Per me: esercito popolare e leva obbligatoria.
Sulle forme della leva non entrerei nei tecnicismi (non sono all'altezza, anche se propendo per il modello svizzero).
Noi ci illudiamo che le forze armate (e di conseguenza il soldato) siano un'istituzione anacronistica.
O tutt'al più degna di un interesse secondario. Una spesa. Un fardello.
Spero non ci si debba ritrovare un giorno ad averne un immediato bisogno.
Perché non si avrà tutto il tempo necessario d'organizzarsi.
Non sottovalutiamo poi che le forze armate (gli eserciti) da sempre hanno avuto un ruolo determinante più in tempo di pace che durante la guerra.
"Si vis pacem, para bellum"...dicevano i latini.
Per potersi assicurare la pace (e il primato politico-economico) la strada più efficace è quella di essere armati e in grado di difendersi.
Ricordiamoci inoltre che il discredito dell'Italia durato per almeno quarant'anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale è dovuto essenzialmente dalla sua condotta militare ambigua (a dir poco).
Fummo (e forse lo siamo ancora) giudicati un "popolo" di traditori. D'infami.
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Un po' di orgoglio non fa mai male. Due brani tratti dalla rete.
«Gli italiani hanno mostrato al mondo quello che sanno fare. Le loro sono le truppe più coraggiose di tutti gli eserciti alleati», scrive Ernest Hemingway il primo novembre 1918 e più avanti, nella stessa lettera alla famiglia, aggiunge che l' Italia ha sempre combattuto e «merita tutto il credito del mondo».
Sul carattere e sulla tempra del soldato italiano ci sembra interessante seguire quanto osservato da un autore inglese attuale, David Nicolle, libero da pregiudizi in un senso o nell'altro, e buon conoscitore della storia italiana soprattutto tardo-antica e medievale[1].
La fanteria italiana mostrò durante la guerra più spirito combattivo e più resistenza di quanto chiunque avrebbe potuto attendersi, anche in uomini provenienti da regioni tradizionalmente ritenute prive di qualità militari.
L'opinione del generale Robertson è illuminante: egli descrisse i soldati italiani come "dotati di uno splendido fisico" (splendid physiques), "allegri e pieni di salute" (cheerfully and healty), e, se ben guidati, in grado di essere eccellenti combattenti.
Questa era anche l'opinione di un altro ufficiale britannico, il generale Herbert Plumer, il difensore di Passchendaele, che concordava nel trovare coraggioso ed abile il soldato italiano, ma scarsamente addestrato e con scarsa fiducia nei propri ufficiali; sono parole scritte prima di Caporetto, e molto cambiò sul Piave, anche se alcuni dei difetti notati da Plumer, come lo scarso addestramento sul campo vennero rilevati anche dalla Relazione Ufficiale italiana.
Sino alla fine della guerra infatti gli italiani furono inferiori agli austriaci sul piano tattico. Il fante italiano era stoico, in grado di accettare condizioni di vita terribili insieme a perdite enormi; ma il morale si mantenne sempre più alto al fronte dove erano anche migliori i rapporti tra ufficiali e soldati che nelle retrovie: non si dimentichi a questo proposito che i primi fuggiaschi di Caporetto furono artiglieri e membri dei servizi, non i fanti.
Nicolle sottolineando come il soldato italiano fosse il forse meno pagato d'Europa, sottoposto ad una disciplina rigidissima, nota che il morale rimase sempre alto e la volontà dei fanti di attaccare più volte di seguito stupefacente per gli stessi loro ufficiali.