Prima di parlare del libro vi posto da Wikipedia un ritratto del filosofo David Benatar:
David Benatar (8 dicembre 1966) è un filosofo e scrittore sudafricano. Benatar è famoso principalmente per le sue idee legate alla denatalità, poiché pensa che mettere al mondo figli sia sempre sbagliato.
Secondo il filosofo imporre ad altri un danno è cosa moralmente sbagliata e va evitata. Poiché la nascita di una nuova persona comporta sempre un danno a quella persona vi è l'imperativo morale a non procreare.[4] La sua argomentazione è basata sui seguenti concetti: La presenza del dolore è male. La presenza del piacere è bene. L'assenza del dolore è bene, anche se di questo bene non ne gode nessuno. L'assenza di piacere non è male a meno che non ci sia qualcuno per il quale questa assenza è una privazione.[4]
Il lavoro più recente di Benatar Il secondo sessismo: discriminazione contro gli uomini e i ragazzi, del 2012 è stato accolto con polemiche che lo stesso Benatar aveva previsto dicendo: Data l'ortodossia prevalente in accademia e la sensibilità per le questioni che pongo farò discutere; il mio punto di vista sarà considerato un pericolo da molti e rischia di essere frainteso.Articolo di Linkiesta sul libro di Benatar e la recensione da parte della nostra vecchia conoscenza Franco La Cecla:
È possibile che il maschio, il «fallocrate», il «grande oppressore», quello che indossa lo stivale che ogni donna vorrebbe avere sulla faccia (come scriveva Sylvia Plath) rappresenti il sesso debole della nostra epoca?
LA NUOVA DISCRIMINAZIONE. A quanto ne ha scritto il filosofo sudafricano David Benatar è così. Nel mondo anglosassone è già polemica dura sul suo ultimo libro intitolato The second sexism. Discriminination against men and boys (Wiley Blackwell, 2012).
Secondo Benatar, che insegna all'università di Città del Capo, nella cultura contemporanea il genere maschile soffre di una discriminazione tanto diffusa quanto inespressa. Una forma di sessismo latente, e per questo più violento, opprime i maschi, in particolare nel mondo occidentale.
Statistiche alla mano, Benatar fa notare che «un più alto numero di ragazzi rispetto alle ragazze lascia la scuola, un numero maggiore muore giovane e viene incarcerato».Tra barboni e homeless, poi, la popolazione maschile è prevalente.
LAVORI UMILI E MONTE ORE MAGGIORE. Certo, ovunque si ricorda come per le donne sia più difficile accedere a posizioni dirigenziali, ma ci sono ricerche Usa che evidenziano come agli uomini siano riservati i lavori più umili (dal netturbino al manutentore delle fognature) e come, sempre gli uomini lavorino, in media, più ore alla settimana delle donne (in Inghilterra in media 39 contro 34).
PIÙ PORTATI AL SUICIDIO. Si aggiunga il fatto che gli uomini tendono a suicidarsi 10 volte più delle donne. La questione dei padri separati, che praticamente non riescono quasi mai a ottenere la custodia dei figli, e a volte devono corrispondere cifre insostenibili per gli alimenti, è un problema conosciuto anche in Italia.
IMMAGINARIO OSTILE. Ma Benatair va oltre. Anche nell'immaginario il genere maschile è spesso oggetto di un'ironia sottilmente «razzista». Ne è un esempio la figura di Peter Pan, un monumento all'inaffidabilità che ritroviamo continuamente tra film e tivù.
Attenzione, però. Benatar, che è anche noto per posizioni piuttosto radicali (è un esponente dell'anti-natalismo, e nel suo precedente libro ha argomentato come per l'uomo e la donna sia decisamente meglio non nascere), non si sogna nemmeno di contestare che esista una discriminazione verso le donne.
Non è, insomma, un negazionista del femminicidio, e nemmeno del fatto che la violenza verso le donne sia una infamia pura. Non a caso il libro si intitola Il secondo sessismo, lasciando intendere che il primo è, appunto, quello nei confronti delle donne.
Nonostante questo, il libro di Benatair ha ricevuto solenni schiaffoni polemici, per esempio da parte dell'editorialista del Guardian Suzanne Moore, e poi dall'Observer, dal New Statesman e dall'Independent.
Lettera43.it sul tema ha sentito l'antropologo Franco La Cecla, autore della ricognizione sulla condizione del maschio contemporaneo Modi Bruschi (Eleuthera).
«MANCA UNA VERA DIALETTICA». Secondo La Cecla il problema della discriminazione maschile, in particolare nei Paesi anglosassoni esiste. «Una volta c'era la dominazione maschile», ha spiegato, «ma al suo venire meno è emersa la guerra tra i sessi. Semplicemente si tende a sostituire alla dominazione maschile quella femminile. Non c'è una vera dialettica, un vero confronto, fra uomo e donna».
UN NUOVO CONTRATTO SOCIALE. Secondo l'antropologo ci sarebbe bisogno «di un nuovo Contratto sociale, sulla scia di Rousseau». «Sarebbe necessaria una nuova negoziazione civile e politica tra uomo e donna», ha aggiunto. «Il femminismo estremo ha semplicemente sottratto la donna dalla società, incasellandola in una categoria a sé».
«Chi sostiene che gli uomini provino invidia del vittimismo femminile», ha aggiunto riferendosi alle accuse rivolte a Benatar dalla stampa inglese, «identifica il femminile con il vittimismo, con il senso di rivalsa».
Secondo Benatar la violenza sugli uomini non viene considerata soprattutto perché il maschio è per natura meno incline a chiedere aiuto, a manifestare la sua condizione di disagio.
AIUTO INASCOLTATO. «E a chi potrebbe chiedere aiuto, anche volendo?», ha risposto La Cecla. «Qui non ci sono psicanalisti o strutture culturali che possano aiutare: il mondo femminile è altrettanto confuso del maschile». Mal comune nessun gaudio, quindi. E se la cultura di riferimento e il dialogo vengono meno, emergono spinte identitarie, fondamentaliste, puramente ideologiche».
L'IDEOLOGIA DELLA MATERNITÀ. «Leggendo certe prese di posizione polemiche sembra che gli uomini siano cattivi per il solo fatto di essere uomini», ha continuato l'antropologo. «In Francia ci sono stati casi di donne infanticide a cui sono stati affidati gli altri figli, perché la matenità sarebbe più naturale della paternità. Come se la natura potesse da sola garantire il risultato educativo, indipendentemente dai comportamenti».
UN PERCORSO ACCIDENTATO. Anche in questo caso, insomma, si tratta di pure prese di posizione ideologiche, del tutto staccate dalla realtà. Ma a giudicare dalle reazioni internazionali al libro di Benatar (in Italia per ora tutto tace), la via attraverso cui uomo e donna dovrebbero affermare la loro «fratellanza» (parola usata da un'icona della liberazione femminile come Simone De Beauvoir) sembra quantomeno accidentata.