L'omicidio non è mai giustificato.
Tranne in questi casi, però:
"In quel preciso istante la donna non era in grado di intedere e di volere"---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
corriereblog 09/01/2010
Libera la donna che uccise il marito neonazi
Scritto da: Alessandra Farkas alle 16:00
NEW YORK - Aveva ucciso il marito neonazi mentre dormiva, dopo anni di abusi fisici e psicologici, aiutando le autorità a scoprire un vero e proprio arsenale terroristico nascosto nel garage in grado di provocare uno sterminio di massa. Ma questa settimana un giudice del Maine ha stabilito che Amber Cummings non dovrà passare neppure un giorno dietro le sbarre.
La notizia, unica e rara nell'America del patibolo, arriva proprio mentre il Paese inaugura il nuovo anno con ben tre esecuzioni: di due afro-americani in Texas e Ohio e di un bianco in Louisiana.
Per la 32enne Amber il Pubblico Ministero aveva chiesto ben otto anni di carcere, ma, data la natura del caso, il giudice Jeffrey Hjelm ha deciso di risparmiarla. Avvallando la tesi della difesa secondo cui la donna, affetta da sindrome da moglie maltrattata, avrebbe agito per autodifesa.
La mattina del 9 dicembre 2009 Amber aveva freddato il marito James sparandogli due colpi in testa con la sua calibro 45 mentre l'uomo dormiva nella camera da letto della loro villa a Belfast, in Maine. "Il mio istinto iniziale era stato quello di suicidarmi", ha spiegato Amber al giudice, "Ma l'idea di lasciare nostra figlia da sola in balia di quel mostro pedofilo mi ha trattenuta".
Dopo la sua morte l’FBI ha rinvenuto libri, manuali e componenti (tra cui uranio impoverito) accumulati dal neonazista per costruire una ‘bomba sporca’, un rudimentale ordigno potenzialmente letale che aveva l’intenzione di usare per protestare contro l’elezione di Barack Obama. Oltre a bandiere con la croce uncinata e altri ammennicoli in omaggio ad Adolf Hitler, nel garage della sua casa le autorità hanno trovato anche materiale pedopornografico – un’altra sua ossessione – insieme alle prove che l’uomo aveva assoggettato la moglie e la figlia di 9 anni ad anni di inenarrabili torture.
“Era la personificazione stessa del male”, ha sostenuto durante il processo l’avvocato della difesa. Quando il giudice Hjelm ha lasciato il tribunale, una folla di sostenitori che sventolavano cartelli all'insegna dello slogan “Liberate Amber” è esplosa in un fragoroso applauso
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Uccise con l'ascia il marito ubriaco e violento. Assolta
Aveva ucciso con tre colpi d'accetta il marito, un uomo violento e spesso ubriaco, che costringeva lei e i figli ad una vita d'inferno. Ma a distanza di un anno da quella tragedia, Angela Nichele, una donna vicentina di 44 anni, e' stata assolta con rito abbreviato dal gup perche' il fatto non costituisce reato. Una sentenza che fara' probabilmente discutere. Lo stesso Pm aveva chiesto l'assoluzione della donna, ma perche' l'aveva ritenuta "non imputabile", in quanto incapace di intendere e volere al momento dell'omicidio. Il giudice Barbara Maria Trenti, del Tribunale di Bassano del Grappa, e' andata piu' in la', ipotizzando in sostanza - bisognera' attendere le motivazioni della sentenza - che la 44enne abbia agito in uno stato di legittima difesa.
La perizia
Decisivi gli esiti della perizia psichiatrica chiesta dalla difesa: la sera dell'omicidio, quando il marito, Matteo Zanetti, 46 anni, rientro' a casa ebbro d'alcol, Nichele era convinta che l'uomo rappresentasse un pericolo immediato per la propria vita e per quella dei suoi figli. Il fatto era avvenuto a Rossano veneto (Vicenza), il 13 marzo del 2008. Quella sera, dopo l'ennesima lite con il consorte, Angela Nichele aveva aspettato che questi si addormentasse. Era andata nella legnaia, aveva preso l'accetta e tornata in casa aveva colpito con tre fendenti mortali alla testa quell'uomo 'ubriacone' con il quale da tempo non andava piu' d'accordo.
L'omicidio
La donna aveva spiegato di aver agito al colmo dell'esasperazione contro il padre dei suoi quattro figli, tre maschi e una ragazza fra i 17 e i 22 anni. Svegliati di soprassalto, i giovani si erano trovati davanti alla tragedia: il padre riverso sul letto in un lago di sangue e la madre sotto choc. Nonostante la disperazione, i figli della coppia si erano divisi i compiti: due erano usciti per andare dai carabinieri a denunciare la madre, gli altri due erano rimasti a casa per stare vicino a lei. Quando i carabinieri erano arrivati nella casa della famiglia Zanetti, in via San Paolo, la donna aveva confessato subito, raccontando che il marito la costringeva a una vita infernale. A provocare la tragedia non sarebbe stata infatti solo l'esasperazione della donna per la dipendenza dall'alcol del marito.
Le indagini
Dopo le prime indagini, emerse il quadro di un rapporto familiare particolarmente teso. Stando alle testimonianze dei vicini di casa, lui si ubriacava, la picchiava e maltrattava anche i figli. Angela Nichele era stata accusata di omicidio volontario aggravato. Dopo un anno la sentenza giudiziaria, per molti versi inattesa, che riapre la strada della liberta' per la 44enne vicentina. Con l'assoluzione, il gip Barbara Maria Trenti ha disposto anche la revoca degli arresti domiciliari della donna nella casa della madre, a Cittadella.
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