http://sociale.corriere.it/i-nuovi-poveri-i-padri-separati-storie-di-ordinario-disagio/?cmpid=SF020103COREsplora il significato del termine: 29 ottobre 2016
I nuovi poveri? I padri separati. Storie di ordinario disagio
di Emiliano Moccia
shadow
ROMA – «La notte dormo in macchina. E’ questa la mia casa. In questo periodo, mi arrangio come posso. Poi, la mattina mi sveglio, mi vesto e vado a scuola. Sono un insegnante. Dopo la separazione da mia moglie, con tutte le spese che ogni mese devo sostenere, non sono stato più in grado di pagarmi l’affitto di un alloggio e sono finito in strada. Per fortuna, ho ancora l’auto in cui potermi rifugiare, ma ovviamente adesso non riesco più a vedere mio figlio come vorrei». Giuseppe racconta la sua storia conservando una profonda dignità, anche se tiene lo sguardo rivolto verso il basso e ha poca voglia di entrare nei dettagli di quello che gli è successo. Il suo è un nome di fantasia, ma quella che racconta è una storia assolutamente vera. Una storia dannatamente simile a quella di tanti altri padri separati che, dopo la fine del loro matrimonio, si sono avviati verso un doloroso percorso che porta agli inferni della povertà, dell’emarginazione, della solitudine. E molto spesso, neanche il fatto di avere un lavoro a tempo indeterminato o un’occupazione discretamente stabile riescono a salvarli dai dormitori per persone senza fissa dimora o dalla mense per i poveri, quasi sempre allestite dalle Caritas diocesane.
DORMIRE IN MACCHINA
«In Italia, secondo i dati dell’Eurispes, su 4 milioni di papà separati circa 800 mila vivono sotto la soglia di povertà, mentre un milione e mezzo vive in condizione di indigenza. Molti di questi, finiscono per strada, senza una casa o un posto in cui dormire. Parliamo di padri separati che, nonostante abbiano ancora un lavoro, tra gli assegni di mantenimento in favore dell’ex-moglie ed i figli ed il mutuo della casa da pagare, non riescono a sostenere le spese neanche per fittare un alloggio; ma parliamo anche di padri separati che hanno perso la loro occupazione e non hanno più le forze per rialzarsi, diventando inevitabilmente dei clochard». Gianni Sciannarella è il presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Adamo, la onlus che a Matera si occupa di aiutare i padri separati che vivono in situazioni di disagio economico e sociale.
Nella sola città dei Sassi, per esempio, «ci sono almeno tre padri separati che dormono in macchina e tanti altri che non hanno un posto in cui vivere».
Dopo aver ascoltato il grido di aiuto di tanti uomini in difficoltà, compresi alcuni parenti della sua famiglia che hanno vissuto lo stesso disagio, Sciannarella insieme ad altri volontari ha deciso di darsi da fare e provare a dare delle risposte.
L’INAUGURAZIONE DI CASA ADAMO
Tra le tante iniziative avviate in questi anni, come lo Sportello di Ascolto, a Matera nei prossimi giorni aprirà ufficialmente le porte «Casa Adamo», una struttura nata per offrire un supporto abitativo ai padri separati, legalmente sposati o provenienti da coppie di fatto, che all’improvviso non sanno più da dove ripartire, da dove riprendere un percorso di autonomia e di fiducia. Perché la strada, la povertà, la solitudine, sommate al senso di smarrimento, alla disoccupazione ed ai legami interrotti, può sfiancare. Può fare molto male. «In sinergia con l’associazione Quo Vadis, che ha messo a disposizione del progetto un appartamento di sua proprietà, abbiamo avviato la casa che accoglierà sei padri separati che non hanno un posto in cui vivere. In questo modo – spiega Sciannarella – potranno riprogettare il loro futuro, cercare con più tranquillità un lavoro ed anche incontrare in un ambiente normale i loro figli in modo da poter rispettare il loro ruolo genitoriale. Ogni persona potrà risiedere per sei mesi, in modo da favorire una corretta turnazione tra coloro che hanno bisogno di questo servizio. Come associazione ci accolliamo tutte le spese di gestione, ma gli uomini ospitati potranno contribuire in base alle loro disponibilità economiche. Sul nostro sito (
www.apsadamo.org) è già disponibile il format per la richiesta di ammissione».
GLI AVVOCATI DI STRADA
Andrea, 46 anni, ha perso il lavoro nel 2009 a causa della chiusura dell’azienda dove lavorava da quando era giovane. La chiusura dell’azienda è stata parallela alla separazione da Anna, madre delle sue due bambine di 14 e 12 anni. Senza stipendio ha continuato a provvedere al mantenimento di moglie e figlie ma non potendo pagare un affitto anche lui è andato a vivere in macchina. Quando anche la macchina gli è stata sequestrata ed ha finito i soldi risparmiati, Andrea se ne è andato dalla sua città ed ha iniziato a vivere come senza fissa dimora a Bologna. E’ nel capoluogo emiliano che il padre separato ha incontrato gli Avvocati di Strada, lo studio legale più grande d’Italia, con circa 700 avvocati volontari, ma anche quello che fattura di meno. Perché l’organizzazione di legali presta assistenza gratuita ai senza dimora. Italiani e migranti, a coloro che non possono beneficiare del gratuito patrocinio a spese dello Stato in quanto privi del requisito della residenza anagrafica. Come nel caso di Andrea, a cui i legali di AdS sono poi riusciti a trovare una soluzione ed a risolvere il suo caso. Solo nel 2015 sono state aperte dai volontari dell’associazione 3.475 pratiche in tutto il territorio nazionale; il 45% di queste, riguardavano il Diritto Civile. Per essere ancora più precisi: 140 pratiche relative a separazione e divorzi.
«Quello dei padri sperati che finiscono in povertà è un fenomeno che rileviamo anche noi – dice Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione nazionale Avvocato di strada Onlus – . Sono significativi, per esempio, i dati relativi a separazioni e divorzi e quelli connessi, che riguardano il diritto a mantenimento, alimenti e assegno divorzile.
Numeri alti che confermano quanto troppo spesso il fallimento di un matrimonio possa portare, soprattutto in assenza di una rete familiare stabile e di interventi adeguati del welfare, a situazioni di grave difficoltà. A volte – aggiunge Mumolo – anche la perdita del lavoro fa scoppiare una crisi familiare e si arriva alla separazione. E molto spesso, gli uomini sono impossibilitati a pagarsi un appartamento e finiscono in strada o nei dormitori. Per questo, con i nostri volontari aiutiamo i padri separati che hanno perso l’occupazione a riavere le ultime mensilità, ad accedere al Trattamento di Fine Rapporto a presentare la domanda di disoccupazione».
IL LAVORO DELLA CARITAS
«Metà degli homeless finisce in strada per tre ragioni: la separazione dal coniuge o dai figli (63%); perdita del lavoro (56%), cattive condizioni di salute (25%)». L’aumento dei padri separati che di colpo si sono trasformati in senza fissa dimora, è tra i dati più allarmanti snocciolati nei giorni scorsi da Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat, in occasione del seminario di formazione “Senza dimora, senza diritti? Tra schemi e stereotipi: quale spazio per una cultura diversa?” promosso dalla Caritas di Roma. Chiedono un posto in cui poter dormire, mangiare, lavarsi, in cui poter riorganizzare la loro vita. E secondo la lettura delle diverse Caritas diocesane, il progressivo aumento di senza fissa dimora maschi ed italiani è da ascriversi soprattutto al problema lavoro o meglio, allo stato – a volte terribilmente prolungato – di disoccupazione.
«Nella misura in cui un uomo non ha più un lavoro e non riesce a trovarlo nonostante le diverse ricerche, incorre nel rischio della perdita della propria autostima, della propria dignità, del sentirsi inutile e di cadere in due atteggiamenti: apatia, depressione, sconforto oppure cadere nelle dipendenze (da gioco, da alcol, da sostanze) con delle ripercussioni sulla famiglia in termini di litigi e violenze». Di qui, il passo verso la strada e l’esercito composta da circa 50- 51 mila persone senza dimora, è veramente breve. E non sempre si viene fuori dalla polvere come nel caso di Andrea. Per questo, Walter Nanni, responsabile dell’ufficio studi di Caritas italiana, rileva con una nota ottimistica l’introduzione in Italia del Sia, il Sostegno all’Inclusione Attiva, ma «si spera, in futuro, nel reddito minimo universale per tutte le persone in povertà assoluta». Perché i tempi stanno cambiando, ed anche le forme di povertà.29 ottobre 2016
I nuovi poveri? I padri separati. Storie di ordinario disagio
di Emiliano Moccia
shadow
ROMA – «La notte dormo in macchina. E’ questa la mia casa. In questo periodo, mi arrangio come posso. Poi, la mattina mi sveglio, mi vesto e vado a scuola. Sono un insegnante. Dopo la separazione da mia moglie, con tutte le spese che ogni mese devo sostenere, non sono stato più in grado di pagarmi l’affitto di un alloggio e sono finito in strada. Per fortuna, ho ancora l’auto in cui potermi rifugiare, ma ovviamente adesso non riesco più a vedere mio figlio come vorrei». Giuseppe racconta la sua storia conservando una profonda dignità, anche se tiene lo sguardo rivolto verso il basso e ha poca voglia di entrare nei dettagli di quello che gli è successo. Il suo è un nome di fantasia, ma quella che racconta è una storia assolutamente vera. Una storia dannatamente simile a quella di tanti altri padri separati che, dopo la fine del loro matrimonio, si sono avviati verso un doloroso percorso che porta agli inferni della povertà, dell’emarginazione, della solitudine. E molto spesso, neanche il fatto di avere un lavoro a tempo indeterminato o un’occupazione discretamente stabile riescono a salvarli dai dormitori per persone senza fissa dimora o dalla mense per i poveri, quasi sempre allestite dalle Caritas diocesane.
DORMIRE IN MACCHINA
«In Italia, secondo i dati dell’Eurispes, su 4 milioni di papà separati circa 800 mila vivono sotto la soglia di povertà, mentre un milione e mezzo vive in condizione di indigenza. Molti di questi, finiscono per strada, senza una casa o un posto in cui dormire. Parliamo di padri separati che, nonostante abbiano ancora un lavoro, tra gli assegni di mantenimento in favore dell’ex-moglie ed i figli ed il mutuo della casa da pagare, non riescono a sostenere le spese neanche per fittare un alloggio; ma parliamo anche di padri separati che hanno perso la loro occupazione e non hanno più le forze per rialzarsi, diventando inevitabilmente dei clochard». Gianni Sciannarella è il presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Adamo, la onlus che a Matera si occupa di aiutare i padri separati che vivono in situazioni di disagio economico e sociale.
Nella sola città dei Sassi, per esempio, «ci sono almeno tre padri separati che dormono in macchina e tanti altri che non hanno un posto in cui vivere».
Dopo aver ascoltato il grido di aiuto di tanti uomini in difficoltà, compresi alcuni parenti della sua famiglia che hanno vissuto lo stesso disagio, Sciannarella insieme ad altri volontari ha deciso di darsi da fare e provare a dare delle risposte.
L’INAUGURAZIONE DI CASA ADAMO
Tra le tante iniziative avviate in questi anni, come lo Sportello di Ascolto, a Matera nei prossimi giorni aprirà ufficialmente le porte «Casa Adamo», una struttura nata per offrire un supporto abitativo ai padri separati, legalmente sposati o provenienti da coppie di fatto, che all’improvviso non sanno più da dove ripartire, da dove riprendere un percorso di autonomia e di fiducia. Perché la strada, la povertà, la solitudine, sommate al senso di smarrimento, alla disoccupazione ed ai legami interrotti, può sfiancare. Può fare molto male. «In sinergia con l’associazione Quo Vadis, che ha messo a disposizione del progetto un appartamento di sua proprietà, abbiamo avviato la casa che accoglierà sei padri separati che non hanno un posto in cui vivere. In questo modo – spiega Sciannarella – potranno riprogettare il loro futuro, cercare con più tranquillità un lavoro ed anche incontrare in un ambiente normale i loro figli in modo da poter rispettare il loro ruolo genitoriale. Ogni persona potrà risiedere per sei mesi, in modo da favorire una corretta turnazione tra coloro che hanno bisogno di questo servizio. Come associazione ci accolliamo tutte le spese di gestione, ma gli uomini ospitati potranno contribuire in base alle loro disponibilità economiche. Sul nostro sito (
www.apsadamo.org) è già disponibile il format per la richiesta di ammissione».
GLI AVVOCATI DI STRADA
Andrea, 46 anni, ha perso il lavoro nel 2009 a causa della chiusura dell’azienda dove lavorava da quando era giovane. La chiusura dell’azienda è stata parallela alla separazione da Anna, madre delle sue due bambine di 14 e 12 anni. Senza stipendio ha continuato a provvedere al mantenimento di moglie e figlie ma non potendo pagare un affitto anche lui è andato a vivere in macchina. Quando anche la macchina gli è stata sequestrata ed ha finito i soldi risparmiati, Andrea se ne è andato dalla sua città ed ha iniziato a vivere come senza fissa dimora a Bologna. E’ nel capoluogo emiliano che il padre separato ha incontrato gli Avvocati di Strada, lo studio legale più grande d’Italia, con circa 700 avvocati volontari, ma anche quello che fattura di meno. Perché l’organizzazione di legali presta assistenza gratuita ai senza dimora. Italiani e migranti, a coloro che non possono beneficiare del gratuito patrocinio a spese dello Stato in quanto privi del requisito della residenza anagrafica. Come nel caso di Andrea, a cui i legali di AdS sono poi riusciti a trovare una soluzione ed a risolvere il suo caso. Solo nel 2015 sono state aperte dai volontari dell’associazione 3.475 pratiche in tutto il territorio nazionale; il 45% di queste, riguardavano il Diritto Civile. Per essere ancora più precisi: 140 pratiche relative a separazione e divorzi.
«Quello dei padri sperati che finiscono in povertà è un fenomeno che rileviamo anche noi – dice Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione nazionale Avvocato di strada Onlus – . Sono significativi, per esempio, i dati relativi a separazioni e divorzi e quelli connessi, che riguardano il diritto a mantenimento, alimenti e assegno divorzile.
Numeri alti che confermano quanto troppo spesso il fallimento di un matrimonio possa portare, soprattutto in assenza di una rete familiare stabile e di interventi adeguati del welfare, a situazioni di grave difficoltà. A volte – aggiunge Mumolo – anche la perdita del lavoro fa scoppiare una crisi familiare e si arriva alla separazione. E molto spesso, gli uomini sono impossibilitati a pagarsi un appartamento e finiscono in strada o nei dormitori. Per questo, con i nostri volontari aiutiamo i padri separati che hanno perso l’occupazione a riavere le ultime mensilità, ad accedere al Trattamento di Fine Rapporto a presentare la domanda di disoccupazione».
IL LAVORO DELLA CARITAS
«Metà degli homeless finisce in strada per tre ragioni: la separazione dal coniuge o dai figli (63%); perdita del lavoro (56%), cattive condizioni di salute (25%)». L’aumento dei padri separati che di colpo si sono trasformati in senza fissa dimora, è tra i dati più allarmanti snocciolati nei giorni scorsi da Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat, in occasione del seminario di formazione “Senza dimora, senza diritti? Tra schemi e stereotipi: quale spazio per una cultura diversa?” promosso dalla Caritas di Roma. Chiedono un posto in cui poter dormire, mangiare, lavarsi, in cui poter riorganizzare la loro vita. E secondo la lettura delle diverse Caritas diocesane, il progressivo aumento di senza fissa dimora maschi ed italiani è da ascriversi soprattutto al problema lavoro o meglio, allo stato – a volte terribilmente prolungato – di disoccupazione.
bike-1245904_960_720«Nella misura in cui un uomo non ha più un lavoro e non riesce a trovarlo nonostante le diverse ricerche, incorre nel rischio della perdita della propria autostima, della propria dignità, del sentirsi inutile e di cadere in due atteggiamenti: apatia, depressione, sconforto oppure cadere nelle dipendenze (da gioco, da alcol, da sostanze) con delle ripercussioni sulla famiglia in termini di litigi e violenze». Di qui, il passo verso la strada e l’esercito composta da circa 50- 51 mila persone senza dimora, è veramente breve. E non sempre si viene fuori dalla polvere come nel caso di Andrea. Per questo, Walter Nanni, responsabile dell’ufficio studi di Caritas italiana, rileva con una nota ottimistica l’introduzione in Italia del Sia, il Sostegno all’Inclusione Attiva, ma «si spera, in futuro, nel reddito minimo universale per tutte le persone in povertà assoluta». Perché i tempi stanno cambiando, ed anche le forme di povertà.