Autore Topic: “Comizi d’amore”: il senso degli italiani per la sessualità nel 1965  (Letto 2056 volte)

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Online Frank

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Citazione
Il documentario di Pier Paolo Pasolini, girato 50 anni fa, esplora la sfera più intima degli italiani, tra perbenismi, imbarazzi e un po' di modernità
di Laura Antonella Carli

Come nascono i bambini? Da un fiore, portati dalla cicogna – a sua volta incaricata da dio o da Gesù – o arrivano con lo zio calabrese: i bambini interpellati da Pasolini nella scena iniziale di Comizi d’amore sono reticenti, alcuni rispondono, ma in modo preconfezionato, come se volessero prendersi gioco degli adulti, come se volessero tenerli alla larga dal proprio circolo privato.

Girato tra il marzo e il novembre del 1963, presentato per la prima volta al Festival di Locarno nel luglio del 1964 e uscito nelle sale italiane nella primavera-estate del ’65 – esattamente 50 anni fa – Comizi d'amore è uno dei pochi progetti autonomi della produzione documentaristica pasoliniana, costituita principalmente da sopralluoghi e lavori preparatori.

    Inizialmente pensato come una sorta di sussidio pedagogico per l'educazione sessuale degli italiani, il film subì diverse evoluzioni, tante quante i titoli scelti

Inizialmente pensato come una sorta di sussidio pedagogico per l'educazione sessuale degli italiani (secondo Pasolini molto ignoranti in materia), il film subì diverse evoluzioni, tante quante i titoli scelti. Il risultato finale è un film-inchiesta, uno spaccato di vizi, tabù e nevrosi di una società fondamentalmente arcaica, travolta dal benessere economico: la «vecchissima, caldissima e innocentissima Italia degli anni sessanta».

Prendendo spunto dal documentario sociologico di Jean Rouch ed Edgar Morin Chronique d'un été (nel quale i cineasti vagabondano nell’estate parigina, rivolgendo ai passanti l’annosa domanda: «Siete felici?»), cinepresa e registratore alla mano, Pasolini, come «una sorta di commesso viaggiatore», gira in lungo e in largo per la penisola, per capire – attraverso interviste a persone comuni, intellettuali, e gente di spettacolo – il grado di conoscenza dei suoi connazionali in campo sessuale e le loro opinioni in materia.

    Alla gente che passeggia, prende il sole o lavora nei campi, Pasolini fa una domanda sull’amore, entrando in quel territorio in cui si incrociano coppia, famiglia, sesso, rituali di fidanzamento e tariffe delle prostitute

Alla gente che passeggia, prende il sole o lavora nei campi, Pasolini tende il microfono e fa una domanda sull’amore, facendosi largo in quel territorio incerto in cui si incrociano la coppia, la famiglia, il sesso, i rituali di fidanzamento e le tariffe delle prostitute. Qualcuno risponde, qualcuno si avvicina e prende la parola, altri stanno intorno, approvano o dissentono, borbottano o intervengono: sono «le interviste di strada sull’amore», come le definirà quindici anni più tardi Michel Foucault.

Commentano il tutto, oltre a Pasolini stesso, lo psichiatra Cesare Musatti (che Foucault definisce «banale») e lo scrittore Alberto Moravia, in qualità di esperti e di guide, in realtà poco decisive. Come poco decisivi sono in genere i contributi degli intellettuali interpellati, da Camilla Cederna a Oriana Fallaci. Fa eccezione Giuseppe Ungaretti, che alla domanda: «Cos’è contro natura?» risponde in modo brillante, da poeta:

Più interessante, in genere, la gente comune, per quanto le risposte siano spesso confuse e ipocrite, senza dubbio viziate dalla presenza delle telecamere. Per questa e per altre ovvie ragioni, il film si può ritenere solo parzialmente rappresentativo della società italiana dell’epoca: un documento interessante, a volte assolutamente ilare, ma per nulla decisivo a livello statistico.

Le repliche degli intervistati sono un coacervo di contraddizioni individuali e collettive, che si traducono in tautologie semplicistiche del tipo «siamo così perché siamo così». Spesso si riducono a commenti – potremmo dire – giuridici: pro o contro il divorzio, l'omosessualità, o il ruolo preminente del marito. Come se la società dell'epoca, a cavallo tra morale cattolica e i nuovi imperativi consumistici – tra i segreti del confessionale e le prescrizioni della legge – non avesse ancora trovato un modo per raccontare pubblicamente il sesso.

All’ipocrisia del Nord Italia, e in particolare della classe borghese, il Sud risponde con un conservatorismo misoneista che si rifugia negli usi e nei costumi (si fa così perché si usa). Emblematico il dialogo con un ragazzo in spiaggia: «Tu sei favorevole al divorzio?» «No» risponde il ragazzo «E perché?» «Perché sono calabrese».

    Girando per le campagne, al Nord come al Sud, tra vecchi retaggi e conservatorismi atavici, scopre un mondo meno pudico, che a tratti si svela addirittura moderno nell'approcciarsi ai temi della sessualità

Pasolini approccia con simpatia il mondo contadino tanto amato, quello che lui – citando Felice Chilanti – chiama: «la civiltà del pane». E girando per le campagne, al Nord come al Sud, tra vecchi retaggi e conservatorismi atavici, scopre un mondo meno pudico, che a tratti si svela addirittura moderno nell'approcciarsi ai temi della sessualità, grazie a una schiettezza non ammantata di perbenismo.

Quasi assente – e non a caso – l’odiatissima classe borghese, che pure ci riserva alcune delle perle comiche del film. La responsabilità è da imputare, almeno in parte, a Pasolini stesso, che stenta ad avvicinare la vituperata classe media e, quando lo fa, la approccia con prevenuta diffidenza, e senza lesinare il sarcasmo.

Gli studenti universitari, ad esempio, – perbenisti e pretenziosi – non ne escono benissimo, ma il più memorabile resta il baldo frequentatore della balera milanese, che dopo essersi vantato della sua intelligenza superiore («se sono operai o camerieri non c’è niente da fare con me») e del suo fascino magnetico con le donne, quando Pasolini gli chiede cosa prova nei confronti degli omosessuali risponde senza esitazione «ribrezzo», premurandosi poi di cercare rassicurazione sull’esattezza della sua risposta.

Non sorprende, dunque, che alle prese con i nuovi mostri monicelliani del boom economico l’autore si rifugi di volta in volta in un gruppo di bambini o in una giovane contadina modenese o in una “treccina” siciliana, per riprendere fiato e trovare un po’ di spontaneità.

Gli danno sollievo soprattutto le risposte delle ragazze giovani, che spesso si dimostrano fiere e indipendenti, pronte a contraddire l’opinione più conservatrice dei genitori e molto aperte su argomenti come il divorzio, in quegli anni di grandissima attualità. Come era di grande attualità anche la legge Merlin, entrata in vigore già da alcuni anni e bocciata pressoché all’unanimità «dal basso delle classi sociali e dal profondo degli istinti», cioè da quella fetta di intervistati – per lo più operai e prostitute – che interviene nell’ultima parte dell’inchiesta.

Iniziato con la beffarda innocenza dei ragazzini meridionali, il film si conclude con l'unico inserto di fiction: la scena di un tipico matrimonio, interpretata da Vincenzo Cerami e dalla nipote di Pasolini, Graziella Chiarcossi.

Nella «caldissima e innocentissima» Italia, la possibilità di un dialogo sembra ancora esistere. Ed è su questo punto che si concentra la conclusione del film, in cui emergono, dalla voce stessa dell'autore, i suoi bilanci e i suoi auspici. Abbandonato il proposito di condurre un'indagine sistematica su come gli italiani parlano di sesso, abbandonato l'intento dichiaratamente didascalico, Pasolini contempla lo scampolo di realtà fotografato e tira le somme a suo modo, da poeta.

«Alla fine, certo, un po' confusi, un po' ridenti, un po' ammiccanti, un po' disperati, se qualcuno glielo chiede, potrebbero darsi un bacio» annota Pasolini negli appunti preparatori alla sceneggiatura. Il rapido e casto bacio dei vecchi film: è così che si immagina il finale della sua indagine sulla sessualità. E quanto all’augurio che rivolge agli sposi, «al vostro amore si aggiunga la coscienza del vostro amore» allude a una consapevolezza a cui aspira lo stesso Pasolini. Da raggiungere magari anche attraverso questo film, che Enzo Siciliano ha definito «il suo più spassionato autoritratto».

Online freethinker

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Re:“Comizi d’amore”: il senso degli italiani per la sessualità nel 1965
« Risposta #1 il: Luglio 23, 2017, 17:22:06 pm »
Nonostante siano passati un bel po' di anni (ero adolescente in quegli anni), ricordo abbastanza bene l'epoca che descrive Pasolini e devo dire che, come documentarista dell'Italia reale, fece un lavoro migliore il regista Nanni Loy, con “Specchio segreto”.

Come Pasolini anche Loy andava in giro a provocare le reazioni e ad intervistare persone reali, ma, a differenza di Pasolini, Loy non partiva da posizioni preconcette, non dava per scontato che gli Italiani fossero una sorta di gregge da guidare o da rieducare; Loy si limitava ad osservare le persone con sguardo divertito, ma umanamente partecipe, aveva uno stile simile a quello di Jacques Tati.
Dico questo perchè i documentari, al pari dei cinegiornali, erano parte integrante degli spettacoli offerti dai cinema oltre che dalla tv, e già in quegli anni vigeva l'insana abitudine, da parte di questi media, di veicolare messaggi ritenuti “moderni” (oggi diremmo progressisti e/o politicamente corretti) e quindi potevano influire non poco sull'opinione pubblica.

Così i contadini dell'epoca venivano presentati come dei fossili arcaici ed arretrati, si mostrava la città come simbolo del progresso, stimolando così l'abbandono delle campagne e del lavoro agricolo in favore del lavoro nelle fabbriche (se non ricordo male, la Fiat arrivò a quota ottantamila dipendenti). Solo qualche romantico si accorgeva di quanto fosse lacerante lo sradicamento delle persone dalla loro terra e scriveva delle canzoni sul tema (cfr. “Azzurro” di Celentano, “Ciao amore ciao” di Tenco).
Proprio l'abbandono delle campagne, che fu la causa del dissesto idrogeologico, contro il quale tuonano oggi i raffinati intellettuali radical-chic, secondo i quali bisognerebbe che qualcuno (non essi stessi)  tornasse a lavorare la terra (senza le macchine, ovviamente, perchè inquinano).

Ogni tanto mi capita di vedere qualcuno di questi documentari vintage sul canale Rai Storia, nella serie “come eravamo” e non mancano mai di colpirmi proprio per il modo che hanno di porre  premesse tendenziose, dare quadri di insieme artefatti e sparare giudizi inappellabili.

Those who would give up essential liberty to purchase a little temporary safety deserve neither liberty nor safety.
Benjamin Franklin, Historical Review of Pennsylvania, 1759

Online Frank

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Re:“Comizi d’amore”: il senso degli italiani per la sessualità nel 1965
« Risposta #2 il: Luglio 24, 2017, 00:26:36 am »
freethinker
Citazione
e devo dire che, come documentarista dell'Italia reale, fece un lavoro migliore il regista Nanni Loy, con “Specchio segreto”.

A proposito di Nanni Loy.

http://www.raiplay.it/video/2016/11/Specchio-segreto---Nanni-Loy-d69c5ba4-a00e-4eb5-94e0-204a348d8236.html

Tuttavia, per quanto mi riguarda, preferisco ascoltare Pasolini piuttosto che Nanni Loy.
Poi non discuto il fatto che il primo partisse da posizioni preconcette.

Offline bluerosso

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Re:“Comizi d’amore”: il senso degli italiani per la sessualità nel 1965
« Risposta #3 il: Luglio 24, 2017, 12:17:09 pm »
Ogni tanto mi capita di vedere qualcuno di questi documentari vintage sul canale Rai Storia, nella serie “come eravamo” e non mancano mai di colpirmi proprio per il modo che hanno di porre  premesse tendenziose, dare quadri di insieme artefatti e sparare giudizi inappellabili.

Io pure. Una sensazione fastidiosa....
In verità, tranne rarissime occasioni, è ancora la modalità imperante di quasi tutto il giornalismo RAI.

Tuttavia, per quanto mi riguarda, preferisco ascoltare Pasolini piuttosto che Nanni Loy.
Poi non discuto il fatto che il primo partisse da posizioni preconcette.

Anch'io preferisco Pasolini, pur ammettendo la qualità fuori dall'ordinario di Nanni Loy. E mi riferisco al confronto con allora.
Il confronto con oggi non lo faccio nemmeno.

Un'altro personaggio di spessore era (é...visto che vive ancora) Ugo Gregoretti.

Offline Vicus

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Re:“Comizi d’amore”: il senso degli italiani per la sessualità nel 1965
« Risposta #4 il: Luglio 24, 2017, 23:01:51 pm »
Il peggior film di Pasolini, un insopportabile moralismo al contrario.
Contraddice l'essenziale del suo pensiero sulla distruzione della saggezza e degli usi popolari da parte della società consumista.
Pasolini quando pensava col cervello, era un genio, anzi un cialtrone di genio, ma altre volte ragionava... con un'altra cosa.
In questo sono molto migliori i film del grande Vittorio de Seta, specie quello sulla Calabria dove spiega chiaramente la disumanizzazione della società industriale.


Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.