Autore Topic: Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"  (Letto 2606 volte)

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Alberto1986

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Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« il: Novembre 19, 2017, 10:08:39 am »
Un altro apprezzabile scritto da qual rarissimo (più unico che raro) esempio di buon senso femminile che è Barbara Benedettelli:


Citazione
Quando sono le donne a molestare gli uomini.
Uno perseguitato su Facebook e nella realtà. L'altro a processo per accuse inventate ad arte.

«Tutto è cominciato nel 2014. Mi ci sono voluti due anni per decidermi a denunciare, perché provavo un senso di vergogna, imbarazzo e disagio, a causa delle molestie/violenze sessuali ed esistenziali subite da questa donna».
Una violenza, quella femminile, di cui non si parla, che spesso viene sminuita portando chi la subisce a forti stati d'ansia e depressivi, dovuti anche al vuoto istituzionale e civile che una società avanzata come la nostra deve saper colmare. Quale miglior occasione dell'odierna Giornata internazionale dell'uomo? Inaugurata nel '99 in Trinidad e Tobago, in Italia si celebra dal 2009 per merito dell'avvocato Giorgio Ceccarelli (presidente dell'Associazione Figli Negati), vittima in passato di un tentativo da parte della suocera di farlo condannare per spaccio di droga (fu lei a far mettere chili di cocaina nella sua auto), per far sì che la ex moglie potesse portare la loro bambina in Grecia.
Questa giornata tra i suoi scopi ha anche quello di evidenziare le discriminazioni contro il genere maschile. Come quelle di chi si trova vittima di una donna e poi di un sistema che non lo riconosce tale. Allora per una volta lasciamo la parola alle vittime, di cui parlo ampiamente in 50 Sfumature di Violenza (Cairo Editore). «È cominciato tutto nel 2014 su Facebook, lei mi ha contattato facendo riferimento a particolari della mia vita di cui era venuta a conoscenza per il suo ruolo nella Pubblica amministrazione. Ne è nata un'amicizia e tale sarebbe dovuta restare. Invece si è trasformata in un incubo. Il primo grave episodio è avvenuto il giorno del mio compleanno, durante un pranzo a casa sua. Ero seduto a tavola, lei si è avvicinata strisciando la sua parte inguinale contro il mio gomito destro, l'ho allontanata bruscamente. In altre occasioni ha tentato approcci sessuali (per lei piacevoli massaggi) e a ogni rifiuto affermava di essere una povera donna sola che deve essere amata, corteggiata, vezzeggiata. Una volta, costretto a letto per un infortunio che mi aveva reso cieco, si è stesa accanto a me e immobilizzandomi contro la mia volontà mi ha palpeggiato le parti intime. Un urlo strozzato ha richiamato l'attenzione di mia madre che l'ha mandata via. Ho interrotto l'amicizia, ma ha cominciato con appostamenti, pedinamenti, messaggi in chat, ritorsioni: mia madre, che ha più di 70anni ed è malata, si è improvvisamente ritrovata senza Carta dei Farmaci. Abbiamo dovuto cambiare abitudini e itinerari, e viviamo ancora in un forte stato di prostrazione e paura. Alla querela del 2016 non è seguita nessuna misura restrittiva».
Un'altra testimonianza racconta di false accuse di violenza e maltrattamenti. Il rapporto è un continuo tira e molla. Lui la lascia, lei non lo accetta e inizia l'odissea. Le carte processuali non sono ancora state pubblicate, ma la testimonianza di quest'uomo non vale meno di quella delle donne che in questi giorni hanno scoperchiato il vaso di Pandora delle molestie: «Torna con me», «senza di te io mi uccido». «Al mio ennesimo rifiuto racconta - ha cambiato faccia: Sappi che ti ho sempre tradito, tu a letto nemmeno mi soddisfacevi. Poi dice al padre che l'ho aggredita e mi ritrovo a processo accusato di stalking, abusi sessuali anali e maltrattamenti fisici. Però in tribunale la verità emerge e vengo assolto perché il fatto non sussiste. Ma viene fuori anche una verità agghiacciante: le querele nei miei confronti erano architettate dai genitori, che non mi vedevano di buongrado perché terrone, dunque, secondo loro, possessivo. Il padre ha deciso di querelare, in modo preventivo, per paura: Sento in tv di tutti questi femminicidi, ha detto al giudice». L'allarmismo forse crea nuovi mostri, allora anche l'altro volto misconosciuto della violenza tra partner deve emergere dal buio nel quale è stato spinto. E le istituzioni, per prime, ne devono prendere atto.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/quando-sono-donne-molestare-uomini-1464783.html

Offline Vicus

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #1 il: Novembre 19, 2017, 14:33:48 pm »
Una violenza, quella femminile, di cui non si parla, che spesso viene sminuita portando chi la subisce a forti stati d'ansia e depressivi, dovuti anche al vuoto istituzionale e civile che una società avanzata come la nostra deve saper colmare. Quale miglior occasione dell'odierna Giornata internazionale dell'uomo? Inaugurata nel '99 in Trinidad e Tobago, in Italia si celebra dal 2009 per merito dell'avvocato Giorgio Ceccarelli (presidente dell'Associazione Figli Negati), vittima in passato di un tentativo da parte della suocera di farlo condannare per spaccio di droga (fu lei a far mettere chili di cocaina nella sua auto), per far sì che la ex moglie potesse portare la loro bambina in Grecia.
Questa giornata tra i suoi scopi ha anche quello di evidenziare le discriminazioni contro il genere maschile.

Da scolpire. E' stata una mail di Giorgio (a quanto so giornalista, non avvocato) a farmi scoprire la QM.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Alberto1986

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #2 il: Novembre 20, 2017, 15:33:34 pm »
Citazione
Quando le molestie le fanno le donne.

Sulla violenza di genere è attivo un pregiudizio che negli ultimi anni i mass media hanno amplificato, cioè che la violenza sia esercitata esclusivamente dagli uomini sulle donne e non viceversa. Esiste una sorta di tesi precostituita che di fatto ha avallato il luogo comune, spesso alimentato da dati statistici falsati e letture del fenomeno unilaterali. Ciò ha portato il tema degli episodi di violenza esercitati dalle donne sugli uomini a cadere inevitabilmente nella spirale del silenzio. A rompere gli argini, provando a fare chiarezza sul tema, è la giornalista,  scrittrice e autrice televisiva Barbara Benedettelli che, con il suo 50 sfumature di violenza. Femminicidio e maschicidio in Italia (Cairo editore) in libreria dal 9 novembre, torna su un argomento a lei caro: la violenza domestica in tutte le sue sfaccettature, restituendo dignità e diritti per le vittime, che siano di sesso maschile o femminile.
Barbara, partiamo dal termine “femminicidio”, un neologismo molto in voga negli ultimi anni e, soprattutto,   molto “notiziabile”. A differenza di “maschicidio”, che raramente sentiamo nominare.
Stiamo perdendo un po’ di vista il senso reale del termine femminicidio, il mio libro inizia con un excursus storico per capire da dove nasce, perché nasce e soprattutto coglierne il significato, sia criminologico che politico-sociale. Ormai ogni omicidio di una donna viene catalogato come ‘femminicidio': anche la signora anziana che viene uccisa durante una rapina da tre balordi rientra nei dati del femminicidio, con tutte le implicazioni a livello di percezione che ciò comporta. Il rischio è che questo termine perda la sua reale connotazione, cioè quella della violenza domestica e delle dinamiche di “affetti malati” che si possono verificare all’interno di un contesto familiare. Di cui, beninteso, non sono vittime solo le donne, sono più spesso vittime le donne. Ma sono anche carnefici: quando sono le donne ad uccidere, lo fanno più spesso nell’ambito delle relazioni affettive. Purtroppo esiste una mistificazione dei dati, a volte vengono inseriti nel computo dei cosiddetti ‘femminicidi’ anche bambine, quindi femmine, uccise dalle loro stesse madri. Un paradosso, e sicuramente controproducente ai fini di quella che dovrebbe essere la prevenzione. La propaganda mediatica che viene fatta da talune associazioni di donne è del tutto fuorviante. Pensiamo alla Convenzione di Istanbul [a Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, o alle legge 119 del 2013 contro la violenza di genere: sono state pubblicizzate come iniziative contro il femminicidio ma in realtà non è esattamente così, addirittura nel preambolo della Convenzione di Instanbul si afferma testualmente che anche gli uomini possono essere vittime della violenza domestica.
A proposito di associazionismo femminile, le femministe considerano il femminicidio «figlio» del sessismo e della cultura maschilista che non accetta l’emancipazione sia in ambito privato che lavorativo. Non è una spiegazione un po’ riduttiva?
Le spiegazioni degli atti violenza sono sempre molteplici e comunque esiste una reciprocità che deve essere sempre presa in considerazione. Dati, fatti e testimonianze dimostrano che i ruoli possono essere invertiti: ci sono donne carnefici che compiono atti di violenza contro gli uomini con vessazioni sistematiche, accoltellamenti, attacchi con l’acido, mattarelli, armi da fuoco. Nel senso comune lo fanno quasi sempre per difendersi, ma non è sempre questa la spiegazione, o perlomeno lo è in una piccola percentuale. La maggior parte ha le stesse identiche motivazioni dell’uomo e spesso, nel momento in cui è una donna ad essere violenta nella coppia e l’uomo si ribella, essendo più forte la uccide. Esistono pochissimi centri di ascolto per gli uomini vessati o che vogliono denunciare episodi di violenza fisica e psicologica e quelli che esistono vengono osteggiati. E a chiedere che ci siano strutture di questo tipo è la stessa Convenzione di Istanbul, in cui viene spesso usata la parola ‘coniuge’, ‘partner’, non solo ‘donna’.
Da sociologa, oltre che da scrittrice e giornalista, come spieghi il fatto che alcuni temi che hanno un forte impatto sociale, come appunto il fatto che anche le donne possano uccidere o essere violente, siano ancora argomenti tabù o che comune vengono trattati quasi sottotraccia?
Piano piano si sta manifestando un cambiamento e una presa di coscienza; molto lentamente, ma sta avvenendo. Questo assunto per cui la donna è sempre vittima e l’uomo sempre carnefice non solo è una palese negazione della realtà, ma è uno stereotipo che va a cristallizzare proprio quello che si vorrebbe distruggere: il concetto di patriarcato. Considerare il ‘maschio’ come un nemico a prescindere avalla proprio questa visione manichea delle donne contro gli uomini. Finché non ci sarà uno scambio proficuo di idee, di visione del mondo, una volontà di entrare nella vita dell’altro, non ci potrà essere una vera parità. Nel mio libro lo scrivo a chiare lettere: siamo due legioni in guerra. Cominciamo a superare gli stereotipi e le idee precostituite, altrimenti questa battaglia continuerà ad alimentarsi.
Nel tuo libro ti poni degli interrogativi sul fatto che la reciprocità della violenza, cioè delle femmine verso i maschi, spesso venga taciuta. Perché questo silenzio sul lato malvagio del femminile?
Indubbiamente esiste un condizionamento dell’opinione pubblica tale per cui siamo portati a considerare ‘amore’ malato e violento solo quello degli uomini nei confronti delle donne, che può sfociare, appunto, nel femminicidio. Quando ho iniziato ad indagare il fenomeno inverso, il maschicidio, grazie ad un articolo che ho scritto per Il Giornale e poi in un pamphlet [“Il Maschicidio Silenzioso. Perché l’amore violento è reciproco e le donne non sono solo vittime”, per la Collana “Fuori dal Coro”, Il Giornale, uscito a marzo 2017, ndr] mi sono resa conto dell’altra faccia della medaglia. E del fatto che, se le donne continuano a morire in media nello stesso numero ogni anno nonostante la grande attenzione mediatica riservata al fenomeno del femminicidio, evidentemente stiamo sbagliando qualcosa nell’approccio. Ho deciso dunque di guardare la realtà cercando di essere scevra da pregiudizi e da una visione stereotipata di un fenomeno che non può essere unilaterale.
La chiave di lettura che proponi in 50 sfumature di violenza è la considerazione che gli uomini meriterebbero in quanto vittime. Perché questo tema viene così poco affrontato ed esplorato, anche da autori uomini?
L’uomo ha più difficoltà a fare introspezione e ad esternare con le parole, quindi magari agisce d’istinto. Però attenzione, gli uomini sono figli delle donne, nella prefazione del libro la psicologa Maria Rita Parsi spiega questo meccanismo: l’uomo cresce con un modello di riferimento femminile, la mamma, la nonna, le maestre. In un’indagine Istat del 2006 è emerso un dato molto significativo, cioè che gli uomini che sono maggiormente violenti con le compagne hanno assistito durante l’infanzia alla violenza tra i genitori nel 30% dei casi, l’hanno subita dal padre nel 34,8% e la hanno subito dalla madre nel 42,4%. Continuando a negare la complessità e la bivalenza del fenomeno non agiamo sulla prevenzione e soprattutto sulle possibili soluzioni. Esistono centri per i “maltrattanti” uomini. Per fare in modo che essa comprendano la gravità delle loro azioni e possano ‘curarsi’, ma sarebbe auspicabile anche che venissero aperti dei centri per le “maltrattanti” donne. Se noi non riconosciamo le sfumature, gli intrecci nella violenza, noi quella violenza non la potremmo mai sconfiggere. Oggi il vero problema nelle dinamiche di coppia e all’interno delle famiglie è l’analfabetismo emotivo, che è maschile e femminile. Il tema della violenza domestica è trasversale, meritano giustizia e tutela le donne ma anche gli uomini e i bambini. 
Rashida Manjoo che all’interno dell’Onu presiede il CEDAW (Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne) ha affermato che “femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni”. Ma è così?
Il termine “femmicidio” è stato coniato dalla criminologa statunitense Diana Russell che gli aveva dato una connotazione criminologica, è stata poi l’antropologa messicana da Maria Marcela Lagarde a parlare di “femminicidio” e a dargli una connotazione culturale e un’ implicazione politico-sociale. Quello che dice la Manjoo può appunto valere in Messico o in Arabia dove le donne vivono sicuramente all’interno di una situazione sociale e culturale drammatica, e soprattutto non tutelata dalla legge; ma non in Italia. In 50 sfumature di violenza affermo che il patriarcato nel nostro Paese è ‘in coma’, ci sono ancora echi generazionali ma non si può parlare di ‘cultura del patriarcato’ perché una cultura per essere tale deve essere rinforzata e legittimata dalle leggi dello Stato e oggi nel nostro Paese non esistono più leggi che privilegiano l’uomo rispetto alla donna.
Per concludere, un tema di grande attualità. Dopo che è scoppiato il caso Weinstein, in tutto il mondo – compreso il nostro Paese – si stanno moltiplicano accuse più o meno provate, di molestie, violenze e addirittura stupri. Stiamo assistendo ad una caccia all’orco?
Assolutamente sì. Ben vengano le denunce sociali e tutto ciò che può contribuire a scardinare un sistema malato, ma non si può prescindere dal fatto che anche un maschio può essere fragile e può avere le sue debolezze; anche le donne spesso esercitano la capacità di seduzione come una forma di potere sull’uomo. Gli stessi uomini possono sentirsi ‘oggetto’, possono sentirsi a disagio di fronte ad avances indesiderate. E’ molto radicata la convinzione che l’uomo si senta sempre lusingato dal ricevere attenzioni femminili, nel libro riporto invece molte testimonianze che provano il contrario. Io stessa ho dovuto rimettere in discussione il mio modo di pensare agli uomini e al concetto di ‘virilità’. Dovremmo sfatare il mito secondo cui le donne siano tutte ‘puritane’ o soggetti passivi mentre gli uomini siano sempre ‘in cerca’. Ritorniamo dunque al pregiudizio della donna sempre vittima e dell’uomo sempre carnefice: non solo non è così ma occorre sottolineare che le donne che utilizzano il corpo e la seduzione erotica come arma per ottenere vantaggi agiscono innanzitutto a scapito delle altre donne che non vogliono cedere ai compromessi. Se non iniziamo a denunciare anche questo risvolto della medaglia, questo sistema è destinato ad autoalimentarsi.

http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2017/11/20/benedettelli-femminicidio-anche-le-donne-hanno-il-testosterone-alto/

Online Massimo

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #3 il: Novembre 20, 2017, 23:39:03 pm »
Un conto è l'ideologia e la propaganda femminista. Un conto è il buon senso, il realismo e l'equilibrio che una donna, se vuole ha e se vuole
adopera. Se vuole, però. Barbara Benedettelli ne è un esempio. Purtroppo, Barbara Benedettelli non è il genere femminile. E forse, non lo
rappresenta neppure.

Alberto1986

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #4 il: Novembre 21, 2017, 22:13:43 pm »
.... Purtroppo, Barbara Benedettelli non è il genere femminile. E forse, non lo rappresenta neppure.

Concordo pienamente.


Offline Sardus_Pater

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #6 il: Novembre 25, 2017, 19:13:56 pm »
La lettura di questo articolo della Benedetelli mi ha fatto passare il nervoso e l'attacco di tic correlati (oh yes) che mi era venuto leggendo la troiata giustificativa delle maestre violente.
Ma viene in mente la domanda: la sua è esemplare onestà intellettuale o comunque mira a qualcos'altro?
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Online Massimo

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #7 il: Novembre 25, 2017, 19:25:21 pm »
La lettura di questo articolo della Benedetelli mi ha fatto passare il nervoso e l'attacco di tic correlati (oh yes) che mi era venuto leggendo la troiata giustificativa delle maestre violente.
Ma viene in mente la domanda: la sua è esemplare onestà intellettuale o comunque mira a qualcos'altro?
Non è esclusa l'onestà intellettuale: di donne capaci di respingere la propaganda femminista e di ragionare con la propria testa in giro ce ne sono ancora parecchie (ma vanno aiutate però; se si trovano circondate da troppi maschi zerbini e leccavulve si sentiranno sole). Non è esclusa però neppure l'ambizione e il calcolo: la difesa degli interessi maschili è un'attività che latita completamente. Una donna che in
tal modo si infila in questo spazio lasciato deserto persino dai maschi (i quali hanno il terrore anche solo di apparire maschilisti) si crea
una nicchia garantita ed indistruttibile e senza patire l'accusa di "misoginia". Farci difendere dalle donne; a questo punto siamo arrivati!

Offline Sardus_Pater

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Re:Benedettelli: "quando sono le donne a molestare gli uomini"
« Risposta #8 il: Dicembre 03, 2017, 00:14:42 am »
Esatto.
Il femminismo è l'oppio delle donne.