Autore Topic: Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione  (Letto 1673 volte)

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Esplora il significato del termine: Un’ipotetica e spaventosa terza guerra mondiale come «guerra di retroguardia» rispetto al «conflitto primario» che è già in atto: quello fra l’insieme delle forze che si servono della tecnica — il capitalismo, la democrazia, le religioni, il comunismo, i nazionalismi — e la tecnica stessa.
Le forze della tradizione credono di guidare il gioco, ma in realtà ne sono già ai margini. Per prevalere l’una sull’altra, devono potenziare il mezzo tecnico di cui si servono. Ma così facendo, dimenticano il loro scopo originario — accrescere il profitto per il capitalismo, fare la volontà di Allah per l’Islam. Diventano cioè qualcosa di diverso: detto nella terminologia più squisitamente severiniana, «sono destinate al tramonto». Una «destinazione» il cui senso autentico sfugge alla cultura contemporanea, umanistica quanto scientifica. Non alla filosofia.

Emanuele Severino (Brescia, 1929)
A vincere dunque è la tecnica, ovvero il «dono avvelenato» dell’Occidente, il dispiegamento del «progetto di trasformazione del mondo» portato avanti — una volta decretata «la morte di Dio» — dall’apparato tecnologico, scientifico, di pensiero razionale, fisico, matematico destinato a diventare più forte dei sistemi che oggi se ne servono. E l’uomo? È un mezzo per l’incremento della potenza della tecnica, non il fine, «l’umanità della tecnica è la morte dell’uomo».
Sarà Emanuele Severino ad aprire il convegno internazionale, il 3 novembre a Padova, dal titolo «Terza Guerra mondiale?», nell’ambito delle attività del master in Death Studies & the End of Life dell’Università padovana, l’unico, non solo in Italia, a elaborare in forma scientifico-filosofica il problema della gestione della morte. «Il convegno vuole descrivere da un lato in che modo la morte, il nichilismo e la paura promuovono la violenza, il terrorismo e la guerra; dall’altro, cerca di dare voce alle strategie di comprensione del problema. Ed è per questo che il concetto di nichilismo di Severino diventa centrale», dice la direttrice del master Ines Testoni, che insieme al collega della Houston University Alessandro Carrera ha curato l’edizione inglese di Essenza del nichilismo, The essence of nihilism, per la Verso Books, fra gli editori più prestigiosi nel mondo culturale angloamericano. Il libro, pubblicato in Italia nel 1972, resta forse il più celebre di Severino, quello in cui ritrovare le fondamenta del suo pensiero: essenza del nichilismo, cioè essenza «della follia estrema ed estremamente nascosta: la persuasione che gli essenti, in quanto tali, escano dal loro non essere e vi ritornino». La traduzione (avviata anche in cinese) è dunque un riconoscimento al sistema filosofico organico, unitario e strettamente coerente di Severino che Carrera, nella sua prefazione, definisce un «castello magico, di cui L’essenza del nichilismo è la chiave per l’ingresso principale» (per proseguire: «Il lettore deve essere avvertito: ci vorrà un po’ di tempo per esplorare l’intero edificio». Ma una volta entrati, «se anche non si è d’accordo con l’architettura, forse troppo solida per la sensibilità postmoderna, non si vorrà più uscire»).
Professor Severino, una terza guerra mondiale è possibile? E perché fare questa domanda alla filosofia?
«La possibilità è ammessa anche in campo scientifico, si pensi alle previsioni di George Friedman. Le frizioni tra Russia e Stati Uniti e le prove di guerra telematica di questi giorni ce lo ricordano. Tuttavia, nemmeno la politologia, la geopolitica, la sociologia, la psicologia tengono sufficientemente conto delle implicazioni che sussistono tra la tecnica guidata dalla scienza moderna e le forze che della tecnica oggi intendono servirsi per realizzare i loro scopi. Non si tiene conto, innanzitutto, di questo fondamentale principio: che lo scopo di un’azione più o meno complessa ne stabilisce la configurazione e la struttura. Le forze che oggi si servono della tecnica sono azioni di grande complessità, e appunto perché si servono della tecnica sono destinate ad assumere uno scopo diverso da quello che è loro proprio: sono destinate al tramonto e la tecnica è destinata a dominarle. Il risultato è sorprendente: la conflittualità tra tali forze diventa una guerra di retroguardia, obsoleta, rispetto al conflitto primario che esiste tra l’insieme di esse e la tecnica. La cultura del nostro tempo, quella umanistica non meno di quella scientifica, si lascia sfuggire il senso autentico di questa destinazione. La tecnica è destinata al dominio perché il sottosuolo essenziale della filosofia degli ultimi due secoli mostra che l’unica verità possibile è il divenire del tutto, in cui viene travolta ogni altra verità e innanzitutto la verità della tradizione dell’Occidente, che pone limiti all’agire tecnico. Di tutto questo, e di ciò che tutto questo implica, tiene lucidamente conto l’impostazione del convegno di Padova».
Che ne è dell’uomo in questo processo di autoaffermazione della tecnica?
«Lo scopo dell’Apparato tecno-scientifico planetario non è il benessere cristiano, capitalistico, comunista, democratico dell’umanità, ma è l’aumento indefinito della potenza; e la conflittualità tra le forze che oggi si combattono rallenta tale aumento. L’arricchimento dei venditori di armi non aumenta la potenza dell’Apparato tecno-scientifico: aumenta il loro capitale. Quindi l’Apparato si potenzia riducendo e infine eliminando tale conflittualità. Lo scopo dell’Apparato — ossia della forma suprema della volontà di potenza — non è l’“uomo”: l’“uomo” è mezzo per l’incremento della potenza; tuttavia, come il capitalismo, che prima ancora della tecnica ha già come scopo qualcosa di diverso dall’“uomo”, riesce a dare a quest’ultimo un benessere superiore a quello dei movimenti che come il socialismo reale si propongono invece di avere l’“uomo” come fine, così, e anzi in misura essenzialmente superiore, accade nell’Apparato, dove ancora più radicalmente del capitalismo l’“uomo” non è assunto come fine».
Pax technica: è questa la «destinazione» finale?
La fine di ogni conflittualità?«Prima di prevalere, l’Apparato tecnico planetario è costretto a reagire al tentativo delle forze della tradizione di non farsi mettere da parte. E questa reazione è un episodio — forse tra gli ultimi — delle guerre di retroguardia. La terza guerra mondiale non può essere uno di questi episodi. Innanzitutto è mondiale se si contrappongono le maggiori potenze, che ancora oggi sono capaci di determinare la distruzione atomica del Pianeta, cioè Stati Uniti e Russia (il duumvirato Usa-Urss ha costituito una delle fasi decisive del passaggio al dominio tecnico del mondo). In esse è più avanzato che altrove il processo in cui la tecnica ha sempre più come scopo il proprio potenziamento. Se si esclude che proprio nei due luoghi primari del potenziamento tecnico abbia a prevalere quella totale cecità tecnologica che non fa loro comprendere l’identità dei loro scopi (cioè il potenziamento della tecnica) e quindi il carattere irreale dei motivi del loro contrapporsi, se cioè si esclude la cecità che impedisce loro di scorgere che il contrapporsi indebolisce e impedisce la realizzazione del loro stesso scopo comune e che li rende sempre più simili, allora non solo una terza guerra mondiale è impossibile, ma si presenta come inevitabile il prevalere del senso autentico dell’“universalismo” tecnico. Questa inevitabilità non significa che la pax technica, a cui il prevalere della tecnica conduce, sia la fine di ogni conflittualità, ma determina un mutamento nella configurazione del nemico e della guerra. I nuovi nemici sono le forme storiche destinate a condurre oltre il tempo della stessa dominazione della tecnica — giacché nemmeno questa dominazione ha l’ultima parola. Anzi, l’inizio dell’ultima parola, che peraltro è una parola infinita, incomincia a questo punto».
Emergenze belliche. Un convegno a Padova
L’intervento di Emanuele Severino, il 3 novembre a Padova, aprirà la prima delle tre giornate del convegno «Terza Guerra Mondiale? La gestione della morte tra le nuove emergenze sociali e la loro soluzione», con la direzione scientifica di Ines Testoni e Alberto Voci, organizzato dall’Università di Padova in collaborazione con l’Ordine degli psicologi del Veneto, la Fondazione Berlucchi e la Fondazione Fabretti. Fra i relatori degli incontri — divisi fra l’Aula Magna di Palazzo Bo’, la sala conferenze e l’Orto botanico — spiccano i nomi di Sheldon Solomon, Michel Bitbol, Vincenzo Milanesi, Adriano Zamperini, Camillo Regalia, Franca Bambi, Luigi Manconi, Dora Capozza, Staffan De Mistura, Elizabeth Brondolo. L’intervento di Severino, in sessione plenaria, è previsto giovedì alle 10, dopo i saluti degli organizzatori. Alle 12 la presentazione del volume «The essence of nihilism», per la Verso Book.Un’ipotetica e spaventosa terza guerra mondiale come «guerra di retroguardia» rispetto al «conflitto primario» che è già in atto: quello fra l’insieme delle forze che si servono della tecnica — il capitalismo, la democrazia, le religioni, il comunismo, i nazionalismi — e la tecnica stessa.
Le forze della tradizione credono di guidare il gioco, ma in realtà ne sono già ai margini. Per prevalere l’una sull’altra, devono potenziare il mezzo tecnico di cui si servono. Ma così facendo, dimenticano il loro scopo originario — accrescere il profitto per il capitalismo, fare la volontà di Allah per l’Islam. Diventano cioè qualcosa di diverso: detto nella terminologia più squisitamente severiniana, «sono destinate al tramonto». Una «destinazione» il cui senso autentico sfugge alla cultura contemporanea, umanistica quanto scientifica. Non alla filosofia.
Emanuele Severino (Brescia, 1929)
Emanuele Severino (Brescia, 1929)
A vincere dunque è la tecnica, ovvero il «dono avvelenato» dell’Occidente, il dispiegamento del «progetto di trasformazione del mondo» portato avanti — una volta decretata «la morte di Dio» — dall’apparato tecnologico, scientifico, di pensiero razionale, fisico, matematico destinato a diventare più forte dei sistemi che oggi se ne servono. E l’uomo? È un mezzo per l’incremento della potenza della tecnica, non il fine, «l’umanità della tecnica è la morte dell’uomo».
Sarà Emanuele Severino ad aprire il convegno internazionale, il 3 novembre a Padova, dal titolo «Terza Guerra mondiale?», nell’ambito delle attività del master in Death Studies & the End of Life dell’Università padovana, l’unico, non solo in Italia, a elaborare in forma scientifico-filosofica il problema della gestione della morte. «Il convegno vuole descrivere da un lato in che modo la morte, il nichilismo e la paura promuovono la violenza, il terrorismo e la guerra; dall’altro, cerca di dare voce alle strategie di comprensione del problema. Ed è per questo che il concetto di nichilismo di Severino diventa centrale», dice la direttrice del master Ines Testoni, che insieme al collega della Houston University Alessandro Carrera ha curato l’edizione inglese di Essenza del nichilismo, The essence of nihilism, per la Verso Books, fra gli editori più prestigiosi nel mondo culturale angloamericano. Il libro, pubblicato in Italia nel 1972, resta forse il più celebre di Severino, quello in cui ritrovare le fondamenta del suo pensiero: essenza del nichilismo, cioè essenza «della follia estrema ed estremamente nascosta: la persuasione che gli essenti, in quanto tali, escano dal loro non essere e vi ritornino». La traduzione (avviata anche in cinese) è dunque un riconoscimento al sistema filosofico organico, unitario e strettamente coerente di Severino che Carrera, nella sua prefazione, definisce un «castello magico, di cui L’essenza del nichilismo è la chiave per l’ingresso principale» (per proseguire: «Il lettore deve essere avvertito: ci vorrà un po’ di tempo per esplorare l’intero edificio». Ma una volta entrati, «se anche non si è d’accordo con l’architettura, forse troppo solida per la sensibilità postmoderna, non si vorrà più uscire»).
Professor Severino, una terza guerra mondiale è possibile? E perché fare questa domanda alla filosofia?
«La possibilità è ammessa anche in campo scientifico, si pensi alle previsioni di George Friedman. Le frizioni tra Russia e Stati Uniti e le prove di guerra telematica di questi giorni ce lo ricordano. Tuttavia, nemmeno la politologia, la geopolitica, la sociologia, la psicologia tengono sufficientemente conto delle implicazioni che sussistono tra la tecnica guidata dalla scienza moderna e le forze che della tecnica oggi intendono servirsi per realizzare i loro scopi. Non si tiene conto, innanzitutto, di questo fondamentale principio: che lo scopo di un’azione più o meno complessa ne stabilisce la configurazione e la struttura. Le forze che oggi si servono della tecnica sono azioni di grande complessità, e appunto perché si servono della tecnica sono destinate ad assumere uno scopo diverso da quello che è loro proprio: sono destinate al tramonto e la tecnica è destinata a dominarle. Il risultato è sorprendente: la conflittualità tra tali forze diventa una guerra di retroguardia, obsoleta, rispetto al conflitto primario che esiste tra l’insieme di esse e la tecnica. La cultura del nostro tempo, quella umanistica non meno di quella scientifica, si lascia sfuggire il senso autentico di questa destinazione. La tecnica è destinata al dominio perché il sottosuolo essenziale della filosofia degli ultimi due secoli mostra che l’unica verità possibile è il divenire del tutto, in cui viene travolta ogni altra verità e innanzitutto la verità della tradizione dell’Occidente, che pone limiti all’agire tecnico. Di tutto questo, e di ciò che tutto questo implica, tiene lucidamente conto l’impostazione del convegno di Padova».
Che ne è dell’uomo in questo processo di autoaffermazione della tecnica?
«Lo scopo dell’Apparato tecno-scientifico planetario non è il benessere cristiano, capitalistico, comunista, democratico dell’umanità, ma è l’aumento indefinito della potenza; e la conflittualità tra le forze che oggi si combattono rallenta tale aumento. L’arricchimento dei venditori di armi non aumenta la potenza dell’Apparato tecno-scientifico: aumenta il loro capitale. Quindi l’Apparato si potenzia riducendo e infine eliminando tale conflittualità. Lo scopo dell’Apparato — ossia della forma suprema della volontà di potenza — non è l’“uomo”: l’“uomo” è mezzo per l’incremento della potenza; tuttavia, come il capitalismo, che prima ancora della tecnica ha già come scopo qualcosa di diverso dall’“uomo”, riesce a dare a quest’ultimo un benessere superiore a quello dei movimenti che come il socialismo reale si propongono invece di avere l’“uomo” come fine, così, e anzi in misura essenzialmente superiore, accade nell’Apparato, dove ancora più radicalmente del capitalismo l’“uomo” non è assunto come fine».
Pax technica: è questa la «destinazione» finale?
La fine di ogni conflittualità?«Prima di prevalere, l’Apparato tecnico planetario è costretto a reagire al tentativo delle forze della tradizione di non farsi mettere da parte. E questa reazione è un episodio — forse tra gli ultimi — delle guerre di retroguardia. La terza guerra mondiale non può essere uno di questi episodi. Innanzitutto è mondiale se si contrappongono le maggiori potenze, che ancora oggi sono capaci di determinare la distruzione atomica del Pianeta, cioè Stati Uniti e Russia (il duumvirato Usa-Urss ha costituito una delle fasi decisive del passaggio al dominio tecnico del mondo). In esse è più avanzato che altrove il processo in cui la tecnica ha sempre più come scopo il proprio potenziamento. Se si esclude che proprio nei due luoghi primari del potenziamento tecnico abbia a prevalere quella totale cecità tecnologica che non fa loro comprendere l’identità dei loro scopi (cioè il potenziamento della tecnica) e quindi il carattere irreale dei motivi del loro contrapporsi, se cioè si esclude la cecità che impedisce loro di scorgere che il contrapporsi indebolisce e impedisce la realizzazione del loro stesso scopo comune e che li rende sempre più simili, allora non solo una terza guerra mondiale è impossibile, ma si presenta come inevitabile il prevalere del senso autentico dell’“universalismo” tecnico. Questa inevitabilità non significa che la pax technica, a cui il prevalere della tecnica conduce, sia la fine di ogni conflittualità, ma determina un mutamento nella configurazione del nemico e della guerra. I nuovi nemici sono le forme storiche destinate a condurre oltre il tempo della stessa dominazione della tecnica — giacché nemmeno questa dominazione ha l’ultima parola. Anzi, l’inizio dell’ultima parola, che peraltro è una parola infinita, incomincia a questo punto».
Emergenze belliche. Un convegno a Padova
L’intervento di Emanuele Severino, il 3 novembre a Padova, aprirà la prima delle tre giornate del convegno «Terza Guerra Mondiale? La gestione della morte tra le nuove emergenze sociali e la loro soluzione», con la direzione scientifica di Ines Testoni e Alberto Voci, organizzato dall’Università di Padova in collaborazione con l’Ordine degli psicologi del Veneto, la Fondazione Berlucchi e la Fondazione Fabretti. Fra i relatori degli incontri — divisi fra l’Aula Magna di Palazzo Bo’, la sala conferenze e l’Orto botanico — spiccano i nomi di Sheldon Solomon, Michel Bitbol, Vincenzo Milanesi, Adriano Zamperini, Camillo Regalia, Franca Bambi, Luigi Manconi, Dora Capozza, Staffan De Mistura, Elizabeth Brondolo. L’intervento di Severino, in sessione plenaria, è previsto giovedì alle 10, dopo i saluti degli organizzatori. Alle 12 la presentazione del volume «The essence of nihilism», per la Verso Book.
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Re:Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione
« Risposta #1 il: Ottobre 31, 2016, 11:06:15 am »
non si capisce molto con una grafica così uniforme.
conviene leggerlo dal sito del corriere.
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Offline Sebastiano

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Re:Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione
« Risposta #2 il: Novembre 01, 2016, 23:13:44 pm »
Severino è sempre stato un precursore dei tempi, già da molti anni ha intuito la tecnocrazia in atto

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Re:Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione
« Risposta #3 il: Novembre 24, 2016, 22:34:46 pm »
Severino è sempre stato un precursore dei tempi, già da molti anni ha intuito la tecnocrazia in atto


ricordo ai tempi della Rosa Nel Pugno che in un forum c'erano molti transumanisti.
E alcuni di loro vedevano in Severino il principale teorico contrari ad essi
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Offline Vicus

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Re:Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione
« Risposta #4 il: Novembre 24, 2016, 23:47:43 pm »
Credo che la sinistra dovrebbe essere in prima fila nel combattere la tecnocrazia in atto, come fece decenni fa nelle fabbriche.
Si veda di Jacques Ellul (prefetto francese esautorato dall'amministrazione collaborazionista ed entrato nella Resistenza):
- La tecnica rischio del secolo
- Il bluff tecnologico
In realtà la lotta non è tra passato e progresso, ma tra uomo e macchina. Oggi è quest'ultima a dettare le condizioni all'uomo, anche a livello delle elite che per le loro decisioni seguono sempre più le proiezioni cibernetiche. Se si continuerà così, l'uomo sarà eliminato in quanto meno economico ed efficiente delle macchine.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione
« Risposta #5 il: Novembre 25, 2016, 11:42:44 am »
Credo che la sinistra dovrebbe essere in prima fila nel combattere la tecnocrazia in atto, come fece decenni fa nelle fabbriche.
Si veda di Jacques Ellul (prefetto francese esautorato dall'amministrazione collaborazionista ed entrato nella Resistenza):
- La tecnica rischio del secolo
- Il bluff tecnologico
In realtà la lotta non è tra passato e progresso, ma tra uomo e macchina. Oggi è quest'ultima a dettare le condizioni all'uomo, anche a livello delle elite che per le loro decisioni seguono sempre più le proiezioni cibernetiche. Se si continuerà così, l'uomo sarà eliminato in quanto meno economico ed efficiente delle macchine.

io non condivido questa posizione.
il problema non è la macchina ma il sistema economico.
in questo sistema economico, la macchina è messa contro l'uomo e non a suo servizio
e l'uomo viene mercificato (produttore, consumatore).
quindi bisogna cambiare il sistema economico.
per cambiare il sistema economico bisogna vincere la battaglia tecnologia.
per vincere la battaglia tecnologica bisogna fare in modo che le macchine "a misura di uomo" siano più competitive con le macchine non a misura di uomo.
per dirla con alcuni esempi:   fotovoltaico di piccole dimensioni vs  nucleare/idrocarburi,   arduino/linux vs sistemi proprietari.   
de-gerarchizzare la tecnologia e aumentare il controllo del singolo e delle piccole comunità su di essa.
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Offline Vicus

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Re:Emanuele Severino: il prevalere della tecnica sulle forze della tradizione
« Risposta #6 il: Novembre 25, 2016, 18:41:19 pm »
io non condivido questa posizione.
il problema non è la macchina ma il sistema economico.
in questo sistema economico, la macchina è messa contro l'uomo e non a suo servizio
e l'uomo viene mercificato (produttore, consumatore).
quindi bisogna cambiare il sistema economico.
per cambiare il sistema economico bisogna vincere la battaglia tecnologia.
per vincere la battaglia tecnologica bisogna fare in modo che le macchine "a misura di uomo" siano più competitive con le macchine non a misura di uomo.
per dirla con alcuni esempi:   fotovoltaico di piccole dimensioni vs  nucleare/idrocarburi,   arduino/linux vs sistemi proprietari.   
de-gerarchizzare la tecnologia e aumentare il controllo del singolo e delle piccole comunità su di essa.
Mi sono spiegato male, in altri post ho detto che non bisogna annullare la tecnologia, ma metterla al servizio dell'uomo.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.