Qualcosa ho letto accennato nel forum, ma, a partire da un libro che sto leggendo, vorrei parlare della cavalleria. Il libro è Cavaliere di Cristo, dedicato alla vita di San Francesco. Qua un estratto da cui partire
Nessun giuoco cavalleresco veniva terminato senza organizzare anche una sfilata d'armi in onore delle Dame. In paese lontano, nel tumulto della battaglia, nella vita di accampamento, il cavaliere ricordava fedelmente la sua dama, per rimaner valoroso e tenersi lontano da cose ignobili. L'ossequiarla, proteggerla, stare al fianco di lei come servo, era per lui sacrosanto dovere non meno che la leale fedeltà verso il suo Signore feudale.
E' vero che il culto cavalleresco della donna non riuscì a tenersi sempre a quest'altezza. Qualche prode campione divenne vittima dell'«eterno femminino». Negli eroi del poema di Rolando e dell'epoca più antica dei cavalieri, questa debolezza non appare ancora in nessun luogo. I romanzi della Tavola Rotonda invece pagano già un forte tributo alla galanteria. La poesia provenzale dei trovatori finalmente guazzò spesso in erotiche frivolezze, non di rado perfino in ardenti passioni (129). Però questo accennava già alla degenerazione della cavalleria. Il genuino culto cavalleresco era destinato al femmineo nel miglior senso della parola, all'innocenza e purezza, all'amabilità, alla leggiadria e prontezza nell'aiutare, al materno della donna, all'ideale muliebre nella sua più genuina accezione.