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Cosa si rischia con l'ideologia gender

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giuspal:
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RIBELLARSI ALLA SOCIETÀ OMOSESSUALE di Mario Palmaro
 

Molte persone ancora non lo hanno capito, ma dietro i Pacs c’è un’idea terrificante: educare i nostri figli sin dalla più tenera età alla normalità dei disordini della sfera sessuale. La maestra di scuola e i libri per l’infanzia saranno modificati: addio alla famiglia tradizionale per far posto a “le famiglie” e alla normalità delle coppie omosessuali.
 
Alcuni obiettano: che cosa c’è di tanto grave nel riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali? Che facciano pure i Pacs, o roba simile – uno pensa – tanto, per me, per mia moglie, per i miei figli non cambierà niente. Ed è qui che si consuma un errore di valutazione clamoroso. In realtà, il riconoscimento delle unioni omosessuali avrà conseguenze tragiche per la vita quotidiana di tutti. Stiamo per assistere a un vero e proprio terremoto che promette di travolgere definitivamente ciò che resta della nostra civiltà. Leggete questo articolo fino in fondo, e capirete che non si tratta di esagerazioni.

Perché qualcuno vuole questo riconoscimento?
Negli Stati moderni, l’omosessualità non è vietata da alcuna legge. Dunque, non siamo nemmeno di fronte alla situazione che caratterizzava le famose “battaglie per i diritti civili” del divorzio e dell’aborto, comportamenti che erano censurati dalla legge. Nel caso delle unioni omosessuali, lo Stato lascia fare, tollera, non impedisce. E le questioni controverse, tipo la visita in ospedale al “compagno”, o l’eredità all’“amico”? Problemi che si risolvono con il buon senso e con patti di diritto privato fra le parti. Ma, allora, che cosa si cela dietro a questa campagna mediatica e ideologica? È presto detto: la parificazione culturale di ogni tipo di unione affettiva. Bisogna tendere il tessuto dell’ordinamento giuridico sulla famiglia fino al punto di provocare uno strappo, un buco nel quale penetri poco alla volta l’idea che uomo insieme a donna, uomo insieme a uomo e ogni altra combinazione sono per la collettività la stessa cosa. In principio non si dice questo, e anzi si afferma il contrario: si dà a bere che il matrimonio è un’altra cosa, e che si vogliono riconoscere solo alcuni diritti alle coppie di fatto. Ma sono tutte frottole: il vero scopo è far implodere la famiglia, procedendo per passi progressivi alla equiparazione di ogni forma di convivenza allo status matrimoniale.
 
L’omosessualità come normalità
Gli ambienti che promuovono il riconoscimento delle unioni omosessuali sono gli stessi che negli anni Settanta avevano decreta-to la fine del matrimonio: i partiti e gli intellettuali marxisti, che all’epoca denigravano la famiglia come “struttura borghese”; i liberal e i radicali di destra e di sinistra, che hanno sempre predicato il “libero amore”; i cattolici progressisti, che nel referendum del 1974 in Italia si schierarono a favore della legge sul divorzio. Oggi, questi stessi ambienti anti-famiglia sembrano aver capovolto la loro prospettiva: vogliono che tutto diventi “famiglia” e “matrimonio”. Si coalizzano per pretendere che chi non ha chiesto di sposarsi (un uomo e una donna conviventi) e chi non può sposarsi (una coppia di omosessuali) si vedano riconoscere dei diritti come conseguenza della loro convivenza. Perché lo fanno? Non certo per reverente attrazione verso il matrimonio. Perseguono semmai lo scopo opposto: usare l’etichetta dell’istituto matrimoniale (chiamato anche con altri nomi: non fa alcuna differenza) per rendere pubblico il riconoscimento delle unioni patologiche. Si tratta di un’operazione piuttosto astuta, che insegue tre obiettivi essenziali: normalizzare, elevare a modello, educare.
 
a) Normalizzare: il primo passo è rendere normale ciò che normale non è. Che due donne o due uomini vivano pubblicamente more uxorio (vanno a fare la spesa insieme, si tengono per mano, prenotano una vacanza in albergo) non è indubbiamente una cosa normale. La legge ovviamente non lo impedisce. Ma c’è una bella differenza fra il tollerare un fatto e il ricoprirlo di una veste giuridica. Dal giorno in cui in uno Stato viene riconosciuto anche un solo diritto a due omosessuali non in quanto persone (ci mancherebbe) ma in quanto conviventi, si dà inizio a un conto alla rovescia, che culminerà con l’abolizione di qualsiasi differenza giuridica fra il “vecchio” matrimonio e ogni altra unione affettiva. La norma renderà – come dice la parola stessa – normale l’omosessualità.
 
b) Elevare a modello: Dalla legge si passerà al costume. Vi ricordate i meccanismi politicamente corretti dei telefilm polizieschi americani? Negli anni Sessanta, in piena rivendicazione dei diritti dei neri, i giudici e gli avvocati della fiction diventarono ossessivamente tutti di colore; poi, negli anni Settanta e Ottanta, in piena rivoluzione femminista, ecco che giudici e avvocati diventarono donne. Ora, prepariamoci a telefilm che esaltano il modello omosessuale, che ci mostrano la bellezza della famiglia gay e che per sovrappiù ci mettono sotto il naso le ipocrisie e le miserie della famiglia tradizionale. Vedrete: i cosiddetti eterosessuali dovranno vergognarsi e promuovere campagne di sensibilizzazione per il loro rispetto.
 
c) Educare: Anche i programmi scolastici dovranno tenere conto della novità. Fra qualche tempo una maestra elementare dello Stato non potrà più insegnare che il matrimonio è l’unione fra un uomo e una donna. Proprio come da qualche decennio non può più insegnare che questo legame è indissolubile. Così, la prof dovrà spiegare che esistono tanti tipi di affetti, e che “non c’è niente di strano se Ugo e Patrizio vivono insieme come la tua mamma e il tuo papà”. I nostri figli torneranno a casa con le idee totalmente confuse, e ci chiederanno conto della nostra anacronistica normalità.

L’omosessualità come pane quotidiano dei nostri bambini
Provate a prendere un libro per le scuole elementari dei vostri figli e controllate la seconda pagina. Potreste scoprire che è stato scritto “rispettando le indicazioni del Progetto Polite per la formazione di una cultura delle pari opportunità e del rispetto delle differenze”. Gli editori che aderiscono a questo progetto sottoscrivono un codice di autoregolamentazione nel quale si adotta la categoria maltusiana dei “generi” (i sessi sono spariti). Un codice che obbliga a rappresentare nei disegni “uomini e donne in attività sia professionali che domestiche”, a “evitare vecchi e nuovi stereotipi che immobilizzano i ruoli”, a garantire “come punto nodale la visibilità delle donne in qualsiasi disciplina”. Insomma: siamo al Minculpop del femminismo militante. Con l’avvento dei Pacs, nulla impedirà che sia adottato un analogo codice per evitare discriminazioni nei testi scolastici contro le coppie omosessuali. Anzi, occorrerà promuovere la parificazione delle “differenti tendenze sessuali”, garantire un certo numero di disegnini che raffigurano “la vita quotidiana delle coppie omosessuali” e, ovviamente, evitare di insistere su “antichi stereotipi legati a idee superate di famiglia come unione fra persone di sesso diverso”. Di più: dovranno essere cambiati anche i libri di fiabe, perché sarà giudicato discriminatorio raccontare storielle dove un coniglietto ha un padre e una madre di sesso diverso. Avremo la nostra brava quota di personaggi dei cartoons che vivranno in famiglie “strane”, dove si sta tanto bene e si vive felici nella “diversità”.



La propaganda omosessuale e l’adolescenza
Gli ultimi studi sull’omosessualità tendono a dimostrare che all’origine di questo complesso fenomeno vi sono non tanto ragioni genetiche o biologiche, quanto cause psicologiche. Questo significa che l’educazione dei bambini e dei giovani, e alcuni errori commessi in questo difficile compito, sono spesso all’origine di tendenze o condotte omosessuali. Se questo è vero, allora significa che la legalizzazione delle unioni omosessuali e la loro normalizzazione nel costume giocheranno un ruolo pericolosissimo per i nostri figli, soprattutto nell’adolescenza. Incontreranno insegnanti di educazione sessuale che li esorteranno a “scegliere senza tabù la loro inclinazione sessuale”, perché essere maschi e femmine “non significa essere eterosessuali”. In questo modo, sarà possibile alle agenzie educative di Stato incentivare la diffusione dei disturbi della personalità e agevolare l’omosessualità.

Un colpo mortale alla famiglia come istituto giuridico
La forza della famiglia e del matrimonio naturale nei secoli è stata la trasmissione di una realtà, viva e concreta, da una generazione all’altra. La famiglia è una comunicazione di esperienza, resa stabile e possibile dalla norma giuridica e religiosa. I bambini scoprono la famiglia facendone essi stessi esperienza, imparano il concetto di padre e di madre e di moglie e marito osservando con i loro occhi queste realtà, nella loro casa e in quella dei compagni di scuola. Il cancro del divorzio e delle convivenze ha certamente assestato un colpo durissimo a questa esperienza, propagandando un’idea malata di famiglia, che infatti genera spesso altre famiglie “malate”, in una catena tragica difficile da spezzare. Ma ora, con lo status giuridico della coppia omosex, si getta sulla testa delle nuove generazioni una bomba atomica culturale: si genera cioè la percezione pratica che la famiglia non esiste più come realtà definibile dalla natura e dalla realtà delle cose. Essa diventa un club, un’associazio-ne che viene ridefinita di volta in volta dalla volontà delle persone. I bambini respireranno immediatamente questa idea, e pur non riuscendo a teorizzarla – come la maggior parte degli adulti – tuttavia la assorbiranno come criterio di giudizio della realtà. Siamo di fronte a qualche cosa di spaventoso, che si inserisce coerentemente nell’orrore del divorzio, dell’aborto e dell’eutanasia di Stato. Ma che ne supera di gran lunga la portata diseducativa: corrisponde alla “soluzione finale” dell’ideologia nichilista e radicale.

Impedire il giudizio morale sulla condotta omosessuale
Se questo articolo vi è piaciuto, conservatelo gelosamente. Magari diffondetelo. Fra non molto tempo sarà impossibile scrivere e dire le cose che avete letto in queste pagine. Ci sarà innanzitutto una censura culturale, per cui “non sta bene” formulare un giudizio sullo stile di vita omosessuale. Ma potrebbero anche scattare vere e proprie proibizioni di legge. Il Timone non potrà pubblicare articoli come questo, e i parroci non potranno più dire dal pulpito che l’omosessualità è un disordine morale oggettivo, senza con ciò incorrere in un reato. Vi sembrano esagerazioni apocalittiche? Può darsi. Ma una volta che un certo stile di vita è dotato di passaporto regolare, sarà difficile per chiunque continuare a dare pubblicamente un giudizio negativo, anche solo morale. La Chiesa cattolica è avvertita.


I diritti ci sono già
Contrariamente a quanta si crede, i conviventi hanno già i diritti. Lo spiega la rivista «Si aIla vita» (novembre 2005). Infatti , «la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima» (art. 30 della Costituzione).
 
Se i conviventi vogliono che un immobile appartenga a entrambi, e sufficiente che ne divengano acquirenti insieme.
Se uno dei conviventi muore, l'altro può subentrargli nel contratto d'affitto, purché entrambi stipulino il contratto. E l'art. 6 della L. 392/78 ha stabilito, dopo l'intervento della Corte Costituzionale (n. 404/88), che in caso di morte del conduttore, nel contratto gli succede anche l'eventuale convivente.
 
La stessa sentenza dice che se una convivenza termina, se sano nati dei figli, l'alloggio può restare al convivente insieme ai figli, anche qualora il conduttore sia l'altro convivente.
 
Se l'assegnatario ad un alloggio di edilizia popolare abbandona l'alloggio attribuitogli, il convivente ha diritto a succedergli (sentenza 559/89).
 
Ancora, è vero che il convivente non è erede, ma a ciò si può ovviare, limitatamente alla quota disponibile, mediante testamento.
 
Se uno si trova in carcere o all'ospedale, il convivente può assisterlo ed esprimere il suo parere circa le cure (cfr. legge n. 91/99).
 
Quanto al caso di omicidio, il convivente superstite ha diritto al risarcimento del danno morale (e anche di quello patrimoniale, se e dimostrato che la convivenza era stabile e costituiva un presupposto per un apporto economico futuro e costante). Inoltre, nel processo penale la legge esenta dall'obbligo di deporre anche il convivente. Infine, è vero che la pensione di reversibilità non spetta al convivente: la Corte Costituzionale (461/2000) ha spiegato che essa non e un diritto umano fondamentale e che la sua attribuzione esige una certezza di rapporto che solo il matrimonio può dare. Però, anche in questo caso, nel campo pensionistico l'autonomia privata viene incontro ai conviventi, che possono stipulare polizze assicurative volontarie.

I nostri figli, i figli dei nostri figli e i loro successori ci malediranno se non fermiamo tutto questo. :no:

Vicus:

--- Citazione da: giuspal - Novembre 24, 2016, 12:58:53 pm ---http://www.iltimone.org/34990,News.html

RIBELLARSI ALLA SOCIETÀ OMOSESSUALE di Mario Palmaro
 
Alcuni obiettano: che cosa c’è di tanto grave nel riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali? Che facciano pure i Pacs, o roba simile – uno pensa – tanto, per me, per mia moglie, per i miei figli non cambierà niente. Ed è qui che si consuma un errore di valutazione clamoroso. In realtà, il riconoscimento delle unioni omosessuali avrà conseguenze tragiche per la vita quotidiana di tutti.

--- Termina citazione ---
Questo è l'aspetto più importante della questione che non viene ancora colto: l'abolizione del maschile (linguaggio, battute, luoghi, atteggiamenti) in nome di un neutro politicamente corretto. E' la "dittatura delle minoranze", usate come pretesto per promulgare norme e programmi educativi antiumani (conosciamo già i corsi di rieducazione femminista) per la maggioranza.

giuspal:
Li cacci fuori dalla porta e rientrano dalla finestra  :sick:

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-fedeli-una-fanatica-del-gender-all-istruzionee-adesso-mettiamo-in-salvo-i-nostri-figli-18345.htm

Fedeli, una fanatica del gender all'Istruzione E adesso mettiamo in salvo i nostri figli

E dopo Stefania Giannini ecco che il neo-premier Paolo Gentiloni ha nominato la senatrice PD Valeria Fedeli come nuova inquilina del Ministero dell’Istruzione. Nata a Treviglio (Bg) nel 1949, negli anni universitari, come lei stessa racconta, “ho incontrato il movimento studentesco, il femminismo e poi la Cgil”. Successivamente inizia “l’attività sindacale nel Consiglio dei delegati del Comune di Milano, in rappresentanza delle insegnanti di scuola materna”. Poi il suo impegno con la Cgil la porta a Roma, prima nel pubblico impiego e quindi nel settore tessile, settore in cui ricoprirà incarichi di livello europeo. Nel 2012 diventa vice Presidente Nazionale di Federconsumatori. Come lei stessa ama precisare, nel suo impegno sindacale si è sempre battuta “per il superamento delle disuguaglianze di genere”. E’ stata eletta come capolista PD al Senato in Toscana ed infine è stata nominata vicepresidente del Senato con funzione vicaria.

In breve, il curriculum perfetto per ricoprire il ruolo di Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca. Non trovate?

Ma sarà poi vero che la Fedeli è così incompetente? Dipende da quali requisiti quelli del Pd stavano cercando per il successore della Giannini. In realtà il profilo della Fedeli calza a pennello se teniamo conto della strategia ideologica di Renzi & Co.

Infatti la senatrice Pd è la prima firmataria del Disegno di legge n. 1680 dal titolo “Introduzione dell'educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università” del 18 novembre 2014 (clicca qui).

In esso si legge che occorre “superare gli stereotipi di genere” e puntare sulla “promozione del rispetto delle identità di genere”, soprattutto intervenendo nei contenuti dei libri di testo. A tal proposito il Ddl richiama all’art. 5 il progetto Polite teso a diffondere, inter alia,  tra i bambini racconti e fiabe che promuovono l’omosessualità

Come avevamo già avuto modo di sottolineare (clicca qui), “prima facie il disegno di legge sembrerebbe che riguardi unicamente la valorizzazione del ruolo della donna nella società e la tutela del principio di uguaglianza al di là delle differenze di sesso”. Ma l’apparenza inganna, infatti nella Relazione introduttiva all’articolato di legge si può leggere che relativamente ai giovani è necessario «incoraggiarli a intraprendere percorsi di studi e professionali superando visioni tradizionali che tendano a individuarli come tipicamente “maschili” o “femminili”».

Il commento che facevamo allora è ancor oggi valido: “In realtà, operando così si eliminano quelle differenze proprie del maschio e della femmina – che nella terminologia gender si chiamano ‘differenze di genere’ – le quali invece si vorrebbero tutelare e mettere in risalto. Si sbianchettano le peculiarità dell’uomo e della donna perché ritenute errori grossolani compiuti da una certa cultura maschilista che a oggi non ha ancora imparato il nuovo alfabeto e la nuova sintassi del sessualmente corretto”.

E’ in tale prospettiva di neutralità sessuale dove il maschile e il femminile sono aspetti meramente accessori dei bambini e dei ragazzi che deve essere letta la finalità del Ddl indicata dall’art. 1 comma 2: “eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza e sopprimere gli ostacoli che limitano di fatto la complementarità tra i sessi nella società”. Tradotto: fare tabula rasa delle differenze sessuali.

Il Ddl infatti aggiungeva che è urgente arrivare alla «decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate, stimolando al contempo l'auto-apprendimento della e nella complessità». Cioè a dire che il maschile e il femminile sono costrutti sociali, stratificazioni culturali artificiose – non di certo dati di natura -  che ormai sanno di muffa. Il nuovo che avanza è l’autodeterminazione di genere: se sei biologicamente maschio, ma ti senti donna, allora comportati da donna. Perché se non fai così, aggiungeva la stessa Fedeli a commento del Ddl, vivrai in una “identità costretta, in ruoli già definiti delle persone in base al sesso di appartenenza”. Ecco questo in soldoni ciò che secondo le Fedeli occorre insegnare ai bambini a scuola. Inoltre il Ddl prevedeva in merito alla teoria del gender corsi obbligatori per gli insegnanti e insegnamenti altrettanto obbligatori nelle università.

Il Disegno di legge non diventò mai legge, ma la Fedeli non si rammaricò più di tanto del temporaneo fallimento. Infatti in una conferenza ammise che il suo Ddl ormai era diventato inutile, dato che tutte le sue finalità erano confluite nella legge sulla Buona scuola della Giannini.

Però mai dire mai. Ora che è diventata lei ministro può essere benissimo che quel Ddl venga tirato fuori dal cassetto in fretta e furia prima delle elezioni. In questa prospettiva la nomina della Fedeli pare proprio essere una rivalsa, un atto di vendetta contro il popolo dei Family Day che di certo ha avuto un suo peso nell’affossare il governo Renzi. Un colpo di coda per regalare agli studenti qualche altra leggina letale per la famiglia. E dunque siamo costretti ad ammettere che la senatrice Pd è in realtà persona adattissima per questi scopi, per nulla incompetente.

Chiudendo con un gioco di parole, potremmo concludere: “Fedeli all’istruzione e fedeli alla distruzione della famiglia”.

Sardus_Pater:
Questa donna è un pericolo pubblico, ma non è ancora tardi per fermarla.

Vicus:
E' incredibile come con milioni di italiani sotto la soglia di povertà la priorità dei governi (non eletti) sia il gender (e tra poco l'adozione, senza dimenticare la reversibilità della Cirinnà).
Avremo una generazione di disadattati, non-impiegabili a carico della colletività e anche socialmente pericolosi (secondo molti studi indipendenti sugli effetti dei corsi gender).

Michael Swift, un autore omosessuale, ha affermato:
«Noi elimineremo le relazioni eterosessuali […]. L’unità familiare verrà abolita» .
Ecco un’indicazione dell’atteggiamento patologico che certi omosessuali hanno verso il genere opposto. E se l’asserzione di Swift – secondo cui gli omosessuali vorrebbero eliminare l’unità familiare – sembra incredibile, gli autori gay Marshall Kirk e Hunter Madsen si sono espressi sull’argomento in questi termini: «Per quanto appaia esagerata e violenta, questa affermazione (di Swift) è abbastanza rappresentativa della linea presa dai media gay radicali» . Ecco un altro indizio di attitudine patologica. L’omosessuale Mark Dennis ha ammesso in un’intervista concessa al Wall Street Journal che
«il progetto gay […] è di pianificare la fine degli”animali da riproduzione” (gli eterosessuali) attraverso il controllo dell’istruzione pubblica» .

Siamo già alla proposta di insegnare ai bambini dell’asilo la masturbazione. Per ottenere tale cambiamento è necessario plasmare la coscienza, livellando il popolo in un pensiero unico, eliminando i concetti di femmina e di maschio, madre e padre e, dunque, di famiglia.

E’ quello di cui la comunità nazionale  ha bisogno? Quello che serve alla nostra scarsa gioventù senza lavoro e  sterile, che non darà nipoti? Fate il calcolo: già avevamo uno dei più bassi indici di natalità. La  metà di questi figli, disoccupati al 40%, non  genererà; né i pochi che lavorano, con salari microscopici, non genereranno molto meglio. Una generazione italiana sarà sostanzialmente sterile. Inutile negarlo, l'Italia si estinguerà e ora si sta  realizzando a ritmo accelerato.

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