Autore Topic: Poesie di George Trackl  (Letto 909 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Poesie di George Trackl
« il: Settembre 03, 2017, 20:41:55 pm »
GEORG TRAKL

POESIE
Versione italiana di Vera degli Alberti
e Eduard Innerkofler.
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IN UN ANTICO LIBRO DI MEMORIE

Sempre ritorni tu, melanconia,
o soave senso dell'anima solitaria.
Si spegne l'ardore di un giorno dorato.

Umilmente si china al dolore il paziente
di armonie risonante e mite follia.
Guarda! Già scende il crepuscolo.

Di nuovo ritorna la notte e geme un mortale
e soffre un altro con lui.

Rabbrividendo sotto stelle autunnali
più profondo ogni anno si china il capo.

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MELANCONIA

Ombre azzurrine. Oh, voi occhi scuri,
che lungamente mi guardano passando.
Miti suoni di chitarra accompagnano l'autunno
nel giardino, sciolto in bruno ranno.
Della morte la tetraggine severa preparano
mani ninfee, a rossi seni suggono
labbra avvizzite e in nero ranno
del giovane solare umide ciocche scivolano.

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SUSSURRATO NEL POMERIGGIO

Sole autunnale sottile e incerto,
e la frutta cade dagli alberi.
Silenzio dimora negli azzurri spazi
per tutto un lungo pomeriggio.

Suoni di morte metallici;
e un bianco animale stramazza.
Di brune fanciulle i ruvidi cigli
vengon dispersi col cader delle foglie.

La fronte di Dio sogna colori,
sente della follia le miti ali.
Ombre si aggirano alla collina
da nera putrescenza orlate.

Crepuscolo pieno di pace e vino;
tristi chitarre scorrono.
E dentro, alla mite lampada,
rientri tu come in sogno.

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NEL FOGLIAME ROSSO DI CHITARRE PIENO...

Nel fogliame rosso di chitarre pieno
sventola delle fanciulle la gialla chioma
allo steccato dove girasoli stanno.
Tra nuvole passa un carro dorato.

Nella pace di ombre brune tacciono
i vecchi che si abbracciano tonti.
Gli orfani dolcemente il vespro cantano.
Nei vapori gialli ronzano le mosche.

Al ruscello ancora fanno il bucato le donne.
Gli appesi panni ondeggiano.
La piccina che mi piacque a lungo,
di nuovo ritorna nel grigio della sera.

Dal cielo tiepido precipitano
rondini in verdi buchi di putrescenza pieni.
All'affamato illude guarigione
un profumo di pane e di aspre spezie.

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MUSA SERALE

Alla finestra fiorita ritorna del campanile l'ombra
e l'oro. La fronte ardente si spegne in silenzio e pace.
Una fonte sgorga nell'oscurità del castagno -
e tu senti: tutto è bene! nel doloroso sfinimento.

Il mercato è vuoto di frutti estivi e ghirlande.
Concorde appare dei portali la nera pompa.
In un giardino risuonano di un soave concerto i toni,
dove amici si ritrovano dopo il pasto.

La favola del bianco mago l'anima volentieri ascolta.
Intorno sussurra il grano che al pomeriggio falciatori tagliarono.
Paziente tace nelle capanne la dura vita;
delle mucche il mite sonno rischiara la lanterna.

Ebbri d'aria presto i cigli calano
e si aprono lievi a stranieri stellari segni.
Endimione sorge dall'oscurità di querce antiche
e si china su acque di lutto grevi.

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RONDÒ

È trascorso l'oro dei giorni,
della sera i bruni e azzurri colori:
morirono del pastore i miti flauti,
della sera i bruni e azzurri colori;
è trascorso l'oro dei giorni.

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DI NOTTE

L'azzurro dei miei occhi si è spento in questa notte,
il rosso oro del mio cuore. Oh, come quieta ardeva la luce.
Il tuo manto azzurro avvolse il cadente;
la tua bocca rossa suggellò l'ottenebramento dell'amico.

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INFANZIA


Colmo di frutti il sambuco; tranquilla dimorava l'infanzia
in cavità azzurra. Sopra remoto sentiero,
dove brunastra sussurra l'erba selvatica,
medita la silenziosa ramaglia; il fruscìo del fogliame

è come quando l'acqua azzurra rumoreggia tra rocce.
mite è il lamento del merlo. Un pastore
segue muto il sole, che dall'autunnale colle precipita.

Un azzurro momento è puramente anima.
Al margine del bosco si presenta un timido animale e in pace
riposano le antiche campane e i cupi borghi.

Più religiosamente avverti tu il senso di anni oscuri
frescura e autunno in solitarie stanze
e in sacra azzurrità risuonano luminosi passi.

Sommessa cigola una finestra aperta; fino alle lacrime
commuove la vista del diruto cimitero sul colle,
ricordo di narrate leggende; ma talvolta si rischiara l'anima,
se ripensa uomini lieti, cupo-dorati giorni di primavera.
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AGLI AMMUTOLITI

Oh la follia della grande città, quando la sera
su nero muro irrigidiscono alberi contorti,
da argentea maschera lo spirito del Maligno guarda;
la luce con magnetica sferza discaccia la notte petrosa.
Oh, il sommesso rintocco delle campane serali.

Prostituta che con gelidi brividi partorisce un bambino morto.
Furente flagella l'ira divina la fronte dell'ossesso,
purpureo morbo, fame che i verdi occhi infrange.
Oh, l'orrendo riso dell'oro.

Ma silenziosa sanguina in cavità oscura un'umanità più muta,
forgia con duri metalli il capo liberatore.
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''