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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est

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Frank:
I commenti sono in rumeno mai i video provengono dall' Ucraina.

https://www.facebook.com/toateamestecate/videos/1954562934809529/?hc_ref=ARSeOO7ILjM64dFBmIRKU46eUM_f0MFAXnPx7aCLqrj8FkPF-IGT5JYALktCG9w2FKE

Scrive una rumena:

--- Citazione ---Consuela Siea N-ai sa vezi așa ceva in România !! Populația este prea ipocrita sa facă așa ceva!! Ei nu sunt uniți ... celor cu bani ,celor care au cu ce își plăti dările nu le pasa de cei care dorm pe strada și celor ce duc grija zilei de maine !!!

--- Termina citazione ---

In sostanza dice che non si vedrà mai una cosa del genere in Romania, perché la popolazione è troppo ipocrita per fare una cosa del genere; ed inoltre i rumeni non sono uniti.

... mi sembra di sentire un italiano.

Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Bosnia-Erzegovina-il-kolo-e-il-prezzo-della-benzina-188532


--- Citazione ---Bosnia Erzegovina: il kolo e il prezzo della benzina

Come in Serbia anche in Bosnia Erzegovina i cittadini hanno protestato per l’aumento del prezzo del carburante, bloccando il traffico sulle principali strade del paese. Anche in BiH però le proteste non sono riuscite ad incidere sulla leadership al potere

15/06/2018 -  Ahmed Burić Sarajevo
Il barlume di speranza che le proteste contro l’aumento del prezzo della benzina organizzate in diverse città della Bosnia Erzegovina potessero scuotere le autorità, ed eventualmente risvegliare il senso di responsabilità dei politici in vista delle elezioni parlamentari previste per il prossimo ottobre, è svanito non appena i media hanno riportato la notizia che alcuni manifestanti mentre bloccavano il traffico si erano messi a ballare il kolo. Il kolo è una danza popolare diffusa in molti paesi dei Balcani che assomiglia più al su ballu tundu sardo (ballo tondo) che alla tarantella, e di solito si balla in occasione delle feste.

Così i bosniaco-erzegovesi, la cui ingenuità è proverbiale, ancora una volta si sono liberati delle loro preoccupazioni ballando ed hanno perso un’altra occasione per costringere la leadership politica a riflettere sulle proprie mosse, una leadership che ormai sembra divenuta inamovibile.

Clima di tensione
Due mesi fa, intervenendo davanti al Congresso americano, Kurt Bassuener, già consigliere dell’ex Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina Paddy Ashdown e membro del Democratisation Policy Council, aveva detto tutto quello che c’è da dire sulla Bosnia Erzegovina di oggi. “La criminalità organizzata fa parte del DNA di questo paese. Devo dire che l’élite politica bosniaco-erzegovese funge da punto di connessione tra politica, business, criminalità organizzata e media. Non mi riferisco qui a nessun gruppo etnico in particolare, vale per i politici di tutti e tre i gruppi etnici. Il loro obiettivo principale è di tenere per sé tutto quello che rubano e di rimanere al potere per poter continuare a rubare e sottrarsi ad ogni responsabilità, sia politica che giuridica. Il sistema che vige nel paese glielo permette. Per loro, nulla di quello che l’Ue potrebbe offrire al paese è meglio della situazione attuale. Perciò è comprensibile perché la metà degli elettori non vada più a votare, perché le elezioni non cambiano nulla”, ha dichiarato.

Per poi concludere: “Il principale punto di forza delle odierne élite politiche bosniaco-erzegovesi consiste nella capacità di creare un clima di paura e di comprare la pace sociale per poter continuare a disporre delle risorse finanziarie, che permettono loro di proseguire con i loro piani. L’unica salvezza per la Bosnia Erzegovina è che gli Stati Uniti e l’Ue pongano fine a questa tendenza”.

Parole chiare e concise. Ci sono voluti ventidue anni – tanti quanti ne sono passati dalla fine della guerra – affinché un analista statunitense dicesse quello che era chiaro già nei primi anni dopo la guerra: organizzazione tribale dei partiti, corruzione, clientelismo e diverse forme di associazione criminale hanno determinato lo sviluppo di un paese che sta crollando sotto il peso di un accordo di pace imposto. Quattro livelli di governo, un apparato statale assurdamente grande, partiti politici che si assicurano il consenso piazzando i loro sostenitori nelle istituzioni statali, mentre al contempo si battono per l’aumento della pressione fiscale sulle imprese private… Tutto questo ha avuto come conseguenza una profonda depressione sociale, alto tasso di disoccupazione e la fuga di molte persone dal paese, soprattutto dei giovani.

L’incapacità della comunità internazionale di assicurare che la magistratura rimanga indipendente dal potere politico ha portato all’attuale status quo. O meglio, alla creazione di un clima di paura in cui ogni minaccia alla pace, persino meramente retorica, e ogni tintinnio delle armi diventano un ostacolo alla costruzione di un futuro comune e alla promozione dei valori democratici.

Potere e denaro
Dal momento che il prezzo del petrolio sui mercati internazionali è stabile o in lieve calo, non vi è alcuna spiegazione ragionevole del perché le autorità bosniache abbiano recentemente deciso di aumentare i prezzi del carburante, fissando il prezzo di un litro di benzina a 1,20 euro, un prezzo vicino a quelli vigenti in Ungheria, Romania e Macedonia.

Dopo lo scoppio delle proteste in molte città della Bosnia Erzegovina contro l’ennesimo aumento del prezzo della benzina, il Partito dell’azione democratica (SDA), principale promotore della Legge sulle accise – che avrebbe dovuto rendere possibile la realizzazione di nuovi progetti infrastrutturali – , ha chiesto che i prezzi della benzina venissero ridotti. Ovviamente lo ha fatto sotto la pressione dell’opinione pubblica e dei propri avversari politici. Il Partito socialdemocratico (SDP) ha accusato l’SDA di aver fatto false promesse, sostenendo che le entrate derivanti dalle accise sui carburanti non saranno - come annunciato - destinate alla costruzione di strade.

Non è difficile supporre dove finiranno questi soldi.

Ecco un esempio emblematico del fatto che in Bosnia Erzegovina chi sta al potere ha le mani libere per fare qualsiasi cosa: nel 2008, quando il prezzo di un barile di petrolio era di 145,2 dollari, in Bosnia Erzegovina un litro di benzina costava 2,4 marchi convertibili (circa 1,2 euro). Oggi un barile di greggio costa 75 dollari, e in Bosnia il prezzo della benzina è pari a 2,3 marchi. È chiaro quindi che l’intera questione delle accise è solo un pretesto per derubare il popolo e prolungare l’agonia del paese alla quale, secondo Kurt Bassuener, gli Stati Uniti e l’Ue dovrebbero porre fine.

Ma sappiamo che questo non accadrà. Al contrario, la società bosniaco-erzegovese continuerà a sprofondare sempre più nell’abisso. Il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik ha definito i manifestanti come “hooligan”, dicendo che gli organi competenti sapranno come trattarli. Anche in Serbia, dove in questi giorni i cittadini hanno protestato contro l’aumento del prezzo della benzina, le autorità si sono comportate in modo simile, accusando l’opposizione di aver organizzato le proteste.

Così il prezzo della benzina è diventato un tema dell’agenda pre-elettorale. In un paese come la Bosnia Erzegovina, dove letteralmente tutto è manipolabile, il dibattito sulle accise e sul prezzo dei carburanti non è che un’altra goccia in un mare di menzogne e false promesse. Nel frattempo continuano a mancare strade decenti e, visto come stanno andando le cose, a breve non ci sarà più nessuno a percorrere quelle esistenti.

Le elezioni di ottobre dimostreranno, in modo inequivocabile, qual è lo stato reale delle cose.

--- Termina citazione ---

Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Serbia-a-tutto-blocco-188483


--- Citazione ---Serbia: a tutto blocco

Centinaia di cittadini hanno deciso di bloccare la strade della Serbia per protestare contro l’aumento del prezzo del carburante. Il governo accusa l’opposizione di aver strumentalizzato i cittadini, in realtà è il malcontento il vero motore delle proteste

14/06/2018 -  Dragan Janjić   Belgrado
All’inizio di questa settimana, le autorità serbe hanno iniziato a intraprendere azioni per porre fine ai blocchi stradali organizzati in diverse città del paese in segno di protesta contro il prezzo troppo elevato della benzina. La polizia ha cominciato a sanzionare i proprietari dei veicoli che bloccavano il traffico, mentre i più alti funzionari statali, compreso il presidente serbo Aleksandar Vučić, hanno condannato duramente le proteste, annunciando il proseguimento degli interventi di polizia. Nel frattempo i media filogovernativi hanno avviato una campagna denigratoria contro i partecipanti alla protesta, accusandoli di bloccare la Serbia per ragioni politiche e di voler rovesciare il governo.

I blocchi stradali sono iniziati venerdì 8 giugno, quando molti cittadini hanno raccolto l’invito alla mobilitazione lanciato sui social network, e si sono conclusi martedì 12 giugno dopo i primi interventi delle forze di polizia. Gli esponenti del governo continuano a sostenere che dietro alle proteste vi sia l’opposizione, senza tuttavia fornire alcuna prova a sostegno di tale ipotesi, limitandosi a citare i tweet con cui alcuni leader dell’opposizione hanno espresso il loro appoggio ai manifestanti. Accusando l’opposizione, il governo sta cercando di dare all’intera vicenda una connotazione politica e di convincere l’opinione pubblica che la protesta non è motivata dal malcontento popolare bensì da intenzioni malevole degli oppositori al governo che agiscono contro gli interessi della Serbia.

Martedì 12 giugno il presidente Vučić ha dichiarato che le proteste non sarebbero durate ancora a lungo e che “la violenza non sarà tollerata”, aggiungendo che la responsabilità della situazione creatasi grava anche su di lui perché ha chiesto al governo serbo di non ostacolare lo svolgimento delle proteste. “Chi vi credete di essere per limitare la libertà di movimento?”, ha affermato il presidente Vučić, avvertendo che le competenti autorità statali avrebbero intrapreso tutte le misure previste dalla legge.

Oltre a non essere sostenute da alcuna prova concreta, le affermazioni secondo cui dietro alle proteste ci sarebbe l’opposizione non trovano riscontro negli attuali rapporti di forza sulla scena politica serba. Se l’opposizione fosse davvero capace di organizzare il blocco delle principali strade del paese, l’egemonia della coalizione di governo sarebbe seriamente minacciata. La verità è che la maggior parte dei partiti d’opposizione faticano a superare la soglia di sbarramento del 5%, non hanno accesso ai media mainstream, non dispongono di sufficienti risorse finanziarie per promuovere i loro programmi, e non hanno né la volontà politica né la capacità di dare vita a un’alleanza che sarebbe in grado di sfidare la leadership al potere.

L’opposizione serba non è sufficientemente forte né influente per poter difendere il diritto dei cittadini a manifestare il proprio dissenso, figuriamoci per organizzare proteste di massa. Se le cose stessero diversamente, ovvero se le recenti proteste fossero davvero organizzate da una forza politica seria, non si sarebbero esaurite in pochi giorni. Sarebbe una vera sorpresa se i blocchi stradali, di cui si parla ancora sui social network, guadagnassero nuovo slancio. E anche se ciò dovesse accadere, di certo non accadrà per volontà dell’opposizione bensì come conseguenza di un crescente malcontento dei cittadini.

Malcontento popolare
Lo slancio che ha caratterizzato la fase iniziale delle proteste dimostra che tra la popolazione, e soprattutto tra i membri della classe media, è diffuso un latente malcontento che può essere facilmente mobilitato. La polizia è riuscita a fermare le proteste, sanzionando i conducenti di veicoli che bloccavano la circolazione stradale, ma ciò non significa che il malcontento sia sparito. È emerso ancora una volta che le questioni sociali ed economiche sono il principale punto di debolezza dell’attuale governo, tenendo conto anche del fatto che la stabilità economica della Serbia dipende soprattutto dalle relazioni commerciali con l’Unione europea e con i paesi della regione.

La principale minaccia per la coalizione al governo non è quindi l’opposizione, bensì l’attuale situazione economica e sociale del paese. Essendone consapevoli, Vučić e i suoi più stretti collaboratori continuano ad annunciare l’aumento di stipendi e pensioni, parlando costantemente di crescita economica, bassa inflazione, grandi investimenti, tasso di disoccupazione ai minimi storici… Ciononostante, a volte capita che l’aumento dei prezzi susciti, del tutto inaspettatamente, forti reazioni tra i cittadini, come successo nel caso dell’aumento della benzina.

Negli ultimi anni alcuni movimenti civici, dimostratisi capaci di guidare e canalizzare il malcontento popolare, hanno organizzato numerose proteste di massa a Belgrado e in altre città della Serbia a cui hanno partecipato diverse migliaia di persone, ma non sono riusciti a contrastare seriamente il potere. Le iniziative civiche, come “Ne davimo Beograd” (“Non affondiamo Belgrado”), non sono riuscite a trasformarsi in organizzazioni serie, con obiettivi politici chiari e ben definiti. Essendo nati dalle rivolte spontanee dei cittadini, profondamente delusi dal comportamento dei partiti politici, questi movimenti non hanno cercato di unirsi in un unico fronte con l’opposizione, già debole e costantemente demonizzata dai media, perdendo col tempo l’energia e l’entusiasmo iniziale.

È chiaro, quindi, che la compagine di governo per ora non ha ragione di temere l’opposizione, che è ormai da anni demonizzata nel discorso pubblico e che, come si è visto, può essere facilmente screditata agli occhi dell’opinione pubblica. È altrettanto chiaro che i movimenti civici non sono ancora sufficientemente maturi da poter sfidare la leadership al potere. Tuttavia, il governo ha buoni motivi per temere che il malcontento popolare possa portare alla nascita di una nuova forza politica in grado di danneggiare seriamente la coalizione al governo, o che alcuni partiti dell’opposizione possano rivitalizzarsi e rafforzarsi.

Accise sui carburanti
In Serbia i prezzi della benzina sono tra i più alti della regione e le accise e altre tasse gravano notevolmente sul costo finale. Il segretario generale dell’Associazione delle compagnie petrolifere della Serbia Tomislav Mićović spiega che diverse imposte incidono per oltre il 54% sul costo della benzina e che negli ultimi due anni il governo non ha voluto prendere in considerazione la riduzione delle accise. La Serbia si colloca al sesto posto tra i paesi della regione per il prezzo al consumo della benzina, dopo Grecia, Croazia, Albania, Montenegro e Slovenia.

In Serbia, dallo scorso 3 gennaio, il prezzo della benzina al dettaglio è aumentato del 6.1% e quello del diesel del 7.5%.

All'inizio del mese di giugno un litro di benzina costava 1,240 euro e il diesel 1,316 euro.

Il presidente Vučić ha accusato i governi precedenti di aver introdotto troppe imposte sui carburanti, tuttavia i dati dimostrano che l’incremento delle accise ha subito un’accelerazione a partire dal 2016.

Stando alle parole di Mićović, la Serbia si colloca al secondo posto tra i paesi della regione per l’incidenza delle imposte sul prezzo della benzina, dopo la Croazia dove l’incidenza delle imposte si attesta al 56,55%, mentre ad esempio in Macedonia è pari al 46,14%. La Serbia è invece al primo posto per l’incidenza delle tasse sul prezzo al consumo del gasolio, attestata al 53,49% (in Macedonia l’incidenza è del 39,31%), e sul prezzo medio del GPL, pari al 49,10%, seguita dall’Ungheria (il 36,29%) e dalla Croazia (il 21,13%).

Tenendo conto di questi dati, c’è da aspettarsi che il governo serbo decida di ridurre le accise sui carburanti, almeno per una percentuale simbolica. Questa riduzione potrebbe innanzitutto riguardare il gasolio e altri carburanti agricoli, il cui costo incide sui prezzi dei prodotti alimentari. Riducendo i prezzi dei carburanti usati in agricoltura il governo eviterebbe il rischio che gli agricoltori comincino a protestare bloccando le strade. Un’eventuale riduzione delle accise potrebbe avvenire solo dopo la conclusione definitiva delle attuali proteste, perché il governo non vuole che le sue decisioni vengano interpretate come un cedimento alle pressioni. La riduzione probabilmente sarà irrisoria, ma basterà per placare temporaneamente il malcontento sociale.

--- Termina citazione ---

Frank:
https://www.facebook.com/myrecorder/videos/1667931089989427/?hc_ref=ARSreecvrvqBHcNWDHOh8yVDs61VAy32MQTHMsYg2ONacgjRzh6NlYJyWamv4xwpbDM


--- Citazione ---Baricadați în instituțiile de stat, demnitarii sunt tot mai puțin dispuși să asculte vocea protestatarilor. În stradă, furia crește cu fiecare amendament adoptat și cu fiecare gest de aroganță din partea celor care ar trebui să reprezinte poporul. La mijloc sunt jandarmii, bine înzestrați din bugetul public și hotărâți să nu mai tolereze nicio abatere. Ieri a fost o zi cu care România nu are niciun motiv să se mândrească și în care nicio tabără nu și-a mai păstrat luciditatea. Nu doar jandarmii au fost violenți, ci și protestatarii care au îmbrâncit un parlamentar în timp ce se îndrepta spre metrou.
--- Termina citazione ---


@@

https://www.facebook.com/OriundeAmFiSuntemRomani/videos/218205335463769/?hc_ref=ARQF4aTJrOtg-n6V27QlESFEbfvwQB5LEuNpmH6FIMOcOwNXF6BxPy1cIX8evHQZH1k


--- Citazione ---Mafia patronata de Liviu Dragnea!

Suntem romani oriunde am fi

Mafia patronata de Liviu Dragnea!
Urmariti cu atentie acest clip despre mafia patronata de Liviu Dragnea!
Dati share, se merita!
--- Termina citazione ---

Parole di una mia conoscenza rumena, scritte altrove.


--- Citazione ---I mafiosi sono diventati delle guardie del corpo nel parlamento! In che mondo viviamo?

--- Termina citazione ---

Il solito italiano medio, affetto e afflitto da esterofilia cronica, ora risponderebbe:
<<Non è possibile, perché certe cose accadono solo in Italia>>

Sì, infatti.
...

Vicus:
Quindi parli rumeno :)

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