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Divorzio: per l'assegno di mantenimento non conta più il tenore di vita
Frank:
--- Citazione da: ReYkY - Maggio 23, 2017, 23:44:42 pm ---OT/ Ormai siamo diventati una barzelletta da citare per prendere in giro qualcuno. Umiliati a livello nazionale. La barzelletta d'Italia.
Cari Daniele e Luca tutto merito vostro. Grazie. / OT
--- Termina citazione ---
ReYkY, dove vivo io non sento mai parlare del Pescara calcio. :cool:
Tranquillo, non siete "la barzelletta d'Italia", frase che peraltro mi ricorda quelle tipiche di tanti italiani secondo i quali "tutto il mondo ride di noi". :doh:
Fine OT.
ilmarmocchio:
--- Citazione da: ReYkY - Maggio 23, 2017, 23:44:42 pm ---
OT/ Ormai siamo diventati una barzelletta da citare per prendere in giro qualcuno. Umiliati a livello nazionale. La barzelletta d'Italia.
Cari Daniele e Luca tutto merito vostro. Grazie. / OT
--- Termina citazione ---
la mia era una battuta, applicabile a qualsiasi squadra in zona retrocessione che, in genere, non riesce a vincere 2 partite di fila.
Niete contro il Pescara in specifico, anzi quest' anno il mio esempio si adatta anche all' Inter :sick:
Cad.:
Sapete com'è, deve pagare il mutuo, la solidarietà dell'ex deve essere concessa-imposta, con buona pace alla sentenza della Cassazione.
Ma quando avrà finito di pagare il mutuo una parte della casa sarà dell'ex marito che ha contribuito?
da: www.studiocataldi.it
Divorzio: l'ex va mantenuta in nome della solidarietà post-coniugale
Il Tribunale di Roma dissente dalla Cassazione, perché la donna che ha pochi mezzi e paga il mutuo ha diritto all'assegno
di Valeria Zeppilli – Per il Tribunale di Roma, se la ex moglie è gravata da oneri economici pesanti, l'assegno divorzile le spetta comunque, anche se la Corte di cassazione, con la sentenza numero 11504/2017, ha detto addio al criterio del tenore di vita come parametro per valutare l'an del diritto al contributo (leggi: "Divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita. Ecco le motivazioni").
Con la sentenza numero 11723/2017, infatti, la prima sezione civile ha confermato l'assegno divorzile a vantaggio di una moglie che deve pagare il mutuo della casa in cui vive, anche se l'ex marito ha una nuova famiglia e guadagna circa 1.600 euro al mese.
Solidarietà post-coniugale
Per il Tribunale capitolino, il mantenimento va solo ridotto di importo ma spetta perché la ex guadagna solo 850 euro al mese e la rata mensile di mutuo gliene porta via 500 e continuerà a farlo sino al 2030. Non importa che la donna abbia una propria professionalità ed, essendo nata nel 1970, sia in piena età lavorativa: i suoi redditi e la circostanza che la stessa sia stata costretta più volte a ricorrere all'aiuto economico dei genitori giustificano il ricorso alla solidarietà post-coniugale.
Ed è proprio tale solidarietà che, considerato anche che l'uomo ha redditi comunque maggiori di quelli che aveva al momento della separazione, possono consentire l'erogazione di un sostegno economico, contenuto, alla ex compagna di vita.
bluerosso:
E poi non è vero che il problema italiano è la giustizia civile.
Il "libero" convincimento del giudice...
https://archividipsicologiagiuridica.it/2016/02/il-principio-del-libero-convincimento-del-giudice/
"Ma il principio cardine ormai adottato anche in Italia è quello della valutazione delle prove rimesso alla discrezionalità del giudice (principio del libero convincimento), contenuto nell’art. 116 del codice di procedura civile, il cui significato più ovvio consiste, appunto, nell’inesistenza di norme che predeterminano l’efficacia della prova.
L’ammissione delle prove è dunque normalmente libera per il giudice e deve essere ispirata al criterio della maggiore utilità per l’accertamento dei fatti di causa, salvo il rispetto di specifiche norme che prevedono invece l’inammissibilità della prova in certe circostanze (vedi ad esempio artt. 2721 e ss c.c.).
Inoltre il giudice è libero di scegliere gli elementi di prova su cui fondare il proprio convincimento e quindi la propria decisione, all’interno del materiale probatorio acquisito nel processo.
Ciò significa, secondo la giurisprudenza prevalente, che il giudice non è affatto obbligato a dar conto in sentenza di ogni singolo elemento di prova acquisito, ma può mettere in rilievo solo quelle prove che ritiene più significative, e quindi prevalenti, trascurando quelle che non ritiene utili o attendibili, purchè si inseriscano in un ragionamento logico e immune da vizi.
Sotto altro aspetto si sostiene in giurisprudenza come il giudice sia libero di non ammettere ulteriori mezzi di prova, e anzi di revocare l’assunzione di mezzi di prova già ammessi, quando siano divenuti superflui a seguito di elementi già acquisiti (art. 209 c.p.c.) o quando ritenga di disporre sufficienti elementi di valutazione.
La questione centrale è “come” il giudice utilizza il suo prudente apprezzamento circa la prova dei fatti di causa, affinché il principio del libero convincimento non si traduca in valutazione arbitraria, svincolata da ogni criterio di ragionevolezza, coerenza e correttezza.
Si tratta, senza dubbio, di una valutazione non vincolata, ma proprio per questo si rende necessario un controllo sulla razionalità delle argomentazioni logiche che la sostengono.
Tale controllo viene compiuto in sede di esame della motivazione della sentenza.
Il giudice inoltre, deve rispettare due principi fondamentali del processo: il principio del contraddittorio e il diritto alla prova.
In base al principio del contraddittorio le parti devono essere messe in grado di dedurre e controdedurre sui mezzi di prova, di essere presenti all’assunzione dei medesimi e di svolgere deduzioni e controdeduzioni circa l’esito delle prove, prima che sia emessa la sentenza.
Il diritto alla prova, comporta che le parti abbiano il diritto di difendersi provando, ovverosia, abbiano il diritto di far assumere tutte le prove ammissibili e rilevanti e, successivamente, di far valutare dal giudice tutto il materiale probatorio acquisito in giudizio.
Vi sono ovviamente casi in cui viene fatto un cattivo uso o un abuso del libero convincimento.
Sono innanzitutto i casi di “valutazione misteriosa” in cui il giudice non esplicita le ragioni giustificative delle sue valutazioni sulle prove.
Altro caso di abuso è costituito dalla “valutazione unilaterale” che si verifica quando il giudice fa riferimento, in motivazione, solo agli elementi di prova che sorreggono il proprio convincimento, senza occuparsi delle prove di segno contrario e senza spiegare la ragione per la quale le ritiene inattendibili.
Vi sono poi i casi di “inversione del giudizio“, che si verificano allorquando il giudice sceglie una versione dei fatti e poi cita soltanto le prove che confermano tale versione, senza compiere prima una valutazione complessiva del materiale probatorio.
Infine si verificano casi di “sopravalutazione della prova“, allorché il giudice fa derivare da parte o anche da tutto il materiale acquisito conseguenze giuridiche non giustificate e comunque sproporzionate rispetto alla base conoscitiva fornita dalle prove stesse. Ciò si può verificare quando il giudice utilizza un materiale probatorio scarso e ritiene di poterlo integrare con presunzioni semplici o con argomenti di prova.
La questione è complicata dal fatto che spesso il giudice non spiega, in motivazione, in modo puntuale e completo, perché ha ritenuto attendibile una determinata prova, su cui poi fonda la propria ricostruzione del fatto.
L’orientamento prevalente della Suprema Corte è nel senso di non ritenere assolutamente necessaria una giustificazione analitica e completa sulla attendibilità e credibilità di ciascuna prova; ritenendo invece sufficiente che il giudice compia, dandone conto in sentenza, una valutazione complessiva.
Il controllo della correttezza del processo logico seguito dal giudice per giungere alla decisione è dunque l’unico contrappeso possibile al libero convincimento del giudice.
A tal proposito è necessario che il giudice giustifichi analiticamente, l’attendibilità e la rilevanza di ciascuna prova in relazione al relativo fatto che essa intende dimostrare.
Se poi un fatto è oggetto di più prove, anche contrastanti tra loro, il giudizio dovrà essere complessivo, e il giudice dovrà motivare sulle ragioni per le quali abbia ritenuto prevalente una prova rispetto ad altre, valendosi del criterio di probabilità logica prevalente."
In pratica...un satrapo.
Che poi nella casistica in questione, in presenza di un orientamento giurisprudenziale espresso dalla corte, il risultato sarà quello di essere costretti a farsi tutti i gradi di giudizio (con relative spese.... :rolleyes:) per vedersi finalmente dare ragione.
E' il principio della burocrazia che si autoalimenta. Geniale!
Vicus:
Roba da impero ottomano.
--- Citazione da: Cad ---il mantenimento va solo ridotto di importo ma spetta perché la ex guadagna solo 850 euro al mese e la rata mensile di mutuo gliene porta via 500 e continuerà a farlo sino al 2030. Non importa che la donna abbia una propria professionalità ed, essendo nata nel 1970, sia in piena età lavorativa: i suoi redditi e la circostanza che la stessa sia stata costretta più volte a ricorrere all'aiuto economico dei genitori giustificano il ricorso alla solidarietà post-coniugale.
--- Termina citazione ---
Begli esempi di burocratese per scavalcare le norme anche costituzionali: solidarietà post-coniugale, genitore collocatario prevalente.
Una chicca (quasi) inedita: se una donna riesce a rimanere incinta di voi - col vostro consenso o meno, che sia vostra moglie o meno - un giudice vi obbligherà non solo a mantenere il figlio ma (sorpresa-sorpresa) sarete costretti a mantenere anche lei e a pagare l'affitto o mutuo della casa da cui il suddetto giudice vi farà inevitabilmente sloggiare. Se poi la suddetta "perde" il lavoro preparatevi a doppi turni di mendicità.
Il minore oggi conta più del padre e per tale ragione genera per così dire una "reazione a catena" di mantenimenti:
1. Per evitargli "traumi", ha diritto a restare nella casa della ex coppia
2. Ma l'affido "prevalente" è dato alla madre che ha diritto anche lei a rimanere nella casa suddetta, e se non guadagna abbastanza anche a titolo gratuito
3. Va da sé che essendo la coppia separata l'uomo deve sloggiare
4. Se la coppia in questione non è sposata, alla donna non spetta il mantenimento come ad una ex moglie (salvo quanto previsto dalla Cirinnà), MA il buon giudice, per così dire, "fa la sua zuppa" lo stesso anche con meno ingredienti e assegna al minore un mantenimento superiore per coprire le spese della donna.
5. Ciliegina sulla torta, se il figliolo in questione che per il giudice è l'innocenza personificata e non può dire il falso (con buona pace della Sindrome di Alienazione Parentale che per femministe e giudici non esiste) dice qualcosa contro di voi, la sua testimonianza è indiscutibile.
Non so cosa c'entrino la legge e la giustizia in tutto questo, ma meditate 300 volte non solo prima di sposarvi, ma anche prima di mettere al mondo un figlio.
Disclaimer
A scanso di equivoci da parte di lettori poco benevoli, ad oggi mi sono ben guardato anche solo dal rischiare di mettere incinta una donna, con un metodo infallibile: patta chiusa.
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