Nel 643, il “maschilista” e “patriarcale” Rotari re dei Longobardi, con l’editto che porta il suo nome, sostituì la faida con il guidrigildo (wergild).
Un istituto che doveva evitare il ricorso alla faida, la vendetta privata della famiglia dell'offeso.
La faida era foriera di tumulti e disordini sociali e contribuiva a relegare le società allo stato primordiale.
Si trattava di sostituire la pratica vendicativa con una sorta di risarcimento monetario, a favore dei superstiti della vittima.
Risulterà inaudito, ma le donne avevano valore maggiore degli uomini di un terzo (900/1200 solidi, cifre enormi per l’epoca).
Il tutto si inquadrava nel “mundio”, istituto del diritto consuetudinario longobardo, consistente nel potere di protezione del capofamiglia su tutti i membri del suo gruppo familiare.
Oggi noi guardiamo questa roba con sufficienza e parecchio sarcasmo. Ma son queste evoluzioni che hanno creato la civiltà che oggi noi conosciamo (e di cui abusiamo).
Senza aspettare l’utilissimo contributo delle varie Gloria Steinem, Simone de Beauvoir o delle nostre Zanardo e Lanfranco.
Buone a spiegare, a cose fatte, come si sarebbe dovuto fare.
A miglior chiarimento, riporto particolari cronache dell’epoca, che inquadrano bene alcuni aspetti storici della QM.
Nel 774, ormai caduto il regno longobardo, il principe di Benevento Arechi fa questa descrizione:
"una consuetudine infame e illecita, per cui alcune donnine, morti i mariti, liberate dall'autorità maritale, godono sfrenatamente della libertà secondo il proprio arbitrio. Ricevono nel segreto della casa l'abito della santità, per non sopportare il vincolo delle nozze. Così, sotto il pretesto della religione, abbandonata ogni paura, conseguono senza freni tutto ciò che alletta il loro animo. E difatti inseguono i piaceri, ricercano i banchetti, tracannano bicchieri di vino, frequentano i bagni e, quanto più possono ottenere, tanto più fanno cattivo uso di quell'abito nella rilassatezza e nel lusso delle vesti.
Dunque, quando compaiono in piazza si truccano il volto, si incipriano le mani, accendono il desiderio in modo da suscitare l'ardore in chi le vede; spesso desiderano anche osservare sfacciatamente uno di bel aspetto ed essere osservate e, per dirla in breve, sciolgono i freni dell'animo verso ogni dissolutezza e desiderio.
Pertanto, senza dubbio, una volta infiammate le esche di una vita lussuriosa, gli stimoli della carne le ardono a tal punto che sono soggetti di nascosto non ad una sola, ma (cosa che è nefanda a dirsi) a molte prostituzioni; e se il ventre non si gonfia, non è facile a provarsi.
Per contrastare in tutti i modi una simile peste abominevole, disponiamo che chiunque sia legato da parentela a una nubile o a una vedova che prende il velo e non entra in monastero paghi il suo “wergild” al palazzo; il principe la faccia entrare in monastero con il “wergild” e i suoi beni personali".
Ancora…: questa volta riguardo le donne armate. Liutprando, nelle leggi del 734, descrive questo caso:
"Ci è stato riferito che alcuni uomini perfidi e dotati di un'astuzia malvagia, non osando di per sé entrare a mano armata in un villaggio, fecero radunare le loro donne, libere e serve, e le mandarono contro uomini che avevano una forza inferiore; quelle, presi gli uomini di quel luogo, inflissero loro con violenza ferite ed altri mali, con maggior crudeltà di quanto facciano gli uomini. Poiché queste cose sono giunte a noi e quegli uomini più deboli hanno mosso un’accusa per quella violenza, abbiamo provveduto ad aggiungere a questo editto che se in futuro delle donne osano fare una cosa del genere, se restano ferite non possano chiedere risarcimento alcuno. L'autorità preposta prenda quelle donne e le faccia scotennare e frustare per i villaggi vicini; i mariti paghino i danni commessi".