Autore Topic: La realtà dei paesi dell'Europa dell'est  (Letto 76088 volte)

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Offline ilmarmocchio

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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« il: Ottobre 23, 2017, 06:55:13 am »
a mio avviso, questa discussione è viziata da un errore :
considerare l'est Europa come un blocco omogeneo.
La Russia ,per es , è una nazione che non è neanche completamente europea , sia per estensione territoriale, sia per storia : ha avuto  4 secoli di dominazione mongola. Di religione ortodossa, ha sempre avuto aspetti conflittuali con l' Europa , anche culturalmente (v. Dostojevski e Tolstoj con il loro panslavismo ) . Ha avuto e ha una tendenza imperialistica che altri paesi ,quali la Polonia, Romania, ecc , conoscono bene.
Ecco perchè tra la cattolica Polonia e la Russia non può correre buon sangue (v. patto Molotov  von Ribbentrop ).
Per l' Ungheria , vale lo stesso , anche se Orban ora è filorusso : però , proprio su Orban, che per molte cose mi piace , c'è un aspetto che invece è molto discutibile : vuole fare come vuole però usufruendo dei fondi europei . Inoltre , anche lui è sempre a cercare pretesti di litigio nella Transilvania romena , vantando presunti diritti basati sulla cessione di quella regione durante la 2 guerra mondiale in base a un accordo tra Hitler e Stalin.
La neolatina Romania ha fatto la fame grazie a Ceausescu e al comunismo e , pur di garantirsi da una invasione russa tutt' altro che escludibile al 100%, visto che la Russia da sempre punta al Mediterraneo, si allea con gli USA, vista la nullità militare e la scarsa affidabilità della UE.
In Ucraina molti ricordano l' holomodor e , se Hitler non li avesse trattati da schiavi, si sarebbero alleati a lui e l' URSS sarebbe stata sconfitta.
La ex Cecoslovacchia era ed è una nazione mittel europea e non stupisce che stia andando  bene : ovvio che come l' Austria, col suo grande passato e florido presente, non vogliano finire nel calderone globalista .
Diciamolo forte e chiaro : i casini in Africa, e non solo, li hanno fatti inglesi e francesi e , per la verità, ne hanno combinate di tutti i colori.
Adesso, li risolvano loro

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #1 il: Ottobre 23, 2017, 07:30:10 am »
a mio avviso, questa discussione è viziata da un errore :
considerare l'est Europa come un blocco omogeneo.

ilmarmocchio, so bene che l'Europa dell'est non è un blocco omogeneo.
Del resto neppure l'Europa dell'ovest lo è, come non  lo è l'Occidente in generale.
Ad esempio: pure il Brasile, il Cile, la Colombia, il Perù, l'Honduras, ecc, sono Occidente.


Citazione
Per l' Ungheria , vale lo stesso , anche se Orban ora è filorusso : però , proprio su Orban, che per molte cose mi piace , c'è un aspetto che invece è molto discutibile : vuole fare come vuole però usufruendo dei fondi europei .


E' quello che penso anch'io.

Offline ilmarmocchio

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #2 il: Ottobre 23, 2017, 07:49:44 am »
@Frank : lo so che lo sai :D
A corollario di quanto detto sopra , c'è da rilevare che tutte le società in sviluppo vedono un acuirsi delle disparità che, fintanto che non superano certi limiti, esprimono semplicemente le diverse attitudini degli individui che compongono tale società.
E' da notarsi che il femminismo , che avvelena l' occidente, è a braccetto del politicamente corretto, del gender, ecc :
anzi, è evidente come il femminismo e l'egualitarismo vadano insieme.
Egualitarismo orwelliano, ovviamente :
gregge e pastori, più eguali degli altri.
Laddove c'è l' iniziativa maschile, non può esserci egualitarismo : le diverse capacità individuali emergono chiare e ineluttabili :
La scienza, la cultura e lo sport persino, si basano sul confronto.
Laddove c'è egualitarismo c'à stasi e politicamente corretto, tra cui il femminismo che, senza l'egualitarismo forzato non potrebbe esistere.
Ecco che in polizia possono andare le donnette da 1,50 cm, che le atlete sono più forti degli atleti, le Asie Argento diventano vestali abusate dall' orco e via vaneggiando.
Nel mondo occidentale, quali sono le nazioni più femministe ?
Quelle dell'  egualitarismo castrato e antimaschile scandinavo

Offline Vicus

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #3 il: Ottobre 23, 2017, 08:21:39 am »
Una cosa i Paesi dell'Est in comune ce l'hanno, e l'ha magistralmente espressa John Le Carré (cito): "La Russia è come gli USA, ma senza tutte quelle st**nzate". Che in Occidente ci tocca sentire dalla mattina alla sera, specialmente dalle donne.
Quale italiana (o spagnola, o svedese fate voi) avrebbe la lucidità di dire quel che ho sentito da un'ungherese: "Gli uomini di oggi sono le donne".
Inoltre: c'è più cultura, se nomini Dostoevskij non ti ridono in faccia. Soprattutto, sono sopravvissuti al crollo del comunismo perché il tessuto sociale era sano, ci si aiutava l'un l'altro, mentre l'Occidente con la sua litigiosità non reggerebbe un minuto a una crisi economica.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #4 il: Ottobre 23, 2017, 19:13:43 pm »
Quale italiana (o spagnola, o svedese fate voi) avrebbe la lucidità di dire quel che ho sentito da un'ungherese: "Gli uomini di oggi sono le donne".
Inoltre: c'è più cultura, se nomini Dostoevskij non ti ridono in faccia.

Vicus, affermazioni del tipo :
"Gli uomini di oggi sono le donne",
le ascolto da quando iniziai ad occuparmi della QM una decina di anni fa.
Personalmente, e nonostante capisca bene cosa intendono le tipe in questione, la reputo una scemenza assoluta, perché come ho avuto modo di scrivere più volte, le donne di oggi fanno semplicemente... le femmine e non gli uomini.


Citazione
Inoltre: c'è più cultura, se nomini Dostoevskij non ti ridono in faccia.

Dipende: se ti riferisci agli ungheresi o ai russi è in gran parte vero, ma se si va a parare verso i rumeni, i moldavi o gli albanesi non lo è affatto, perché quest'ultimi son decisamente più ignoranti degli italiani.


Citazione
Soprattutto, sono sopravvissuti al crollo del comunismo perché il tessuto sociale era sano, ci si aiutava l'un l'altro, mentre l'Occidente con la sua litigiosità non reggerebbe un minuto a una crisi economica.

L'Occidente di oggi no, non reggerebbe ad una reale crisi economica, ma solo perché decenni di relativo benessere rammoliscono le persone.

Offline Sardus_Pater

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #5 il: Ottobre 23, 2017, 21:03:32 pm »
Citazione
Dipende: se ti riferisci agli ungheresi o ai russi è in gran parte vero, ma se si va a parare verso i rumeni, i moldavi o gli albanesi non lo è affatto, perché quest'ultimi son decisamente più ignoranti degli italiani.

A proposito di rumeni, tanto per capire il loro spessore sociale: online c'è la scannerizzazione dell'elenco telefonico del judet di Bucarest del 1937, all'epoca del Regno di Romania: i cognomi ebraici presenti arrivano in certi casi a totalizzare un'intera pagina di elenco. Possono essere cognomi yiddish, originari dell'est o di ebrei romeni, ma il rapporto con quelli "gentili" è impressionante, i romeni purosangue dovevano essere in media ad un livello più basso, considerando l'ovvio fatto che nel 1937 il telefono non l'avevano tutti.

(non è un discorso contro gli ebrei, ovviamente... ma contro i rumeni :shifty: )

Ecco il link: http://lcweb2.loc.gov/service/gdc/scd0001/2007/20078205001ab/20078205001ab.pdf
L'elenco alfabetico è dopo il categorico e comincia a p. 151. Scorrete e ammirate.
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Offline Vicus

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #6 il: Ottobre 23, 2017, 21:56:27 pm »
Vicus, affermazioni del tipo :
"Gli uomini di oggi sono le donne",
le ascolto da quando iniziai ad occuparmi della QM una decina di anni fa.
Personalmente, e nonostante capisca bene cosa intendono le tipe in questione, la reputo una scemenza assoluta, perché come ho avuto modo di scrivere più volte, le donne di oggi fanno semplicemente... le femmine e non gli uomini.


Dipende: se ti riferisci agli ungheresi o ai russi è in gran parte vero, ma se si va a parare verso i rumeni, i moldavi o gli albanesi non lo è affatto, perché quest'ultimi son decisamente più ignoranti degli italiani.


L'Occidente di oggi no, non reggerebbe ad una reale crisi economica, ma solo perché decenni di relativo benessere rammoliscono le persone.
L'ungherese intendeva semplicemente dire che le donne giocano a fare gli uomini. Non è una gran scoperta, ma ad oggi non so di occidentali che ci siano arrivate.
Non tutti quelli dell'Est ascoltano Brahms, ma almeno non ci infliggono lo stupidario (specie femminile) imparato a pappagallo dai media e dalla scuola.
E' vero che l'Occidente è rammollito, ma non è l'unica spiegazione.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #7 il: Novembre 04, 2017, 16:13:48 pm »
Dice l'italiano medio:
"Certe cose accadono solo in Italia, bla bla bla, etc etc".
Sì, infatti.

http://www.eastjournal.net/archives/86807
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CROAZIA: Lo scandalo Agrokor, cartina tornasole dell’economia nazionale

Pierluca Merola 2 giorni fa   

Ivica Todorić, ex presidente e tuttora proprietario di maggioranza del colosso agroalimentare croato Agrokor è accusato di falso in bilancio e appropriazione indebita. Todorić e i suoi due figli maschi, anch’essi indagati, si trovano però al momento all’estero. La procura di stato croata ha quindi emesso un mandato di cattura europeo nei confronti della persona di Ivica Todorić. Questi, al momento latitante, comunica solo attraverso un blog personale dal quale denuncia una congiura organizzata dal governo croato e istituti finanziari stranieri per privarlo della sua compagnia.

Un passo indietro: il collasso di Agrokor e il commissariamento

Agrokor è la più grande società per azioni dell’Europa sud-orientale e l’undicesima più grande negli stati post-comunisti dell’Unione Europea per fatturato nel 2015. La compagnia è principalmente attiva nella produzione agroalimentare e nella vendita al dettaglio, è presente con le sue controllate in Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Ungheria, Slovenia e Serbia, dove impiega più di 130.000 persone. Con un fatturato di 6,5 miliardi di euro, l’azienda di Todoric rappresenta da sola il 15% del PIL della Croazia e influenza ampi settori dell’economia della regione.

Nel corso della sua espansione spericolata, Agrokor ha accumulato un ingente debito. Le stime più recenti lo conteggiano in 7,4 miliardi di euro. Il 6 aprile scorso, con una legge ad hoc, il governo è venuto in soccorso della compagnia a rischio fallimento. La legge ha previsto la nomina di un commissario straordinario da parte del governo e un periodo di 15 mesi in cui sono state vietate le procedure giudiziarie per il rientro dei crediti nei confronti della compagnia. A capo di Agrokor è stato quindi nominato Ante Ramljak che, in questi sei mesi, ha avviato delle indagini interne e commissionato a una società esterna una revisione totale della situazione finanziaria.

La revisione della situazione finanziaria di Agrokor

La revisione della situazione finanziaria 2015-2016 ha svelato diverse falsificazioni nei libri contabili, con l’obiettivo di mascherare la situazione drammatica delle finanze aziendali. Al netto delle diverse malversazioni, risulterebbe l’intento di nascondere la perdita di 1,9 miliardi di euro nel biennio 2015-2016. Il valore capitale delle controllate dell’azienda sarebbe stato inoltre gonfiato di 1,2 miliardi di euro. Ne conseguirebbe un valore totale di Agrokor di 2,9 miliardi di euro minore rispetto a quanto precedentemente dichiarato. Da tutto ciò risulterebbe che il debito reale dell’Agrokor, pari a 7,4 miliardi di euro, fosse già a inizio 2017 di 1,9 miliardi di euro superiore al suo capitale totale, pari a 5,5 miliardi di euro (precedentemente gonfiato fino a 8,4 miliardi). A inizio 2017, il conglomerato agroalimentare croato Agrokor non era a rischio fallimento. Era già insolvente.

Infine, risulterebbe che in questo periodo 133 milioni di euro della compagnia siano stati spesi per il lussuoso stile di vita della famiglia Todorić. Ma a questo punto, castelli, yacht e elicotteri rappresentano solo il contorno della vicenda, buono per il gossip.

Le accuse nei confronti di Todorić

Il 9 ottobre, Ramljak ha quindi sporto denuncia per falso in bilancio contro la vecchia gestione. Pochi giorni dopo, la polizia ha arrestato dodici ex-dirigenti per interrogarli, mentre ha perquisito il castello dei Todorić alla ricerca dei verbali mancanti dei consigli d’amministrazione. Tra i dirigenti chiamati a comparire, mancano all’appello Ivica Todorić e i suoi figli Ivan e Ante che si ritiene si trovino tra Londra e la Svizzera. Per la persona di Ivica Todorić è stato emanato un mandato di cattura europeo e richiesta la misura cautelare onde limitarne i contatti con possibili testimoni. Attraverso un suo blog personale, Todorić ha dichiarato che tornerà in Croazia solo quando avrà raccolto prove sufficienti per dimostrare l’esistenza di una congiura organizzata dal governo croato e da alcuni partner americani per privarlo di Agrokor.

Recentemente, il quotidiano Jutarnji List ha rivelato l’esistenza di un contratto stipulato a luglio tra il commissario straordinario e due partner americani, notizia poi confermata da Ramljak stesso. Secondo l’accordo, il fondo d’investimento Knighthead Capital Management ha comprato il 56% delle obbligazioni Agrokor divenendone il creditore di maggioranza (superando i crediti detenuti dalla banca russa Sberbank), in cambio la società di consulenza in salvataggio d’impresa Alix Partner è stata associata alla gestione della compagnia.

In parlamento invece l’Unione democratica croata (Hdz) e l’opposizione guidata dal Partito social-democratico hanno raggiunto un accordo per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul caso Agrokor. Va qui ricordato che i due maggiori partiti politici hanno alternativamente sostenuto l’espansione di Agrokor. Se questa cresce negli anni ’90 e 2000 grazie al sostegno accordategli dall’Hdz, l’operazione più spericolata – l’acquisto della concorrente slovena Mercator – è stata avallata nel 2014 dal governo social-democratico di Zoran Milanović.

Agrokor e Croazia, una transizione sbagliata

La presente situazione rivela il fallimento del sistema economico croato originatesi dalla transizione, caratterizzato da nepotismo, corruzione ed eccessive compenetrazioni tra potere politico, potere economico e istituzioni dello stato. Nel lontano 1971, in Jugoslavia, Ante Todorić, padre di Ivica e manager di una compagnia di proprietà sociale, finì in carcere per aver sostenuto con il denaro della compagnia il futuro primo presidente della Croazia indipendente Franjo Tuđman. Cinque anni di prigione che garantirono ai Todorić un posto nella futura nomenklatura tuđmaniana, e da lì fu una scalata continua.


Il collasso di Agrokor è ora visto come uno spartiacque per il sistema economico croato. Alcuni vi vedono una sorta di crisi creativa che liberalizzerà il sistema economico croato. Altri, invece, guardano alla fine dell’unica azienda croata in grado di rivaleggiare con la concorrenza europea e lamentano la totale sottomissione al capitale straniero. Altri ancora, memori dei processi all’ex-premier Ivo Sanader, sottolineano come in Croazia si faccia sempre un gran chiasso quando cadono i giganti, col rischio che i rumori di fondo rimangano inascoltati.

Foto: Cropix

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #8 il: Novembre 21, 2017, 20:29:37 pm »
http://www.eastjournal.net/archives/57002

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La corruzione nell'Europa dell'Est? Soprattutto nella sanità

Giuseppe Di Matteo 31 marzo 2015   

L’allarme arriva dall’Europa dell’est. In quasi tutti i Paesi dell’ex cortina di ferro la corruzione è una piaga sociale. Un’idra dalle sette teste che divora non solo la politica ma anche un settore molto delicato come quello della sanità. Un sistema che si regge soprattutto sulle mazzette e i pagamenti in nero, ma non disdegna nemmeno gli “additional payment”, i regali da offrire per ottenere un favore o un trattamento privilegiato. E che si alimenta anche nella crisi. In una congiuntura economica sfavorevole, e in tempo di bassi salari, molti medici sottopagati accettano o sono costretti a far parte del gioco.

La corruzione nel mondo della sanità è un problema diffuso anche in Occidente, ma secondo i dati dell’European Commission survey 2013 – pubblicato nel 2014 e riportato anche dal settimanale britannico The Economist – i Paesi ex comunisti sono quelli che se la passano peggio. Dando un’occhiata ai numeri, in Romania il 28% degli intervistati dichiara di aver effettuato pagamenti non in regola, mentre in Lituania la percentuale si attesta intorno al 21%. Un’enormità se paragonata alla media europea del 5%. Seguono Grecia (11%), Ungheria (10%), Slovacchia (9%), Germania e Bulgaria (8%) e Lettonia (7%). Non va meglio nemmeno in Polonia, la locomotiva economica dell’Europa orientale. Stando ai dati dell’Economist, il 15% del campione dichiara di aver pagato mazzette. Fino a casi emblematici come quello estone, dove un direttore di ospedale è stato licenziato per aver chiesto ad un paziente una bottiglia di Cognac e 4000 corone (360 dollari) in cambio del prolungamento della degenza. E che dire del medico slovacco William Fischer, uno dei cardiologi più rinomati in patria (nel 1998 fu autore del primo trapianto di cuore nel suo Paese) denunciato per aver accettato 3000 dollari (oltre che una certa quantità di pollame) per fare un’operazione? Una vicenda incredibile, soprattutto se si pensa che era arrivato addirittura candidarsi per la presidenza.

A ben vedere, quello della corruzione è un problema anche di tipo culturale. Dal rapporto si evince che il 73% degli europei ritiene che comportamenti di tipo corruttivo e disporre di determinate conoscenze siano elementi indispensabili per destreggiarsi nel settore pubblico. Un modus vivendi che tocca punte esponenziali in Grecia (93%), Cipro (92%), Slovacchia e Croazia (89%). In Occidente risalta invece il primato dell’Italia (88%). Un’isola latina in un mare slavo se si considera che la percentuale è la stessa anche in Lituania, Repubblica Ceca e Slovenia. E non sembra nemmeno un caso che in tutti questi Paesi, inclusa la Spagna, la corruzione sia percepita come una piaga che coinvolge le istituzioni. Tutt’altra storia quella dei Paesi scandinavi, da sempre modelli virtuosi, nei quali la percentuale oscilla tra il 35 e 40%.

Ma al di là dei numeri, e anche se il problema rimane, non tutto è perduto. Dando un’occhiata ai dati del Corruption Perceptions Index elaborato da Transparency International nel 2014, I paesi dell’ex blocco sovietico, Romania e Bulgaria a parte, confermano una lenta ma costante risalita verso le prime posizioni, spesso appannaggio dei Paesi scandinavi e dalla Nuova Zelanda. Un passo in avanti che fa ben sperare, ma c’è ancora molto da fare. Soprattutto nella sanità.

Offline ilmarmocchio

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #9 il: Novembre 22, 2017, 08:41:49 am »
bisognerebbe spiegare al Di Matteo che in USA ci sono certe manovrine sanitarie che in confronto quelle dell' est Europa fanno ridere.
La corruzione c'è ovunque

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #10 il: Dicembre 09, 2017, 17:49:30 pm »
bisognerebbe spiegare al Di Matteo che in USA ci sono certe manovrine sanitarie che in confronto quelle dell' est Europa fanno ridere.
La corruzione c'è ovunque

Sì, ilmarmocchio, questo è chiaro; del resto io stesso l'ho scritto in numerose occasioni e in riferimento a tutti quegli italiani convinti che l'Italia sia "il Paese più corrotto del mondo".
Ma questa discussione è dedicata all'Europa dell'est e consequenzialmente alle magagne di quei paesi, alle quali nessun quemmista - passato e presente - fa mai cenno.

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #11 il: Dicembre 09, 2017, 18:17:34 pm »
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Romania/Romania-ricchi-e-poveri-184506

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Romania: ricchi e poveri

Una crescita del Pil dell'8,6%: è quella registrata in Romania negli ultimi mesi. Dietro a questo dato – il migliore nell'Ue – si nasconde però un paese con gravi problemi strutturali e dove il rischio povertà colpisce larghe fette della popolazione
07/12/2017 -  Mihaela Iordache   

La Romania è il paese con la più alta crescita economica dell’Unione europea e tra i primi nel mondo. L’Istituto Nazionale di Statistica rumeno ha reso nota a novembre la crescita record nel terzo trimestre 2017: +8,6% del Pil. Di conseguenza anche la Commissione europea ha migliorato le previsioni di crescita economica per il 2017 passando dal 4,3% fornito in primavera al 5,7% attuale (per il 2018 ci si aspetta una crescita del 4,4%).

Davanti a questi dati l’AFP non ha tardato a definire l’ex paese socialista ”la nuova tigre dell’UE”. Gli economisti rumeni hanno sottolineato come il dato del terzo trimestre sia dovuto in particolare all'aumento degli stipendi e di conseguenza del consumo. Lo stipendio medio ha raggiunto infatti il valore record degli ultimi 10 anni, attestandosi sui 533 euro al mese. Si guadagna meglio nella capitale Bucarest, seguita da Cluj, in Transilvania.

Che il lato della domanda sia sempre più rilevante lo hanno capito anche molte multinazionali: sono decine i centri commerciali moderni (da far concorrenza ai mall americani) sorti a Bucarest. Ai supermercati non mancano clienti ed i prezzi in alcuni casi sono più alti che in Occidente.
Bucarest vs. resto della Romania

Tutto questo è vero soprattutto per Bucarest, metropoli di circa 2 milioni di abitanti che ha conosciuto negli ultimi anni un notevole sviluppo: si sono colorati molti dei palazzi grigi costruiti da Ceaușescu; il suo centro storico, Lipscani, è ormai un luogo ricercato par le sue terrazze, bar e in genere per la vita notturna. Nella capitale si organizza poi ogni anno con orgoglio il festival internazionale di musica classica dedicato a George Enescu e poi diversi festival di teatro e mostre, nei suoi 30 musei. E poi vi sono le più grandi e moderne terme d’Europa e i grandi parchi.

Grandi investimenti privati hanno anche portato alla nascita di tante cliniche private che però non sono alla portata di tutti, nemmeno nella capitale: Bucarest alterna infatti a quartieri nuovi e lussuosi quartieri poveri dove domina il degrado, come ad esempio quello di Ferentari.


In Romania si vive meglio e si consuma molto nelle principali città del paese, che comprendono naturalmente la capitale e poi quelle delle contee di Cluj, Timis, Prahova, Costanza, Brasov o Sibiu. Ma nelle restanti regioni - la Romania ha 41 contee - domina spesso la povertà. Quelle di Vaslui, Botosani e Teleorman sono talmente povere che sono in molti a vivere di sussidi sociali. Qui scarseggiano inoltre sia gli investimenti pubblici che privati.
Corruzione e stipendio minimo


Non è un caso che la serie televisiva più seguita del paese è “Las Fierbinti” - trasmessa da PROtv - nella quale un sindaco corrotto utilizza per scopi personali fondi destinati per le riparazioni della scuola del paese mentre il prefetto della contea aspetta ogni mese “la sua parte” in denaro, spiegando al sindaco che anche a lui tocca dare le mazzette più in alto: al partito, ai ministri, ai parlamentari.

Un telefilm che si ispira alla cronaca quotidiana che vede quasi 1.300 funzionari rinviati a giudizio lo scorso anno in Romania per reati di corruzione che avrebbero arrecato un danno di 260 milioni di euro alle casse del paese. Tra questi anche casi di alto livello: 3 ministri, 17 parlamentari, 16 magistrati e 20 dirigenti di aziende statali.

A giugno, alla fine della sua missione come direttore della Banca Mondiale in Romania, Elisabetta Capannelli aveva spiegato per Wall-street.ro che dal punto di vista economico la Romania sta bene, ma vi sono tuttavia molte debolezze generate dal fatto che gli ultimi anni  sono stati dominati da misure pro-consumo mentre poca attenzione è stata data ad iniziative a favore degli investimenti oppure dell’assorbimento dei fondi europei. Dinamiche sembra confermate anche per il 2018: il governo social-democratico del premier Mihai Tudose ha annunciato di voler aumentare a partire da gennaio 2018 lo stipendio minimo lordo a 1900 lei (a circa 413 euro), il che significherebbe secondo quando hanno messo in rilievo gli analisti sui media rumeni superare Lettonia e Lituania (circa 380 euro) e raggiungere l’Ungheria.


La Romania ha registrato comunque il più alto indice di crescita dello stipendio minimo nell’UE nel periodo 1 gennaio 2016-febbraio 2017: circa il 38% di crescita. Valentin Lazea, economista della Banca Nazionale della Romania (BNR), ritiene che uno stipendio minimo netto di circa 300 euro potrebbe essere sostenibile per l’economia rumena e contribuirebbe a ridurre il divario tra ricchi e poveri. La crescita dello stipendio minimo "è stata utile e necessaria in passato”, ha spiegato Lazea per AGERPRES ma, per il momento, sulla questione si dovrebbe rallentare. Lazea ha poi sottolineato che la Romania ha ora un potere d’acquisto del 59% della media UE. Nel frattempo è però aumentato anche il debito pubblico, del 38% negli ultimi 25 anni.
Povertà

La Romania ha di certo ancora molta strada e strade (il paese ha solo 750 km di autostrade) da fare: sviluppare le sue infrastrutture, modernizzare scuole ed ospedali, dotarli  di materiali medici e di medicine, sviluppare le zone rurali dove mancano anche le fognature. Bucarest dovrebbe inoltre investire di più sull'infanzia, in un paese dove - secondo i dati Eurostat - quasi la metà dei bambini (0-17 anni) sono a rischio povertà.  Dati confermati anche da quelli resi pubblici di recente dal Collegio Nazionale degli Assistenti sociali secondo cui ogni sera in Romania 200.000 bambini vanno a dormire senza mangiare. Ed è anche per questo che quattro milioni di romeni sono stati costretti ad emigrare per poter assicurare una vita migliore alle loro famiglie. Secondo le più recenti statistiche dell’Eurostat, aggiornate ad ottobre 2017, il 38,8% dalla popolazione romena è a rischio povertà ed esclusione sociale.

Del resto la Romania, assieme al primato di crescita economica in Europa, ha paradossalmente anche quello, in negativo, di equità sociale nell'Ue: è infatti su questo tra i paesi europei con i risultati peggiori.


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Citazione
Ed è anche per questo che quattro milioni di romeni sono stati costretti ad emigrare per poter assicurare una vita migliore alle loro famiglie. Secondo le più recenti statistiche dell’Eurostat, aggiornate ad ottobre 2017, il 38,8% dalla popolazione romena è a rischio povertà ed esclusione sociale.

Circa venti giorni fa, un mio ex operaio (un muratore italiano specializzato 47enne; uno dei migliori che abbia mai conosciuto, sia dal punto di vista lavorativo che umano), che attualmente lavora in un'altra ditta, ha "stoppato" e minacciato di botte un muratore rumeno 37enne che, tanto per cambiare, * se ne era uscito fuori con una frase che tanti stranieri di merda son soliti ripetere, cioè questa:
"Italia di merda".
Allorché, Paolo (il muratore italiano) al rumeno in questione ha fatto notare che oltre ad essere un imbecille, è un ospite e che non è obbligatorio vivere in Italia; pertanto è libero di tornare immediatamente nella sua Romania di merda (sue testuali parole), oppure di trasferirsi nuovamente in Inghilterra, dove il rumeno dice di esser stato meglio che in Italia.
Il tutto "condito" dalla minaccia di massacrarlo di botte se lo avesse nuovamente sentito pronunciare certe parole sull'Italia.
Beh, che dire... non sono solo.  :cool2:
Qualche italiano in grado di sturare le orecchie a questi stronzi ingrati, ancora esiste.

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* Certi pensieri e parole sono frequenti nella stragrande maggioranza degli stranieri dell'Europa dell'est (ma anche del Nord Africa) residenti in Italia, ovvero gente soventemente ingrata e culturalmente inferiore (albanesi e rumeni per primi).
Gente che scambia spesso la gentilezza e le buone maniere per coglioneria e debolezza.
Gente convinta che gli italiani siano tutti dei poveri imbecilli.
Loro, che fino pochi lustri fa vivevano sotto una dittatura comunista e che ora fanno finta di non ricordare in quale merda nuotavano e cercavano di non affogare.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #12 il: Dicembre 23, 2017, 20:39:21 pm »
Bene, a quanto pare anche l'Albania è oramai impegnata a seguire le orme dei paesi occidentali.

https://albaniainvestimenti.com/2017/08/27/albania-premier-rama-presenta-nuovo-governo/

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Albania: premier Rama presenta nuovo governo
Tirana, 27 ago 14:05

Riconfermato alla guida del paese per un secondo mandato dopo la vittoria alle elezioni politiche dello scorso 25 giugno, il premier socialista Edi Rama ha presentato oggi il suo nuovo esecutivo. Numerose le novità, a partire dal numeri dei ministeri, ridotti da 16 a 11. Nominati inoltre due segretari di Stato, uno per la Diaspora e l’altro per le Relazioni con le imprese. Il 50 per cento degli incarichi di governo saranno ricoperti da donne, mentre sono quattro i nuovi nomi che entrano a far parte dell’esecutivo per la prima volta, tra cui il vicepremier Senida Mesi e il ministro della Giustizia, Etilda Gjonaj. Riconfermato invece il ministro degli Esteri Ditmir Bushati, al quale è stato affidata anche la delega per il processo d’integrazione europea, finora affidata a un apposito dicastero. Alla guida del ministero dell’Interno torna invece Fatmir Xhafa, mentre alla Difesa al posto di Mimi Kodheli è stata nominata un’altra donna, Olta Xhacka, che in passato ha ricoperto l’incarico di ministro del Welfare. Ad Arben Ahmetaj è stato affidato nuovamente il ministero delle Finanze, al quale viene accorpata anche l’Economia. Riconfermata anche Lindita Nikolli al dicastero dell’Istruzione, Sport e Gioventù, mentre a Damian Gjiknuri – che per 4 anni ha guidato il ministero dell’Energia – è stato affidato l’incarico alle Infrastrutture. L’ex vicepremier Niko Peleshi passa invece al ministero dell’Agricoltura, mentre ministro del Turismo e dell’Ambiente è stato nominato Blendi Klosi, ex ministro del Welfare. Alla Cultura rimane l’attuale ministro Mirela Kumbaro, mentre alla Sanità ritorna un’altra donna, Ogerta Manastirliu. Segretario di Stato per la Diaspora sarà Pandeli Majko, ex premier all’inizio degli anni 2000, mentre segretario di Stato per le Relazioni con le imprese sarà Sonila Qato.

Vice Primo Ministro – Senida Mesi

Ministero dello Stato per la Diaspora – Pandeli Majko

Ministero dello Stato per gli Imprenditori – Sonila Qato

Ministero degli Esteri – Ditmir Bushati

Ministero degli Interni – Fatmir Xhafaj

Ministero della Difesa – Olta Xhaçka

Ministero della Giustizia- Etilda Gjonaj

Ministero della Cultura – Mirela Kumbaro

Ministero delle Finanze, Economia e Lavoro – Arben Ahmetaj

Ministero dell’Istruzione, Sport e Gioventù – Lindita Nikolla

Ministero della Salute – Ogerta Manastirliu

Ministero dell’Energia – Damian Gjiknuri

Ministero dell’Agricoltura e Sviluppo Rurale – Niko Peleshi

Ministero del Turismo e Ambiente – Blendi Klosi.

Per informazioni e consulenze su investimenti, internazionalizzazione e delocalizzazione in Albania:

albaniainvestimenti@gmail.com

info@italian-network.net

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mentre alla Difesa al posto di Mimi Kodheli è stata nominata un’altra donna, Olta Xhacka

Mimi Kodheli
(Soldati albanesi con i capelli corti; soldatesse albanesi con i capelli lunghi.)
https://3.bp.blogspot.com/-GjuW5qDB8rA/WEQSZkgsHRI/AAAAAAAAMCA/9ov9ydEmUiE5egN9WRdiM8X8Z1iRkofsQCPcB/s1600/wtewt.jpg

Olta Xhacka
http://gazeta-shqip.com/lajme/wp-content/uploads/2016/05/Olta-Xhacka.jpg

Mah...

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #13 il: Dicembre 23, 2017, 21:06:20 pm »
Anche il nuovo Procuratore generale della Repubblica albanese è una donna.

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Albania/Albania-nomine-e-fumogeni-in-Parlamento-184943

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Albania: nomine e fumogeni in Parlamento
Arta Marku giura in Parlamento tra i fumogeni

I socialisti di Edi Rama scelgono a maggioranza il nuovo Procuratore generale della Repubblica, e in aula si scatena il caos. Una rassegna
21/12/2017 -  Gjergji Kajana   


Il 18 dicembre il Parlamento albanese ha votato la nomina di Arta Marku a nuovo Procuratore generale provvisorio. I voti a favore sono stati 69 (del Partito Socialista del premier Edi Rama), quelli contrari 2.
Il momento del voto e il giuramento di Marku si sono svolti in un clima di estremo ostruzionismo da parte dell’opposizione, i cui deputati hanno tentato di interrompere la seduta con tentativi di occupare lo scranno degli oratori, hanno tentato di sottrarre le schede di voto ai loro colleghi socialisti e hanno lanciato fumogeni verso i banchi del governo e della presidenza del Parlamento. Particolarmente aggressiva la leader del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) nonché moglie del Capo dello Stato Iliri Meta Monika Kryemadhi, scagliatasi fisicamente contro Rama durante il caos. Fuori dall’aula i sostenitori di LSI e del Partito Democratico (PD), chiamati in protesta a “difesa della democrazia”, si scontravano con la polizia.

Marku, che va a sostituire Adriatik Llalla, lavorava da 15 anni come procuratore presso la procura distrettuale di Scutari, dove si era trasferita dopo una breve esperienza a Fier. Al momento della presentazione della sua candidatura presso la commissione parlamentare aveva dichiarato di sentirsi pronta a dare una scossa al sistema investigativo albanese e di essere abbastanza forte caratterialmente da non cedere a indebite pressioni politiche. Così come accaduto durante il voto di nomina, l’opposizione PD-LSI aveva boicottato le audizioni dei candidati presso la commissione, bollando tutto il processo come incostituzionale.
Da dove origina il caos


Nel sistema giuridico albanese la Procura generale , branca del sistema giudiziario, è l’organo costituzionale abilitato all'azione penale e a rappresentare l’accusa in nome dello stato. Secondo l’articolo 148/a della Costituzione il Procuratore generale è eletto dal Parlamento con i voti dei 3/5 dei suoi membri tra una terna di nomi proposta dall’Alto Consiglio della Procura (ACP) . Il suo mandato è di 7 anni e non è previsto un secondo incarico. Questo articolo della Costituzione rientra tra quelli modificati all'unanimità nel luglio del 2016, il problema è che prevede come proponente dei candidati un'istituzione non ancora istituita come l’Alto Consiglio della Procura.

Essendo inapplicabile alla lettera il dettato costituzionale (a causa della mancata costituzione dell’ACP) ed essendo Llalla a fine mandato da due settimane (la sua durata in carica era di 5 anni a partire dal dicembre 2012), il Partito Socialista, forte della maggioranza parlamentare e dell’opinione favorevole delle delegazioni di USA e UE nel paese, ha optato per applicare alla nomina di Marku le disposizioni della legge ordinaria 97/2016 . La legge ha per oggetto l’organizzazione e il funzionamento della Procura generale. L’articolo 109.2 della legge afferma testualmente: “Nel caso in cui il mandato del Procuratore generale finisca prima del termine, prima della costituzione dell’ACP, le funzioni del Procuratore generale, su decisione del Parlamento, sono provvisoriamente delegate a uno dei procuratori con più esperienza in seno agli altri procuratori e che adempie alle condizioni e criteri elencati da questa legge”. Secondo la versione della maggioranza socialista, la costituzione dell’ACP dovrebbe ultimarsi entro i primi mesi del 2018, dando luce verde al voto parlamentare sul successore di Marku. La riforma della giustizia rende la Procura generale meno verticale di quanto lo era prima delle modifiche costituzionali, togliendo di fatto poteri discrezionali al Procuratore generale. Questi non potrà più togliere la competenza delle indagini ai procuratori distrettuali e verrà affiancato da un vice, che avrà un mandato di due anni e lo sostituirà provvisoriamente in caso di necessità.
Cosa sostiene l'opposizione

Per PD e LSI la nomina di Marku è “un colpo di stato costituzionale” che consegna lo stato albanese nelle mani del premier Rama. I due partiti miravano al prolungamento del mandato di Llalla fino alla costituzione dell’ACP. Hanno però rinunciato a contestare la nomina di Marku di fronte alla Corte Costituzionale, ritenendo la Corte non-operativa. Per loro il nuovo “procuratore politico” potrebbe tentare di ostruire le indagini sul caso Tahiri, l’ex-ministro degli Interni del primo governo Rama, da due mesi indagato con l’accusa di appartenere a una organizzazione criminale.

Nei confronti di 10 deputati dell’opposizione la polizia ha chiesto il procedimento penale per disturbo alla quiete pubblica e resistenza a pubblico ufficiale. Al termine della seduta l’ex-premier Berisha, deputato del PD, ha caldeggiato a titolo personale la consegna del mandato parlamentare dai deputati dell’opposizione, idea contrastata da Monika Kryemadhi, leader del partito d'opposizione LSI. I due principali partiti di opposizione si sono però accordati per organizzare a partire da gennaio continue proteste di piazza per chiedere le dimissioni di Rama.
Cosa sostiene il governo Rama

Dal canto suo, il primo ministro ha definito le violenze dell’opposizione un tentativo per far deragliare la riforma della giustizia e l’apertura dei negoziati con l’UE. In qualità di promoter della riforma della giustizia, anche USA e UE hanno condannato le violenze del 18 dicembre. Particolarmente pungente nella sua dichiarazione l’ambasciata di Washington, che – sicuramente memore di alcune frizioni - ha definito Llalla “il Procuratore generale che si rifiutava di perseguire penalmente i politici”, alludendo al contempo alla paura dei politici albanesi dinanzi ai nuovi organi previsti dalla riforma della giustizia, votata, va ricordato , sempre sotto forti pressioni degli internazionali. Questi nuovi organi sono l’Ufficio del Procuratore Speciale (SPAK) e il Bureau Nazionale delle Investigazioni (BKH), braccio operativo delle indagini sui reati contestati agli alti funzionari dello stato, modellati secondo l’esperienza croata e rumena.

In attesa degli sviluppi, agli osservatori della politica albanese è chiaro che dell’accordo pre-elettorale tra Rama e Basha (leader del PD) – che certamente dava più “garanzie” al PD, ma che è stato superato dal successo elettorale del PS e dalla nascita di un governo monocolore - non rimangono nemmeno le ceneri. Sarà dunque tutto a carico dell’esecutivo il tentativo di convincere Bruxelles ad aprire i negoziati di adesione all'Ue entro il 2018.

Offline Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #14 il: Dicembre 26, 2017, 15:33:36 pm »
http://www.eastjournal.net/archives/87376

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UCRAINA: La porta si sta chiudendo, di nuovo
Oleksiy Bondarenko 12 giorni fa   

E’ difficile credere che, quattro anni dopo il sanguinoso epilogo di Maidan, la situazione in Ucraina possa essere tornata più o meno al punto di partenza. No, non si tratta dell’imminenza di una nuova ‘rivoluzione’ – per quella non c’è la forza e la società rimane divisa – ma delle dinamiche politiche che continuano a soffocare il paese. L’Ucraina non cambia mai e continua sempre a stupire i pessimisti e a deludere gli ottimisti, quelli che nei fatti del 2013 – 2014 avevano visto il definitivo addio al passato fatto di oligarchia e corruzione.

Ovviamente per trasformare un sistema come quello dell’Ucraina post-sovietica non possono bastare quattro anni. Quattro anni in cui, tra l’altro, il paese è stato depredato di una fetta del proprio territorio e ha visto scoppiare una guerra intestina gestita da curatori esterni. Il sistema oligarchico e cleptocratico che continua ad affondare i propri denti nelle viscere del paese ha radici profonde, eredità del passato sovietico e dei difficilissimi anni di transizione. Anni in cui, complice una privatizzazione selvaggia, sono nati i vari clan di oligarchi che, come nella vicina Russia di El’cin, oltre al sistema economico hanno iniziato a spartirsi e contendersi anche quello politico. Kučma è stato il primo vero padre del sistema oligarchico ucraino, rappresentando per due mandati presidenziali l’anello di congiunzione tra clan e politica. Il resto è storia più recente. Due ‘rivoluzioni’ in 10 anni, la guerra nel Donbass e la terribile sensazione che i clan continuano ancora a spartirsi l’economia e, soprattutto, la vita politica del paese.

È una provocazione, ma guardando agli avvenimenti delle ultime settimane, il dubbio viene quasi spontaneo. È per caso tornato Yanukovich e nessuno se n’è accorto? Cos’è cambiato, oltre al regime visa free e a un ideologico, che negli ultimi giorni suona ancora più retorico, avvicinamento alla grande famiglia europea?

Il problema qui non è nelle singole personalità. Poco importa, infatti, se Poroshenko in fondo non è altro che un oligarca, sostenuto da altri oligarchi. Quello che più preoccupa è la mentalità, la cultura politica e la radicata convinzione che le trame sotterranee siano il miglior modo per mantenere il potere. L’accentramento del potere, che piaccia o no ai sostenitori internazionali dell’Ucraina post-Maidan, è stato infatti il principale risultato ottenuto dal presidente. Il lento ma progressivo smantellamento dello stato di diritto ne è la principale conseguenza. Certo, ci sono state riforme positive e passi avanti, ma i tre principali poteri dello Stato rimangono, come ai tempi di Yanukovich, sotto fermo controllo del presidente. Dopo un primo periodo d’instabilità, il parlamento è stato praticamente addomesticato con l’ascesa al posto di Primo Ministro di Volodymyr Groysman – uomo fidato di Poroshenko – e con la cooptazione di forze politiche in teoria all’opposizione ma che in parlamento votano esclusivamente insieme alla maggioranza (come il Blocco d’opposizione, erede del Partito delle Regioni di Yanukovich). La guida dei Servizi di Sicurezza (SBU) dopo una lunga diatriba politica è stata affidata a Vasyl Hrytsak ex-capo della scorta personale di Poroshenko (2010 – 2014). Nel settore giudiziario, invece, la nomina a procuratore generale di Yuri Lutsenko, uomo senza nessun tipo di esperienza nel settore (fattore che aveva richiesto modifiche alla legislazione) e capo della fazione parlamentare del partito presidenziale, ha segnato la definitiva centralizzazione del potere e, non sorprendentemente, il lento sgretolamento degli istituti impegnati nella lotta alla corruzione nati sull’onda di Maidan.

Gli attriti di lunga data tra la Procura ed i Servizi di Sicurezza da una parte e il NABU (National Anti-Corruption Bureau of Ukraine), organo teoricamente indipendente e sostenuto da finanziamenti occidentali, dall’altra, hanno portato ad un epilogo tragicomico. Anche chi aveva minimizzato l’entità delle pressioni dell’amministrazione presidenziale sull’organismo anti-corruzione negli ultimi mesi, riesce difficilmente a tenere gli occhi chiusi dopo che la Procura Generale ha deliberatamente sabotato una complessa indagine del NABU (in cooperazione con l’FBI) sulla corruzione nei Servizi di Migrazione. Il colpo finale, però, è arrivato con il voto del Parlamento che ha deciso di sollevare dall’incarico, Yegor Soboliev, il capo del Comitato Anti-Corruzione, organo parlamentare che coordina le attività proprio con il NABU. A nulla possono servire le note di preoccupazione provenienti da Bruxelles o da Washington. La strada è ormai tracciata.

Il campanello d’allarme suona ormai da alcuni anni anche per quanto riguarda la libertà dei media. Una prima percezione la si può avere guardando, ad esempio, a quanto poco spazio è stato dedicato dai principali canali televisivi alle nuove rivelazione legate ai conti off-shore del presidente. Ma è solo la superficie. Nelle ultime settimane, mentre alcuni ‘attivisti’ bloccavano l’accesso al canale televisivo News One e il suo proprietario veniva accusato di separatismo per aver definito la ‘rivoluzione di Maidan’ un colpo di stato, non possono non tornare alla mente l’incendio nella sede del tele canale Inter, le perquisizione di Radio Vesti e del quotidiano Strana o le storie di giornalisti detenuti con accuse di separatismo. Poroshenko, intanto, dalle tribune internazionali che ancora lo accolgono come un riformatore progressista, continua a parlare dei progressi nella libertà di espressione in Ucraina. Sarebbe solo comico se non si considerasse il fatto che c’è ancora qualcuno che ci crede (o semplicemente finge di farlo), nelle illuminate cancellerie europee.

Il teatrino di Saakashvili, così, non arriva come un fulmine a ciel sereno, ma rappresenta probabilmente solo l’ennesimo atto nella lotta politica intestina e la cartina di tornasole di un sistema che sembra aver definitivamente perso ogni contatto con la realtà. E anche se si fatica ancora ad ammettere, la storia in Ucraina sembra ripetersi, ancora una volta. La porta che si era aperta nel febbraio 2014 si sta inesorabilmente chiudendo. No, Yanukovich non è tornato, è semplicemente Poroshenko che sta consolidando il proprio regime. A meno che non si voglia credere che sia sempre e solo colpa di Mosca.


Citazione
Chi è Oleksiy Bondarenko
Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico. E’ Research Fellow per l’area Russia e Asia Centrale presso OPI - Osservatorio di Politica Internazionale. Per East Journal si occupa di Ucraina.