ogni tanto leggo il blog del ricciocorno schiattoso: si tratta di una femminista particolarmente agguerrita contro i padri separati e i sostenitori della pas (e sulla pas potrebbe anche avere ragione o in parte ragione per quanto ne so). caratteristica del blog è il costante link dropping di siti femministi presentati come fonti imparziali e oggettive. la titolare del blog è la classica femminista mediamente fanatica e ideologizzata con la variante che talvolta risponde ai commenti lasciati da chi la pensa diversamente anziché censurarli a vista. ovviamente si riserva l'abitudine di iniziare un dialogo con occasionali commentatori per poi interromperlo quando messa alle strette dialetticamente, oltre a rispondere con il consueto arsenale di fallacie logiche quali straw man, false generalizzazioni, false equivalenze, citazioni fuori contesto et similia e questo rende difficile un dialogo decente, cosa comune a un po' tutti gli ideologhi di questo mondo.
la cosa che salta subito all'occhio è l'astio nei confronti dei padri separati, cosa che lascia supporre un suo coinvolgimento personale in una causa di separazione con disputa per affidamento dei figli. non ho idea se si tratti di una qualche personalità di rilievo dell'underground femminista ma del resto dubito che abbia il coraggio di esporsi pubblicamente essendo abbastanza meschinella e i meschinelli non hanno molto coraggio delle proprie opinioni.
ho notato che in un paio di occasioni ha mostrato di aver visitato il forum americano di AVFM, cosa abbastanza coraggiosa per una femminista dato che l'esposizione a idee diverse dalle proprie tende a portarle a livelli di triggering parecchio elevati.
Oggi per me è difficile spiegarvi cosa mi provoca la parola “femminista” ogni qual volta mi capita di leggerla, che io mi ricordi, anche prima che mi occupassi di femminismo questa parola mi causava un sentimento istintivo di rigetto benché non avevo ancora focalizzato il problema femminista in tutta la sua portata.
Ciò che invece mi ha sempre dato molto fastidio, anche da adolescente, era il tono adulante con cui, all’epoca ed in parte ancora oggi, la stragrande maggioranza dei giornalisti e dell’intellighenzia , soprattutto di sinistra, omaggiavano in maniera alquanto ossequiosa e direi indegna di un Uomo, la dea da adorare, ogni argomento che parlasse di donne in relazione a qualsiasi avvenimento di attualità, dalla politica allo sport, veniva presentato al pubblico con delirante e servente adorazione, questo modo di procedere mi è sempre sembrato un voler sacrificare la propria dignità di Uomo sull’altare dell’idolatria femminile.
Oggi, più che la lunga carrellata di corbellerie scritte da una femminista, mi indigna il fatto che proprio in una società dove si permette alla femminista più idiota di avere il diritto di parola, questi stessi giornalisti e questa stessa intellighenzia che si prostrano e scodinzolano dinanzi all’ultima scribacchina, auspicano al contempo la più brutale soppressione del pensiero non allineato al loro.
E’ un caso, dunque, che la quasi totalità delle manipolazioni statistiche, della diffusione di dati falsi e delle banalità sono scritte e divulgate da femministe?
Soprattutto non c’è neanche un articolo scritto da una femminista che dia alla parola “virile” e “maschile” la connotazione che il mio temperamento da a quelle parole.
L’umanità è sempre stata contraddistinta da questi tre elementi: uno creativo, uno neuro ed, infine, uno distruttivo.
Tutta l’umanità ha beneficiato dell’elemento creativo maschile nell’arte, nella cultura, nella scienza come anche nelle grandi imprese e conquiste sociali, civili e militari, tale elemento non è mai stato una riproduzione mnemonica dell’intelletto ma è un dono di Dio che contraddistingue i grandi spiriti, le femministe, invece, che sono state “grandi” soltanto nella distruzione, consapevoli di ciò, hanno voluto sminuire o occultare questi dati di fatto bollandoli addirittura come irrilevanti e superflui per imporre nelle scuole e nell’educazione la narrativa femminista stroncando sul nascere la forza virile delle nuove generazioni maschili che scaturisce dalla volontà di emulazione offerta dai grandi esempi della storia ed instillando il senso di colpa.