http://www.lescienze.it/news/2016/11/22/news/autismo_successo_evolutivo_umano-3322079/Nei contesti sociali dei primati, e in particolare in quelli umani, comprendere i pensieri e i sentimenti degli altri – cioè possedere una teoria della mente – costituisce un notevole vantaggio adattativo. È quindi molto probabile che questa capacità abbia rappresentato una delle forze determinanti dell'evoluzione della cognizione sociale umana.
Quest'ultima tuttavia è un fenomeno complesso, e si può quindi ipotizzare che i soggetti con un deficit di teoria della mente, a partire da un certo punto in poi dell'evoluzione, non furono esclusi dalla società ma anzi accuditi e protetti, e anche apprezzati per altre doti e competenze, utili alla sopravvivenza del gruppo sociale stesso.
È il caso dei disturbi dello spettro autistico, analizzati da un punto di vista antropologico da Penny Spikins, Barry Wright e Derek Hodgson della NewYork University, in un articolo apparso sulla rivista “Time & Mind”.
L'argomentazione degli autori prende le mosse da alcuni ritrovamenti archeologici che documentano come nelle società umane la pressione selettiva non abbia sempre favorito risposte comportamentali immediate e di valore sociale a breve termine: la protezione di soggetti vulnerabili era infatti comune. Una delle svolte fondamentali fu l'emergere dell'etica collaborativa, cioè il diffondersi di comportamenti prosociali, come la condivisione del cibo o la partecipazione alla cura della prole, rintracciabili già 1,5 milioni di anni fa.
L'autismo e il successo evolutivo umano
Temple Grandin è una delle più famose personalità autistiche "high functional". Esperta di psicologia animale, i suoi libri hanno contribuito a diffondere una migliore conoscenza della sindrome (ROBYN BECK/AFP/Getty Images)
Questi comportamenti furono sempre più apprezzati, tanto che gli individui che li mettevano in pratica acquisivano una reputazione sociale positiva. Solo in un'epoca molto più recente, che gli studiosi collocano a 100.000 anni fa, si svilupparono le dinamiche sociali complesse di protezione dei
soggetti più deboli che sono state osservate nelle popolazioni moderne di cacciatori-raccoglitori.
In questo quadro teorico complessivo gli autori hanno cercato d'inserire l'autismo, che secondo gli studi di genetica ha una lunga storia evolutiva.
Il caso è interessante, perché i soggetti autistici hanno, in termini clinici, un deficit della comunicazione verbale e non verbale, e un'interazione sociale compromessa. In una prospettiva antropologica, argomentano gli autori, andrebbero considerati come soggetti con una socialità diversa dalla norma: sviluppano infatti una teoria della mente differente, basata sull'uso di regole e di logica, che comunque funziona.
In altri termini, questi soggetti non sono in grado di comprendere situazioni emotivamente e socialmente complesse, ma hanno enormi potenzialità in altri ambiti, sia sociali sia tecnici, che possono aiutarli a ottenere una reputazione sociale positiva.
L'autismo e il successo evolutivo umano
Il savant autistico britannico Daniel Tammet posa nel 2013 al Palais de la Decouverte di Parigi in occasione della celebrazione del pi greco, del quale ricorda più cifre decimali di qualunque altro europeo: 22.514 (Credit: LIONEL BONAVENTURE/AFP/Getty Images)
Molte persone affette da autismo, inoltre, hanno eccezionali doti di memoria, di percezione visiva, olfattiva e gustativa, oltre a una maggiore comprensione del comportamento animale.
“La nostra tesi è che la diversità, la variabilità di caratteristiche tra le persone, era probabilmente più significativaper il successo evolutivo umano delle caratteristiche di una singola persona”, ha sottolineato Spikins. “Fu proprio la diversità, infatti, a garantire il successo alle comunità umane, aprendo la strada alla specializzazione dei ruoli”.
Come esempio, gli autori citano uno studio etnografico sugli abitanti della Sberia pubblicato nel 2005 dall'antropologo Piers Vitebsky, in cui è descritto il caso di un anziano mandriano di renne in grado di ricordare ricordare parentele, storia individuale e carattere di ciascuno dei sui 2600 animali. Questa conoscenza dettagliata, con tutta probabilità, dava un contributo significativo alla gestione della mandria e alla sua sopravvivenza. L'anziano era più a suo agio in compagnia delle renne che degli uomini, ma nonostante ciò era una persona rispettata, ed ebbe una moglie, figli e nipoti.