case della cittadina di Bergen rimasero male. Sacchi di farina, di riso, di zucchero, di caffè, casse di scatolame, barili di carne salata e di melassa, armadi zeppi di tagli d’abito, di lana grezza, doppie pareti imbottite di tela, di filo, di bottoni, di cravatte, di sapone, di spille di sicurezza. In ogni orto, in ogni giardino, una miniera: orci pieni di lardo, di strutto, di miele, di uova, di burro. Sotto le cianfrusaglie dei solai, sotto la paglia dei fienili, sotto le cataste di legna, prosciutti, vasi di marmellata, bidoni d’olio. E nelle stalle, nei pollai nei cortili, galline, oche, maiali, vacche, vitellini.
Animati dal nobile desiderio di sentirsi inferiori a tutti i popoli del mondo, gli italiani erano riusciti a trovare il modo di sentirsi in qualcosa peggiori persino dei tedeschi, che son gente di un altro mondo; e ora la dolce illusione cullata nei cuori per quattro anni cadeva miseramente.
Anche per ciò che riguardava la disciplina del razionamento, gli italiani non erano peggiori dei tedeschi. I tedeschi erano addirittura peggiori degli italiani"