Autore Topic: mantenimento a vita ?  (Letto 1385 volte)

0 Utenti e 2 Visitatori stanno visualizzando questo topic.

Offline ilmarmocchio

  • WikiQM
  • Pietra miliare della QM
  • ***
  • Post: 10666
  • Sesso: Maschio
mantenimento a vita ?
« il: Gennaio 20, 2017, 20:28:25 pm »
http://www.studiocataldi.it/articoli/24680-il-mantenimento-all-ex-puo-essere-a-vita.asp

In Italia, al contrario di quanto avviene in altri paesi, l'obbligo non è gravato da un termine massimo
, ma la sua
durata dipende da molteplici fattori
Domanda: "Esiste una durata massima dell'assegno di mantenimento?"
Risposta: "In Italia l'assegno di mantenimento non ha in generale una durata massima e ciò né se il
beneficiario è il coniuge, né se esso è destinato ai figli.
Con riferimento ai figli, in particolare, l'impossibilità per il giudice di prefissare una durata massima dell'obbligo di
mantenimento deriva dall'essere lo stesso influenzato da molteplici fattori.
L'assegno, infatti, non si determina astrattamente e può perdurare anche dopo il compimento della maggiore
età nel caso in cui i figli non siano in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita e siano
collegati strettamente con il nucleo familiare di origine.
L'obbligo, quindi, cessa quando i beneficiari abbiano costituito una nuova famiglia interrompendo così il proprio
legame economico con quella di provenienza o quando abbiano, comunque, raggiunto l'indipendenza economica.
Come chiarito dalla giurisprudenza, a tal fine occorre che i figli percepiscano "un reddito corrispondente alla
professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato" (Cass. n. 20137/2013).
Per i genitori è poi possibile essere esonerati dall'obbligo di versare l' assegno di mantenimento ai figli anche
quando questi, nonostante la madre e il padre abbiano assicurato loro le condizioni necessarie per
concludere un percorso di studi, non abbiano saputo trarne profitto per negligenza, volontà o grave
trascuratezza.
Venendo, invece, agli ex coniugi, anche in questo caso la durata massima dell' assegno di mantenimento disposto
a carico di uno e in favore dell'altro non è fissata dal giudice, essendo influenzata da molteplici fattori.
In generale, infatti, la cessazione della corresponsione dell'assegno è disposta a seguito dell'eventuale passaggio
a nuove nozze del coniuge che lo percepisce o quando questi abbia avviato una stabile convivenza con un nuovo
compagno.
1/2Un'altra causa che può far venire meno l'obbligo di corrispondere l'assegno, in determinati casi, è rappresentata
dalla sostanziale modifica della condizione economica del beneficiario senza che, tuttavia, sia fissato un
termine entro il quale tale obiettivo debba essere raggiunto.
A tal proposito va infatti ricordato che le capacità lavorative del coniuge o le possibilità di percepire un reddito, in
astratto, non legittimano l'esonero dall'assegno, in quanto il mantenimento, in Italia, non è connesso all'incapacità
lavorativa del beneficiario, quanto, piuttosto, alla conservazione del medesimo tenore di vita goduto dalla coppia in
costanza di matrimonio.
Si segnala, tuttavia, che in alcuni casi il mantenimento del coniuge ha una durata massima: laddove sia intervenuta
sentenza che abbia pronunciato l'annullamento o accertato la nullità del matrimonio .
In tali ipotesi, solo se entrambi i coniugi erano in buona fede, è prevista la possibilità per il giudice di disporre un
assegno di mantenimento a carico di uno e a favore di un altro, per massimo tre anni dall'annullamento. È
possibile anche che la determinazione della relativa somma avvenga mediante accordo tra i coniugi.
Chiaramente, oltre che per scadenza del termine, anche in caso di annullamento, il diritto di assegno si estingue per
le medesime cause che comportano l'estinzione dell'assegno di mantenimento nella separazione.
In altri paesi si tende invece a limitare anche in generale la durata massima dell' assegno di mantenimento,
individuandola in un periodo di uno o due anni. Ci si riferisce, in particolare, alla Germania (dove il
"mantenimento a tempo" è di solo un anno) e ai paesi nordici dell'Unione Europea ma non solo. Anche in Grecia,
infatti, dopo il divorzio il coniuge cui sia affidato il figlio minore e che per tale ragione non possa svolgere attività
lavorativa ha diritto al mantenimento al massimo per tre anni (v. Blasi M., Sarnari G., I matrimoni e le convivenze
"internazionali", Giappichelli, Torino, 2013, p. 123)".


http://www.studiocataldi.it/articoli/24751-mantenimento-al-via-l-aiuto-di-stato-per-l-assegno-all-ex.asp

studiocataldi.it/articoli/24751-mantenimento-al-via-l-aiuto-di-stato-per-l-assegno-all-ex.asp
In Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero della giustizia. Come funziona e come fare domanda
di Marina Crisafi – A più di un anno dalla sua istituzione, parte il fondo per il coniuge in stato di bisogno che
prevede un contributo da parte dello Stato a compensazione del mancato pagamento dell'assegno di
mantenimento disposto dall'autorità giudiziaria in sede di separazione. La misura, istituita con la penultima legge di
stabilità (l. n. 208/2015), è diventata infatti operativa a seguito dell'emanazione del necessario decreto
attuativo del ministero della giustizia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 gennaio scorso (qui sotto allegato).
Nel provvedimento di Via Arenula vengono individuati i tribunali, situati nei capoluoghi dei distretti sede di corte
d'appello, presso i quali avviare la sperimentazione del "Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di
bisogno", le modalità della presentazione dell'istanza da parte degli interessati, nonché le modalità per la
corresponsione delle somme e per la riassegnazione di quelle recuperate.
Il fondo, per ora, è alimentato con una dotazione di 750mila euro (di cui 250mila per l'anno 2016 e 500mila per il
2017).
I beneficiari
Ad essere interessato dalla misura è "il coniuge separato in stato di bisogno che non è in grado di provvedere al
mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi,
qualora non abbia ricevuto l'assegno determinato ai sensi dell'articolo 156 del Codice civile per inadempienza del
coniuge che vi era tenuto".
La domanda
L'interessato, come sopra definito, può rivolgere istanza da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo
ove ha la residenza, per l'anticipazione di una somma non superiore all'importo dell'assegno medesimo.
L'istanza dovrà essere redatta in conformità al modulo (form) disponibile a partire dal trentesimo giorno
successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta (ossia dal 14 febbraio), direttamente sul sito del ministero
della giustizia nell'apposita sezione denominata "Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno".
1/3La domanda dovrà contenere a pena di inammissibilità, oltre alle generalità, dati anagrafici e codice fiscale del
richiedente:
- l'indicazione degli estremi del conto corrente bancario o postale e la misura dell'inadempimento del coniuge tenuto
a versare il mantenimento (specificando che lo stesso è maturato in epoca successiva all'entrata in vigore della
legge di stabilità);
- l'indicazione se il coniuge inadempiente percepisca redditi da lavoro dipendente e, nel caso affermativo,
l'indicazione che il datore dei lavoro si è reso inadempiente all'obbligo di versamento diretto a favore del richiedente
(ex art. 156, 6° comma, c.c.);
- l'indicazione che il valore dell'indicatore ISEE (o dell'ISEE corrente in corso di validità) è inferiore o uguale a
3mila euro;
- l'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata dove l'interessato intende ricevere le comunicazioni;
- la dichiarazione di versare in condizione di occupazione o di disoccupazione (ex art. 19 d.lgs. n. 150/2015) e, in
tale ultimo caso, di non aver rifiutato offerte di lavoro negli ultimi due anni.
All'istanza vanno allegati a pena di inammissibilità: un documento valido di identità del richiedente; la copia
autentica del verbale di pignoramento mobiliare negativo ovvero della dichiarazione negativa del terzo pignorato
relativamente alle procedure esecutive promosse nei confronti dell'ex inadempiente; la visura (rilasciata dalla
conservatoria dei registri immobiliari delle province di nascita e residenza del coniuge inadempiente) da cui risulti
l'impossidenza di beni immobili; l'originale (o la copia con formula esecutiva) del titolo sul quale è fondato il diritto al
mantenimento.
La procedura
Il presidente del tribunale (o un giudice da lui delegato) valuta, nei 30 giorni successivi alla presentazione della
domanda, l'ammissibilità della stessa e, in caso di giudizio negativo la rigetta con decreto non impugnabile. Nel caso
di esito positivo (anche assumendo ove occorra informazioni ulteriori), invece, la trasmette al ministero della
Giustizia ai fini del pagamento.
A questo punto, il ministero della giustizia (entro trenta giorni dalla distribuzione delle risorse) si rivale sul coniuge
inadempiente per il recupero delle somme erogate e, in caso di resistenza (entro 10 giorni dall'intimazione), potrà
proporre, in presenza di fondati indici di solvibilità patrimoniale, azione esecutiva.
Nel decreto si sottolinea come la ripartizione delle somme debba avvenire in base a criteri di proporzionalità ed
essere imputata a ciascun trimestre. Le somme non utilizzate nel corso di un trimestre andranno ad incrementare le
disponibilità di quello successivo.
In ogni caso, all'avente diritto non può corrispondersi, si specifica, una somma eccedente la misura massima
mensile dell'assegno sociale.
La procedura, viene infine sottolineato, è esente dal pagamento del contributo unificato.
La revoca
Ex art. 6 del decreto, viene stabilito che l'istanza del richiedente può essere revocata nel caso venga accertata
l'insussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesta, ovvero nel caso in cui la documentazione presentata
"contenga elementi non veritieri o sia incompleta rispetto a quella richiesta". Facendo salve le conseguenze di legge
(civile, penale e amministrativa), infine, si provvederà in ogni caso al recupero delle somme indebitamente erogate.