Nonostante siano passati un bel po' di anni (ero adolescente in quegli anni), ricordo abbastanza bene l'epoca che descrive Pasolini e devo dire che, come documentarista dell'Italia reale, fece un lavoro migliore il regista Nanni Loy, con “Specchio segreto”.
Come Pasolini anche Loy andava in giro a provocare le reazioni e ad intervistare persone reali, ma, a differenza di Pasolini, Loy non partiva da posizioni preconcette, non dava per scontato che gli Italiani fossero una sorta di gregge da guidare o da rieducare; Loy si limitava ad osservare le persone con sguardo divertito, ma umanamente partecipe, aveva uno stile simile a quello di Jacques Tati.
Dico questo perchè i documentari, al pari dei cinegiornali, erano parte integrante degli spettacoli offerti dai cinema oltre che dalla tv, e già in quegli anni vigeva l'insana abitudine, da parte di questi media, di veicolare messaggi ritenuti “moderni” (oggi diremmo progressisti e/o politicamente corretti) e quindi potevano influire non poco sull'opinione pubblica.
Così i contadini dell'epoca venivano presentati come dei fossili arcaici ed arretrati, si mostrava la città come simbolo del progresso, stimolando così l'abbandono delle campagne e del lavoro agricolo in favore del lavoro nelle fabbriche (se non ricordo male, la Fiat arrivò a quota ottantamila dipendenti). Solo qualche romantico si accorgeva di quanto fosse lacerante lo sradicamento delle persone dalla loro terra e scriveva delle canzoni sul tema (cfr. “Azzurro” di Celentano, “Ciao amore ciao” di Tenco).
Proprio l'abbandono delle campagne, che fu la causa del dissesto idrogeologico, contro il quale tuonano oggi i raffinati intellettuali radical-chic, secondo i quali bisognerebbe che qualcuno (non essi stessi) tornasse a lavorare la terra (senza le macchine, ovviamente, perchè inquinano).
Ogni tanto mi capita di vedere qualcuno di questi documentari vintage sul canale Rai Storia, nella serie “come eravamo” e non mancano mai di colpirmi proprio per il modo che hanno di porre premesse tendenziose, dare quadri di insieme artefatti e sparare giudizi inappellabili.