Non dimentichiamoci che la Bernardini De Pace è femminista dichiarata. Ha solo fiutato il vento. E i soldi.
Intanto, anche se è una goccia nell'oceano, quella sentenza sta facendo piangere qualche femminista divorziata. E' una goccia nell'oceano rispetto alle migliaia di padri separati ridotti alla fame. Ma fa bruciare un po' il culo a tante femministe e ciò è piacevole. Leggete anche i commenti. Non siamo noi. Ma molti, in maniera crescente, stanno capendo (è sempre una goccia nell'oceano, ma fa piacere).
http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2017/06/28/hai-divorziato-e-io-ti-punisco/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P2-S1.4-T1Grazie alla lettera di Federica, Milano
Si è parlato molto in queste settimane della sentenza della Cassazione che ha stabilito che gli alimenti dovuti dopo il divorzio non si debbano calcolare sulla base del tenore di vita matrimoniale ma sull’effettiva indipendenza economica dell’ex coniuge. Ovviamente si è fatto riferimento, nel dirlo, ai casi eclatanti. Veronica Lario e Berlusconi, miliardari e star del cinema o ‘famosi’ tv: cifre iperboliche, battaglie legali di chi può permettersele. Le vostre lettere parlano d’altro. Grandi sofferenze, reali difficoltà, vendette fra adulti che ricadono sui figli. Ogni storia è un mondo, ma le dinamiche interne si somigliano spesso. Questa è Federica, che mantiene da sola sua figlia. Il padre, che ha un buon tenore di vita, non contribuisce nella misura che le sentenze hanno stabilito. Semplicemente: non paga, non lo ha mai fatto. Dice che la moglie “non lo merita”, colpevole di aver chiesto il divorzio.
“Mia figlia, l'unica cosa che mi ha aiutato a salvarmi da me stessa. Mia figlia, il mio perfetto e splendido ‘errore’. Sono rimasta incinta di una persona sbagliata. Due anni di convivenza, il tentativo di far andare bene le cose perché ‘così si fa’, per non deludere i miei, per paura. Poi i tradimenti, la solitudine, i problemi economici. Decido di interrompere la relazione. Per anni me la cavo da sola, piena di debiti causati dall'incuria con cui lui aveva gestito l'attività che portava il mio nome. Ho sbagliato e ne ho pagato le conseguenze tirando la cinghia, tentando di mantenere vivo il rapporto tra lui e la bambina. In questo sono stata brava. Ora è cresciuta, le mie scarse risorse non bastano più. Tra mille dubbi decido di fare richiesta di alimenti. Ormai sono 5 anni: tre sentenze a mio favore, una penale che lo condanna irrevocabilmente. Eppure, niente. Un uomo con un lavoro ben avviato, che vive il diritto (ma non il dovere) di frequentare la splendida creatura che ha messo al mondo e che per ripicca nei miei confronti (l'orgoglio di un uomo abbandonato genera mostri) decide che ‘non mi merito’ quei pochi euro che consentirebbero alla nostra ragazza un futuro (tra poco andrà all'università). La giustizia, i suoi mille cavilli, lo sfinimento. Anni nei tribunali, notti insonni. La ciliegina sulla torta: il reddito di una persona non viene più calcolato in base all'Isee, quindi decurtato delle spese effettive che sostiene, ma attraverso il Cud. Dunque non ho diritto al gratuito patrocinio perché ho un lavoro e una busta paga che mi fanno superare, sebbene di pochissimo, il limite. Se fosse stata una questione di vita o di morte noi due saremmo già sepolte. E così mentre lui fa viaggi, si sposa, vive la sua vita sereno con una figlia part time che vede ogni quindici giorni noi tentiamo di far quadrare i conti senza venirne a capo. Parliamo di una somma irrisoria e di un uomo che mi sta solo punendo, che non si cura di sua figlia accecato dalla violazione del senso del possesso che gli ho inflitto. Ogni giorno ho paura di aprire la casella della posta e di trovarci bollette, multe, aumenti di affitto. Ansia, attacchi di panico. Quanto devo ancora pagare l’errore che ho fatto fidandomi di lui e la decisione che ho preso di lasciarlo? Amici e nonni mi aiutano, ma è giusto? A cosa servono le sentenze? Basta dire, dopo: io non pago? Scusate lo sfogo. Sono sfinita e non so più come fare”.