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Gender Gap 2017
Frank:
http://www.thedaily.sk/slovak-women-paid-almost-20-less/
--- Citazione ---Slovak Women Paid Almost 20% Less
Slovakian women step away from your desks on October 19th, you won’t be paid from this date.
Expert Market, Europe’s leading B2B marketplace, has conducted new research investigating the full extent of the gender pay gap across the continent and found that for many months of the year, women are still effectively not being paid.
The findings reveal that on average women in Europe earn 16.68% less annually than men, which is the equivalent of working for free for nearly two months of the year. Based on the gap between men and women’s earnings, we have worked out on what date women should shut off their computers and put their feet up – because effectively, they are no longer being paid for their work.
In Bosnia, the gap between the pay of men and women is so big that from as early as July 15th women could effectively stop working due to the 46% pay gap present in the former Yugoslavian state.
Despite the country submitting its formal EU membership application in February 2016, it is still shocking to find that women earn almost half as much compared to their male counterparts. This means that Bosnian women stop getting paid the earliest across the continent.
The situation is only slightly better in Slovakia, where women effectively stop earning from October 19th onwards, which amounts to over 2 months of free labour.
Surprisingly, Slovenia emerged as the country with the lowest gender pay gap, with women earning
only 3.2% less annually than men. This means that Slovenian women effectively stop getting paid on
December 18th – the latest date across Europe.
Michael Horrocks from Expert Market comments: “When we examine gender pay disparity across
Europe, it can be difficult to actually imagine how this difference in pay is reflected in everyday life.
Our findings highlight the amount of money women across Europe are losing out on in comparison to
their male peers. It is disappointing to see that in many European countries, women are essentially
working for free for two or more months.”
Highlights:
● On average women in Europe earn 16.65% less than men
● Slovakian gender pay gap is 19.80% (women work unpaid from 19th October)
● Bosnia has the highest gender pay gap at 46%
● UK gender pay gap is 19.70% meaning women work for free from October 19th
● Slovenia has the smallest gender pay gap at 3.20%
--- Termina citazione ---
Frank:
Sempre siginificativo il fatto che a scrivere questi "articoli" siano soventemente degli appartenenti al sesso maschile.
http://www.eastjournal.net/archives/86693
--- Citazione ---UNGHERIA: Tra i peggiori dell’UE nell’uguaglianza di genere. Perché Budapest non ama le donne
Gian Marco Moisé 10 giorni fa
L’Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) nel 2017 ha stilato la classifica dei 28 paesi dell’Unione Europea sulla base dell’uguaglianza di genere. L’Ungheria si è collocata penultima, poco dopo la Grecia.
Uguaglianza di genere
L’indice dell’uguaglianza di genere viene calcolato con un punteggio da uno a cento sulla base di un’analisi della situazione lavorativa, accesso a risorse finanziarie, tempo speso in lavoro domestico e attività sociali, partecipazione e traguardi educativi, salute e accesso ai servizi sanitari, presenza in ruoli decisionali in ambito politico ed economico. L’Ungheria ha ottenuto 50.8 punti, largamente al di sotto della media dei 28 dell’Unione. Non se la cavano certo meglio Romania e Slovacchia con un timido 52.4 né Repubblica Ceca e Polonia rispettivamente con 53.6 e 56.8.
I punteggi dell’Ungheria sono piuttosto alti, certamente sopra la media UE, negli ambiti lavorativo, sanitario e finanziario, ma sono tremendamente bassi per quanto riguarda la presenza in ruoli decisionali, traguardi educativi e tempo ricreativo a disposizione. In ambito politico, la presenza femminile in Parlamento raggiunge solo il 9,7% contro il 27,7% dell’UE, e i posti governativi ricoperti da donne sono stati solo 1,5% contro il 26,8% dell’UE.
Il problema di Fidesz con le donne
D’altronde Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orbán, negli ultimi anni non si è mai speso in favore dei diritti delle donne. A livello comunitario il partito è membro del Partito popolare europeo (PPE) ma negli ultimi due anni in 58 casi si è astenuto o ha votato contro l’opinione della maggioranza. Al di là delle più note situazioni relative alla crisi migratoria, in molti casi Fidesz si è opposto a riforme europee che riguardavano un miglioramento nelle questioni di genere.
Tra questi si contano: maggiore supporto all’educazione femminile, implementazione del principio di uguali opportunità in ambito lavorativo e occupazionale, rafforzamento dell’uguaglianza di genere per i diritti delle donne nell’era digitale, prevenzione e combattimento del traffico di esseri umani, sviluppo di condizioni del mercato del lavoro favorevoli al bilancio tra lavoro e vita privata, report sui sussidi dell’UE per la promozione dell’uguaglianza di genere. Ciò non stupisce considerate le posizioni di Orbán sulla partecipazione delle donne in politica, ritenute “troppo delicate” per potersi occupare della cosa pubblica.
Patriarchia, dominio e libertà
Nel 2015, Orbán affermò che “si dovrebbero dare più opportunità alle donne nella vita politica”. Questo modo di ragionare presuppone siano gli uomini a dover concedere più spazio alle donne, decretando un dominio degli uni nei confronti degli altri. Sylvia Walby definisce la patriarchia come “un sistema di strutture e pratiche sociali in cui l’uomo domina, opprime e sfrutta la donna”. Il dominio non si sostanzia solo in violenza o diretta restrizione di libertà, ma piuttosto in modi di ragionare e imposizioni indirette.
I recenti dati sull’allarmante situazione della disuguaglianza di genere in Europa dell’Est non sono una novità, e si collocano sull’onda delle riforme restrittive della libertà riproduttive delle donne in Polonia e sulla differenza salariale di genere nell’area.
Gran parte della letteratura accademica, da Cavalcanti a Seguino alla stessa Banca Mondiale, concorda sul fatto che una maggiore partecipazione delle donne nel mondo del lavoro determinerebbe grossi incrementi di crescita economica. Un maggiore accesso delle donne al mercato del lavoro passa per leggi più sensibili sulle questioni di genere e maggiori tutele per la salute riproduttiva delle donne, come dimostrato da Euwals nel caso olandese. Sulla questione migranti come sulla questione di genere bisognerebbe capire che il controllo, ridotto a dominio, non aiuta, ma nuoce. Al contrario, più libertà genera liberazione per tutti.
--- Termina citazione ---
@@
--- Citazione ---Sulla questione migranti come sulla questione di genere bisognerebbe capire che il controllo, ridotto a dominio, non aiuta, ma nuoce. Al contrario, più libertà genera liberazione per tutti.
--- Termina citazione ---
Che differenza c'è tra le parole di questo giovanotto e quelle di una femminista?
Nessuna.
Il fatto grave è che il tipo non è solo laureato in "Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe" ('sto cazzo di inglese lo trovo sempre più insopportabile...), ma è anche giovane.
E un giovane dovrebbe essere più evoluto di uno maturo o anziano.
E invece niente: anche il suddetto "ha buttato il cervello all'ammasso", come direbbe una mia conoscenza.
Frank:
https://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=14807.0
--- Citazione ---Gender Gap?
di Armando Ermini
Come ogni anno il WEF (World Economic Forum) stila una classifica su basi statistiche che vorrebbe misurare il così detto “gender gap”, ossia il divario di genere in termini di opportunità. (leggi quì) Misurazione che vorrebbe essere in termini assoluti all’interno dei singoli paesi e in termini relativi fra i diversi paesi i quali, di anno in anno, possono salire o scendere in classifica. Uso volutamente il condizionale perché, come vedremo, i criteri usati per le misurazioni sono , diciamo così, un po’ discutibili. Ogni volta che ci si addentra nelle metodologie statistiche (questa volta grazie alla meritoria curiosità di un frequentatore del blog “metromaschile” (leggi qui) si scoprono vere e propre perle, di cui ovviamente i media non si preoccupano affatto, preferendo sparare titoloni e articoli che, comunque li si consideri, mistificano il problema e offrono notizie sostanzialmente false, atte a far credere ai lettori verità semplici e chiare che in realtà non sono affatto tali.
Ma andiamo con ordine a partire dal citato articolo di Repubblica.
Fra i 134 paesi presi in considerazione, l’Italia scende dal 72° al 74° posto in classifica, dominata come sempre dalle nazioni scandinave (Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia).
L’indice del WEF, ci spiega Repubblica, misura quattro elementi: partecipazione e opportunità economica delle donne - materia per la quale l’Italia occupa la 97esima posizione - l’accesso all’educazione (qui l’Italia ha una relativamente buona 49esima posizione), le differenze tra uomo e donna in termini di salute e di aspettative di vita (95esima) e l’accesso femminile al potere politico (54esima). Nella cassifica globale la Cina è 61esima, la Russia 45esima e il Brasile 85esimo. Ultimi in classifica sono Pakistan (132), Ciad (133) e Yemen (134).Globalmente, osserva il Wef, le disparità nei settori dell’educazione e della salute si riducono. Ma i progressi si otterranno quando i Paesi si decideranno a raccogliere i frutti degli investimenti nell’educazione e la salute delle donne, trovando il modo di rendere matrimonio e maternità compatibili con la partecipazione economica delle donne.
La prima falsa verità che si ricava leggendo per intero l’articolo di Repubblica è che in Italia le donne, in termini di pari opportunità, stiano peggio dell’anno passato. Ma non è così perché (vedasi il blog linkato), il gap in termini assoluti si sarebbe in realtà ridotto, sia pure leggermente, e il peggioramento in classifica dipende dai maggiori “progressi” fatti in altri paesi. Ma questo è un peccato solo veniale, perché effettivamente in quel coacervo di numeri c’è qualcosa che fa pensare. Tutti sappiamo che, in Italia e a maggior ragione nei paesi scandinavi, la vita media femminile supera di circa cinque anni quella maschile, o che le donne si laureano in numero maggiore dei maschi. Com’è che, allora, esisterebbero sempre questi gaps a sfavore delle donne in termini di salute, aspettative di vita e accesso all’educazione?
L’arcano, anzi il trucco vergognoso, è ben spiegato in Metromaschile che invitiamo a leggere non solo nel pezzo citato ma anche nei successivi commenti che articolano ancora meglio la questione.
In pratica, quando in uno dei settori considerati esiste un vantaggio femminile si considera ci sia parità.
Lo dice lo stesso WEF : “Il nostro scopo è di focalizzare se il gap fra donne e uomini nei settori scelti è diminuito, piuttosto che se le donne sono vincenti nella battaglia dei sessi. Per cui, l’Indice “premia” i paesi che raggiungono il punto dove i risultati per le donne uguagliano quelli per gli uomini, ma né premia né penalizza i casi in cui le donne sono “sovraperformanti” rispetto agli uomini in particolari settori”.
Facciamo un esempio: in Norvegia i dati femminili sono nettamente superiori a quelli maschili nell’istruzione superiore, leggermente migliori in quella secondaria e uguali in quella di base. Ebbene, coi criteri usati dal Wef risulta invece che nel settore ci sia parità.
Ma non basta ancora. Prendiamo il settore salute e aspettative di vita: come si fa a rovesciare il signficato di numeri inoppugnabili che vedono le aspettative di vita femminili costantemente superiori a quelle maschili? Semplice, per i nostri stregoni del WEF. Basta infatti considerare la maggior longevità femminile come un dato di natura, fra l’altro contraddicendosi con la loro filosofia di base che attribuisce ogni differenza a fattori storico/culturali, e quindi, in questo caso, stabilire che la parità si ha quando le donne vivono un certo numero di anni (cinque) più degli uomini. Ne consegue che se gli uomini vivono solo 4 anni meno delle donne, ciò significa uno svantaggio femminile, ossia una discriminazione a danno delle donne. A maggior ragione risulterebbero svantaggiate se per caso gli uomini vivessero quanto loro.
Insomma, in nessun paese e in nessuno dei settori presi in considerazione sarà mai possibile, in nessun caso, che risulti un qualsiasi svantaggio maschile, ma solo il contrario.
Va da sé che la credibilità scientifica di quell’ “Indice di uguaglianza” è pari a zero, e ogni persona dotata di onestà intellettuale e morale non può non convenirne.
Il principio di base è chiaro: esiste disuguaglianza quando ad essere svantaggiate sono le donne, mentre esiste uguaglianza quando ad essere svantaggiati sono gli uomini, con buona pace di logica, senso della giustizia, obbiettività delle statistiche. Risuonano perfette le parole di Alessandra Nucci, che nel suo libro “La donna a una dimensione” (Marietti 1820), scrive a pag. 36: L’indignazione delle femministe è esclusivista: esse sole possono accusare gli uomini di sessismo, viceversa non è permesso. Ed ancora a pag. 109: Il femminismo di oggi cammina su una sottile fune tesa fra il concetto di uguaglianza e l’idea che, in fondo, femmina è meglio.
L’accenno al libro di A. Nucci pone il tema dell’intreccio fra il femminismo (o parte di esso, peraltro preponderante) e i grandi circoli del potere economico/politico/mediatico dei paesi occidentali, in cui l’ideologia del Gender, sicuramente antimaschile ma in ultima analisi anche antifemminile e dunque antiumana, domina incontrastata.
Cosa è infatti il WEF, i cui dati sono usati trionfalmente dai pro-feminist di tutti i sessi per sottolineare lo stato di oppressione delle donne? Leggiamo sul sito di quell’Organizzazione, che: Negli anni il Meeting annuale dei membri del World Economic Forum (WEF) di Davos è diventato il summit del commercio globale del mondo. Al meeting annuale, 1.000 uomini di affari, 250 leaders politici, 250 esperti accademici in ogni campo, inclusi molti vincitori di premi nobel, e circa 250 leaders dei media vengono insieme a formare la agenda globale.WEF04_1_Clinton_L
Insieme, indirizzeranno la discussione in chiave economica, politica e sociale, guardando avanti e orientando la via di azione. Le discussioni sono tenute ad un alto livello tra i partecipanti che appartengono alla stessa comunità all’apice del processo decisionale…Si tratta, dunque, di una potentissima organizzazione dotata di grandi mezzi volti a orientare l’opinione pubblica.
Sempre nel libro citato, A. Nucci spiega con dovizia di particolari come il sistema delle Agenzie Onu e delle Ong accreditate formi un fronte potente e compatto volto promuovere l’idelogia del Gender che vorrebbe annullare ogni differenza fra i sessi e promuovere il nuovo tipo umano dell’androgino. Obbiettivo per raggiungere il quale ogni falsificazione della realtà è ammessa, a partire da quella che vuole le donne sempre e comunque svantaggiate a causa del loro nemico per definizione, il maschio. Questo fronte di cui fanno parte anche i “poteri forti” del capitalismo globalizzato di cui il WEF è espressione, opera su ogni livello, economico, sociale, politico, mediatico, culturale.
Ecco spiegata la genesi di quei dati e la risonanza che sempre viene loro offerta da tutti i media, ma specialmente da quelli che si ritengono più “progressisti”. “Dimmi chi sono i tuoi amici e ti dirò chi sei”.
21 ottobre 2010
dal blog Maschi Selvatici
--- Termina citazione ---
KasparHauser:
--- Citazione da: -Alberto86- - Novembre 03, 2017, 23:19:44 pm ---Si, certamente questo nuovo teatrino creato ad arte dai media sulle "molestie", segna un nuovo livello di propaganda e lavaggio del cervello anti-maschile. Non so come finirà questo occidente sempre più folle, deviato, malato e non più in grado di arginare la pazzia femminista e politicamente corretta, ma una cosa è certa: l'uomo medio occidentale primo o poi dovrà fare i conti con ciò che ha fatto finta di non vedere e con ciò che credeva non lo avrebbe mai riguardato di persona. Ciò che hanno assecondato ed avallato le generazioni di maschietti castrati femministi, verrà pagato dai loro figli, i quali, a loro volta, dovranno saper dare adeguata risposta alle pesantissime colpe dei loro pseudo padri.
--- Termina citazione ---
Secondo me già stanno pagando i padri . Perchè Weinstein, Spacey, Hoffman che altro sono se non gente potente, femminista che porta avanti la causa delle donne e che ha contribuito a creare questo clima di caccia alle streghe che ora gli si ritorce contro. Il discorso non cambia quando il potente di turno è di destra.
E tutto questo è una buona notizia.
ilmarmocchio:
sono d' accordo con Kaspar Hauser. Il femmminismo è spinto dagli uomini di potere : ora ne assaggino le conseguenze, visto che viene impiegato come metodo di lotta per screditare gli avversari.
Inoltre questo parossismo sta tingendosi di ridicolo : io ascolto i commenti anche delle donne comuni e ormai questa storia sta diventando incredibile.
E' un segno di decadenza , ma sono contento che i bigs trangugino la loro stessa medicina
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