Tornando in topic, ma senza abbandonare il dibattito frizzante.
È vero che lo "antico regime" non c'è più. È vero che il "nuovo regime", quello del progressismo, sembra inarrestabile.
Ma i valori del progressismo hanno la loro origine nella cultura del vecchio regime e fuori di essa non sono nulla, forse fuori di essa non sono nemmeno valori. In secondo luogo il progressismo incarna i valori del risentimento, ossia i valori dei primi secoli del Cristianesimo. Il problema è che questi valori sono cristiani, ma conducono una lotta anticristiana. Evidentemente il Cristianesimo di oggi incarna valori di matrice classico-pagana. Pavimenti il neo-paganesimo laico incarna valori cristiani ed ha come riferimento cultuale la massoneria, un circolo esoterico che si occupa soprattutto di esegesi biblica. Il laicismo illuminista proviene dalla Bibbia.
Tutto questo per dire che in fondo non c'è affatto una corrente vittoriosa, quella illuminista, che scalzerà la civiltà come i cristiani fecero con l'Impero. La cultura illuminista, nonostante il suo senso di rivincita nei confronti del vecchio regime, cioè delle persone più sane e più forti, ha già perso. Si vuol fare prediche morali a chi sta bene sperando così di ottenere il potere... Ma chi sta bene è addestrato al gioco dalla Chiesa (non solo cattolica), che conosce i trucchi del moralismo meglio dei borghesi (borghesia non è una classe sociale: questa è l'interpretazione marxista, cioè massonica, cioè borghese della borghesia. La borghesia è soltanto una tessera saltata e reazionaria, perché ancorata a valori cristiani medievali, della cultura occidentale.). Accadrà invece che la "destra" sarà sempre meno cristiana e la "sinistra" sarà sempre meno esistente.
Tutto questo perché? Cosa c'entra col topic? C'entra perché rimarrà sempre il problema di capire che ciò che tutti i decadents, cioè, oggi, i progressisti, credono, è che la cultura possa in generale elevare il singolo. In realtà avviene proprio il contrario; il singolo, coinvolto "a forza" all'interno del mondo culturale, tende a immettere in esso elementi anticulturali, confondendo le prospettive e facendo degenerare quella stessa cultura alla quale lo si vorrebbe educare. Così non solo non lo si educa, ma si riduce sempre più la possibilità di una educazione in genere. È la prospettiva femminista: la cultura viene vista come una costruzione, cioè una sorta di abito o di strumento cosmetico, che permetterebbe agli individui di "liberarsi" o di diventare "migliori". Quando la cultura è sempre stata, invece, la prospettiva di una élite di individui con determinate dote intellettuali che, a partire da queste doti, producevano i modi del loro autoallevamento. Le donne hanno trivializzato la scienza e la letteratura, non sono affatto diventate scienziate e letterate, perché scienziati si nasce. Come col pene, l'intelletto o ce l'hai o non ce l'hai. La conseguenza è che ora chi ha l'inclinazione verso un dato sapere si trova a doversi orientare in uno scenario culturale nel quale vengono fatti passare per saper autorevoli i delirii di chi, senza quell'inclinazione o vocazione, ha voluto emanciparsi usando come mezzo il sapere originario. Ma il sapere originario è originariamente un fine, non un mezzo, e per sua stessa natura rigetta chi vuol usarlo come mezzo.
Fa ridere l'idea democraticistica che attraverso l'informazione si rendano più consapevoli i popoli; se anche ci mettiamo una penna nel culo non diventiamo galline. L'unica conseguenza è che il popolo, reso presuntuoso dalla sua "cultura", continua a portare avanti gli errori dai quali lo si voleva "salvare", ma insozza di quell'errore tutto ciò che la tradizione ha saputo conquistare.
Non ci si rende conto di ciò perché la psicologia ci ha abituato a pensare che tutti possano sviluppare un intelletto. La psicologia è la più grande nemesi della conoscenza.
Accade che "l'educazione sessuale" non previene affatto, ad esempio, la contrazione di malattie veneree; essa permette, a chi ha un istinto debole, di andare incontro alle malattie attraverso precise indicazioni. Ma non solo: costui, venendo a sapere "cose", diventerà "esperto" e insegnerà agli altri la sua stessa malattia.