https://www.maurizioblondet.it/macron-non-teme-le-banlieues-fiamme-teme-rt/E’ ormai un rituale nei sobborghi, ogni Capodanno in Francia: le torme di giovinastri e vandali di colore bruciano le auto parcheggiate incautamente sotto i loro falansteri. La sola novità è la crescita del fenomeno: dalle
935 auto bruciato il 31 dicembre dell’anno scorso, si è passati a capodanno 2017 a 1031. Ciò, nonostante lo spiegamento di 140 mila fra agenti e forze di sicurezza in tutto il territorio. Gli arresti sono parimenti cresciuti da 456 a 510. A cosa si deve questo rituale di bruciare le auto nelle banlieues? “può essere un gioco associato alle violenze urbane, o per noia o per protesta contro un arresto – risponde a Le Parisien Christophe Schulz, funzionario dell’Osservatorio Nazionale Per il crimine e la repressione penale (DNPR) – o può essere anche il bisogno di liberarsi di un’auto usata per un delitto o in una truffa assicurativa”. L’ultima risposta fa’ pensare a
zone di non-legge assoluta, in mano a comunità interamente criminali.Nel sobborgo parigino di Champigny sur Marne,
dozzine di giovanotti di colore, strafatti e fumati, durante un “veglione di strada” hanno pestato due agenti – fra cui una poliziotta di 25 anni, bastonata da dietro le spalle, una volta caduta presa a calci alla faccia e al ventre – per poi postare la virile impresa sui “social” insieme agli altri loro vandalismi, dove si sentono le loro urla belluine e i loro grugniti di gioia.
L’agente che era con la ragazza, un capitano di 37 anni, anche lui preso a calci mentre era terra da un gruppo “molto aggressivo”, ha estratto la pistola, riuscendo a farli desistere.La notte seguente nella vicina Stains, Seine-Saint-Denis, un incendio in un palazzo popolare. Dei poliziotti entrano, salgono fino al terzo piano fra le fiamme (“pezzi incendiati ci cadevano addosso”), sfondando a calci una porta e salvano tre bambini che, dentro, urlavano. Quando sono sulla strada coi piccoli che hanno salvato, vengono accolti da una gragnuola di sassi. “Una banda di giovani, non avevano capito, non eravamo venuti ad arrestare nessuno”, dice il brigadiere-capo di 35 anni.
Poliziotti si suicidano
Nei primi dieci mesi del 2017 si sono tolti la vita 47 poliziotti francesi e 16 gendarmi; nella sola seconda settimana di novembre, 8 agenti e 2 gendarmi hanno messo fine ai propri giorni. Nell’ultimo decennio, sono più di 700 i poliziotti suicidi. Per lo più maschi, quarantenni, sposati con due figli. La continua sensazione di dover agire in territorio ostile, circondati dal disprezzo e dall’odio dei presenti, gli orari massacranti, i riposi saltati.
Spesso si suicidano per la separazione o il divorzio. “Ma sono i problemi professionali che fanno esplodere la vita privata”, dice un sindacalista. Una tragedia cronica, per una professione costretta ad operare giorno e notte in quartieri proibiti dove ribolle una rivolta nichilistica dei ragazzi di terza generazione, che non sa diventare rivoluzione. Ma non è questo che preoccupa il potere.
Nel suo discorso di Capodanno, il presidente Macron ha spiegato cosa lo allarma davvero. “Ho deciso di far evolvere il nostro dispositivo giuridico per proteggere la vita democratica dalle notizia false”, ha annunciato.
Ecco il problema: le fake news. Ha annunciato una censura legale “delle piattaforme, dei tweeet, dei siti interi” che “inventano voci e notizie false che affiancano quelle vere. La verità è che c’è una strategia- una strategia finanziata – che mira a creare il dubbio, a lasciar pensare che quel che dicono i politici e i media è sempre più o meno menzognero”.
Come si vede, Macron ha espresso una teoria complottista in piena regola: dietro le informazioni false c’è una strategia, per giunta “finanziata”. Da chi? I commentatori ritengono che con questo Macron, senza nominarla,
alludesse a RT, la tv Russia Today che ha appena inaugurato le sue trasmissioni in francese, dalla sua nuova sede di Parigi, sicché adesso gli ascoltatori avranno un notiziario 24 ore su 24 con un punto di vista diverso da quello (corale all’unisono) dei media nazionali; e che raggiunge non solo i francesi, ma Belgio, Canada, Maghreb, Africa francofona.
“Russia Today” in francese. E’ il panico.Le autorità hanno provato per due anni ad impedire l’andata in onda di RT a forza di burocrazia e normative e regolamentazioni. Hanno tentato di imporre che le trasmissioni fossero controllate e autorizzate da una Commissione Etica, cosa alquanto insolita per un telegiornale che va in diretta.
I più noti giornalisti della carta stampata e anchorman delle tv concorrenti hanno cominciato ad attaccarla prima ancora che andasse in onda. E adesso i redattori assunti da RT ricevono sms da colleghi che li accusano di “essere passati alla Russia”. Macron in persona l’ha bollata come “propaganda” senza aver visto il primo notiziario, ed ha negato ai giornalisti di RT l’accredito per accedere all’Eliseo alle sue conferenze-stampa.
Un vero attacco di panico dell’Establishment, che ha fondati motivi: “il canale solleverà gli argomenti che di solito sono nascosti sotto il tappeto dagli altri media”, ha detto un giornalista neo-assunto, ed ecco il problema: perché se le tv nazionali d’Oltralpe sono tanto omissive e ufficiose quanto le nostre italiane,
là il potere ha cose più grosse da nascondere, e che non vuol vedere spiegate al suo pubblico. Per esempio: cosa stanno facendo veramente le truppe francesi in Niger e in Mali? Ecco un tema in cui le tv e i giornali sono assai rispettosamente discreti, per comprensibile patriottismo. Qualche reportage d’inchiesta sulla parte avuta da Parigi nella sovversione armata in Siria, di cui i francesi nulla sanno, è una eventualità che basta a far rizzare i capelli in testa a tutti quelli che contano. Perché Parigi ha fornito armi ai jihadisti anti-Assad fin dal 2012, nonostante la UE avesse posto un embargo su tali tipi di assistenza; senza contare i soldati francesi mandati come istruttori, o gli strani casi dei ragazzotti di terza generazione di quelle banlieues misteriosamente “radicalizzati” e spediti in Siria. Magari, Iddio non voglia, la RT potrebbe intervistar Alain Soral, l’intellettuale passato dal comunismo alla posizione “destra del lavoro e sinistra dei valori”; che per tutti i media bempensanti è una assoluta non-persona, da non citare mai e da non mostrare mai nemmeno di faccia. O ancor peggio, una apparizione in video del comico del “manico d’ombrello” (quénelle) Dieudonné, su cui pesa la più tombale censura mediatica. Magari,
potrebbero mostrare servizi dal vivo delle auto incendiate a Capodanno, e far avanzare in primo piano un problema sociale e politico della rivolta endemica dei sobborghi, che i media ritengono di cattivo gusto esagerare; parlando invece dei disordini e manifestazioni in Iran. Magari, un’inchiesta sui poliziotti che si suicidano in massa, cercando di capire perché.
Sono tutti rischi terribili, per la narrativa liberista, liberale, felicemente globalista ed europeista di “successo”, di Macron.