Autore Topic: Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia  (Letto 3607 volte)

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Online Frank

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Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
Pubblicato: 07 Gennaio 2017
Scritto da Marco Faraci

Il successo del Brexit nel Regno Unito, di Trump negli Stati Uniti e l’avanzata di movimenti anti-sistema in tanti paesi, tra cui l’Italia, sta generando una reazione da parte della cultura mainstream, specialmente quella di orientamento progressista, che va oltre i termini fisiologici del confronto politico.

La sensazione è che ci sia stia allontanando, un po’ ovunque, dal modello di una contrapposizione tra due opzioni parimenti legittimate dal gioco democratico, verso uno in cui tutto il mondo “per bene” si salda per condannare ad uno stato di “minorità morale” una parte politica e l’elettorato che la sostiene.

Va detto che, per molti versi, è stato proprio il nostro paese a fare da apripista a questo tipo di atteggiamento, come ha dimostrato un ventennio di demonizzazione di Silvio Berlusconi e del popolo del centro-destra.

Di fronte alla “destrizzazione” dello scenario politico di buona parte dei paesi occidentali, oggi è proprio da sinistra che arrivano più di frequente segnali di fastidio nei confronti dell’esito della democrazia e di sfiducia nei confronti degli elettori. L’idea che non si possano lasciare le decisioni importanti al “popolo ignorante” ricorre sempre più, benché evidentemente, sottovoce. Un recente articolo del Washinton Post, uno dei maggiori quotidiani dell’America “liberal”, ha posto la questione in termini espliciti: “gli americani ignoranti non dovrebbero votare”.
E l’idea che se avessero votato solo le persone istruite avrebbe vinto la Clinton (o il Remain) è stata, di recente, uno dei mantra preferiti della stampa. Insomma troppi, a sinistra, per usare le parole di Bertold Brecht, appaiono desiderosi di “sciogliere il popolo e di nominarne un altro”.

Eppure, il senso del suffragio universale era proprio quello di evitare che alle élite culturali ed economiche fosse conferito un peso sproporzionato, magari addirittura esclusivo, nella decisione pubblica. Peraltro, che la diffusione dell’istruzione migliori la qualità della decisione politica è, in realtà, molto dubbio, così come il fatto che metta al riparo dal “populismo”.

Basta guardare alla storia dell’ultimo secolo per rendersi conto di come la cultura non sia stata minimamente un argine ai totalitarismi. La Germania dove prese piede il Nazismo era, ad esempio, uno dei paesi più culturalmente evoluti del continente europeo. E quante persone di cultura in Europa hanno subito la fascinazione del comunismo? Paradossalmente mentre tante persone comuni che vivevano ad Est dietro al cortina di ferro anelavano la libertà e l’Occidente, una sola categoria di persone ha idealmente compiuto per decenni il percorso inverso: guarda caso proprio gli intellettuali.

Bisogna anche considerare come nel nostro paese il livello di istruzione si sia costantemente alzato nel tempo. La frequenza del ciclo secondario è ormai obbligatoria e ci sono oggi molti più laureati di 10, 20, 30 o 40 anni fa. Insomma oggi gli italiani sono più istruiti che in qualsiasi epoca passata. Ma possiamo davvero sostenere che la qualità del loro voto sia, nel tempo, aumentata allo stesso modo? Possiamo davvero dire che questo paese abbia più chiara oggi la giusta direzione da prendere di quanto l’avesse l’Italia molto più ignorante che negli anni ’50 generò il nostro “miracolo economico”? Probabilmente no, altrimenti, verosimilmente non avremmo i problemi che abbiamo.

Mutatis mutandis, anche i paesi arabi che abbracciamo l’islamismo più estremista sono oggi relativamente istruiti quanto mai prima in passato. Davvero decenni di scolarizzazione sempre più universale hanno posto, in quelle aree del mondo, i presupposti per maggiore libertà e democrazia? Il vero punto è che la libertà è molto più una questione morale di quanto non sia una questione di istruzione. I princìpi della libertà personale ed economica – cioè in definitiva l’idea del rispetto per gli altri – sono talmente semplici che non richiedono una mente culturalmente evoluta per essere compresi. Tali principi si accettano perché si sentono intimamente giusti. Oppure si rifiutano perché si percepiscono come intimamente sbagliati – e se avviene questo, non c’è scuola e non c’è università che possa portare a capirli ed a riconoscerli.

Anzi, per alcuni versi, l’istruzione moderna – scuola pubblica ed università pubblica – ha persino indebolito la comprensione dei fondamenti morali dell’economia, promuovendo una cultura del diritto universale a tutto. Le ultime generazioni sono cresciute potendo dare il benessere per scontato e senza necessità di comprendere il nesso che esiste tra produzione e consumo di ricchezza. In fondo viviamo in un mondo in cui basta premere un pulsante e si accende la luce, girare un rubinetto ed esce l’acqua ed in cui fin da bambino ti insegnano che oggi le nostre società vivono in un’era di ”emancipazione” e che quindi tutto quello che nel passato era una conquista, oggi è, in partenza, un “diritto”. 
Non stupisce che in queste condizioni l’impatto con le condizioni della vita reale, dopo la fine del periodo ovattato degli studi, sia per tanti un’esperienza ingrata che viene elaborata nel modo peggiore. Ci si sente defraudati dei diritti sociali che si credeva di avere acquisito e ci si pone in una posizione vittimista e rivendicativa, pronti a votare “chi offre di più”.

In ogni caso, al di là dei ragionamenti che si possono fare sul livello di istruzione della società rispetto al passato, altre riflessioni sono possibili limitandoci alle differenze di comportamento, in funzione dell’istruzione, all’interno della società italiana di oggi. C’è chi ritiene che le persone più istruite forniscano un contributo qualitativamente più elevato alla discussione pubblica, se restringiamo la fotografia alla società attuale. Molti ad esempio, continuano a ritenere che le élite culturali votino in maniera più “rassicurante”, almeno dal loro punto di vista e che – comunque – siano meno sensibili al fascino di “deleteri populismi”.

Ora si può naturalmente pensare che l’istruzione, se maturata in ambiti richiesti dal mercato, rappresenti un vantaggio competitivo che viene premiato dalle regole di un’economia liberale e pertanto chi “detiene la conoscenza” abbia l’interesse a votare in modo sensato per mantenere un sistema di mercato sano ed efficiente che valorizzi il merito. Il problema è che non viviamo davvero in un sistema di mercato e quindi i laureati non fanno strada, solamente, attraverso i meccanismi che caratterizzano un’economia libera. I laureati, nei fatti, fanno strada nella vita anche attraverso le regole dello statalismo e spesse volte, per loro, più statalismo c’è meglio è.


Nei fatti sono le persone di buona famiglia e di buona cultura quelle che riescono meglio a dominare i meccanismi di un’economia statizzata e burocratizzata e dispongono delle occasioni di socializzazione necessarie ad entrare nei “giri buoni”, quelli che garantiscono posti di lavoro protetti e posizioni di rendita. Le persone istruite – pensiamo agli insegnanti, ai giornalisti, agli operatori della cultura - sono anche le più brave a costruire una narrazione della propria indispensabilità per la società tutta, che non sarà mai alla portata di un commesso, di un artigiano o di un operaio di una piccola impresa. Tagli alla scuola o alla RAI, la chiusura di un giornale, la riduzione di alcuni fondi alla cultura ed allo spettacolo fanno partire immediatamente la grancassa dello sdegno e dello scandalo, quando invece chi non fa parte del cerchio privilegiato perde il posto di lavoro lontano dai riflettori.

I laureati, inoltre, sono anche quelli che meno sentono la concorrenza dell’immigrazione; anche qui la questione non è legata, necessariamente, al fatto che la loro eccellenza li renda meno attaccabili dalla concorrenza di stranieri; piuttosto incide il fatto che i loro posti di lavoro sono quelli che sono stati meglio blindati. Non mancherebbero i softwaristi indiani che potrebbero in teoria far concorrenza a quelli italiani. Non mancherebbero gli insegnanti madrelingua che potrebbero insegnare le lingue nelle scuole in modo competitivo rispetto ai nostri insegnanti di lingua. Non mancherebbero gli albanesi con un livello culturale e di italiano sufficiente da poter lavorare nella nostra pubblica amministrazione. E non mancherebbero i dirigenti stranieri con un background sufficiente da poter assumere posizioni manageriali in vari settori.

Il fatto è che le posizioni non qualificate sono aperte alla concorrenza degli immigrati, mentre, nei fatti, quelle qualificate no. Quanta sorpresa, ha generato di recente la decisione irrituale del ministro Franceschini di ingaggiare, per la prima volta, anche degli stranieri alla guida di musei. Resta un caso isolato; nella stragrande maggioranza dei casi, le posizioni qualificate nel nostro paese sono anche quelle meno “globalizzate”.

Insomma, se i laureati votano in maniera diversa, tendenzialmente più mainstream e meno ricettiva del messaggio delle forze anti-sistema, non è perché la loro cultura li metta al riparo da posizioni “di pancia”, garantisca loro una migliore comprensione delle dinamiche politiche economiche complessive o li predisponga a posizioni più positive, costruttive e solidali. E’ semplicemente perché, come ogni altri gruppo, votano sulla base del proprio interesse percepito che, in larga misura, è un interesse di “status quo”. L’errore, dunque, di una certa lettura è quella di attribuire all’élite uno slancio idealista e disinteressato a favore della liberaldemocrazia e della società aperta, quando invece essa si muove sulla base di riflessi di autoprotezione.

Insomma il voto delle persone più colte può produrre esiti più desiderabili per i progressisti, ma non necessariamente più liberali e più economicamente efficienti. Senza contare che questo tipo di ragionamento è futile perché alla fine votano comunque tutti, i più colti ed i meno colti. E qui si arriva ad un altro dei punti chiave del nuovo classismo della “sinistra establishment”, il fastidio per il fatto che i voti valgano tutti allo stesso modo e si contino, mentre sarebbe così più comodo se si potessero “pesare”.

Ora, è evidente, che i “non colti” non si possono squalificare; non può essere tolto loro il diritto di voto ed allora, non potendo essere messo in discussione il suffragio universale, il tentativo che va per la maggiore è quello di squalificare la democrazia diretta e di offuscare sempre di più il processo di decisione politica. Insomma, opposizione ai referendum perché conducono ad esiti “demagogici”, preferenza per una democrazia intermediata, simpatia per governi tecnocratici “di salute pubblica” e poi naturalmente entusiastico sostegno a costruzioni barocche quali la politica dell’Unione Europea.

E’ chiaro che sarebbe troppo rischioso sostenere che la politica non debba avere una base democratica; tuttavia tanti ritengono che l’esito del voto popolare debba essere filtrato e rielaborato “da chi le cose le capisce” fino a produrre un governo accettabile, cioè il più possibile “in continuità”. La sensazione è che questa strategia di contenimento della cosiddetta minaccia populista sia destinata al fallimento; potrà forse nell’immediato rallentare il cambiamento, introducendo nel processo di decisione politica tutta una serie di inerzie, ma in un’ottica di più lungo periodo non fa che accrescere lo scollamento tra governo e paese reale, alimentando le ragioni dell’insofferenza dell’elettorato.

In definitiva, non è sperabile che la democrazia occidentale possa essere salvata da un’aristocrazia culturale che la protegga dalle scelte sprovvedute del popolo. La democrazia è riscattabile solo da una modifica del sistema di incentivi che è alla base della decisione pubblica, cioè dal ripristino del collegamento diretto tra produzione e consumo di ricchezza, tra spesa pubblica e suo finanziamento. Insomma il concetto fondamentale è che “nessun pasto è gratis”, e l'istruzione non c'entra.

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https://www.washingtonpost.com/opinions/we-must-weed-out-ignorant-americans-from-the-electorate/2016/05/20/f66b3e18-1c7a-11e6-8c7b-6931e66333e7_story.html?utm_term=.6218fd642d0b

Offline Vicus

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #1 il: Gennaio 07, 2017, 11:48:46 am »
Concordo già dal titolo, l'istruzione non forma più, serve solo a indottrinare e irreggimentare, per poi selezionare non i migliori, ma i più conformisti e adatti al famigerato "lavoro di squadra". :lol:
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Sardus_Pater

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #2 il: Gennaio 07, 2017, 16:07:57 pm »
Son d'accordo principalmente con l'ultima parte del più che condivisibile articolo.
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Offline Vicus

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #3 il: Gennaio 07, 2017, 16:17:00 pm »
Queste élite ignorano che la tendenza del futuro non in un governo di "esperti" arroccati in una torre d'avorio, ma in una più ampia partecipazione popolare favorita dalla rete. Il cd. feedback finora limitato al campo commerciale non potrà che estendersi alla politica. I cittadini non si limiteranno a votare ogni 5 anni in una cabina, ma parteciperanno quotidianamente alle decisioni della collettività.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #4 il: Gennaio 07, 2017, 19:44:46 pm »
Queste élite ignorano che la tendenza del futuro non in un governo di "esperti" arroccati in una torre d'avorio, ma in una più ampia partecipazione popolare favorita dalla rete.

In merito aggiungo che i c.d. ignoranti un'idea stupida come l'euro non l'avrebbero avuta.
...

Online Massimo

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #5 il: Gennaio 07, 2017, 19:59:12 pm »
Queste élite ignorano che la tendenza del futuro non in un governo di "esperti" arroccati in una torre d'avorio, ma in una più ampia partecipazione popolare favorita dalla rete. Il cd. feedback finora limitato al campo commerciale non potrà che estendersi alla politica. I cittadini non si limiteranno a votare ogni 5 anni in una cabina, ma parteciperanno quotidianamente alle decisioni della collettività.

Stai usando il linguaggio di Beppe Grillo facendo lo stesso ragionamento di Beppe Grillo. Me ne compiaccio.

Offline Vicus

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #6 il: Gennaio 08, 2017, 00:53:20 am »
In merito aggiungo che i c.d. ignoranti un'idea stupida come l'euro non l'avrebbero avuta.
...
Sicuro :lol:
Stai usando il linguaggio di Beppe Grillo facendo lo stesso ragionamento di Beppe Grillo. Me ne compiaccio.
Oggi è un complimento seguire il pensiero non di Aristotele o Seneca, ma di Beppe Grillo (domani forse di Crozza). Vabbe'. Ma Beppe (che queste cose non le ha scoperte lui) non deve soltanto dirle, deve realizzarle :)
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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #7 il: Gennaio 10, 2017, 15:17:42 pm »
Dio o chi per lui ci scampi dal voltagabbana Grillo!
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Offline Masterpezzo

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #8 il: Febbraio 27, 2017, 17:05:29 pm »
L'istruzione pubblica così non funziona.

E allora che fare, togliere ai cittadini la possibilità di accedere al nostro patrimonio nazionale in nome del mito del buon selvaggio? Il lavaggio del cervello genderfemminista - e non solo quello - non viene da Aristotele o Seneca, ma da una manipolazione dei concetti voluta e messa in pratica da una elite che strumentalizza in continuazione la tradizione. Solo che questa elite ha fior fior di quattrini e tutti i mezzi per indottrinare ed addomesticare anche il più selvatico, vigile ed intelligente fra gli uomini. Soltanto se oggi viene in qualche modo concesso un confronto con la tradizione della nostra Italia e dei classici d'Occidente c'è la possibilità che i cittadini resistano ai vari indottrinamenti e anche, è il caso di dirlo, all'istruzione pubblica.
Tu Vicus parli di seguire il pensiero di Grillo, cosa che non condivido del tutto, ma Grillo non è affatto un ignorante: e se seguire il suo pensiero oggi può aiutare è proprio perché non è un ignorante. Per non parlare dell'analfabeta che va a messa la domenica: lui non si salva mica perché è analfabeta... si salva perché va in Chiesa!
Non è né necessario né auspicabile che tutti siano "colti", e non è sempre stato necessario che ci fosse un patrimonio culturale da tutelare. Oggi però il mondo è stato colonizzato dalle automobili, dagli aerei, dalle insegne luminose, dai computer, dagli esperti di marketing.... Sarebbe una lotta per la vita già persa in partenza quella di un individuo che nascesse in questo mondo e non potesse avere una coscienza storica della propria genesi.

Offline Vicus

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #9 il: Febbraio 27, 2017, 20:23:12 pm »
Masterpezzo, per favore scrivi i tuoi interventi nel modo più semplice e chiaro possibile dopo aver letto con attenzione quelli altrui. Non sono pro-Grillo e al resto ho già risposto.
« Ultima modifica: Febbraio 27, 2017, 21:36:27 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.


Offline Masterpezzo

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #11 il: Febbraio 28, 2017, 06:46:00 am »
Diego Fusaro.




Quel che dice Fusaro è vero, ma solo in parte. Cosa sia l'Euro lo ha compreso benissimo: che l'uscita dall'Euro sia un modo per contrastare la violenza economica che subiamo è falso. Anzi, la incrementerebbe e ci sottoporrebbe alla violenza economica di altri Stati, ben più stranieri di quanto non lo sia la Germania.

Ciò che importa è che l'emissione di moneta sia sotto il controllo di uno Stato sovrano, per l'appunto - e anche l'euro può diventare la moneta di uno Stato, il quale non sarebbe un insieme di Stati schiavi del mercato unico, ma la più grande potenza mondiale, foriera dello Spirito di tutte le nazioni europee, alla quale nessun popolo straniero potrebbe mettere i piedi in testa, o imporrebbe politiche di mercato, di consumo, di gender o di esotismi. Gli USA sono gli USA: se loro si sono lasciati imporre dall'esterno i costumi in base alle fantasie liberali è perché discendono dagli scarti d'Europa e sono angolsassoni, cioè privi della spina dorsale continentale. L'Europa non si lascerebbe imporre proprio un bel niente, se ne avesse la forza economica e militare.

Ma forse per Fusaro la storia dei popoli è una frase da utilizzare per favorire la sua retorica, dato che pensa che la salvezza per i popoli europei sia diventare impotenti di fronte al mondo globalizzato.

P.S. La sinistra, quella del capitale di oggi, è la massima espressione dell'americanismo in Italia. Ma la sinistra di una volta non era migliore: era, anche all'epoca, l'ideologia di quelli che, di fronte alla possibilità di diventare più forti, dicono no. La sinistra europea è stata finora, semplicemente, l'oppio dei popoli: è stata lo strumento della borghesia napoleonica e, soprattutto, anglosassone, contro il Risorgimento, cioè contro quella forza che della "rivoluzione" borghese faceva benissimo a meno.
« Ultima modifica: Febbraio 28, 2017, 06:59:36 am da Masterpezzo »

Offline ilmarmocchio

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #12 il: Febbraio 28, 2017, 19:06:43 pm »
Citazione
Masterpezzo :
Ciò che importa è che l'emissione di moneta sia sotto il controllo di uno Stato sovrano, per l'appunto - e anche l'euro può diventare la moneta di uno Stato, il quale non sarebbe un insieme di Stati schiavi del mercato unico, ma la più grande potenza mondiale, foriera dello Spirito di tutte le nazioni europee, alla quale nessun popolo straniero potrebbe mettere i piedi in testa, o imporrebbe politiche di mercato, di consumo, di gender o di esotismi. Gli USA sono gli USA: se loro si sono lasciati imporre dall'esterno i costumi in base alle fantasie liberali è perché discendono dagli scarti d'Europa e sono angolsassoni, cioè privi della spina dorsale continentale. L'Europa non si lascerebbe imporre proprio un bel niente, se ne avesse la forza economica e militare.

Sono d'accordo sul fatto che una federazione europea avrebbe forza nel mondo oggi e domani dominato da grandi stati.
Però, è proprio una vera federazione, e ciò che implica, che pare non essere voluto dai governanti europei.
Una federazione prevede una lingua comune, una armata comune, un sistema fiscale comune.
Pare invece che alcuni stati pensino di essere più europei degli altri.
La UE attuale manca di democrazia e io penso che sia proprio la sua origine continentale che la rende così totalitaria :
Se noi togliamo Svizzera e GB, entrambe fuori dalla UE, il resto sono nazioni animate da spirito giacobino di assolutismo statale, anche se chiamato democratico.. Non a caso, le uniche nazioni a non avere avuto dittature sono proprio CH e GB.
Scandinavi con tendenze nazistoidi, Germania, vabbè lo sappiamo, la Francia napoleonica con annessa grandeur.
C'è tanta strada e al momento siamo nelle sabbie mobili

Offline Vicus

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #13 il: Febbraio 28, 2017, 19:12:44 pm »
Anche "un'Eurasia" comune sarebbe un antidoto agli USA. Ma sono realtà troppo diversificate.
La verità è che l'UE è stata creata per creare scompiglio onde modificare gli equilibri geopolitici verso l'Asia. I dirigenti europei forse neanche l'hanno capito, sono stati accuratamente selezionati per la loro incapacità. Ottenuto lo scopo, tornerà "per incanto" la stabilità in Europa, si riscopriranno dogane (o equivalentI), "patria e famiglia" ma dopo sconvolgimenti economici e politici inenarrabili.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Istruzione ed elitarismo: non saranno i colti a salvare la democrazia
« Risposta #14 il: Febbraio 28, 2017, 20:52:00 pm »
Anche "un'Eurasia" comune sarebbe un antidoto agli USA. Ma sono realtà troppo diversificate.
La verità è che l'UE è stata creata per creare scompiglio onde modificare gli equilibri geopolitici verso l'Asia. I dirigenti europei forse neanche l'hanno capito, sono stati accuratamente selezionati per la loro incapacità. Ottenuto lo scopo, tornerà "per incanto" la stabilità in Europa, si riscopriranno dogane (o equivalentI), "patria e famiglia" ma dopo sconvolgimenti economici e politici inenarrabili.

una UE più Russia sarebbe una potenza assoluta.
ma non mi pare una ipotesi possibile