Autore Topic: Il futuro dal volto (dis)umano: i robot sostituiranno gli uomini?  (Letto 1436 volte)

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Offline Vicus

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Ho già accennato al fatto che si stanno studiando in sordina soluzioni per dare personalità giuridica ai robot, equiparati in tutto e per tutto agli uomini con tanto di reato di 'roboticidio'.
Non ritengo l'argomento OT, dato che gli uomini con la loro personalità sono il principale ostacolo - e quindi in prima linea - contro la standardizzazione e poi la cancellazione del genere umano.

La pubblicità non ha mai fini solo commerciali, ma anche sociopolitici e "pedagogici".* In questo spot è un robot stesso a 'parlare' per annunciarci i programmi per il futuro:

* Fonte: Marshall McLuhan, La Sposa Meccanica (con prefazione del regista 'impegnato' Roberto Faenza), SugarCo 1984

« Ultima modifica: Gennaio 01, 2017, 14:15:46 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Sardus_Pater

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Re:Il futuro dal volto (dis)umano: i robot sostituiranno gli uomini?
« Risposta #1 il: Gennaio 01, 2017, 14:11:29 pm »
Ho già accennato varie volte al fatto che si stanno studiando in sordina soluzioni per dare personalità giuridica ai robot, equiparati in tutto e per tutto agli uomini con tanto di reato di 'roboticidio'.
Non ritengo l'argomento OT, dato che gli uomini con la loro personalità sono il principale ostacolo - e quindi in prima linea - contro la standardizzazione e poi la cancellazione del genere umano.

La pubblicità non ha mai fini solo commerciali, ma anche sociopolitici e "pedagogici".* In questo spot è un robot stesso a 'parlare' per annunciarci i programmi per il futuro:

* Fonte: Marshall McLuhan, La Sposa Meccanica (con prefazione del regista 'impegnato' Roberto Faenza), SugarCo 1984

Sì, stanno preparando il terreno per questa rivoluzione che dovrebbe atterrire e mettere in guardia tutta l'umanità. Ma purtroppo la moltitudine è indifferente, anche più rispetto ad altri problemi gravi come mondialismo, gender e femminismo.
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Offline ilmarmocchio

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Re:Il futuro dal volto (dis)umano: i robot sostituiranno gli uomini?
« Risposta #2 il: Gennaio 02, 2017, 14:29:22 pm »
Idee molto interessanti circa il mondo dei robot si trovano nei romanzi di Asimov :
i robot dell' alba
abissi d'acciaio
i robot e l'impero
ci sono possibili evoluzioni non solo sul rapporto tra robot e umani

Offline Vicus

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Re:Il futuro dal volto (dis)umano: i robot sostituiranno gli uomini?
« Risposta #3 il: Gennaio 02, 2017, 23:33:48 pm »
La chiave di tutto è considerare la tecnologia in funzione dell'essere umano e non viceversa - e smettere di considerare l'umanità come semplice forza-lavoro rimpiazzabile dalle macchine.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Sardus_Pater

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Re:Il futuro dal volto (dis)umano: i robot sostituiranno gli uomini?
« Risposta #4 il: Gennaio 03, 2017, 23:08:09 pm »
Vallo a dire ai padroni del vapore.
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Offline Vicus

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Re:Il futuro dal volto (dis)umano: i robot sostituiranno gli uomini?
« Risposta #5 il: Febbraio 18, 2017, 01:16:52 am »
Bernanos previde tutto questo già nel 1944:

http://www.maurizioblondet.it/bernanos-robot-ossia-progresso-apocalisse/

BERNANOS CONTRO I ROBOT. OSSIA IL PROGRESSO COME APOCALISSE.

Un giorno – annunziò –  si getteranno nella rovina da un momento all’altro famiglie intere  perché a migliaia di chilometri di distanza potrà essere prodotta la stessa cosa a due centesimi in meno alla tonnellata”:  come se avesse visto in una sfera di cristallo  la globalizzazione, le delocalizzazioni feroci, le de-industrializzazioni  d’Europa.

Adam Smith,  ha sancito in una celebre sentenza: « Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio, che noi ci aspettiamo la nostra cena, ma dal loro rispetto nei confronti del loro stesso interesse. Noi ci rivolgiamo, non alla loro umanità ma al loro amor proprio, e non parliamo loro delle nostre necessità ma della loro convenienza. »  L’illusione che dall’intreccio degli interessi ossia egoismi venga una società armoniosa grazie alla mano invisibile del mercato,  è tuttora   un dogma creduto da molti.  Bernanos ,  con impressionante anticipazione, scrisse:

“Non importa, si dicevano gli imbecilli, sappiamo bene che la cupidigia non è una virtù; ma il mondo non ha bisogno di virtù, esige confort – e la cupidigia senza freni dei mercanti finirà, grazie al gioco della concorrenza, per fornirgli questo confort a basso prezzo, a prezzo sempre più basso. […] Questi sciagurati  erano incapaci di   prevedere che niente avrebbe fermato le cupidigie scatenate,  che avrebbero finito per disputarsi la clientela a  colpi di cannone: “Compra o muori!”.   

Quegli imbecilli, rincarava Bernanos, “non prevedevano nemmeno che non tarderebbe a venire il giorno in cui il calo dei prezzi, fosse pure degli oggetti indispensabili alla vita,   sarebbe considerato come un male maggiore  – per la semplice ragione  che un mondo nato dalla speculazione non può organizzarsi che per la speculazione.”

Un mondo dominato dalla Forza è  abominevole, ma il mondo dominato  dal Numero è ignobile. La Forza presto o tardi fa sorgere dei rivoltosi, genera lo spirito di Rivolta, fa  degli eroi e dei Martiri.  La tirannia abietta del Numero è  un’infezione lenta che non ha  mai provocato questa febbre. Il Numero crea una società a sua immagine:  una società di esseri non già eguali, ma di equivalenti, riconoscibili solo dalle impronte digitali” –  come fece a vedere  70 anni prima la nostra società di omologati,  di   copie conformi intercambiabili,  e  in più passivamente incapaci di rivolta  verso le oligarchie   che li asserviscono?

E  con che precisione ci dipinge, noi suoi posteri: “Inchiodato a se stesso dall’egoismo, l’individuo non appare più  che come una quantità trascurabile, sottomessa alle leggi dei  grandi numeri […]  grazie  alla conoscenza delle leggi che li reggono.  Così il progresso non è più nell’uomo,  è nella tecnica,  nel perfezionamento dei metodi capaci  di permettere un utilizzo ogni giorno più efficace del materiale umano”.
Georges Bernanos, 1888-1948.

“Ahimé, il modo rischia di perdere la libertà , di perderla irreparabilmente, per non aver conservato l’abitudine ad usarla…”: questo nel 1944.  L’Unione Europea,  orwelliana  prigione dei popoli  consenzienti, non  era nemmeno al più lontano orizzonte.

Ed ecco l’esattissima previsione sulla immane perdita di identità e culture degli europei,  che allora non era immaginabile: “La civiltà delle macchine non ha per niente bisogno della nostra lingua. La nostra lingua è il fiore e il frutto d’una civiltà  assolutamente differente dalla civiltà delle macchine.  Inutile disturbare Rabelais, Montaigne, Pascal [noi: Dante, Ariosto, Machiavelli] per esprimere una concezione sommaria della vita, il cui carattere sommario costituisce precisamente  la sua efficienza.  La lingua francese [italiana]  è un’opera d’arte, e la civiltà delle macchine non ha bisogno per i suoi uomini d’affare, come  per i suoi diplomatici,  che di uno utensile, niente di più”.


Non si capisce assolutamente niente della civiltà moderna se non si ammette fin dal principio che è una cospirazione universale contro ogni specie di vita interiore”.   Georges Bernanos, La France contre les robots (1944).

Escono libri intitolati appunto “Apocalisse del Progresso”, dove Pierre de la Coste, giornalista che è stato ghost writer di vari ministri,  pone questioni come: “Dagli Ogm a Chernobil, dalla schedatura digitale della popolazione a Fukushima  – è venuto il momento di dirsi che il Progresso, come  moto ineluttabile dell’Umanità verso il Bene, ed  è stato forse una religione di sostituzione,  è diventato oggi un incubo”.

Escono saggi intitolati “La Sregolazione morale dell’Occidente”, dove il filosofo Philippe Bénéton   denuncia “quello che è il pensiero coltivato dall’Unione Europea dagli anni 2000: ciò che unisce gli europei,  sono solo le regole che implicano i diritti dell’uomo e della “concorrenza libera e non falsata”. Ma così, a ciò che fu una civiltà comune si impone una tabula rasa.

L’idea burocratica è   naturalmente  che le identità e differenze culturali e storiche debbano essere omogeneizzate perché ostacolerebbero, poniamo, l’accoglienza verso i  musulmani immigrati; e per giunta, le masse si vogliono “emancipate  dai tabù” religiosi ossia morali.  Ma attenzione, denuncia il filosofo, “la democrazia liberale prende  un senso nuovo; diventa una semplice meccanica,  si definisce unicamente per le procedure”, le regole invece dei valori. Ma “in un mondo dove le procedure regnano e le virtù svaniscono in  nome del relativismo dei valori, gli attori non si sentono “tenuti”. Sicchè  la  crisi morale tocca la politica  come tocca i media, l’economia, la scienza, i rapporti quotidiani..”.

Questi europei dell’ultima ora che si vantano della propria “liberazione” morale, “a ciascuno i suoi valori, ogni individuo è libero e sovrano, viva la libertà, abbasso il vecchio ordine morale – e poi si indignano perché il politico ruba,  il capitalista froda i salari de localizzando, il giornalista pubblica notizie false a pagamento per la Cia  – ma non sono anche loro degli individui “liberati”?  Se il vecchio ordine morale è schernito e  demitizzato, la conseguenza politica e sociale non può essere che quella. La violazione di “regole” e procedure, dopotutto, non valori.

Ma  ancor peggio, in questo relativismo   di massa  si  è infiltrato un moralismo di massa, ipocrita e non riconosciuto, e ferocemente  censorio:  “la modernità tardiva vuol definire la buona e cattiva   maniera di vivere. Il “Male” e la “colpa” non sono scomparsi, si incarnano nelle parole e negli atti accusati, a torto o ragione, di razzismo, di sessismo, di xenofobia, di omofobia… queste nuove regole puntano alla divisione morale dell’umanità: da una parte gli araldi di una società aperta , avanzata, i progressisti,  le femministe, i ‘gay’ –  dall’altra a i retrogradi, quelli del vecchio mondo, i partigiani di una società “chiusa” e “tribale”, i custodi del vecchio ordine morale,  gli ultra-conservatori, i reazionari, i populisti, gli xenofobi:  in breve, è la divisione tra gli amici e i nemici dell’umanità.  Questa visione manichea non è certo in favore della libertà.

E   fa un esempio, Béneton:

“Se uno dice in un dibattito tv: “il populismo è il pericolo principale del nostro tempo”, non sarà interrotto, né  richiesto di spiegarsi sulle sue intenzioni.  Se invece uno dichiara: “populismo è una parola incerta e mal definita, inventata dagli Importanti per indicare, con la sua connotazione peggiorativa, che non è bene criticare gli Importanti”,  chi parla viene bombardato di sospetti sulla sua intenzione: sareste anche voi populista? Reazionario? L’opinione   corretta funziona in questo modo: non discutete mai, accusate. Il nostro  tempo che  tanto denuncia “il moralismo”,  non fa altro che moralizzare  continuamente.  La messa  sotto accusa della persona sostituisce il dibattito delle idee : “Ah, lei cade nell’omofobia, lei fa’ il gioco del conservatorismo,  lei  nutre ancora dei pregiudizi!”. In breve, il  fondo del dibattito  non viene più trattato, non c’è più  un dibattito  ma un accusatore e un accusato, un tribunale e un reo”.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.