Autore Topic: Michele non si è ucciso solo per il lavoro.  (Letto 6629 volte)

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Offline ReYkY

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Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« il: Febbraio 08, 2017, 22:07:20 pm »
Sta facendo notizia la vicenda del povero Michele, trentenne suicida "a causa del precariato"... I media però omettono anche un altro motivo... si è ucciso solo per il lavoro?

Leggiamo (con profondo rispetto):

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.



2017
La denuncia dei genitori: "Nostro figlio ucciso dal precariato, il suo grido simile ad altri che migliaia di giovani probabilmente pensano ogni giorno di fronte a una realtà che distrugge i sogni". Michele ha scritto: "Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere". Ecco il suo scritto-denuncia
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Con questa lettera un trentenne friulano ha detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel vuoto: «Di Michele - dice la madre - ricorderemo il suo gesto di ribellione estrema e il suo grido, simile ad altri che migliaia di altri giovani probabilmente pensano ogni giorno di fronte ad una realtà che distrugge i sogni»

* * *

di MICHELE

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.

L'ultimo addio di Michele prima di togliersi la vita: "Io, precario, appartengo a una generazione perduta"

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

LEGGI ANCHE

Lo psichiatra: "Va intercettato il disagio di chi non chiede aiuto"
Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.
A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.

Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.

Ho resistito finché ho potuto.





_______________________________


Premesso che la precarietà e la disoccupazione sono un dramma, ma in questo forum ci occupiamo d'altro.

Ora mi chiedo, questa non è violenza? I tantissimi ragazzi che, incolpevolmente, non riescono a crearsi una situazione sentimentale meritano delle scuse da parte del "gentil sesso"?

Offline Reanimator

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #1 il: Febbraio 08, 2017, 22:13:41 pm »
non ci può essere il diritto al sesso,bisogna solo insegnare i ragazzi,se brutti o normali,a non illudersi di speranza vane con l'altro sesso e di limitarsi alle puttane.ma cio non avverrà mai perchè siamo una società bluepillata e una societa redpillata per quanto "bella" è utopistica e avrebbe cmq dei difetti non indifferente.

Offline ReYkY

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #2 il: Febbraio 08, 2017, 22:29:33 pm »
non ci può essere il diritto al sesso,bisogna solo insegnare i ragazzi,se brutti o normali,a non illudersi di speranza vane con l'altro sesso e di limitarsi alle puttane.ma cio non avverrà mai perchè siamo una società bluepillata e una societa redpillata per quanto "bella" è utopistica e avrebbe cmq dei difetti non indifferente.


Non sono affatto d'accordo e credo che certi discorsi "darwinistici" cozzino profondamente con la QM.
Ascolta. Una percentuale di uomini sarà sempre destinata a stare single (come una percentuale di donne, del resto), ma se la società; i media; la mentalità, ecc iniziasse a cambiare... fidati... la situazione sarebbe molto, molto diversa.

Una cosa è una società che lascia "a bocca asciutta" chi, purtroppo, ha grandi problemi; un'altra è una società sessuofobica, misandrica, androfobica ecc.

Basterebbe poco:

1. Aprire ad una prostituzione sicura e (perché no) tassata.
2. Smetterla di criminalizzare l'uomo parlando continuamente di questi c.d. femminicidi.
3. Abolire le leggi antimaschili e promuovere una vera parità tra i sessi.

4. Tante altre cose che ora non mi vengono in mente...

Offline Vicus

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #3 il: Febbraio 08, 2017, 22:55:22 pm »
Spiacente, ma il suo è stato l'opposto di un gesto di libertà, ha fatto quel che il sistema voleva da lui: eliminare i non produttivi.
Altri hanno più intelligentemente deciso di agire.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline ReYkY

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #4 il: Febbraio 08, 2017, 23:12:55 pm »
Cosa avrebbe dovuto dare sto povero Cristo? Uccidere qualche politico? Illudersi - come tanti milioni di italiani - dei 5 Pippe? Passare le giornate a lamentarsi su FB?

Capisco che per i  Cattolici il suicidio porti all'inferno ed è opera del demonio, ma noi non siamo il Signore sceso in terra e possiamo giudicare serenamente questi gesti di disperazione.

Offline Vicus

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #5 il: Febbraio 08, 2017, 23:39:09 pm »
Uno dei problemi del dirsi apertamente cattolici è di veder ricondottte tutte le proprie opinioni alla religione. Non succede però con Putin, ad esempio, che ha dimezzato gli aborti e rilanciato la natalità per mero interesse nazionale.

Non ho detto che questo tizio sia andato all'Inferno (cosa che non posso sapere), semplicemente che il suo non è stato un gesto di libertà, anzi ha fatto proprio quel che il sistema si aspettava da lui.

Non ho detto nemmeno che avrebbe dovuto ammazzare qualcuno, ma che ci sono forme di protesta più efficaci: fare informazione (possibilità a disposizione di tutti con la rete), associarsi, interagire con gli altri. Servono esempi positivi, tanto più che la situazione non è così disperata come molti affermano.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline ReYkY

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #6 il: Febbraio 09, 2017, 00:00:59 am »
Vicus non so quanti anni hai, ma la situazione dei 30enni oggi non è tragica... di più.

Offline Vicus

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #7 il: Febbraio 09, 2017, 00:09:50 am »
Sono ancora nei 30, e ho avuto anch'io non pochi problemi col lavoro (che in parte perdurano tutt'ora).

Ma a quanto pare sono in buona compagnia di opinioni:

http://www.maurizioblondet.it/lettera-agli-snowflakes-perche-non-si-suicidino/

Mi preme arrivare alle parole che forse   solo io trovo agghiaccianti:

. «Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato».

La scelta delle parole così accurata riflette, temo, il sentimento di questa generazione dei disoccupati   al 47%.  Chi gli ha instillato l’idea che gli “doveva essere consegnato”, come una pizza a domicilio (perdonate),  un mondo gradevole, giusto, secondo i loro desideri?  Un mondo dove non si passa la vita a  combattere “per lo spazio che sarebbe dovuto, quello che  spetta  di  diritto”.  Un mondo dove “la sensibilità”  è una qualità ricercata, dove non “ conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni”?

Sogni?

Non c’è da fare rimproveri al suicida, non si tratta di una psicologia individuale, ma di una  falla collettiva.  Del resto anch’io, se vado con la memoria ai miei  diciott’anni quando uscito da liceo cercai un lavoro, scoprii con rabbia e dignità offesa che  “il mondo” non  era  lì ad aspettare  e  le mie sopraffine qualità e cultura; che non  era paterno né  cordiale;  che non  mi dava  uno stipendio per i miei delicati sentimenti (che esprimevo in   poesie e brevi racconti),  ma solo se ero “utile”,  se “rendevo”.

Evidentemente anche a  me, alla  mia generazione, qualcuno aveva instillato l’aspettativa  che mi “si doveva consegnare” un mondo ben disposto verso le mie qualità e giusto verso i meriti.

Cosa è quel  qualcuno o qualcosa? Naturalmente  si può rispondere:  la scuola  “facile” e “moderna,   i genitori “amici” e di manica larga,  o la società dello spettacolo che propone la vita come  una festa  e la soddisfazione dei desideri, la televisione…


E’  questa  assicurazione fasulla che ha disarmato il trentenne di Udine – voleva fare il grafico, poveretto, un mestiere superfluo in una  società in recessione e calo da un decennio –   e pensava di  averne   diritto.  Si è trovato in una società  dove i diritti li hanno i LGBT ,  o quelli che se li possono pagare;  nessuno lo aveva avvertito in tempo.

Bene, ma è una rivolta impotente. Avete visto i ceffi    che inalberano i “governanti democratici” dell’ultima edizione  di governo.  E pensate che questi   nutrano un qualche rimorso? Scrupolo di coscienza? Che abbiano la  minima preoccupazione per i diritti della “generazione”    che ha il 47 per cento di disoccupati?

I diritti, loro, li tolgono; li danno ai   figli loro, ai compari e compagni di partito,  ai  LGBT, magari agli animali, ma a voi no.  Danno 4  milioni l’anno a Bruno Vespa, un milione e 8 alla famiglia  Angela, 400  mila a Pupo  –   soldi che prendono dalle vostre tasche – ma a voi no.


E  questa classe, questi ceffi, hanno acquisito quella che “arroganza di casta” tipica delle oligarchie, quella che fa credere a  un tizio che beneficia di privilegi  indebiti,  di meritarli in ragione del suo talento.   Questa arroganza  è  una   sorta  di cecità che il sociologo Pierre Bourdieu (1930-2002)  ritenne essere “la madre delle rivoluzioni”.


Come mai non   avviene? Perché quando il suicida  proclama che “questa generazione si vendica di un furto”,   la  “generazione” non c’è, dietro di lui. Ci sono individui.  Un formicolio di individualismi, di   Io pigolanti  che litigano incessantemente sul web o commentano  e insultano,  che si dividono di fronte ad ogni  proposta, ma che sono incapaci di unità e disciplina –  cioè di diventare, da formicolante pandemonio di amebe e vermi  che brulica  sulla Rete, una “generazione” decisiva.  Sono  gli “Snowflakes”, preziosi e delicati, che strillano e  si traumatizzano perché il mondo  non è come lo volevano consegnato;  che magari si suicidano, sprecando l’ultima possibilità politica – che  è fare paura a tutti quei  ceffi.

Giusto con la speranza di dissuadere dal suicidio   qualche altro snowflake, ricordo (soprattutto a me   stesso)  perché e quando una generazione  giovane  ha cambiato le  cose.  Anzitutto, perché era appena uscita dalla guerra e l’aveva combattuta.  Un orribile  bagno di realtà. Dove   ti facevano sparire subito l’illusione che ci fossero dei “diritti”  ad un mondo giusto che  tenesse conto dei meriti o dei sentimenti.  Il  mortaio, nel 15-18, ammazzava i migliori e i peggiori senza distinzione; per questo le trincee erano  scavate a zig-zag,  perché le schegge non arrivassero fin dietro l’angolo.  I superstiti fumavano e  giocavano a carte  e cadaveri di compagni restavano  a gonfiarsi appesi ai reticolati, perché non li si poteva certo andare a prendere,  c’era il cecchino che non perdonava;  fra quei cadaveri c’era il giovane  professore che sapeva il greco, speranza delle Lettere,  oppure il sottufficiale carogna a cui aveva sparato, da dietro, il soldatino vendicativo.

E veniamo a voi, snowflakes che non riuscite ad essere “generazione”. Che ad ogni proposta che vi si faccia, sapete fare una sola cosa: negare, protestare,  distinguervi,  trovare che in essa non va qualcosa, o qualcuno, quindi non ci state, non parteciperete al  progetto,   schizzate in tutte le direzioni invece che, unite,  in quella giusta.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Online Massimo

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #8 il: Febbraio 09, 2017, 00:14:08 am »
Ha menzionato il ministro (si far per dire) Poletti. Se avesse riflettuto un pò di più sulle parole del mentecatto,  avrebbe capito che con la
sua espressione "è bene che si levino dai coglioni" si riferiva anche a chi si suicidava, non solo a chi andava all'estero. Al suo posto avrei
scelto di rimanere in vita ( e in Italia) se non altro solo per fare un grosso dispetto a Poletti.

Offline ReYkY

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #9 il: Febbraio 09, 2017, 00:43:33 am »
Inutile discutere con chi non vuole capire. Sono d'accordo col fatto che bisognerebbe reagire anziché uccidersi, ma bisognerebbe altresì capire che ritrovarsi in una situazione come quella di Michele è davvero brutto.

Detto questo, mi dispiace che il thread non abbia colto nel segno. Infatti cercavo di puntare l'attenzione sulla violenza che gli uomini sono costretti a subire quotidianamente dalle donne. Perché vivere nel rifiuto è una violenza.Ripeto: non dico che tutti gli uomini debbano avere il diritto ad una relazione stabile, ma oggi viviamo nell'esatto opposto.

Offline Vicus

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #10 il: Febbraio 09, 2017, 00:52:56 am »
Inutile discutere con chi non vuole capire. Sono d'accordo col fatto che bisognerebbe reagire anziché uccidersi, ma bisognerebbe altresì capire che ritrovarsi in una situazione come quella di Michele è davvero brutto.

Detto questo, mi dispiace che il thread non abbia colto nel segno. Infatti cercavo di puntare l'attenzione sulla violenza che gli uomini sono costretti a subire quotidianamente dalle donne. Perché vivere nel rifiuto è una violenza.Ripeto: non dico che tutti gli uomini debbano avere il diritto ad una relazione stabile, ma oggi viviamo nell'esatto opposto.

Capisco perfettamente perché anch'io come tutti son passato per disoccupazione e rifiuti. Ma come molti altri ho reagito diversamente.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Online Frank

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #11 il: Febbraio 09, 2017, 01:06:58 am »
Inutile discutere con chi non vuole capire. Sono d'accordo col fatto che bisognerebbe reagire anziché uccidersi, ma bisognerebbe altresì capire che ritrovarsi in una situazione come quella di Michele è davvero brutto.

Detto questo, mi dispiace che il thread non abbia colto nel segno. Infatti cercavo di puntare l'attenzione sulla violenza che gli uomini sono costretti a subire quotidianamente dalle donne. Perché vivere nel rifiuto è una violenza. Ripeto: non dico che tutti gli uomini debbano avere il diritto ad una relazione stabile, ma oggi viviamo nell'esatto opposto.

Capisco bene cosa vuoi dire e in merito son d'accordo con te.

Online Frank

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #12 il: Febbraio 09, 2017, 01:08:53 am »
non ci può essere il diritto al sesso,bisogna solo insegnare i ragazzi,se brutti o normali,a non illudersi di speranza vane con l'altro sesso e di limitarsi alle puttane.ma cio non avverrà mai perchè siamo una società bluepillata e una societa redpillata per quanto "bella" è utopistica e avrebbe cmq dei difetti non indifferente.

Ascolta, credo sia il caso di lasciar perdere termini come "bluepillato" e "redpillato".
Grazie.

Offline Warlordmaniac

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #13 il: Febbraio 09, 2017, 01:39:36 am »

Basterebbe poco:

1. Aprire ad una prostituzione sicura e (perché no) tassata.
2. Smetterla di criminalizzare l'uomo parlando continuamente di questi c.d. femminicidi.
3. Abolire le leggi antimaschili e promuovere una vera parità tra i sessi.

4. Tante altre cose che ora non mi vengono in mente...

Ma queste, più che cause sono conseguenze. Come ci si arriva?

Offline Warlordmaniac

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Re:Michele non si è ucciso solo per il lavoro.
« Risposta #14 il: Febbraio 09, 2017, 01:44:34 am »
Inutile discutere con chi non vuole capire. Sono d'accordo col fatto che bisognerebbe reagire anziché uccidersi, ma bisognerebbe altresì capire che ritrovarsi in una situazione come quella di Michele è davvero brutto.

Detto questo, mi dispiace che il thread non abbia colto nel segno. Infatti cercavo di puntare l'attenzione sulla violenza che gli uomini sono costretti a subire quotidianamente dalle donne. Perché vivere nel rifiuto è una violenza.Ripeto: non dico che tutti gli uomini debbano avere il diritto ad una relazione stabile, ma oggi viviamo nell'esatto opposto.

Ok, ma si diceva che non è possibile obbligare le donne a distribuire il loro monte energie sessuali.
Intanto che si fa? Se ci sono delle disparità e non sembra che la cosa si risolva, continuiamo a dare importanza al Dio Sesso, come unica scala di valore delle nostre vite?

Occorre invece un'emancipazione maschile dal sesso pratico eterodiretto, un antidoto in stile MGTOW, che permetta ai vari Michele di non suicidarsi e di imparare a vedere la vita sotto prospettive nuove.