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L'immane figura di merda delle femministe dopo l'elezione di Trump
Angelo:
Le femministe americane, inglesi, italiane, etc. hanno accusato il colpo con l'elezione di Trump. Pensavano che gli americani erano così rimbecilliti da votare una femminista criminale di guerra come la Clinton solo perchè "donna" e "progressista". Invece gli americani hanno votato per Trump. E loro cominciano a tremare e ad agitarsi; provano, insieme ai loro luridi compari mondialisti, a far cadere Trump. Hanno cominciato con le false accuse di molestie, con un tentativo di corruzione dei parlamentari repubblicani, con manifestazioni lautamente finanziate da una parte della società malata e pesantemente coinvolta in azioni criminali.
Vale quindi la pena ricordare queste sostenitrici della Clinton a tutti i lettori, perchè non dovranno riciclarsi ma dovranno prima o poi spiegare il loro concetto di democrazia, il loro senso della giustizia.
Cominciamo da "Il Fatto Quotidiano" che oggi ci delizia con gli articoli di Nadia Somma, femminista dichiaratasi tale e con una misconosciuta Erica Vecchione anche essa femminista.
Partiamo con le vaginate della Somma (come sempre prima link e poi articolo) .
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/21/womens-march-oggi-e-il-giorno-della-marcia-contro-trump-e-contro-ogni-discriminazione/3330361/
Il biondo è stato “incoronato” 45imo presidente degli Stati Uniti e oggi dalle 10 alle 13 a Washington DC è prevista la Women’s March. L’iniziativa comincerà con gli interventi di avvocati per i diritti civili, artisti e leader politici e poi uomini e donne marceranno per le strade di Washington fino alla Casa Bianca.
A dare fuoco alle polveri è stata una avvocata in pensione: Teresa Shook, non a caso soprannominata the Firestarter (la miccia) che lo scorso mese di novembre, preoccupata per la vittoria di Donald Trump, aveva postato su Fb “che cosa succederebbe se le donne marciassero in massa a Washington nell’Inauguration day?”, poi aiutata dal figlio, aveva creato un gruppo, dando impulso a un movimento cresciuto giorno dopo giorno, fino a contare centinaia di migliaia di aderenti.
Women’s March, appoggiata anche da Amnesty International e da Planned Parenthood, è animata da un popolo anti-Tycoon che teme il conservatorismo di Trump che durante la campagna elettorale ha rispolverato i pregiudizi contro donne, immigrati, neri senza risparmiare i portatori di handicap.
Dopo che molte attiviste afroamericane hanno accusato di parzialità l’iniziativa, sostenendo che si trattasse di una marcia di donne bianche, le promotrici hanno rassicurato che Women’s March, includerà i diritti di tutte e tutti contro ogni discriminazione a donne, neri, immigrati, omosessuali e per i diritti Lgbtqia e per “tutte quelle voci che sono state messe a tacere fino a questo momento”.
Saranno almeno 200mila le donne che manifesteranno nella capitale americana (tra cui anche molte attrici tra cui Scarlett Johansson, Ashley Judd, Patrizia Arquette, Julienne Moore) e si prevede che saranno moltissime nei 50 Stati e non solo.
In almeno 40 Paesi nel mondo (55 città) si sono organizzate 369 Sister March: dalla Penisola Antartica al Canada, dall’Argentina al Congo, dal Madagascar all’Iraq e all’Arabia Saudita e anche nelle città europee ci saranno manifestazioni in difesa dei diritti delle donne. In Italia gli appuntamenti sono tre: a Roma (Piazza della Rotonda), a Milano (Piazza della Scala) e Firenze.
E’ forse la prima volta di una mobilitazione planetaria che tesse la trama di una sorellanza fra donne che vivono condizioni profondamente differenti perché è notevole la differenza della condizione femminile tra le americane e le saudite che pure hanno dato sostegno all’iniziativa. Nonostante la differenza e la distanza tra le donne che vivono in diverse parti del mondo, il terreno su cui combattere è comune, ed è fatto di discriminazioni più o meno profonde, di disparità di potere e nella distribuzione delle risorse, di sessismo e di misoginia. Se un domani questa battaglia sarà vinta includerà i diritti di tutte e di tutti.
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Questo invece è di Erica Vecchione
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/22/marcia-delle-donne-the-pussy-grabs-back-una-protesta-per-i-diritti-di-tutti/3332869/
C’erano più di un milione di nasty women sparse ieri in America, non solo a Washington e a New York. Una fiumana di “esseri umani” che è scesa in strada a marciare per i diritti degli ultimi e non solo per quelli delle donne. Ho guardato gli interventi con le miei figlie, hanno otto e sei anni, non so quanto abbiano capito, quanto abbiano trattenuto, ma sono felice che a loro modo siano state parte di questo momento storico.
Guardando i volti che si avvicendavano sul palco, non c’era quella sensazione di speranza, di fiducia verso il futuro che spesso accompagna eventi importanti su grandi tematiche sociali. No. L’aria sul palco di Washington era un’aria pungente: c’era rabbia, sfida, risolutezza. C’era la voglia di rimboccarsi le maniche, c’era il fremito di un lavoro imminente, enorme, da fare già da oggi.
Non è il momento di fare le timide, di parlare con voce sommessa, per usare le parole di Michael Moore anche lui sul palco, è il momento di mettersi in prima fila e organizzarsi. Si è usata molto questa parola. Organizzarsi nelle comunità, entrare nelle circoscrizioni, nelle associazioni, fare gruppo, fare rete. Fight, lottare. Ma soprattutto resistere.
Sul palco non c’erano donnine spaventate, incapaci di prendere una decisione, schierarsi, bisognose di un appoggio. C’era una diversità colorata, inclusiva, bellissima. C’erano professoresse, immigrate, lesbiche, transgender, clandestine, ex detenute, vittime di stupri, attrici, avvocatesse, sindache, senatrici, poetesse, musiciste, suore. Nessuna, mai nemmeno per un attimo, è scivolata nel vittimismo, nella commozione da giornale rosa; la folla ha ascoltato testimonianze di resistenza, di riscatto, lo slancio di esserci per costruire il mondo di domani.
Si è parlato molto, moltissimo di Planned Parenthood e del tentativo (già in atto) di smantellare le sue cliniche, di mettere le mani ancora una volta sull’utero delle donne, di sabotare il loro diritto di riprodursi, di scegliere, di amare. Queste donne non indietreggeranno di un millimetro, potete scommetterci. Quella di ieri è stata una manifestazione nera. Poche le donne bianche sul palco. Tante le intellettuali e artiste con il capo coperto, fiere di essere islamiche, di osservare una fede oggetto di una violenta repressione negli ultimi anni.ù
Sul palco c’erano le madri dei ragazzi uccisi ingiustificatamente dalla polizia negli ultimi anni. Hanno gridato al cielo il nome dei loro figli, una indossava la maglia con le ultime parole di suo figlio mentre veniva soffocato: “I can’t breathe”. La folla ha gridato i loro nomi. Angela Davis ha ricordato i prigionieri politici ancora in cella dopo quasi quarant’anni: Leonard Peltier e Mumia Abu-Jamal. Si è parlato dell’accessibilità dell’acqua, di Standing Rock e dell’usurpazione del suolo dei nativi americani da parte delle multinazionali, delle minoranze, dell’odio razziale, religioso, a sfondo sessuale.
Ieri le donne hanno urlato il loro sdegno e invocato i diritti per gli ultimi. Non solo per se stesse, non solo per le donne. Ecco cosa sono capaci di fare le donne, generano vita, amore e guardano anche al benessere degli altri. Come le suffragette americane più di cento anni fa, che combatterono con lo stesso vigore per l’abolizione della schiavitù, non solo per ottenere il diritto al voto.
Mentre le manifestazioni si svolgevano nelle strade, Trump teneva un incontro alla Cia in cui palesava i propri limiti intellettuali e la sua incompetenza politica. Ha ignorato la protesta accusando la stampa di mentire e manipolare le informazioni. Puoi silenziare nella tua testa il vocio di sottofondo che hai per forza sentito, ma non puoi zittire queste grida che paura non hanno. Non sono voci di bambine che puoi comprare con una caramella o con una bambola.
La manifestazione di ieri è stata emozionante, potente, un concentrato di idee che ha valicato razze, generazioni, religioni, orientamenti sessuali. La marcia delle donne è arrivata a Washington, ma il primo passo comincia oggi.
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Angelo:
Partiamo da Erica Vecchione, "simpatica" femminista che per "una questione di civiltà superiore e femminista" e cominciamo a conoscere i suoi trascorsi da "blogger".
Questo esemplare femminista, totalmente senza vergogna e decenza scrisse questo articolo qualche anno fa, sempre sulle colonne de "Il Fatto Quotidiano" --->
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/09/vasectomia-una-cortesia-alle-donne-poco-amata-dal-maschio-italiano/945180/
Quando faceva coppia fissa con Marco e non se la sentiva di diventare madre, Paola ha usato per anni il diaframma.
Due giorni fa Giorgia si è fatta inserire la spirale, ha due figli e non vuole allargare la famiglia.
Dopo il parto, il ginecologo mi ha proposto di provare l’anticoncezionale sottocutaneo, un bastoncino al progesterone da conficcare nel braccio.
Di solito, l’onere della contraccezione è a carico delle donne, siano queste mamme che non desiderano altri figli, ragazze in coppia o single.
Prendere la pillola anticoncezionale per anni, decenni spesso, è quasi scontato; una consuetudine che funzioni bene…perché dunque cambiarla?
Molti uomini d’altronde non amano utilizzare il preservativo, limitando di fatto le opzioni a disposizione e forzando la mano sugli eventi come nel caso di T., che quando il primogenito aveva sei mesi è rimasta incinta del secondo. Il marito, poco incline al preservativo, evidentemente non lo era nemmeno alla retromarcia…
La prima volta che sentii il termine ‘vasectomia‘ fu circa vent’anni fa, quando durante una puntata di Beautiful, il capostipite dei Forrester si sottopose a questa operazione. Dieci anni dopo, sposando un americano, ho appurato che la vasectomia era una delle poche cose reali di Beautiful. In America un uomo su sei, dopo i 35 anni di età, si sottopone a questo intervento.
Dopo tre figli, mio marito ha deciso di fare lo stesso.
Quando ne parliamo ad amici o conoscenti, lo sguardo di rimando è di confusione quando non disorientamento. In un paio di occasioni, un lampo di terrore è passato sul volto di alcuni uomini.
In molti credono si tratti di una specie di castrazione, una pratica barbarica che privi l’uomo della propria virilità.
Niente di più falso!
La vasectomia è un metodo contraccettivo definitivo (benché possa essere reversibile nel 30% dei casi) effettuabile attraverso un semplice atto chirurgico in anestesia locale, in cui vengono chiusi i due canali deferenti dell’uomo dai quali passano gli spermatozoi. Non si va ad intaccare l’erezione e nemmeno la qualità dell’orgasmo, il liquido seminale continua a fuoriuscire ma privato degli spermatozoi. Un piccolo sacrificio di limitata durata (si torna a casa in giornata e dopo una settimana tutto funziona come prima) se comparata alla legatura delle tube, pratica chirurgica che presenta più complicazioni.
I metodi di contraccezione più usati come il diaframma, la spirale o la pillola, possono presentare tutti possibili effetti collaterali come infezioni, cistiti, gonfiore, nausea, emicrania, ipertensione, malattie cardiocircolatorie. Optare per una vasectomia – in quelle situazioni in cui si è certi di non voler essere più fertili – sgraverebbe le donne da una serie di rischi e fastidi a cui anche noi in primis decidiamo di sottoporci senza troppo questionare.
In Italia tuttavia (ultimo paese in Europa) la percentuale è allo 0,1 contro il 21% in Inghilterra, il 22% in Canada, il 19,5% in Nuova Zelanda, il 12,7% negli Stati Uniti.
Decidere di evitare alla propria compagna l’assunzione di ormoni o pratiche ginecologiche invasive, è un atto d’amore e di rispetto che l’uomo può fare senza dover rischiare nulla in cambio.
Ma qui da noi, dopo il piacere, il maschio italiano si riabbottona i pantaloni e guarda dall’altra parte.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/02/sterilizzazione-impossibile-in-italia-ma-solo-per-luomo/1047190/
e questo --->
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/14/vasectomia-cronaca-di-un-intervento/1336652/
In questo spazio ho parlato altre volte dell’argomento spinoso (ma solo da noi) della vasectomia, sterilizzazione maschile tecnicamente legale in Italia ma che all’atto pratico non viene quasi mai esercitata.
La questione ha sollevato un polverone di insulti e sdegno da parte di tanti uomini, ma anche l’interesse di molti altri che discretamente, in privato, mi hanno contattata per saperne di più.
Per chiudere il cerchio, rassicurare ancora una volta coloro che si ostinano a sbandierare la lesa virilità, ma soprattutto diffondere nella speranza che un domani possa diventare una realtà anche italiana, vi racconto di seguito cosa succede realmente.
Traverse City, Michigan: la clinica urologica è in un edificio non lontano dal luogo dove si tiene ogni anno il Festival del Cinema fondato da Michael Moore, in una via parallela al lago.
La prassi vuole che il paziente si presenti per un incontro informativo qualche giorno prima dell’intervento. Qualche reciproca domanda e viene infine rilasciato un plico di fotocopie con le linee guida sull’operazione. “Visto che vieni da così lontano, mi prenderò un’ottima cura di te”. E così dicendo, l’urologo poco più che trentenne, si congeda.
E’ possibile farsi prescrivere un ansiolitico, da prendersi prima della vasectomia (e quasi tutti lo accettano), ma mio marito preferisce fare senza.
Nelle avvertenze ricordano di tenere in casa una borsa del ghiaccio o in assenza, la famosa borsa di pisellini surgelati (che diventa per ovvi motivi la battuta più frequente tra quelli che si sono sottoposti a vasectomia). Bisogna restare a riposo durante le successive quarantotto ore, non sollevare pesi e niente sesso per una settimana. Per un decorso veloce è importante attenersi a queste poche regole.
Il giorno dell’intervento ci fermiamo a comprare un sospensorio sportivo, che da profana dell’attività fisica mi sembra più adatto a una festa sadomaso. Anche un paio di mutande aderenti vanno benissimo, basta non presentarsi coi boxer.
Ci registriamo e paghiamo in anticipo. Il prezzo senza assicurazione non è cheap: novecento dollari. In Inghilterra, altro paese dove la pratica è diffusissima, il prezzo medio nazionale è ottocento sterline ma ci sono ospedali dove ne chiedono solo 275.
Mio marito è tranquillo, forse sono io la più agitata. Nella sala d’attesa ci sono più che altro anziani con problemi alla vescica.
Dieci minuti e chiamano il suo nome, entra da solo. Racconta l’urologo che di solito le donne presenti all’operazione sono quelle sposate da meno tempo, nelle coppie insieme da anni la moglie resta fuori.
Nella stanza c’è solo il dottore, l’infermiera resta fuori. Prima viene depilato e poi gli viene iniettata l’anestesia locale.
Nella stanza la radio sta passando Darlington County di Springsteen. “Non sai quante volte capita di ascoltare Girls just want to have fun mentre sto procedendo con una vasectomia”. E’ probabile che la battuta abbia visto l’alba un bel po’ di tempo fa, ma sortisce ugualmente l’effetto sperato.
“Ho parlato di te al mio collega, del fatto che sei venuto dall’Italia per fare l’operazione. Dice che è la storia migliore sulla vasectomia che abbia mai sentito”. Il dottore è loquace ma intanto procede sicuro. “Hai l’anatomia perfetta per questo tipo di intervento!”
Il primo testicolo è finito. C’è un momento preciso, questione di un secondo, in cui sente un po’ di dolore. Poi più nulla. Non ci sono punti. Si tratta di un forellino grande come la punta di un ago, effettuato tramite la pinza chirurgica. Ad occhio nudo si vede e non si vede.
L’operazione è finita: sono passati tredici minuti. Mio marito farebbe volentieri altre due chiacchiere ma il dottore lo lascia da solo, deve continuare con le visite.
L’infermiera esce per dirmi che va tutto bene e che tra poco potrò rivederlo. Non sono nemmeno riuscita a finire un capitolo del nuovo libro di Nick Hornby. Nella mia testa avevo immaginato la scena di mio marito che a passo incerto, claudicante, esce dall’ambulatorio, un po’ come dopo il parto si ritorna in camera sulle proprie gambe.
Ma quando la porta si apre mio marito è identico a prima, cammina come prima, si muove come prima, è bello come prima. E sorride compiaciuto. Nei due giorni che seguono resta in poltrona a guardare più Nba di quanta ne vede in tutta la stagione, mentre io servo pasti caldi, birra ghiacciata, vino al calice.
Quanto mi sarebbe piaciuto avere lo stesso trattamento dopo i parti! C’è un piccolo livido su un testicolo ma nessun gonfiore, né dolore. L’aspetto sessuale è rimasto inalterato.
Dopo una ventina di eiaculazioni si potrà effettuare uno spermiogramma per attestare l’assenza di spermatozoi nel liquido.
Mia figlia mi prende da parte, vuole avere anche lei una confezione di piselli da mettere “sulla pancia”. Riesco a convincerla che non è una buona idea.
Un giorno le spiegherò meglio cosa è successo, e spero che per allora anche suo marito sarà così illuminato da ripetere – in Italia – la gentilezza che suo padre ha fatto a me.
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Qui invece è possibile vedere il suo volto. E' sempre bene dare la massima visibilità a queste femministe. La "meritano" ... :shifty:
http://vitadacasalinga.com/?page_id=2599
Angelo:
Passiamo poi a Nadia Somma, figura femminista "istituzionale".
L'esemplare in questione, femminista dichiarata,scrive nella sua descrizione su "Il Fatto Quotidiano" ---> http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/nadias/
"
Nadia Somma
Attivista presso il Centro antiviolenza Demetra
Sono counselor biosistemico nella relazione di aiuto con una laurea in lettere in tasca (….che resta in tasca) e da sempre coltivo il piacere della scrittura: ho lavorato dieci anni come pubblicista per alcuni quotidiani locali ed ho collaborato con La Voce. Ho conosciuto l’esistenza dei luoghi che accolgono donne vittime di maltrattamento mentre scrivevo un articolo sull’apertura di un centro antiviolenza nella mia città, le dita scivolavano sulla tastiera e mi domandavo se potessi fare qualcosa di più che scriverne. Da quel giorno sono trascorsi vent’anni durante i quali sono stata responsabile di una struttura di ospitalità per donne vittime di violenza e operatrice del centro antiviolenza di Ravenna. Per dieci anni, a partire dal 2005, sono stata presidente dell’associazione Demetra donne in aiuto di Lugo che aderisce all’associazione nazionale D.i.Re – donne in rete contro la violenza. Lavoro quotidianamente sul problema del maltrattamento familiare con l’accoglienza alle molte donne che si rivolgono al Centro, scrivo e svolgo formazione ad operatori di enti professionali ed istituzionali."
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Da ciò intuiamo il perchè un esemplare del genere abbia paura di Trump... Il soggetto campa letteralmente di femminismo e se ci saranno altri soggetti alla Trump, lei sarà costretta a lavorare sul serio, a produrre...
Frank:
Io seguito sempre a chiedermi cosa ci sia nella testa di quegli uomini che certe tipe se le sposano e ci fanno pure dei figli.
--- Citazione ---anna deverià
October 20, 2010 at 5:16 pm
Beh, io sarò una delle tue più grandi ammiratrici!
viva le donne in carriera…e tu cara mia sei una di quelle!
Reply
paola
February 15, 2011 at 9:44 am
Ecco ho trovato finalmente! Si parla anche di me, casalinga, da alcuni considerata una privilegiata. Privilegiata per cosa? Non ho un mio reddito, per anni non ho avuto neanche un mio tempo, non ho orari, mi responsabilizzano per tutti i difetti e le mancanze dei miei famigliari…….
Reply
erica
February 17, 2011 at 10:48 am
Cara Paola, hai proprio ragione.
La verità è che se non si prova quello che vuol dire vivere dentro quattro mura, non si ha la benché minima idea di cosa voglia dire.
E quelle che l’hanno vissuta, non vedono l’ora di mollarla, tornando a lavorare per pagarsi l’asilo dei figli pur di non rimanere a casa!!
Reply
--- Termina citazione ---
--- Citazione --- La verità è che se non si prova quello che vuol dire vivere dentro quattro mura, non si ha la benché minima idea di cosa voglia dire.
--- Termina citazione ---
Come ho già avuto modo di scrivere in passato, queste tipe le spedirei tutte in fabbrica, oppure in qualche cantiere a servire i muratori.
Più tempo passa e più le trovo repellenti.
Angelo:
Un altro esemplare femminista, analizzato in maniera sufficiente è tale Eretica. Anche lei sta soffrendo tantissimo per la sconfitta della Clinton anche se più paraculescamente sta tentando di dimostrare che la Clinton non è femminista nel tentativo di smarcarsi.
Naturalmente anche lei potrebbe diventare veramente precaria e costretta a lavori duri nel caso in cui i movimenti "alla Trump" prendano piede anche in Italia e/o in Europa... :shifty:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/11/trump-presidente-usa-la-sconfitta-di-hillary-non-e-la-sconfitta-del-femminismo/3183208/
Leggo troppe sciocchezze scritte sulla vittoria di Trump che diventa il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Il suo programma politico pare un concentrato del “Mein kampf“, lo statuto del gruppo per la supremazia bianca, l’urlo del re di eterolandia in lotta contro la lobby frocia che secondo gli omofobi parrebbe voler invadere il mondo, e poi c’è la bandiera misogina sventolata a più mani e non necessariamente dagli uomini.
Il suo mondo biondo, con i peli biondi, intendendo in quanto tali financo quelli del culo, è stato scelto però non soltanto dai membri del Ku klux klan o da gente che è pronta a sparare con la fiocina ogni femmina di passaggio. Lo aveva detto tempo fa Michael Moore nel suo TrumpLand (e non si era fatto attendere il video del gruppo russo Pussy Riot) descrivendo la probabile vittoria di Trump come un gigantesco vaffanculo alla classe media statunitense, qualunque sia il colore o il genere che la connoti, e se prima avevano votato Obama come l’uomo della speranza, che poi di speranza non ne ha data tantissimo, nevvero, oggi si affida a questo elemento che fa comizi in rutti, alterna un “celodurismo” universale ad un sempiterno codice linguistico tanto caro alle destre. Estreme. Le destre dico.
Sono estreme le destre che ripetono frasi ad effetto attirando le simpatie di gente stanca, povera e incazzata. Si dice che sia la sconfitta epocale, con tanto di citazioni sessiste disegnate nelle prime pagine di “Libero” e di “La Verità” di Belpietro, per una Hillary Clinton troppo moderata, diciamo pure una rappresentante del “femminismo bianco, borghese” che occupa posti di potere e vanta il primato della giustezza femminile senza tuttavia comprendere che la gente non si fa prendere in giro, né tantomeno si lasciano prendere in giro le donne, le femministe, con l’uso del brand “donna” che fa tanto pinkwashing e non c’entra un accidenti con le conquiste del femminismo.
La Clinton sta al femminismo come Trump sta al movimento Black lives Matter. La lezione che alcune dovrebbero trarne è che, come ha detto Susan Sarandon in più di una occasione durante questa campagna elettorale, non basta essere femmina e averci lo stesso organo genitale per pensarla allo stesso modo. Non l’ha detta proprio così ma quasi e ha voluto dichiararlo con forza sostenendo le proprie idee nel bel mezzo di promesse Madonnesche e poi negate di pompini – cose belle e che pur giudico dissacranti rispetto a una signora tutta d’un pezzo come la Clinton – sapendo che non si può ogni volta invocare l’unità tra donne, così come spesso le nostre istituzionali, femministe bianche, etero e borghesi, fanno anche in Italia, per portare voti al partito, a se stesse, agli interessi istituzionali e di potere, incluso quello economico, in special modo se non l’hanno mai seriamente messo in discussione.
Clinton non ha perso perché “donna”, così come leggo da alcune firme che mi sorprendono per quanto le avevo sopravvalutate, ma perché ha votato sì alla guerra in Iraq, perché il marito, e dunque anche lei, fecero scempio con un intervento guerrafondaio in Kosovo. Clinton perde perché alla fine non basta essere donna per immaginarsi superiori al mondo e per chi dice che allora dovranno, le femmine d’Oltreoceano, accontentarsi di un misogino volgarotto il cui simbolo avrebbe potuto essere un incrocio tra un braccio e un pene alzato, per chi dice, insomma, che bisognerebbe sempre accontentarsi del meno peggio – e già mi pare di sentire le donne del Pd – questa dovrebbe essere una valida lezione a insegnare che di compromessi tante donne sono stufe e che non si può usare l’arma della paura per imporgli una presidenta che si dice avrebbe rivoluzionato il mondo.
Il Brasile ce l’ha avuta una presidenta socialdemocratica eppure la gente è stata ugualmente massacrata a manganellate durante le proteste per gli espropri territoriali e le speculazioni pro Fifa. Ce l’hanno avuta anche altre nazioni e non è cambiato un tubero di niente. La lezione che dovrebbero imparare le femministe bianche, etero e borghesi, che tutto vorrebbero dominare, immaginando di poter chiudere il cerchio appropriandosi dei femminismi afroamericani, postcoloniali, queer, intersezionali, trans, sexpositive excetera, è che se vogliono una presidenta “donna” dovranno anche candidarne una che corrisponda all’idea della elettrice e dell’elettore medio che sta nel centrosinistra. Diversamente sarà la destra a candidare una donna e a farla eleggere e con ciò avranno definitivamente fatto marameo ai democratici.
Se candidano una Clinton, oltretutto, vanno a pescare più o meno nello stesso elettorato di Trump che è stato eletto, non dimentichiamocene, anche perché tantissime donne lo hanno votato. Tanto basta a far comprendere che l’utopia secondo la quale il mondo si divide in uomini stronzi e donne genie resta, per l’appunto, una utopia. Di più. E’ un autentico delirio.
Ha perso Clinton e non il femminismo. Io non ho perso nulla e nulla avrei guadagnato con la Clinton presidente degli Stati Uniti D’America. La Nato non si sarebbe tolta dalle scatole e non avrebbe smesso di usare la Sicilia come fosse una portaerei gigantesca per gli interessi Usa. L’economia americana non avrebbe smesso di soffocare la nostra e l’imperialismo Usa non avrebbe smesso di mettere in pericolo l’Occidente facendo scelte orrende che esasperano gli integralismi di chi non può fare a meno di restare strett@ nella propria cultura d’origine, fosse anche quella del 18esimo secolo.
I poveri, i potenziali elettori di un destrismo indeciso ed oscillante, perfino i fanatici che chiederanno lo sbriciolamento di moschee e delle case dei musulmani – e quando non accadrà, perché la costituzione americana comunque non lo permette su quel suolo, saranno delusi nei loro propositi d’odio – quando tutti si renderanno conto che un vaffanculo dura un attimo e poi dovranno fare i conti con chi li lascerà morire di povertà, di cure sanitarie mancate, di fame, di ignoranza, di aggressioni razziste, di violenza domestica o chissà che altro, quando vedranno come va il mondo targato Trump, con il suo capello insicuro, con l’insicurezza che traspare da ogni suo gesto, lui, povero insulso individuo che per rappresentarcelo più grosso si circonda di bionde, naturali o ossigenate, cambieranno rotta, ancora.
C’è solo da capire se la prossima volta un altro candidato o una candidata degni di questo nome sapranno motivare gli elettori o le elettrici o se i partiti offriranno solo un’altra figura d’attrazione dei Vaffanculo. Stavolta ha vinto Waldo. Domani, invece?
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