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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est

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Frank:
https://www.eastjournal.net/archives/105818


--- Citazione ---BULGARIA: Un’altra democrazia sacrificata al Covid-19?
Raffaele Mastrorocco 2 giorni ago

L’emergenza covid-19 sembra aver accelerato la deriva autoritaria di alcuni Paesi offrendo ai governi la possibilità di prendere misure straordinarie volte ad aumentare il controllo sulle istituzioni. Esempio lampante sono i casi di Polonia e Ungheria, che rappresentano un campanello d’allarme per i sistemi democratici di altri Stati membri dell’UE ritenuti da sempre più fragili rispetto a quelli dei due Paesi Visegrad, come ad esempio la Bulgaria. Anche Sofia ha adottato una serie di misure di emergenza che potenzialmente minano il funzionamento della democrazia e ledono i diritti dei cittadini. E’ davvero l’ennesimo colpo fatale inferto alla democrazia, o si tratta di “semplici” misure transitorie dettate dalla straordinarietà del caso?

Il coronavirus e le misure bulgare

Attualmente, la Bulgaria è tra i Paesi dell’Ue meno colpiti dal coronavirus con 1955 casi registrati, ma che non ha ancora raggiunto il picco dei contagi secondo l’European center for disease control. Prima dei due casi di covid-19 registrati l’8 marzo, il governo bulgaro ha cercato di non farsi trovare impreparato adottando misure preventive quali il divieto di eventi culturali pubblici al chiuso. Inoltre, già a fine febbraio risale l’istituzione del Consiglio d’emergenza nazionale capitanato dal generale del servizio sanitario militare Ventsislav Mutafchiyski, incaricato di monitorare e dirigere le operazioni per il contenimento della diffusione del virus nei confini nazionali.

Probabilmente consapevole dell’incapacità del sistema sanitario bulgaro di far fronte alla pandemia, il primo ministro Borisov non ha atteso che i casi aumentassero ulteriormente per adottare misure più restrittive. Il 13 marzo il parlamento ha votato all’unanimità lo stato di emergenza: è stata imposta la quarantena obbligatoria a chi fa ritorno da Paesi che registravano casi di covid-19, la chiusura di bar, pub e ristoranti e quella di scuole e università. Sebbene la gestione della crisi abbia peccato di disorganizzazione – specialmente per quanto riguarda l’obbligo delle mascherine in pubblico, le difficoltà per la digitalizzazione dell’educazione scolastica e la carenza di strumenti adatti alla diagnosi del virus e protezione dal contagio del personale medico –  le preoccupazioni sulle misure applicate non riguardano tanto la loro efficacia quanto gli effetti collaterali sul sistema democratico del Paese. L’ufficio del Procuratore ha assunto un ruolo sempre più importante nella gestione della crisi, limitando anche la libertà di parola. È infatti singolare il caso dei due dottori di un ospedale di Plovdiv che, dopo aver scritto una lettera alle autorità locali lamentando la mancanza di attrezzature adatte contro il covid-19, sono stati indagati dalla procura per aver diffuso il panico.

Le critiche non sono mancate anche da parte del presidente bulgaro Radev. Il 22 marzo, questi ha imposto il veto su una proposta di legge sulle misure e azioni da adottare durante lo stato di emergenza a causa della definizione troppo vaga di ‘fake news’. Secondo il presidente, l’assenza di una definizione ben precisa del termine avrebbe lasciato spazio a un’ulteriore deterioramento della libertà di stampa nel Paese, che per il terzo anno consecutivo si piazza al 111° posto nell’Indice mondiale  di Reporter senza frontiere. Il giorno seguente, per accelerare la risposta alla crisi, il parlamento vota con una maggioranza schiacciante la proposta di legge del governo rivista. La legge, entrata in vigore retroattivamente al 13 marzo, apre però un vuoto legislativo non indifferente in quanto la costituzione bulgara non definisce chiaramente il concetto di stato di emergenza, lasciando quindi spazio a eventuali ritorsioni su questioni riguardanti diritti umani e stato di diritto. Inoltre, introduce la possibilità per le forze di polizia di richiedere e ottenere dagli operatori telefonici dati sensibili come posizione geografica, cronologia dei siti visitati e registri dei contatti chiamati dei cittadini in quarantena obbligatoria. Con una nuova norma, varata il 23 marzo, sono state affidate all’esercito funzioni di polizia per contribuire al monitoraggio degli spostamenti dei cittadini. La misura più grave viene promulgata il 26 marzo, quando il parlamento vota per entrare in modalità d’emergenza con il pretesto di proteggere anche i parlamentari dalla pandemia e potendosi quindi riunire esclusivamente per questioni riguardanti l’emergenza. Il partito socialista bulgaro (BSP), che ha espresso un voto sfavorevole alla proposta, ha poi accusato la maggioranza di voler instaurare una dittatura. Nonostante la legge preveda che una seduta parlamentare possa essere convocata da presidente, consiglio dei ministri, presidente dell’Assemblea nazionale o un quinto dei parlamentari (e quindi, anche dall’opposizione), il primo tentativo di BSP di richiesta di interrogazione di Borisov al parlamento è stato boicottato dal partito del premier, GERB.

La sera del 12 maggio, in una seduta straordinaria del parlamento, è stata approvata una nuova legge che permette al Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di situazione epidemica al termine dello stato d’emergenza. La fretta con cui è stata votata la legge è stata oggetto di critiche da parte di Radev, che ha accettato comunque il testo della proposta così com’era per evitare ritardi nelle misure a sostegno dell’economia. Il 13 maggio, terminato lo stato d’emergenza, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato d’epidemia fino a metà giugno; la nuova condizione lascia le misure emergenziali sostanzialmente invariate, permettendone l’estensione ma senza suscitare le preoccupazioni legate alle lacune costituzionali dello stato d’emergenza. A ogni modo, Radev ha fatto ricorso alla Corte costituzionale bulgara contro la nuova legge, preoccupato per la mancanza di un limite della durata massima della situazione d’epidemia (che ne permetterebbe l’ulteriore estensione da parte del Consiglio dei ministri), di criteri definiti per valutarne la necessità e delle restrizioni esagerate utilizzate per tali circostanze.

L’importanza di essere leader

Sebbene lo stato d’emergenza abbia offerto l’occasione al governo per aumentare la stretta sul Paese a causa delle lacune costituzionali, l’opposizione è riuscita a porre un freno a una deriva autocratica della Bulgaria. Tuttavia, Borisov non ha intenzione di uscire penalizzato per una gestione sbagliata della crisi. Per questo motivo, ha cercato di mostrarsi in grado di assumere un ruolo di leader nella crisi in modo tale da accrescere il consenso politico intorno a lui. Quando è diventato chiaro che il generale maggiore Mutafchyiski stava riscuotendo più successo di lui nel coordinamento delle misure, Borisov è apparso di sorpresa in tv annunciando la fine dei briefing quotidiani del Consiglio d’emergenza e sottolineando che il generale era stato scelto dal premier stesso. Inoltre, con l’incertezza sulla ripartenza del settore turistico, la disoccupazione in crescita soprattutto tra i lavoratori stagionali e un calo del PIL pari al 7,2% secondo la Commissione europea, molti bulgari sono preoccupati per le conseguenze economiche del coronavirus. In questo contesto rientrano le misure populiste come il congelamento degli stipendi dei parlamentari, l’obbligo per i supermercati di vendere prodotti bulgari o anche l’acceleramento del processo di adesione all’euro. In questo modo, Borisov sta cercando di portare a casa qualsiasi tipo di risultato che possa mettere al sicuro il proprio futuro politico, sbarrando la strada a chiunque possa rubarli il ruolo di guida del Paese.
--- Termina citazione ---

Vicus:
Leggendo questi resoconti, mi vien da pensare che l'asse franco-tedesco ci voglia ridurre come un Paese balcanico.

fritz:
I paesi dell'Europa dell'Est hanno belle fighe, per carità. Ma sono profondamente poveri, a parte qualche piccola eccezione. Nemmeno la R. Ceca ne è esente, se escludiamo qualche città.

Le donne sono spesso troie, non a caso ne ritroviamo uno spropositato numero tra le attrici porno. Calcolatrici e fredde, ci sono anche le eccezioni, certo.

Frank:
https://www.eastjournal.net/archives/105907


--- Citazione ---POLONIA: Nuova procedura d’infrazione UE per l’indipendenza della giustizia
redazione 11 ore ago

di Maria Savigni

Dopo la condanna di un mese fa in tema di richiedenti asilo, il conflitto tra Varsavia e Bruxelles non sembra destinato ad arrestarsi. Il 29 aprile, infatti, è stata aperta una procedura di infrazione nei confronti della Polonia per la nuova riforma della giustizia, accusata di minare l’indipendenza della magistratura e lo Stato di diritto.

La riforma

La riforma, promossa dal partito di governo, Diritto e Giustizia (PiS), è stata approvata dal parlamento lo scorso dicembre ed è entrata in vigore il 14 febbraio. La normativa introduce modifiche sostanziali in tema di responsabilità disciplinare della magistratura, ufficialmente allo scopo di prevenire “abusi di potere” da parte dei giudici.

Già in fase di discussione parlamentare l’iniziativa ha scatenato proteste sia da parte della società civile che dagli stessi giudici. Nel mirino, la malcelata volontà del PiS di voler introdurre una forma di controllo politico sull’operato della magistratura.

Le violazioni

La risposta di Bruxelles alla riforma del sistema giudiziario non si è fatta attendere. A fine aprile è stato comunicato al governo polacco l’avvio della procedura di infrazione per gravi violazioni dello Stato di diritto. Ciò poiché i giudici polacchi, nella propria veste giurisdizionale, sono anche responsabili dell’interpretazione e applicazione diretta del diritto europeo. La questione della giustizia polacca, in altre parole, è anche una questione europea.

Nello specifico, la Commissione denuncia l’ampliamento della nozione di illecito disciplinare, in grado di includere un numero elevato di decisioni giurisprudenziali e diventare una ‘spada di Damocle’ nei confronti del potere giudiziario. Tra i casi di illecito, infatti, è compresa la stessa contestazione delle riforme giudiziarie da parte della magistratura. Tra le sanzioni è prevista la sospensione e anche la decadenza dal ruolo di giudice.

In secondo luogo, la legge attribuisce in via esclusiva la competenza in tema di indipendenza della magistratura a una nuova Camera di controllo straordinario della Corte Suprema. La riforma finisce dunque per sottrarre alle Corti polacche la possibilità di applicare il diritto europeo, sia direttamente sia attraverso il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE. Questa previsione è incompatibile sia con i principi dello Stato di diritto sia con il primato del diritto europeo su quello nazionale.

Infine, la nuova disciplina impone ai giudici di trasmettere al governo alcune informazioni specifiche sulle proprie attività extra-professionali, una previsione inconciliabile con la disciplina europea in materia di privacy e rispetto della vita personale.

Gli scenari

Il governo polacco ha ora due mesi di tempo per inviare una risposta formale alla Commissione europea, dopodiché la Commissione potrà inoltrare un nuovo richiamo. Nel caso in cui gli avvertimenti comunitari non producano risultati, l’esecutivo comunitario potrà portare la questione alla Corte di Giustizia.

Le dichiarazioni di Věra Jourová, commissaria europea alla giustizia, preannunciano l’intenzione di proseguire con la procedura di infrazione nel caso in cui il governo di Varsavia non ritiri o modifichi in modo incisivo la riforma. La Corte di Giustizia si era già pronunciata su una modifica della composizione dei giudici della Corte Suprema, costringendo il PiS a ritirare la precedente riforma. L’attacco politico alla Corte Suprema nazionale è continuato negli anni e a fine aprile ha avuto il suo successo, con la resa della presidente Małgorzata Gersdorf, da tempo nel mirino delle invettive del PiS.

Le precedenti censure dell’Unione non hanno frenato il processo di smantellamento dello Stato di diritto avviato dal PiS, abile nel serrare i ranghi nel momento dello scontro. Il ministro della Giustizia ha sottolineato come l’Unione Europea voglia imporre a tutti i costi la propria visione, aggiungendo che “se apriamo la porta sulla riforma giudiziaria, ci imporranno il matrimonio omosessuale”.

Nel caso si arrivi a un punto di non ritorno, la Commissione europea potrebbe decidere di ricorrere alla procedura secondo l’articolo 7 dei trattati UE, prevista in caso di “violazione grave e persistente dei principi sui quali poggia l’Unione”. Tale procedura permetterebbe di arrivare fino alla sospensione dei diritti di voto della Polonia nelle istituzioni europee  tra cui vi è lo Stato di diritto. Tuttavia, è necessario il voto all’unanimità del Consiglio europeo, uno scenario difficile da ipotizzare che necessiterebbe dell’improbabile voto favorevole dell’Ungheria, solido alleato di Varsavia – ed essa stessa oggetto di una procedura secondo l’articolo 7 sin dal 2015.

In uno scenario ancora più estremo, la Commissione potrebbe chiedere una pronuncia del Consiglio europeo nei confronti di Polonia e Ungheria, congiuntamente. Si tratta, naturalmente, di un’ipotesi ben lontana, dato che la procedura di infrazione è ancora nella fase iniziale. Il tramonto di una democrazia, invece, può avvenire molto più rapidamente.
--- Termina citazione ---

Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Balcani/Ue-sempre-di-meno-sempre-piu-anziani-200096


--- Citazione ---Ue: sempre di meno, sempre più anziani

Una raccolta di dati dell’EPRS delinea il futuro demografico dell’UE. Nel 2080, se si manterranno i trend attuali, scenderemo dai 513,5 milioni attuali a 504,5. E non si fermerà l'emorragia di popolazione dalla campagne. Uno sguardo che dalla situazione globale arriva al sud-est Europa

21/05/2020 -  Miriam Santoro
Uno studio  presentato dal servizio di ricerca del Parlamento europeo (EPRS) offre un’interessante panoramica sulle prospettive demografiche dell’UE e dei paesi di tutto il mondo. Il report analizza come la demografia influenzi i settori più disparati, dall’economia al mercato del lavoro, dalle pensioni alla sanità, dall’ambiente al cibo e nutrizione. Nel contesto dell’UE, è interessante vedere che spesso i dati relativi alla situazione nei paesi dei Balcani divergano e contrastino con quelli relativi agli stati membri Ue.

Crescita lenta ed invecchiamento della popolazione: queste sono le due maggiori tendenze in Europa che emergono nella prima sezione del report. Dal 1960 al 2019 infatti, la popolazione dell’Unione europea è cresciuta da 406,7 milioni a 513,5 ma si prevede un'inversione di tendenza nel prossimo futuro (da 524,7 milioni di persone nel 2040 a 504,5 milioni nel 2080). Il quadro europeo contrasta con la costante ed intensa crescita demografica a livello globale, protagonista degli ultimi decenni: da circa 3 miliardi di persone nel 1960, la popolazione ha raggiunto i 7.7 miliardi nel 2019 e si prospetta che crescerà ulteriormente fino a raggiungere i 10 miliardi nel 2057.

L’invecchiamento della popolazione dell’UE è una situazione comune a tutti i paesi membri: nel 2050, solamente due persone in età lavorativa provvederanno al sostentamento di una persona over 65, contro i dati del 2001 secondo cui per ogni anziano over 65 erano attive 4 persone in età lavorativa. Nel 2070, la Croazia raggiungerà l’età media più alta d’Europa, 52,6 anni, una differenza notevole rispetto all’età media nel 1970 in Svezia (35 anni) e nel 2019 in Italia e Germania, 46 anni. Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione dipende da un diffuso incremento delle aspettative di vita e dal tasso di fecondità costantemente in discesa.

L’aumento della speranza di vita, conseguente ad un miglioramento della qualità della vita, è riscontrabile in tutti i paesi ‘’sviluppati’’. Negli anni resta comunque notevole la differenza tra uomini e donne: secondo i dati, in Europa l’aspettativa di vita è di 82.6 anni per le donne nel periodo 2015-2020 contro una media di 77.1 per gli uomini negli stessi anni (negli anni 1960-1965 era invece 72 per le donne  67.0 per gli uomini). Per quanto riguarda il tasso di fecondità, in tutta Europa si è verificato un declino: se fino al 1970 era del 2.1 per donna, nel 2017 è sceso a 1.59.

Migrazioni
Date queste premesse, il ruolo della migrazione diventa significativo: se è vero che i flussi migratori non possono modificare radicalmente in breve tempo la situazione demografica in Europa, essi sicuramente influiscono sul numero della popolazione e sul tasso di anzianità e a lungo termine avranno ripercussioni sul tasso di fecondità e sulla speranza di vita in tutta l’UE.

In generale, tutto il pianeta sta assistendo ad un invecchiamento: gli over 65 cresceranno da 612 milioni nel 2015 a più di 1.5 miliardi nel 2050. A questo proposito - secondo gli autori dello studio - può essere d’ispirazione osservare come il Giappone si prepara a fronteggiare questa situazione. Il paese infatti ha il tasso di anzianità più alto del mondo e affronterà un calo demografico in un futuro prossimo. Tra le misure adottate, l’introduzione di sistemi di automazione e il finanziamento della robotica in diversi settori ma per la prima volta si sta valutando anche l’idea di aprire le frontiere alla migrazione. Tuttavia, un intero continente fa eccezione: l‘Africa sarà il motore demografico del mondo con 2.5 miliardi di persone nel 2050. Secondo le statistiche, 1 persona su 4 in età lavorativa sarà di origine africana nel 2050: questa è un’opportunità per lo sviluppo dell’economia del continente anche se sarà necessario investire per una forza lavoro giovane ben istruita e competente e per garantire sufficienti offerte di lavoro.

Città e campagna
Spostandoci verso est, dalla Bulgaria, Croazia e Grecia emerge una situazione ben diversa: forti contrasti demografici possono essere osservati tra i centri urbani e le zone rurali - caratteristica in Europa soprattutto di questi paesi - e lo spopolamento di queste ultime è frutto della migrazione interna all’Unione europea. Le persone dai paesi del sud ed est Europa si spostano verso i centri urbani ed i paesi più sviluppati quali Germania e Regno Unito alla ricerca di lavoro, opportunità di carriera e prospettive economiche migliori.

Secondo un rapporto ESPON, entro il 2050 la popolazione delle aree urbane dovrebbe aumentare di 24,1 milioni di persone e questi centri ospiteranno circa la metà di tutta la popolazione dell'UE. La popolazione delle regioni prevalentemente rurali diminuirà invece di 7,9 milioni. Nei paesi sopracitati, il rischio di esclusione e povertà è il più alto d’Europa come lo è il pericolo della creazione di un circolo vizioso dovuto allo spopolamento che spingerà sempre più persone a lasciare questi territori. La percentuale più bassa di persone che usano internet su base giornaliera è stata registrata proprio nelle aree rurali di questi paesi. Tuttavia, le aree e le attività rurali rimangono un elemento fondamentale dell’economia e della società europea: il report presenta diversi vantaggi della vita rurale che spaziano dal vivere in un ambiente più pulito e una vita più sostenibile alle potenziali opportunità di lavoro in nuovi settori quali l’ecoturismo e l’economia circolare.

Cibo e demografia
Nell’ultima sezione del report, viene presentato un approfondimento sull’impatto del cibo e dell’alimentazione sulla demografia. A livello globale ed a livello europeo emergono due tendenze contrastanti. Nel primo caso infatti, la mancanza di quantità adeguata di cibo nutriente riduce le aspettative di vita. Secondo la FAO, nel 2050 il settore agroalimentare dovrà produrre il 50% in più di cibo per rispondere alla crescente domanda globale. Per arginare il problema, è necessario cambiare le abitudini alimentari (come abbandonare le proteine a base animale), migliorare la distribuzione del cibo, ridurre gli sprechi e finanziare progressi tecnologici nel settore agricolo. Inoltre, l’emancipazione femminile e l’educazione potrebbero rappresentare dei mezzi attraverso cui ridurre il tasso di fecondità.

A livello europeo, l’abbondanza di cibo malsano è la causa di malattie quali l’obesità, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. Tra le azioni necessarie per fronteggiare questa forma di malnutrizione viene proposta dal report l’educazione alimentare fin dalla prima infanzia, la promozione dell’attività fisica, il miglioramento della sicurezza alimentare migliorando i sistemi di etichettatura e la promozione della ricerca di sistemi alimentari nuovi e innovativi. Parallelamente all’aumento della diffusione dell’obesità, in Europa è evidente la crescita di carenze nutrizionali: secondo Eurostat, 36 milioni di persone in Europa non hanno accesso ad un pasto di qualità che includa carne, pollo, pesce o un equivalente vegetariano ogni due giorni. La Bulgaria registra la percentuale più alta di popolazione che soffre di questa grave deprivazione, 31,4%. L’accesso al cibo è difficoltoso per la metà delle famiglie a basso reddito dei nuovi stati membri dell'UE.

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network   ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0
--- Termina citazione ---

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