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Scuola, la matematica non piace alle ragazze. Interviene il ministeroIl Messaggero, giovedì 5 gennaio 2017ROMA Saper leggere, sì. Ma far di conto proprio no. È tutta qui la questione femminile nella scuola italiana: le ragazze non riescono a sfondare nelle materie scientifiche e matematiche e lasciano campo libero ai maschi. Le studentesse, infatti, si ritagliano uno spazio solo in ambito umanistico.IL PROGRAMMAQual è il problema? Di certo non è nel dna. Ma in un pregiudizio tutto da smontare. Per gli esperti, un’inversione di tendenza è possibile: basta concentrarsi sulle nuove generazioni. L’input parte dal mondo scientifico e viene messo in moto dal ministero dell’Istruzione con un progetto ad hoc: si lavora direttamente nelle scuole elementari oggi per ritrovarsi poi, tra dieci anni, con delle brillanti menti matematiche, rigorosamente femminili. Ma la strada è lunga. Le differenze di genere in Italia, infatti, sono più che evidenti: dai risultati ottenuti con i test di Pisa 2015 sugli studenti di 15 anni, emerge una distanza di 17 punti a favore dei ragazzi nell’ambito delle scienze. Enorme: basti pensare infatti che a livello internazionale la differenza è di appena 4 punti. Anche per matematica, l’edizione 2015 di Pisa ha rilevato una media di ben 20 punti in più a favore dei maschi. Una distanza ancora più profonda. Il settore riservato alla lettura ribalta, invece, la situazione a favore delle ragazze che distanziano i compagni di 16 punti.Ma, anche qui, i numeri non sono a favore delle studentesse: per la prima volta, infatti, i ragazzi nel 2015 sono migliorati nella lettura di ben 13 punti rispetto ai risultati del 2009 mentre le ragazze sono peggiorate di 17. Per capire le motivazioni di questa nuova tendenza occorrerà aspettare i prossimi test di Pisa e vedere se i maschi continuano a crescere e le femmine a peggiorare. Per ora l’unico aspetto da rilevare è che in Pisa 2015 per la prima volta i test sono stati svolti al computer: l’unica variazione rispetto al passato, quindi, è stato l’uso del pc che potrebbe aver influenzato il rendimento dei ragazzi, in meglio, e delle ragazze, in peggio. LA LAUREANon è un caso, allora, se le studentesse rappresentano appena il 16,3% del totale degli iscritti al 1° anno degli istituti tecnici, nel settore tecnologico che resta quindi un mondo assolutamente maschile. E ancora, se si osservano i banchi dei corsi di laurea nell’anno accademico 2014-2015, si nota che le ragazze nell’area umanistica rappresentano il 75% degli iscritti. La percentuale scende però inesorabilmente passando ad ambiti di carattere più scientifico o tecnico e raggiunge il minimo assoluto nell’area di Ingegneria e Tecnologia dove le ragazze iscritte coprono appena il 31% del totale. E allora non resta che correre ai ripari. Come? Incentivando lo studio delle materie scientifiche, tecniche, ingegneristiche e matematiche. Le cosiddette Stem, acronimo di Science, Technology, Engineering and Math, a cui il ministero dell’istruzione ha dedicato un mese intero, nel maggio scorso, tra lezioni, laboratori e approfondimenti. Ed è ora in corso un bando lanciato dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di contrastare gli stereotipi di genere promuovendo queste materie, compreso il coding, tra gli studenti più giovani intervenendo anche nei primi anni delle scuole elementari. Dove iniziano i percorsi di studio ed è più semplice scardinare i pregiudizi. Lorena Loiacono
Enorme: basti pensare infatti che a livello internazionale la differenza è di appena 4 punti.
Che donne e uomini abbiano attitudini, vocazioni, potenzialità diverse nei diversi campi è riconosciuto da (quasi) tutti ma, da quando il femminismo ha preso il dominio della nostra sfera etica, questa differenza può venire dichiarata e riconosciuta solo riguardo alle capacità femminili. Si può dire serenamente che le donne sono “più” su qualsiasi versante, senza che ciò venga letto come una “diminutio” per gli uomini e senza venir accusati di sessismo. Ma non si può mai dire il contrario. Mai neanche ipotizzare un “più” per gli uomini in qualsiasi campo.Infatti qualsiasi vocazione o potenzialità – anche in aree limitatissime – venga attribuita ai maschi, subito viene denunciata come pregiudizio maschilista, misoginia etc.Così, ad es., quando gli uomini sono davanti negli studi, ciò prova la struttura maschilista della scuola e della società . Quando invece sono avanti le donne ciò prova le loro maggiori qualità e capacità (dedizione, impegno, spirito di sacrificio etc). Nessuno ha mai nulla da osservare su questa contraddizione.La questione che si pone non è dunque stabilire se e dove e in che misura gli uni e le altre siano “più” nel campo A e “meno” nel campo B (o viceversa) ma capire da dove derivi questa asimmetria del giudizio. Capire perché si possa dire “più” delle donne (vero o falso che sia) ma mai degli uomini.Perché il riconoscere un qualche attitudine specifica negli uomini risulti offensivo per le donne. Se gli uomini fossero davvero un po’ più portati per la matematica, perché ciò dovrebbe rappresentare un insulto?Perché una diversa qualità maschile, anziché essere motivo di ammirazione, è diventata causa di invidia?Perché un qualsiasi “più” maschile dovrebbe scardinare così a fondo l’autostima femminile?Perché alla benevolenza è subentrata l’acredine, all’ammirazione il risentimento. Ecco perché.Questo è il problema, non quello del “più” o del “meno”.Risolto questo problema, la questione stessa (un calcolo puerile sul +/-) non ha più motivo di esistere.
L’insegnamento? In Europa è roba da donneCultura - Giulio Caratellitwitter@Giuli0Car4telli2 ottobre 2015print mail facebook[] twitter single-g-share[0]Il 70% degli insegnanti nell’Ue è di sesso femminile: quasi tutte maestre alla materna e alle scuole elementari, i professori maschi tornano la maggioranza solo all’universitàBruxelles – Insegnare in Europa sembra essere considerato un lavoro da donne. Degli 8,3 milioni di persone che nel 2013 hanno svolto questa professione, ben 5,8 milioni, e cioè il 70%, erano donne. Le maestre sono largamente predominanti nelle prime fasi educative: sono il 95% alle scuole materne e l’85% alle elementari. In compenso all’università, la maggior parte dei professori sono uomini (59%).E’ quanto emerge dai dati pubblicati oggi da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Ue, in vista della festa mondiale degli insegnanti, che verrà festeggiata come ogni anno il 5 ottobre. I dati hanno evidenziato come la presenza più alta di educatrici donne, si possa trovare in Estonia (88,2%), Lettonia (83,2%) e Lituania (81,2%), mentre Spagna e Grecia si posizionano agli ultimi posti di questa classifica, con una percentuale al di sotto del 65%.La predominanza di maestre è nettissima alla scuola materna, dove le donne sono il 95%. Solo Francia (83%), Olanda (86,6%) e Regno Unito (90%) si trovano al di sotto di questa percentuale, mentre Bulgaria, Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Romania e Slovacchia superano il 99% di educatrici nelle scuole pre-primarie all’interno del proprio territorio. Una situazione assai simile si verifica alle elementari, anche in questo caso il numero di donne che ricoprono il ruolo di docente è molto alto, l’85%. Le eccezioni si trovano in Italia, Lettonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovenia, Paesi che superano la soglia del 97%, mentre Spagna, Grecia, Lussemburgo e Svezia, si trovano al di sotto della media, non oltrepassando il muro del 77%.Nelle scuole secondarie (medie e liceo), le professoresse rappresentano il 64% degli insegnanti, bilanciando la sproporzione delle prime fasi del processo educativo. Solo all’università, l’insegnante uomo diventa predominante: le docenti nel mondo dell’istruzione terziaria sono il 41%. Fanno eccezione Lettonia Lituania e Finlandia, dove la maggior parte dei professori sono anche in questo caso donne.Un’ultima curiosità registrata dai dati Eurostat riguarda l’Italia. Il nostro è di gran lunga il Paese in cui gli insegnanti sono più anziani: ben il 61,9% dei professori ha raggiunto o superato i 50 anni, contro una media europea di insegnanti oltre la cinquantina del 35,9%. Nella classifica degli insegnanti più vecchi, in seconda posizione ma ben distaccata, la Bulgaria con il 47,7% di ultracinquantenni. Seguono Estonia, Lituania e Svezia.Il 61,9% degli insegnanti ha raggiunto o superato il traguardo dei 50 anni.
Ma non è che non piace la matematica, Frank, è che un perverso sistema patriarcale fatto di un 80% di insegnanti femmine impedisce alle studentesse di emergere.
Nell'articolo riportato in testa al thread,il fatto che le ragazze non vadano bene nelle materie scientifiche è attribuito a "stereotipi di genere".Qualcuno dica a queste menti labili che ci siamo stufati di queste stronzate!!!
Ma, anche qui, i numeri non sono a favore delle studentesse: per la prima volta, infatti, i ragazzi nel 2015 sono migliorati nella lettura di ben 13 punti rispetto ai risultati del 2009 mentre le ragazze sono peggiorate di 17. Per capire le motivazioni di questa nuova tendenza occorrerà aspettare i prossimi test di Pisa e vedere se i maschi continuano a crescere e le femmine a peggiorare. Per ora l’unico aspetto da rilevare è che in Pisa 2015 per la prima volta i test sono stati svolti al computer: l’unica variazione rispetto al passato, quindi, è stato l’uso del pc che potrebbe aver influenzato il rendimento dei ragazzi, in meglio, e delle ragazze, in peggio.
Per ora l’unico aspetto da rilevare è che in Pisa 2015 per la prima volta i test sono stati svolti al computer: l’unica variazione rispetto al passato, quindi, è stato l’uso del pc che potrebbe aver influenzato il rendimento dei ragazzi, in meglio, e delle ragazze, in peggio.
Ma ancora più "divertente" è il fatto che i risultati mediamente più scarsi dei ragazzi nelle materie linguistiche, è da attribuire al loro ritardato cervello.(Non lo dicono esplicitamente; ma il succo del discorso è quello.)