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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est

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Frank:
http://www.eastjournal.net/archives/95576


--- Citazione ---Cronache dalla Romania, tra gelicidio e Securitate
Francesco Magno  2 giorni fa

da BUCAREST- Chi abitualmente legge le nostre colonne ha imparato che niente di quel che succede tra i Carpazi ed il Danubio è sorprendente. Un vecchio saggio diceva che la Romania non è un luogo, ma uno stato d’animo: mai affermazione fu più pertinente. L’atmosfera che in questo freddo gennaio ha permeato Bucarest è stata totalmente surreale, e non solo per il gelicidio che negli ultimi giorni ha afflitto la capitale trasformandola in un grigio scenario da fine dei tempi, tra alberi ghiacciati e lastre di ghiaccio volanti che, staccandosi dai tetti, provano a dimezzare i capi di ignari passanti. Il mese è iniziato in pompa magna, con la grande celebrazione per l’inaugurazione del semestre di presidenza dell’UE, e si chiude mestamente tra le critiche di Bruxelles, il leu in caduta libera, e il ritorno dei fantomatici archivi della Securitate, pronti a decapitare, proprio come le lastre di ghiaccio di Calea Victoriei, la carriera politica di rampanti uomini nuovi.

La presidenza più bistrattata

Nessuno stato membro all’alba del suo turno di presidenza ha ricevuto più critiche e sberleffi della povera Romania; persino l’uomo che più di ogni altro dovrebbe difenderla, il presidente Klaus Iohannis, l’ha definita totalmente impreparata a guidare la combriccola europea: da queste parti, a quanto pare, ogni scarrafone non è bello a mamma sua. Da Bruxelles sono arrivate e continuano ad arrivare critiche per il modo in cui il paese è governato, e per il mancato rispetto di standard politici da tempo richiesti. Delle critiche paternaliste di cui oggettivamente si poteva anche fare a meno. Lungi da noi difendere il governo a guida socialista, puntualmente falcidiato da chi scrive, e non solo. Tuttavia, il resto del continente non pullula certo di statisti illuminati, e accanirsi contro la Romania all’inizio della sua prima presidenza è sembrato uno sparare sulla croce rossa. In compenso, Bucarest è tornata, almeno per un mese, al centro della scena giornalistica europea. E’ stato bello stare essere protagonisti. Adesso torniamo nel nostro microcosmo di generale disinteresse. Salvo cataclismi (che non possiamo comunque escludere), ci si rivede a giugno, quando arriva il Papa.

Il leu crolla

Come se non bastasse la malinconia da fine della festa, la partenza dei giornalisti e dei riflettori europei è coincisa con il crollo del leu, che attraversa una delle sue più acute svalutazioni dal 2012. Al momento della stesura di queste righe, un euro viene cambiato con 4,77 lei. I più pessimisti dicono che nel giro di qualche giorno potremmo arrivare a 1 euro per 5 lei. Secondo gli analisti, la svalutazione si deve alle ultime misure fiscali non particolarmente lungimiranti del governo, che hanno causato la sfiducia degli investitori. Per rendere il tutto più interessante e dinamico il PSD (partito social-democratico) ha accusato la Banca Nazionale di portare avanti un mirato progetto di svalutazione del leu, probabilmente su ordine di qualche demoniaco potere occulto straniero. Immaginiamo già Soros trattare e cospirare contro il leu insieme ai tecnici della Banca Nazionale, sorseggiando bourbon e accarezzando un gatto persiano bianco.

La Securitate è viva e lotta insieme a noi

La Romania probabilmente non si libererà mai della Securitate, la terribile polizia politica di Ceausescu. Anche se fisicamente non è più tra noi (e anche su questo, forse, ci sarebbe da discutere), essa aleggia nelle impolverate carte degli archivi; il suo ricordo è pronto a riemergere per arginare sul nascere nuove carriere politiche. L’ultimo a farne le spese è stato Dacian Ciolos, ex primo ministro, fondatore di un nuovo partito (PLUS), con il quale correrà alle europee. Pochi giorni dopo l’ufficializzazione della nascita del nuovo soggetto politico, ha fatto capolino sulla scena pubblica romena una notizia: il padre di uno dei collaboratori di Ciolos è stato un ufficiale della Securitate. Apriti cielo, scandalo, cataclisma, gogna. Il popolo delle anime candide si è levato contro il povero Ciolos che, in un momento di rassegnata e sconsolata sincerità, si è lasciato andare ad un commento mortifero per i suoi sondaggi. Egli ha infatti fatto notare che, se si dovesse eliminare dalla scena chiunque abbia avuto anche un solo lontano rapporto con la Securitate, allora non resterà più nessuno a far politica, dal momento che tutti per un motivo o per l’altro ci hanno avuto a che fare. Affermazione politicamente infelice ma umanamente condivisibile, che Ciolos ha poi ritrattato nei giorni seguenti sulla scia della pubblica indignazione. Caro Dacian, tutta la nostra compassione: forse per la prima volta, dopo tanti anni, qualcuno a Bucarest ha finalmente detto ciò che sentiva. E’ stato ripagato con una lastra di ghiaccio in testa. Per fortuna l’inverno finirà, il ghiaccio si scioglierà, e forse, prima o poi, qualcun altro si azzarderà a dire ciò che pensa senza il timore di essere (figuratamente) decapitato.
--- Termina citazione ---

TheDarkSider:

--- Citazione da: Frank - Febbraio 01, 2019, 20:11:24 pm ---http://www.eastjournal.net/archives/95576

--- Termina citazione ---
Della barzellatta di affidare la presidenza di turno UE a un governo totalmente inadeguato in Romania, come ammesso dallo stesso presidente rumeno, ne ha parlato tutta la stampa internazionale.

Solo la patetica stampa nostrana ha totalmente ignorato la notizia, perche' sia mai che passi l'idea che l'Italia non e' il paese peggiore della Terra, e che in Europa c'e' chi e' messo molto peggio.

Frank:
Del resto l'esterofilia dell'italiano medio deriva anche e soprattutto dal fatto che i media nostrani si guardano bene dal mettere in evidenza, in maniera dettagliata, le magagne altrui.
Non a caso, ormai da tempo, porto avanti questa battaglia anti-esterofili; perché un conto è l'autocritica - che è cosa buona e giusta - e un conto è il disfattismo, di cui è realmente impregnato l'italiano medio, specie se di sesso maschile.
Come ho già avuto modo di scrivere, mai riscontrato qualcosa del genere in rumeni e albanesi, ossia gente proveniente da paesi ben peggiori del nostro e che fino a non molti anni fa erano nella merda più totale.

Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Bosnia-Erzegovina-lo-scandalo-dei-diplomi-falsi-192451


--- Citazione ---Bosnia Erzegovina: lo scandalo dei diplomi falsi

Un'inchiesta realizzata dal due giornalisti del portale bosniaco Žurnal mette in luce lo scandalo dei diplomi falsi e la scarsa attenzione prestata a questo fenomeno da parte degli organi giudiziari

05/02/2019 -  Zdravko Ljubas
(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle  , il 30 gennaio 2019)

Trovare lavoro in Bosnia Erzegovina, un paese schiacciato dalla burocrazia, disoccupazione e crisi economica, è come vincere alla lotteria. Per coloro che possiedono un titolo di studio è un po’ più facile trovare un impiego, ma i datori di lavoro raramente si chiedono come sia stato conseguito il diploma, ovvero se sia accompagnato da adeguate competenze.

Da ormai molto tempo, più precisamente dalla fine della guerra degli anni Novanta, in cui sono andati distrutti e smarriti numerosi diplomi, attestati e registri di molte scuole superiori e università, è un segreto di pulcinella che in Bosnia Erzegovina molte persone hanno conseguito un titolo di studio in modo illecito.

Sembra che negli ultimi 24 anni il business dei diplomi veloci sia stato portato alla perfezione. Un’inchiesta su questo argomento, realizzata da Azra Omerović e Avdo Avdić, giornalisti del portale Žurnal, ha suscitato una vera e propria bufera, dimostrando come la criminalità organizzata e la corruzione arrivino fino alle più alte istituzioni statali ed evidenziando tutte le debolezze del sistema giudiziario bosniaco-erzegovese.

Conseguire un diploma senza sostenere nemmeno un esame
Il piano era semplice. Nel tentativo di ottenere un diploma falso, ovvero veloce, la giornalista Azra Omerović ha contattato un uomo, una persona che fungeva da tramite, e in poco più di due settimane, senza aver assistito a una sola lezione e senza aver superato alcuna prova, ha ricevuto il diploma di tecnico sanitario rilasciato dalla Scuola superiore di Sanski Most.

“Qui non si tratta solo di diplomi di scuola superiore. Quello stesso Senad Pehlivanović ci ha offerto anche un diploma di laurea. Potevamo scegliere la facoltà”, dice alla Deutsche Welle il giornalista del Žurnal Avdo Avdić.

“Se avessimo avuto più tempo e risorse a disposizione, avremmo potuto ottenere il diploma di laurea della Facoltà di Giurisprudenza, senza dover assistere ad alcuna lezione e senza dover sostenere alcun esame. E poi con quella laurea probabilmente saremmo riusciti a trovare un impiego come collaboratori presso qualsiasi organo giudiziario in Bosnia Erzegovina. Abbiamo le prove che alcune persone attualmente impiegate nelle istituzioni giudiziarie si sono laureate in questo modo presso la Facoltà di Giurisprudenza o uno degli istituti di istruzione superiore, dove peraltro lavorava anche Senad Pehlivanović ”, afferma Avdić.

Il fenomeno della criminalità organizzata
Stando alle sue parole, il problema è molto più profondo di quanto si pensi, perché si tratta evidentemente di “una criminalità ben organizzata che opera sotto l’egida della stato e con la tacita approvazione degli organi giudiziari”.

“Senad Pehlivanović è un dipendente pubblico il cui compito era solo quello di mediare tra soggetto erogatore e destinatario del diploma. Si potrebbe dire che era un commercialista, mentre le vere menti dell’intera operazione sono da ricercare negli assetti proprietari di vari istituti di istruzione, ovvero nei partiti politici legati a questi istituti e da essi finanziati”, spiega Avdić.

Per quanto possa sembrare innocua, questa vicenda potrebbe avere conseguenze molto serie a lungo termine. Secondo Avdić, questo caso rivela l’esistenza di seri problemi che costituiscono una minaccia per l’intera società bosniaca. “Tra qualche anno, se non prima, potrebbe capitarvi di essere curati da un medico o giudicati da un giudice che ha conseguito il suo diploma in questo modo, e il paese potrebbe finire per essere governato da persone con un diploma conseguito in questo modo”.

Lo scandalo dei diplomi falsi non ha scosso solo la Bosnia Erzegovina, ma anche altri paesi della regione, dal momento che le controverse scuole superiori e università in Erzegovina, Bosnia centrale e Republika Srpska risultano attraenti anche per i cittadini dei paesi vicini. I giornalisti del Žurnal, insieme ai loro colleghi dell’emittente televisiva croata Nova Tv, sono venuti in possesso di alcuni documenti che dimostrano come un vigile del fuoco di Kostajnica in Croazia, che possiede un diploma di una scuola superiore di Široki Brijeg in Bosnia Erzegovina, non sia mai stato nel territorio bosniaco nel periodo di svolgimento degli esami.

Poco dopo lo scoppio dello scandalo dei diplomi falsi in Bosnia Erzegovina sono arrivate le reazioni anche da alcune organizzazioni croate, tra cui l’Associazione croata degli infermieri che ha sottolineato che in Croazia solo chi possiede adeguate competenze può lavorare come infermiere, mentre i “falsi” infermieri non riuscirebbero mai a soddisfare i loro severi criteri.

Anche altri paesi dell’Unione europea potrebbero trovarsi di fronte a falsi professionisti provenienti dalla Bosnia Erzegovina. La Germania resta una delle mete preferite dai bosniaco-erzegovesi che decidono di emigrare, e vi è una costante richiesta di personale medico-tecnico di diversi profili. Stando alle stime ufficiali, negli ultimi 10 anni dalla Bosnia Erzegovina sono emigrati circa 250.000 cittadini, ma il numero effettivo degli espatriati è probabilmente molto superiore.

Il trend emigratorio non accenna a diminuire, anzi sono sempre di più le persone, soprattutto giovani, che cercano in ogni modo di lasciare la Bosnia Erzegovina dove, stando ai dati della Banca mondiale, il tasso di disoccupazione si attesta al 20%, mentre il 17% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Molti cittadini bosniaco-erzegovesi scelgono di emigrare pur avendo un lavoro, perché percepiscono uno stipendio – spesso molto inferiore allo stipendio medio mensile che si aggira attorno ai 850 marchi (circa 430 euro) – che non è sufficiente a garantire nemmeno la mera sopravvivenza.

Servono indagini, non revisioni
È sorprendente che la vicenda dei diplomi falsi non abbia suscitato alcuna seria reazione da parte delle istituzioni bosniache né tanto meno la richiesta di dimissioni dei responsabili. L’unico a reagire è stato il Comitato per l’educazione, scienza, cultura e sport della Camera dei rappresentanti del parlamento della Federazione BiH, che ha lanciato un’iniziativa per la revisione dei titoli di studio dei propri membri.

Avdo Avdić ritiene che la revisione dei diplomi non sia sufficiente a risolvere la questione. “È ormai prassi diffusa tra i rappresentanti delle istituzioni statali lanciare iniziative per la revisione dei diplomi. Ma questo è l’ultimo dei problemi. La cosa fondamentale, secondo me, è sottoporre al controllo l’operato delle istituzioni che rilasciano questi diplomi. Se guardate i documenti, attestati e diplomi che siamo riusciti a ottenere, vedrete che vi è scritto che il destinatario del diploma si è iscritto regolarmente al corso prescelto, ha superato tutti gli esami e al termine del percorso di studio della durata di due anni ha ottenuto il diploma. Se qualcuno avesse esaminato uno di questi diplomi prima della pubblicazione della nostra inchiesta, non avrebbe notato nulla di strano”, afferma Avdić.

Stando alle sue parole, ciò che preoccupa di più è la debole reazione degli organi giudiziari. “Nessuna istituzione giudiziaria – tranne la procura del cantone Una-Sana che ha aperto un’inchiesta contro la scuola di Sanski Most e contro Senad Pehlivanović – ci ha chiesto di poter prendere visione del controverso diploma per accertare se si tratta di un reato di criminalità organizzata. La procura della Bosnia Erzegovina ci ha chiesto informazioni, comprese quelle relative alle nostre fonti, sulla base delle quali abbiamo sviluppato la nostra inchiesta, ma non ci ha chiesto il diploma”, spiega Avdić.

Aggiunge inoltre che il portale Žurnal continuerà a indagare sulla questione e a pubblicare quanto scoperto. Quello dei diplomi falsi non è il primo scandalo svelato dai giornalisti di questo media indipendente, il cui obiettivo è quello di mettere a nudo tutte le irregolarità, e soprattutto le collusioni tra potere politico e criminalità organizzata in Bosnia Erzegovina, che nell’ultimo indice di percezione della corruzione, stilato da Transparency International, occupa l’89° posto su un totale di 180 paesi presi in considerazione.
--- Termina citazione ---




--- Citazione ---“Se avessimo avuto più tempo e risorse a disposizione, avremmo potuto ottenere il diploma di laurea della Facoltà di Giurisprudenza, senza dover assistere ad alcuna lezione e senza dover sostenere alcun esame. E poi con quella laurea probabilmente saremmo riusciti a trovare un impiego come collaboratori presso qualsiasi organo giudiziario in Bosnia Erzegovina. Abbiamo le prove che alcune persone attualmente impiegate nelle istituzioni giudiziarie si sono laureate in questo modo presso la Facoltà di Giurisprudenza o uno degli istituti di istruzione superiore, dove peraltro lavorava anche Senad Pehlivanović ”, afferma Avdić.
--- Termina citazione ---

"Certe cose accadono solo in Italia! "
Italiano medio docet.
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--- Citazione ---Indice di corruzione, i Balcani peggiori d’Europa
Pietro Aleotti  3 giorni fa

Nei giorni scorsi Transparency International, un’organizzazione che ha la propria ragione fondante nella lotta alla corruzione nel settore pubblico, ha pubblicato i risultati relativi alla valutazione dell’indice di percezione della corruzione, misurata in 180 paesi in tutto il mondo. La situazione per i paesi balcanici è tutt’altro che lusinghiera essendo stabilmente collocati agli ultimi posti della classifica europea, meglio solo di Russia ed Ucraina.

La metodologia

Dal 1995 Transparency International presenta questi dati con cadenza annuale offrendo, così, uno spaccato della situazione a livello globale. Il grado di corruzione viene espresso tramite un indice, denominato “Indice di Percezione della Corruzione” (Corruption Perception Index, CPI), calcolato incrociando i dati ufficiali provenienti da varie istituzioni indipendenti, e attinenti diversi aspetti della corruzione. Tra gli altri: l’uso dei fondi pubblici e la loro diversione, l’esistenza di leggi sul conflitto di interessi, la lotta alla corruzione, il livello di burocratizzazione, l’autonomia dei media e altri ancora. Il CPI è espresso su una scala da 0 a 100, dove 0 indica il massimo grado di corruzione e 100 la sua completa assenza.

I dati

L’Europa occupa ben sette delle prime dieci posizioni tra i paesi più virtuosi, inclusa quella di testa con la Danimarca. Il valore medio dei paesi dell’Unione europea è di 66, superiore a quello medio globale di oltre 20 punti.
La situazione dei paesi balcanici è, invece, di gran lunga peggiore: tutti i paesi dell’area occupano posizioni medio basse nel ranking generale. In ragione di un CPI medio di soli 41 punti, Serbia, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia e Albania si collocano tra l’ottantottesimo e il centesimo posto della classifica e solo Croazia (60) e Montenegro (68) appaiono leggermente più in salute.

A dare una connotazione ulteriormente negativa ai dati forniti da Transparency International contribuisce l’analisi del trend di questi stati: dal 2012 (anno dal quale la rilevazione viene fatta con la metodologia attuale) al 2018 non si rileva alcun segnale di miglioramento e, rispetto allo scorso anno, tutti i paesi dei Balcani occidentali hanno, viceversa, peggiorato il proprio punteggio, con la sola eccezione della Macedonia.

I singoli casi

Nonostante la lotta alla corruzione sia una delle condizioni imposte dalle istituzioni europee per l’ingresso nell’UE, nessuno degli stati candidati o aspiranti tali ha fatto, dunque, sforzi apprezzabili sul tema.

In Serbia, ad esempio, il tentativo di porre sotto il proprio controllo le istituzioni pubbliche preposte al mantenimento dello stato di diritto è stato evidenziato dall’associazione dei giudici serbi che, con un comunicato di rara durezza, ha definito la bozza di riforma costituzionale presentata dal governo un tentativo di “ampliare la possibilità di influenza politica sul sistema giudiziario”. Un potere giudiziario debole è sicuramente meno efficace ad indagare l’ambito politico dal quale risulta, al contrario, assoggettato.  Un quadro negativo cui si deve aggiungere, secondo quanto riportato da Transparency Serbia, la tendenza a non intervenire nemmeno in casi in cui la corruttela sarebbe comprovata da indagini giornalistiche o da quelle delle autorità investigative.

In altri contesti il problema si origina da un vuoto di natura legislativa e, più, in generale, dalla debolezza delle istituzioni: è il caso, ad esempio, del Kosovo dove, a fronte dell’esistenza di ben quattro organi preposti alla vigilanza, la poca chiarezza nella suddivisione di ruoli e di compiti ha creato sovrapposizioni e inefficienze, vanificandone di fatto l’operato. Attraverso il meccanismo del finanziamento pubblico dei partiti, inoltre, la corruzione può persino influenzare l’esito delle elezioni politiche: un sospetto in tal senso è quello che, secondo quanto riportato da Transparency International, riguarderebbe le ultime tornate elettorali in Montenegro e in Bosnia Erzegovina.

Ultima tra i paesi balcanici con il suo centesimo posto, l’Albania soffre di gran parte delle problematiche appena descritte: è di pochissimi giorni fa la raccomandazione con la quale il Fondo Monetario Internazionale esorta Tirana ad intraprendere più efficaci e puntuali misure anti-corruzione, come condizione indispensabile per il rilancio economico del paese e come incentivo alla ripresa del mercato del lavoro consentendo, così, un più efficace contrasto al fenomeno dell’emigrazione.

Un problema per la democrazia

Spesso benevolmente derubricato a malcostume, per quanto esecrabile, quello della corruzione è dunque un problema che investe la sfera democratica dei paesi coinvolti, con impatti pesanti anche sul piano economico e sociale. Negli ultimi anni al tentativo di molti dei governi dell’area di aumentare la propria influenza e il proprio controllo sulle istituzioni e sui mezzi di informazione si è aggiunta una diffusa recrudescenza del conflitto con le organizzazioni non governative e, più in generale, con gli oppositori politici.

Un clima, questo, che favorirebbe il proliferare di pratiche corruttive, come osservato dalla presidente stessa di Transparency International secondo la quale  la “corruzione pubblica ha maggiore possibilità di prendere piede in un contesto dove le basi democratiche sono più deboli”.
--- Termina citazione ---

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