Oggi si insedia Donald Trump. Molti di noi qui non osavano neppure pensare (e sperare) in un evento del genere. Certo, la Clinton aveva dalla sua tutta la stampa, gli opinionisti, la stessa Casa Bianca (con Obama in testa), il potere mediatico, la finanza, Wall Street, le stars,
ciò che va sotto il nome di establishment, insomma. Eppure Trump ha vinto contro tutto e contro tutti. Evidentemente la vera America non
è Wall Street, non è la Casa Bianca, non è la Silicon Valley, non è il New York Times, ma è la provincia profonda del Midwest, dell'Ohio, della Pennsylvania e del Far West, stufa di essere impoverita, sbeffeggiata e derisa appunto dell'establishment e stufa di pagare il costo
della delocalizzazione e della globalizzazione. Trump questo lo ha capito, lo ha sfruttato elettoralmente e ha vinto. C'è chi però non vuole
rassegnarsi: il femminismo americano, legato e foraggiato appunto dalla finanza internazionale, la grande sconfitta a farci capire che per
tali soggetti (femminismo e finanza) la democrazia vale solo quando si vota per i candidati ad essi graditi. Quando il "popolo bue" vota
per i candidati sgraditi la democrazia non vale e non deve valere più. In fondo, la democrazia non è un'"invenzione maschile"? Allora va
piegata ai legittimi "desiderata" femminili. Oppure buttata nel cesso quando non è ad essi più funzionale. E questo è appunto il caso.