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Desocializzazione e condizione maschile

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Vicus:
Dal libro di Matthew Fforde Desocializzazione, ed. Cantagalli, Siena.

Per desocializzazione non intendo quella di Charlie Brown "che aveva tanto bisogno di amici", ma la frantumazione del tessuto sociale che porta a superficialità nei rapporti umani e a relazioni insincere e false tra uomini e donne. Pochi possono capire queste righe, ma molti sono utenti di questo forum. Buona lettura.

La società contemporanea sta diventando sempre più "darwiniana", anche se attraverso modalità e per ragioni di cui abitualmente non ci rendiamo conto. La durezza e la severità della società post-moderna sembrano promuovere a posizioni di primo piano coloro che tendono a una maggiore insensibilità e asocialità. Sono proprio le persone con il più alto grado di resistenza alle imposizioni della desocializzazione, quelle che riescono a rimanere indenni dalle sue ferite; gli individui più orientati al perseguimento del profitto personale e meno distratti dalla sollecitudine e dalla cura per gli altri; quelli che sono pronti a fare ricorso a metodi che danneggiano gli altri e restano indifferenti al dolore che possono causare; e infine, le persone il cui sguardo è in minor misura diretto verso il bene collettivo, le meno interessate alle conseguenze delle proprie azioni. I duri, i sordi, quelli che hanno una pelle da rinoceronte, gli autosufficienti, quelli che rimangono ciechi e insensibili, quelli che ci hanno fatto il callo: sono loro che sempre più vanno a occupare posizioni influenti e di potere. Eppure sono i nemici della comunità: la loro sopravvivenza ai processi di desocializzazione comporta che ne diventino i paladini più convinti.
Terapie che peggiorano il male
Come i medici pre-moderni praticavano salassi ai malati di cui conquistavano la fiducia, la desocializzazione si riproduce anche favorendo una serie di terapie che peggiorano la malattia.
È così che nel loro travaglio le vittime della condizione di anonimia si volgono spesso verso cure psichiste e fisiologiste, oppure al conforto procurato dalla ricchezza e dal potere, o ancora al mondo del piacere sensuale, a unioni o matrimoni falsi, ad amicizie vacue, alle sabbie mobili dello pseudo-sociale, all'immaginario e al falsificato, o anche semplicemente all'aggressività. Inconsapevoli del fatto che all'origine della loro inquietudine c'è la mancanza di amore, i desocializzati sovente non sono in grado di articolare una risposta spirituale al loro disagio, e si rivolgono a terapie che peggiorano il male. Andiamo ad analizzare in dettaglio questo processo.
«L'assenza di legami colpisce con un'ampiezza straordinaria l'universo coniugale e familiare», ha affermato un altro relatore, «viviamo, in effetti, in una società disintegrata che [...] favorisce [...] lo sviluppo di personalità spezzettate che hanno grandi difficoltà a unificarsi psicologicamente e moralmente»". «Nel nostro tempo», ha dichiarato ancora un altro, «il sintomo più evidente della depressione è da ricercarsi nell'emarginazione dell'individuo a nella sua non rilevanza all'interno della società»".
Davanti alla perdita dei legami l'Homo sapiens, a causa della sua natura biologica e spirituale, soffre e si preoccupa — un aspetto assai rivelatore del fine dell'uomo in questo mondo.
Senza amore e verità, senza salute spirituale e sotto «l'affermazione di disvalori», l'interiorità dell'uomo cede e si piega. La presenza stessa di tutti questi fenomeni dovrebbe farci capire che vi è qualcosa di profondamente sbagliato nella nostra società — il che è fin troppo evidente — e indurci a mettere in discussione la strada che abbiamo imboccato nei secoli recenti.
A livello individuale le persone saggiano altre forme di risposta che, tuttavia, sono di solito destinate al fallimento. (Segue)

kautostar:
Molto interessante, e in parte mi ci ritrovo abbastanza in questo senso di solitudine e processo di "desocializzazione"...il problema è, come uscirne?

Vicus:
Ti ci ritrovi? :hmm: Che significano per te le parole impiegate da Fforde: amore per la verità, salute spirituale, legami coniugali e familiari?

Ryu:
Eccomi qua, una settimana fa circa è morta mia madre e rimasi tanto a riflettere su quanto mi sia fortificato. Altro che pelle da rinoceronte, sono indistruttibile, ma la fonte è un eccessivo meccanismo di autoconservazione affinato negli anni. Non ho avuto una vita felice, ma ho avuto molto perché me lo sono conquistato. Sinceramente vorrei farmi una famiglia e ricreare lo stesso ambiente amorevole in cui sono stato cresciuto, solo che poi c'è il mondo esteriore, quello che non ti accetta, perfino riconosce, come individuo. Quello che ti bullizza a 9-10 anni dove maestre scelte apposta tra le minoranze o tra le feminazi ti fanno credere che tu sia un portatore sano di non si sa quale peccato originario per il fatto di essere bianco e uomo. Quello che se ti succede un problema ed ha un pisello non trovi mai conforto per le questioni sentimentali, problematiche della vita, doppi standard. Quello che ti vessa. quello che ti umilia.

E allora impari... impari... impari...

Ma nel frattempo sei uomo, sviluppi una grandissima razionalità finita la pubertà e l'adolescenza. È tempo di diventare uomo, le emozioni non vanno più bene socialmente e - sebbene tu riconosca che non ci sia nulla di male nel provarle, né nel mostrarle - è sempre socialmente scoraggiato farlo. Arriva così il momento in cui il bambino, con qualche spruzzo di baffetti e barba, perde il suo charme da infante e non viene preso più in considerazione, coccolato. Anzi, viene sacrificato, scartato.

Poi arriva la prima grande competizione: la selezione sessuale, si è già alle superiori. E mentre il recinto che hanno creato per te fatto di scuola (che fa opinione, non educa) e anestetizzanti vari dal sapore dolce e dal fascino irresistibile (videogiochi, alcool, fumo, vizi vari) l'individuo viene lasciato solo a consumare palliativi di felicità che sono stati predisposti per lui.

Poi arriva la selezione sociale, non sessuale, arriva l'università o il mondo del lavoro e l'uomo, probabilmente in preda a una sindrome di Stoccolma circa il suo peccato originario, vede arrivare gli effetti delle prime asimmetrie, dei primi bias. Vede che deve sempre studiare il doppio se non il triplo di altre categorie che vengono fatte passare senza il minimo sforzo, vede che deve lavorare per far raccogliere i suoi sforzi a chi avrà una grande dialettica e parlantina e vede... che non potrà lamentarsi, che la posizione di chi fa da parassita del suo sudore non solo non può essere rimossa, ma si ritroverà tra due lame: la prima sempre più stringente, se non si affretta ad esaudire tutti i desideri e completare tutti i compiti, che non è obbligato a fare, ma di cui socialmente deve farsi carico, sarà punito, sarà degradato socialmente e l'altra lama è quella che lo stringe, che lo vede colpevole aprioristicamente, che se per caso abbozzi un principio di lamentela è sessista, razzista, tassista, interista.

L'uomo a quel punto prova a vedere se c'è qualcosa che non va in lui, se è vero che forse forse... ciò che si dice di lui, che in cuor suo sa di non essere vero, magari potrebbe sbagliarsi... magari è veramente il mostro che tutti hanno sempre temuto.

Allora inizi a misurarti con gli altri, a gettare su carta criteri oggettivi che ti possano permettere di valutare con obiettività se veramente... tu... sei solamente un bluff, un privilegiato, un pallone gonfiato da un ego smisurato. Espandi le tue conoscenze, affini le tue competenze, migliori tutto di te e alla fine diventi un monaco, un essere con una mente di ferro, privo di vizi, privo di debolezze, privo di paura, privo... d'emozioni.

Non vivi, sopravvivi.

Arriva la resa dei conti. Provi a vedere se vali, se veramente sei un impostore. E vinci. Vinci. Vinci. Non è nemmeno un'ossessione, è talmente tanto il divario tra te e chi "vive" che vinci sempre, porti a casa più "pezzi di carta", hai sviluppato abilità pazzesche, hai un intelletto straordinario.

Allora provi a vedere se è il tuo narcisismo a prendere il sopravvento, ti rimetti in gioco. E vedi che non è un'illusione, vedi che hai veramente raggiunto delle vette incredibili, ma non sono nulla, puoi fare molto di più. Poi di più. Poi di più. Poi di più.

Hai finalmente scoperto il segreto del miglioramento, ce l'hai fatta, ti sei sacrificato e hai raggiunto dei traguardi. È ora di condividere la tua esperienza con gli altri, provi a raccontare, ad argomentare, ad utilizzare la razionalità per tramandare i tuoi segreti e fare del bene, vuoi aiutare gli altri! Hai lavorato duramente, ma a te non costa nulla donare qualcosa a qualcuno.
Ne fai una missione, condividi tutto quello che hai, tutto quello che sei. Ma perdi. Perdi. Perdi. Perdi.

Ti ritrovi incredulo ad essere sconfitto da chi usa le fallacie, la retorica, le emozioni al posto della razionalità. Vai a fondo, capisci i meccanismi che stanno alla base di tutto ciò, diventi padrone di aree del sapere che non sono inerenti al percorso che hai scelto e vuoi spiegare agli altri, senza rancore, che si sbagliavano, che non è una diminutio ma si è umani, e gli umani talvolta possono ragionare in maniera fallace. Così spieghi a tutti il perché. E perdi. perdi. perdi.

Non solo perdi, vieni accusato, vieni vessato, vieni attaccato, vieni bullizzato anche se sei adulto ormai. La gente si eroga il diritto di entrare nella tua sfera ed esporti, e di farti danni reali a te, ai tuoi affetti, alla tua reputazione, alle tue finanze, alla tua carriera.
Perché? Perché sei diverso, ma non è colpa di chi ti attacca, non è colpa di chi ti ferisce. No, no. Sei tu che hai contravvenuto alle norme sociali... È COLPA TUA!

Vuoi reagire non è vero? Il tuo cervello razionale già sa cosa succede a chi reagisce dopo essere stato sconfitto. Vuoi denunciare le ingiustizie di chi non ha nemmeno una frazione della tua valenza ma sogghigna mentre si gusta la gloria effimera? Sai già come andrà a finire.

E sai già che le emozioni che ti governano, che ti impediscono temporaneamente di risorgere possono essere governate, e che sono un ostacolo. A. Te. Ora. Le sopprimi.

Decidi di non impegnarti più, decidi di non infrangere più nessuna norma sociale, decidi di approfittartene. Cominci a ragionare secondo una logica a "somma 0". Mors tua, vita mea. Sai che per la teoria dei giochi se tu non fai nulla ci sarà quel qualcuno che già ti ha ferito che continuerà a manipolare la gente portandola dalla sua parte, e alla gente, dopo tutto, sta bene così. Cerchi una prova razionale che possa invalidare la tua forma mentis, ma non la trovi. Trovi solo che ci sono due scuole di pensiero, non c'è un bene in sé o un male in sé.

Sai che hai due opzioni, sai che dipende da te. Puoi lasciarti andare, rifugiarti nella normalità e nella malinconia e sai che verrai punito per la tua debolezza al primo accenno. Oppure puoi continuare a far funzionare il meccanismo di difesa ed autoconservazione, dipende tutto da te. Anche se gli avvenimenti che portano alla tua felicità vengono più dal contesto che da te, dipende da te come affrontarli.
Sai che puoi mantenere questa situazione non idilliaca di forza estrema, che non è tutto scritto nella tua genetica, ma che puoi atteggiartici... finché non ce la fai. Fake it to make it.

Senza esagerare col nichilismo, non ne vale la pena, è una sentenza già scritta. Hai due vie, entrambe principalmente maligne ma con risvolti benigni. Puoi trovare conforto nella quotidianità, nella routine, nel ruolo prestabilito e far vincere quelli che hanno provato così duramente a riportarti giù in terra. Quelli che vivono per ostacolarti, perché sarebbe troppo difficile spiegare a se stessi come qualcuno del gruppo ce l'abbia fatta ed abbia scalato i vertici sociali. Puoi farlo, ma ti esponi al tradimento ed alla sofferenza, e tu lo sai. Sai che non c'è paradiso nel sacrificio. Come un soldato che va a farsi ammazzare mentre a casa è ad attenderlo una moglie infedele.

Oppure puoi essere il soldato psicopatico che non attende altro che trovare la morte sul campo di battaglia, unico posto a lui veramente familiare ora, dove è confortato nello sconforto. Continuare a non avere emozioni, a vivere fino alla fine giocando in difesa lasciando che la vecchiaia compia la sua missione.

Oppure puoi scegliere di seguire il cervello e sebbene il tuo cuore anestetizzato non risponda più, come una gamba dopo una caduta in moto, puoi scegliere di avere fiducia nel tuo "io" precedente, di credere in te stesso "precedente" ed affidarti alle priorità che ti eri dato, o che un familiare ti ha tramandato, e pur non essendo in grado di replicarle nella stessa forma decidi di seguire l'insegnamento...

Ma sappi fin da subito che non sarà facile per te se sei diverso, sappi che nessuna cosa ti accada ti metterà mai al riparo dalle aspettative che ci sono du di te. E non puoi esimerti dall'essere forte, perché è la debolezza il tuo più grande tradimento nei confronti del nuovo ruolo, che così a fatica hai ora conquistato, la stessa debolezza che ti ridarebbe tutte le emozioni che cerchi, l'affiliazione e qualche istante di fanciullezza dimenticato, se solamente tu le lasciassi avvelenarti il cuore. Avvelenartelo con lo stesso dolce, seducente sapore che ti condurrà ad altro insostenibile dolore, e tu lo sai.

D'altro canto non è a tutti riconosciuto il diritto universale a vivere...

Nel medioevo a causa della paura e dell'ignoranza alcune persone venivano messe al rogo come "streghe" e "stregoni", poi si è scoperto che nel caso in questione non è vero che fossero le streghe le più danneggiate da ciò, ma questa è un'altra questione.

Durante il nazismo, gli handicappati venivano scaraventati dai balconi.

Nel corso della storia c'è sempre un'organizzazione, un'istituzione, un gruppo che "stabilisce" qual è la morale. E c'è sempre, da parte di questo gruppo, una persecuzione nei confronti del diverso.

Ai giorni nostri la tecnica è stata affinata, c'è chi si autoconferisce una missione e nel nome del bene sociale combatte i cattivi, unilateralmente identificati come tali. Il cattivo nel 2000 è niente popò di meno che: lo psicopatico!
E allora via con le forze "del bene" che vanno a caccia, che emarginano, che puniscono con quanto più potere hanno (psicologi, sociologi, HR vari, "scienziati" sociali) chi presumibilmente abbia meno sensibilità nel provare emozioni. Magari per via delle botte prese nella vita ed ha scelto di reagire nel modo "corretto", socialmente meno dannoso, ossia di anestetizzare il proprio cuore per non commettere eccessi che tanto non sarebbero mai ascoltati e non produrrebbero effetti, ha scelto di incanalare la propria aggressività non in forma attiva, ma in forma passiva che si manifesta in una mancata aderenza alle norme sociali.
E le stesse norme sociali non sono altro che il risultato delle aspettative di chi è al potere, che designa i ruoli altrui nel contesto sociale, non sono ancore di salvezza per l’individuo, non tutte per lo meno.

Come il bestiame che scappa dal recinto, che viene fatto rientrare con la coercizione. Se l'individuo sceglie di non ubbidire più alle norme sociali e sceglie di spogliarsi dell'uniforme del posto sociale che gli è stata affibbiata, che se solamente si lasciasse cullare dalla malinconica acquiescenza gli sarebbe avvinghiata come una seconda pelle dalla quale non si potrà più staccare.

Dopo tutto, i mastini dell'ordine delle cose servono proprio a mantenere ciascuno al posto che gli è stato affidato alla nascita tramite una serie di variabili che lasciano poco spazio di manovra: status, famiglia, soldi, prestigio.

E se ci fosse una variabile impazzita che nel silenzio della sua esistenza macina traguardi per poi rivelarsi all'ultimo momento come una persona valente che "minaccia" l'altrui posizione, come fare per giustificare socialmente la sua cattura e ricollocamento nella posizione che "più gli compete"? Facile! Si inizia con la narrativa che lo psicopatico è dannoso per la collettività nel suo insieme. Il ché è anche possibile se egli decidesse di agire nell'oscurità, ma per ogni mostro di Firenze non ci sono migliaia di direttori generali d'impresa?

Non è forse vero che uno psicopatico, machiavellico e narcisista qualora scelga per tutta la vita di accettarsi come tale, ma di lasciarsi guidare solamente dalla razionalità piuttosto che dagli istinti incarni al meglio la figura del "sovrano illuminato" tanto decantata nel corso della storia?

La storia dell'umanità insegna che certi tratti definisco il vincente, ma non per questo sono da criminalizzare. La cosa che socialmente farebbe meno danni è insegnare fin da subito la verità.

Vicus:
Sentite condoglianze Ryu.
E' incredibile come le vite degli uomini si somiglino. Se ne prendessimo atto e agissimo insieme il mondo migliorerebbe in un attimo. Ma di certe cose non si parla quasi mai nella normale vita sociale.
Hai dato un'eccellente descrizione di molti ambienti di lavoro, in particolare dei capi che si fanno belli col sudore degli altri. Il loro comportamento (sono loro gli psicopatici, per questo fanno carriera oggi come hanno scritto Fforde e altri) ha come unico fine di sfruttare, dividere e tener buoni i sottoposti.
Ricorda (e ricorda a loro) che il certificato di normalità l'hanno solo i pazienti dimessi da strutture psichiatriche.
Renderci zombie anaffettivi fa parte delle strategie di potere dell'ingegneria sociale (anche qui, sono opinioni espresse da diversi esperti).
Se puoi cambia lavoro, emigra o renditi autonomo, può valerne la pena ;)

--- Citazione ---Sinceramente vorrei farmi una famiglia e ricreare lo stesso ambiente amorevole in cui sono stato cresciuto
--- Termina citazione ---
La società occidentale è in rovina, la gente è incapace di costruire rapporti durevoli. Le donne in particolare perché viziate dalla culla e quindi meno esposte al darwinismo sociale. Mettersene una in casa non la renderà migliore.
L'unica strategia possibile, ripeto, è emigrare in Paesi più sani socialmente ed economicamente (le due cose vanno di pari passo), immuni dal declino pianificato dell'Europa.

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