In rilievo > Claudio Risè

I rischi di una società femminilizzata

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Duca:

--- Citazione da: Alberto86 - Gennaio 01, 2018, 16:41:17 pm ---Secondo me la questione degli stipendi è relativa.

--- Termina citazione ---
A mio parere invece è fondamentale, se i giovani laureati (e ne conosco parecchi, e tutti mi hanno detto la stessa cosa) p. es. in ingegneria o giurisprudenza non vogliono andare a insegnare matematica o diritto è a causa soprattutto dello stipendio, misero anche dopo decenni di anzianità; quei pochi uomini che insegnano lo fanno quasi tutti come secondo lavoro per arrotondare.
Per cui si vuole mettere un freno alla femminilizzazione dell'insegnamento bisogna rendere la professione più appetibile anche ai maschi alzando gli stipendi.
Ovviamente la cosa è praticamente impossibile, ma di fatto con gli stipendi bassi si è spalancata la strada all'impiego femminile con tutto ciò che ne consegue.

Alberto1986:
Duca, perdonami, ma il problema degli stipendi bassi non riguarda solo l'insegnamento. Non a caso, chi si laurea e sa di poter ottenere posti lavorativi migliori con relativi guadagni molto più sostanziosi, va all'estero. Ma anche per i non laureati, il problema del salario, rimane oggi un problema.

Frank:
Premesso che io non sono favorevole né alle quote rosa né a quelle azzurre, riporto uno scritto di Rino Della Vecchia pubblicato su uomini beta diversi anni fa.


--- Citazione ---Non ci sono dubbi sul fatto che è indispensabile riequilibrare l’asse educativo con riferimento al peso dei due Generi anche nella scuola. Ma perché e come? Quali i presupposti e quali le implicazioni?

Il motivo è banale: l’assenza maschile in campo educativo produce danni (da leggeri a gravissimi, da temporanei a permanenti) a carico delle nuove generazioni maschili e – quantomeno – causa lacune, strabismi, deformazioni in quelle femminili.

Presupposto.
Il presupposto è ovvio ed è che esistono differenze psicologiche tra M ed F correlate alla diversa costituzione dei due, che alla diversità del corpo sia associata una diversità della psiche, irriducibile, non vicariabile, non surrogabile e ciò tanto negli educandi/e quanto negli educatori/trici. In caso contrario quel che fa un educatore lo potrebbe fare anche un’educatrice. Basterebbe istruire-formare queste in modo diverso e così la presenza maschile (a scuola, in casa e altrove) a fini educativi diverrebbe superflua. Il riconoscimento di una diversità irriducibile (nella sua radice) non comporta né la pretesa di poterla descrivere compiutamente né quella di individuarne i confini, i punti di sovrapposizione, di contrasto, di ridondanza etc.
Infatti nel processo educativo (di questo si tratta) abbiamo a che fare quasi del tutto con l’inconscio sia degli uni (gli adulti) che degli altri (i piccoli). Tra i 4 terminali di quel processo (M e F educatori M e F educandi) si instaurano relazioni diverse e complementari a prescindere dal fatto che ne siamo consci e/o in grado di descriverli, ciò in risposta a esigenze, potenzialità, attitudini, vocazioni diverse che esigono quelle risposte simmetricamente differenti che i due Generi possono dare.

Educazione e istruzione.
La trasmissione di conoscenze (saperi, competenze etc.) in sé potrebbe prescindere dal Genere che le veicola e le somministra. Potrebbe trattarsi anche di un dispositivo elettronico o di un androide. La questione che si pone infatti è quella educativa, della formazione, della crescita e della maturazione non quella dell’istruzione (“leggere, scrivere, far di conto”). Impossibile qui non rilevare che questa funzione, che pure è quella capitale, in ambito scolastico è considerata centrale solo alla materna, di una qualche importanza (ma non decisiva) alle elementari e praticamente nulla alle medie e superiori, gradi di scuola dove ci si aspetta che il giovane assorba e ripeta nozioni e dove la funzione educativa è tanto marginale per i programmi quanto vissuta come un peso, un ingombro dal corpo insegnante (un onere che altre agenzie, la famiglia e/o la scuola degli anni precedenti o …non si sa chi… avrebbe dovuto accollarsi). Del resto gli esami non vertono su quel che un alunno/studente è diventato, ma su quel che ‘sa’ (inteso come “ciò che sa ripetere-risolvere”).

Maschi educatori.
Porre la questione della presenza maschile a scuola significa quindi porre il problema del suo compito primario. Invece essa oggi è centrata sull’istruzione (intesa come preparazione alla professione e finalizzata – anche se in Italia di fatto velleitariamente- a obiettivi economici) mentre considera marginale la funzione educativa. Qui siamo costretti a leggervi un altro riverbero di quella che Fabrizio definisce “ragione strumentale”: oggi scopo della scuola non è la formazione, la crescita umana, l’evoluzione psicoemotiva integrale, la maturazione equilibrata (=la salute psicologica) del singolo e quindi la sanità mentale della società. No: lo scopo è produrre degli ingranaggi adatti al meccanismo economico. I costi di questa deformazione non importano, non importano né la gravità né l’estensione sociale dei danni. Ora, sarebbe per noi assurdo darci da fare per avere più maschi istruttori. Quel che vogliamo è la reintegrazione del maschio educatore nelle agenzie formative il che implica e comporta il rovesciamento aperto delle priorità scolastiche: prima la formazione e dopo (molto dopo, direi) l’istruzione (che oggi ha mille modi per trasmettersi): si tratta di un rovesciamento dirompente. Non maschi per istruire, ma maschi per co-educare.

Quote? Sì, certamente!
Come è vero che i maschi devono rientrare nella scuola per esigenze di formazione e non di istruzione, così devono esser là non per rispondere a questioni di equilibri professionali, di generica parità tra gli adulti in quella istituzione, ma per garantire la presenza del maschile nella formazione delle nuove generazioni. I maschi adulti non vi devono rientrare per interessi degli adulti ma dei maschi (e delle femmine) in età evolutiva. Questo fatto capitale risolve l’annoso problema presente in ambito Momas: rivendicare le quote a scuola per M significa implicitamente accreditare, approvare le quote rosa ovunque. Falso. Le quote rosa non sono state pensate e imposte a vantaggio delle femmine (e men che mai dei maschi) in età evolutiva, ma come prebende (una forma spuria di eredità) per le femmine adulte delle classi medio-alte. Questa motivazione è essenziale e fa piazza pulita dei dubbi sulle quote maschili nella scuola che hanno motivazioni diametralmente opposte a quelle delle quote rosa altrove (tanto che per le prime sarebbe meglio adottare un nome diverso).

Rivalutare la maschilità.
Ovviamente la presenza di un adeguato numero di maschi nelle aule non basta, questo rientro deve essere accompagnato dalla rivalorizzazione del maschile, compito su cui tutti concordiamo, su cui siamo tutti impegnati (comprese le associazioni dei Separati). Senza rigenerazione del prestigio maschile, senza rivalutazione del ruolo insostituibile della presenza maschile nel mondo, senza la rinascita del valore della maschilità quella presenza sarebbe quasi del tutto sterile, forse persino dannosa perché deformante. Sarebbe come trasferire il mammo da casa a scuola… brrr!
Dunque l’obiettivo è duplice e il bunker scolastico va conquistato da entrambi i versanti. Compito di portata storica.

Rino DV
--- Termina citazione ---

Vicus:

--- Citazione da: ilmarmocchio - Dicembre 31, 2017, 21:20:44 pm ---eppure la storia è inesorabile :
non è mai esistita una società femminile.
Mai
 la femminilizzazione di una società può avere un solo esito :
 la fine

--- Termina citazione ---
Sic la nota antropologa Margaret Mead: il matriarcato non può reggersi.

ilmarmocchio:

--- Citazione da: Duca - Gennaio 01, 2018, 18:31:08 pm ---A mio parere invece è fondamentale, se i giovani laureati (e ne conosco parecchi, e tutti mi hanno detto la stessa cosa) p. es. in ingegneria o giurisprudenza non vogliono andare a insegnare matematica o diritto è a causa soprattutto dello stipendio, misero anche dopo decenni di anzianità; quei pochi uomini che insegnano lo fanno quasi tutti come secondo lavoro per arrotondare.
Per cui si vuole mettere un freno alla femminilizzazione dell'insegnamento bisogna rendere la professione più appetibile anche ai maschi alzando gli stipendi.
Ovviamente la cosa è praticamente impossibile, ma di fatto con gli stipendi bassi si è spalancata la strada all'impiego femminile con tutto ciò che ne consegue.

--- Termina citazione ---

anche io credo che la situazione degli stipendi sia importante sopratutto per un uomo per il quale la retribuzione è ancora più importante che per la donna : sappiamo bene quanto la retribuzione renda " appetibile" un maschio per la platea femminile.
Però è proprio la presenza femminile che , attraverso il numero, rende possibile tenere bassi gli stipendi.
In questo modo il potere spende di meno e in più ha un esercito lavorativo di riserva,
Cosa più importante ha un corpo insegnante ligio al potere stesso e tramite dei valori che il potere vuole trasmettere.
Noi conosciamo bene un dato ineludibile della storia :;
la donna NON ha mai creato, e NON crea oggi nulla di originale.
Talvolta esecutrice assai abile, ma mai creatrice di nuove vie.
Quanto di meglio per la conservazione dell' esistente.
Grande voce di spesa ( v. pubblicità )
L' ideale per il potere

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