Autore Topic: La realtà dei paesi dell'Europa dell'est  (Letto 76637 volte)

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Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #465 il: Agosto 01, 2020, 19:49:27 pm »
Frank, ti volevo chiedere un parere su questi tre posti: Germania Est, R. Ceca e Ungheria.

Secondo te com'e' vivere li' per un paio di mesi? In R. Ceca e Ungheria come sono messi con l'inglese?

Edit

E a nazifemminismo come son messi?

fritz, con i soldi in tasca si può vivere bene in molti paesi di questo tormentato mondo... quindi anche in Germania, R.Ceca e Ungheria.

Non sono mai stato in Germania, (né dell'ovest né dell'est) ma credo saprai bene che quella orientale è più povera di quella occidentale, perciò cos'è che ti attrae di quel paese ?

Riguardo alla Repubblica Ceca e l'Ungheria posso dirti che da quelle parti ci son stato solo come turista e per pochi giorni (visitai Praga e Budapest).
In Ungheria le lingue straniere più parlate sono l'inglese e il tedesco (ma molti, soprattutto se anziani, parlano solo l'ungherese), tuttavia fuori Budapest l'inglese non è molto usato.
In R.Ceca l'inglese lo parlano soprattutto i giovani, ma anche in questo caso molti abitanti di quei luoghi parlano solo il ceco.
Inoltre i cechi sono solitamente freddi e distaccati e contrariamente a quanto credono molti italiani, le femmine "non te la sbattono in faccia".

Mi chiedi del "nazifemminismo", che io già reputo un errore definirlo tale, perché il femminismo dovrebbe essere definito misandrico e non nazista, per tutta una serie di motivi che ora non ho voglia di riesumare.
No, da quelle parti il femminismo non è radicato come in Italia, Spagna, Australia, Usa, ecc, però sappi che anche lì le femmine spaccano i maroni come in Italia, perché la loro indole è la stessa ovunque, in ogni tempo e in ogni luogo.


Offline fritz

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #466 il: Agosto 01, 2020, 21:15:07 pm »
La Germania Est la conosco perche' ci sono stato piu' volte. Pensavo che tu fossi molto piu' esperto perche' ti vedo spesso mettere post sull'Europa dell'Est.

Sono d'accordo sul fatto che le donne sono rompicoglioni ovunque; pero' almeno non finisci sotto un ponte o in galera solo per averci parlato o provato a parlarci, in quei luoghi...

Offline Vicus

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #467 il: Agosto 01, 2020, 22:27:50 pm »
Citazione
Inoltre i cechi sono solitamente freddi e distaccati e contrariamente a quanto credono molti italiani, le femmine "non te la sbattono in faccia".
Ho conosciuto una ceca, ricercatrice in biologia, era completamente apatica. Ora vive sola, ogni tanto si vede in un circolo con altre donne. In generale nei Paesi del'Est (Polonia, R. Ceca, forse Lituania) c'è un'atmosfera devitalizzata, la gente è spesso mesta dev'essere un residuo dell'era sovietica.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #468 il: Agosto 02, 2020, 00:02:45 am »
La Germania Est la conosco perche' ci sono stato piu' volte. Pensavo che tu fossi molto piu' esperto perche' ti vedo spesso mettere post sull'Europa dell'Est.

La realtà dell' Europa dell'est mi interessa per tutta una serie di motivi, ma questo non significa che abbia girato tutto l'est, anche perché per farlo ci vuole tempo e denaro, ed io che vivo (in affitto) per conto mio da eoni, non è che ne abbia molto...
Ne ho girati e conosciuti alcuni (Romania in primis, Albania in secundis), questo sì.


Citazione
Sono d'accordo sul fatto che le donne sono rompicoglioni ovunque; pero' almeno non finisci sotto un ponte o in galera solo per averci parlato o provato a parlarci, in quei luoghi...

Sì, ma in quei luoghi hanno altre rogne, che è sempre bene ricordare.
Per dire...
https://www.iene.mediaset.it/video/kanun-vendetta-famiglia-tradizione-albania_287916.shtml
Citazione
Il Kanun è una tradizione che sembra uscita dal Medioevo ma viene praticata ancora in alcune regioni dell'Albania. Consiste nel vendicare l'uccisione di un proprio familiare ammazzando un membro dell'altra famiglia. Luigi Pelazza ha incontrato le vittime di questa follia
Guarda la puntata del 27 gennaio
Il Kanun è una legge morale terribile. Consiste nel vendicare l'uccisione di un membro della propria famiglia uccidendo un membro dell'altra. Non c'è scappatoia, il cerchio si chiude solo quando il sangue è lavato con il sangue.

Questo non succede dall'altra parte del mondo ma vicino a noi, in alcune regioni dell'Albania.

Luigi Pelazza ha incontrato delle famiglie a cui è stata giurata vendetta. Le persone minacciate, spesso ragazzi giovani, sono costretti a vivere segregati in casa, non possono uscire nemmeno per andare a scuola, è l'insegnante ad andare a casa loro.

In questa tradizione ci sono persino dei cavilli, come se fosse una vera e propria legge. Per esempio, se la persona minacciata ha bisogno di uscire di casa per andare in ospedale, i mediatori delle due famiglie si accordano su un periodo di tregua per permettere le cure.

Di questa tradizione orribile, come ci mostra Luigi Pelazza nel suo servizio, c'è una traccia anche in Italia. Un uomo per legittima difesa ha ucciso un rapinatore albanese. I famigliari della vittima gli hanno giurato vendetta.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #469 il: Agosto 02, 2020, 00:05:49 am »
La Germania Est la conosco perche' ci sono stato piu' volte.

E com'è ?
Che idea ti sei fatto di quei luoghi ?

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #470 il: Agosto 02, 2020, 00:08:43 am »
Ho conosciuto una ceca, ricercatrice in biologia, era completamente apatica. Ora vive sola, ogni tanto si vede in un circolo con altre donne. In generale nei Paesi del'Est (Polonia, R. Ceca, forse Lituania) c'è un'atmosfera devitalizzata, la gente è spesso mesta dev'essere un residuo dell'era sovietica.

Sì, l'era sovietica c'entra molto e peraltro si ripercuote anche in ambito relazionale e sessuale.
Non a caso ho scritto più volte che, ad esempio, le rumene non sono affatto più disinibite delle italiane.
Anzi, casomai è il contrario.

Offline Vicus

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #471 il: Agosto 02, 2020, 01:27:31 am »
Non a caso ho scritto più volte che, ad esempio, le rumene non sono affatto più disinibite delle italiane.
No infatti sono molto riservate. Tranne quelle del mondo dello spettacolo, per ovvi motivi.
In Russia l'atmosfera è decisamente più allegra, ma S. Pietroburgo è una città benestante e non fa testo.
Sarebbe interessante sapere com'è la situazione in Ungheria, ma le ungheresi sono generalmente piene di gioia di vivere e pare alquanto intelligenti.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline fritz

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #472 il: Agosto 02, 2020, 01:54:53 am »
No infatti sono molto riservate. Tranne quelle del mondo dello spettacolo, per ovvi motivi.
In Russia l'atmosfera è decisamente più allegra, ma S. Pietroburgo è una città benestante e non fa testo.
Sarebbe interessante sapere com'è la situazione in Ungheria, ma le ungheresi sono generalmente piene di gioia di vivere e pare alquanto intelligenti.

Vicus ... Ha ragione Frank. Tutto il mondo e' paese quando si parla di donne, non ti fare illusioni. In Russia le donne non sono affatto piu' allegre ...

Le ungheresi non lo so, devo andarci tra qualche mese e vi dico.

Offline Vicus

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #473 il: Agosto 02, 2020, 03:10:14 am »
Sono lieto di sapere che sei stato anche tu in Russia. Le russe sono in media più allegre delle altre donne dell'est, polacche specialmente, che sono meste per usare un eufemismo.
Poi in Polonia sono andato per tenere una conferenza all'università, non per andare a battone o a discoteche dove sono certo che le donne hanno il sorriso stampato sulla faccia, ad uso degli italiani (e altri occidentali) gonzi che cercano di accalappiare (come da certe interviste trasmesse dalla Rai...)
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline fritz

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #474 il: Agosto 02, 2020, 11:56:09 am »
Sono lieto di sapere che sei stato anche tu in Russia. Le russe sono in media più allegre delle altre donne dell'est, polacche specialmente, che sono meste per usare un eufemismo.
Poi in Polonia sono andato per tenere una conferenza all'università, non per andare a battone o a discoteche dove sono certo che le donne hanno il sorriso stampato sulla faccia, ad uso degli italiani (e altri occidentali) gonzi che cercano di accalappiare (come da certe interviste trasmesse dalla Rai...)


Mah, io tutta 'sta allegria non l'ho vista. Sulla Polonia, non so dove tu sia stato, ma sappi che il femminismo in Polonia ha ormai sdoganato ...
E' anche un mito a mio parere che le russe siano bellissime. Non sono poi tanto diverse dalle italiane ...

I documentari della Rai lasciali perdere, la Rai e' una schifezza di "servizio pubblico" al servizio del pensiero dominante.

Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #475 il: Agosto 02, 2020, 14:17:02 pm »
No infatti sono molto riservate. Tranne quelle del mondo dello spettacolo, per ovvi motivi.
In Russia l'atmosfera è decisamente più allegra, ma S. Pietroburgo è una città benestante e non fa testo.
Sarebbe interessante sapere com'è la situazione in Ungheria, ma le ungheresi sono generalmente piene di gioia di vivere e pare alquanto intelligenti.



Mah, guarda, io non son mai stato a San Pietroburgo (conosco però una russa di San Pietroburgo che mi chiavavo 13 anni fa e che vive a Perugia da 25 anni), ma so per certo che le realtà rurali son ben diverse.
Da quelle parti le differenze tra grandi città e campagna sono molto marcate e in certe zone della Russia la povertà è ancora tanta, sebbene l'arrivo di Putin e i suoi metodi ne abbiano ridotto la diffusione rispetto a 20 anni fa.
Perciò già il fatto di condurre una vita di merda toglie gioia e allegria.
Per quanto riguarda le ungheresi non me le ricordo molto diverse dalle italiane.
Son femmine...

Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #476 il: Agosto 02, 2020, 14:27:47 pm »
A proposito di Ungheria.

https://www.eastjournal.net/archives/32577

Citazione
UNGHERIA: Lo scandalo del monopolio del tabacco
Claudia Leporatti 17 Luglio 2013

Il cambiamento è di forte impatto, non solo per i fumatori. Prima di tutto cambia l’aspetto delle città. Passeggiando per Budapest già da diverse settimane si nota un’esplosione di insegne marroni e di simboli rotondi bordati con i colori della bandiera ungherese, verde, bianco e rosso. Positivo da un lato per i turisti che trovano finalmente la lettera “T” a indicare i punti vendita di sigarette, poco appagante per gli occhi il resto. Un’uniformità che spaventa, non importa che interessino o meno gli articoli da fumo. I negozi hanno i vetri oscurati e mettono un poco di tristezza addosso. Con quel divieto d’accesso ai minori di 18 anni fanno pensare a degli squallidi locali a luci rosse. Dal 1 luglio 2013 i tabacchi possono essere venduti solo in appositi punti vendita, gestiti dai vincitori delle circa 5mila licenze concesse dietro bando dal governo ungherese. Tutti gli altri rivenditori hanno a disposizione l’estate per finire le scorte, poi non potranno più commercializzare sigarette e tabacco. Secondo la stampa locale in questo modo i punti vendita dove, in Ungheria, è possibile acquistare tabacchi sono passati da 42mila a 5.400.

La vera rivoluzione, o dovremmo dire terremoto, è ai danni dei proprietari dei vari piccoli empori tanto diffusi in Ungheria, i minimarket spesso aperti 24 ore noti come “ABC”, dove trovare generi alimentari di base, alcolici, prodotti per l’igiene e, fino a poco tempo fa, le sigarette. Già colpiti duramente dal divieto di vendere alcolici dopo le ore 22, adesso vedono il loro giro d’affari ridursi drasticamente e non sono in pochi a gridare rabbia contro la decisione del governo. Oltretutto i nuovi tabaccai potranno vendere anche snack, gelati, birre e altri prodotti, portando via ancora più ricavi agli altri negozi. Una stretta inserita nell’ambito di un più ampio programma contro il fumo e in questo senso condivisibile, ma che presenta almeno due punti critici: primo quello sull’assegnazione delle licenze che sarebbe stata, a quanto pare, condizionata del tutto dalla vicinanza o meno alla Fidesz e dai contributi al partito; secondo la limitazione di libertà, la capacità di intervenire sulla vita delle persone e sulle possibilità dei negozianti. Si parla di 700 licenze finite in mano alla stessa famiglia, 700 su 5000 non sono certo poche!

Gli stranieri che non sanno niente della nuova legge guardano spaesati gli espositori di sigarette del tutto vuoti di uno dei tanti negozi di generi vari del centro di Pest. Chiedono dove sono le sigarette, la cassiera sbuffa, dice che può vendergli solo cartine e accendini, indica con occhio torvo il nuovo shop, pronto ma chiuso, dall’altro lato della strada: “tra qualche giorno potrete comprarle lì”.

Devo dirlo, questa è una modifica che fa impressione. Certo, al mio arrivo in Ungheria trovai eccessivo e anomalo che vendessero le sigarette persino al bar della mensa dell’università e che la gente fumasse in ogni dove senza ritegno, persino in treno. Indubbiamente è piacevole rientrare a casa con gli abiti che non puzzano di fumo come se fossi appena uscito da una ciminiera, quindi ben vengano le norme che vietano di fumare nei luoghi pubblici, nelle stazioni dei mezzi e davanti ai locali, ma pare che adesso le regole stiano diventando troppo stringenti. Senza contare i dettagli.

Per comprare di sigarette di notte bisogna munirsi di mappa: se ne trova una con tanto di indicazioni sugli orari di apertura sul sito dei negozi di tabacchi di stato, da cui è evidente la disomogeità delle insegne “T”. Se la persona che si ferma a comprare le sigarette ha con sè un minorenne, deve lasciarlo fuori dalla porta: non si possono vendere le sigarette davanti ai minori di anni 18. Quindi il figlio di due anni va lasciato da solo sul marciapiedi, per entrare a comprare un pacchetto di sigarette. Orbán, si sapeva già, se la prende con tutto ciò che non apprezza, se ne impadronisce in qualche modo e lo gestisce a suo piacimento. Nel caso del fumo c’è l’attenuante di provocare una riduzione di un vizio dannoso per la salute, ma i danni di questo provvedimento sono tangibili, “sulla pelle” di tanti negozianti che ora faticano più di prima a restare a galla.


Mentre in Repubblica Ceca tale divieto è in vigore dal 31 maggio 2017.

https://www.prague.eu/it/informazioni-pratiche-old/cosa-dovreste-sapere/2-12265

Citazione
Fumo
In Repubblica Ceca è in vigore la legge sulla limitazione del fumo. Il divieto di fumo vale negli spazi pubblici (marciapiedi dei mezzi di trasporto – fermate, stazioni, mezzi di trasporto, strutture culturali, strutture sanitarie). Il 31/5/2017 entrerà in vigore la legge che vieta il fumo in tutte le strutture di ristorazione.

In Italia, invece, la medesima legge entrò in vigore molti anni prima.

https://www.luinonotizie.it/anniversario/2020/01/16/17-anni-fa-varata-la-legge-anti-fumo-stop-alle-sigarette-negli-spazi-pubblici/159697#:~:text=In%20Italia%20la%20legge%2016,pu%C3%B2%20anche%20essere%20servito%20cibo.

Citazione
Il 16 gennaio 2003 il Parlamento italiano ha varato la storica legge anti-fumo, vietando di fumare negli spazi pubblici.

Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #477 il: Agosto 02, 2020, 16:36:23 pm »
https://www.eastjournal.net/archives/108664

Citazione
UNGHERIA: Viktor Orbán e il calcio come arma politica
Gezim Qadraku 1 giorno ago


Se c’è una cosa che abbiamo imparato dal Covid-19 è quanto sia importante avere un sistema sanitario all’altezza. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che ogni Stato investa costantemente nella salute pubblica. Un pessimo sistema sanitario incide prima di tutto sulla vita delle persone e di conseguenza sulle istituzioni che detengono il potere. Verrebbe automatico pensare che un governo incapace di offrire gli adeguati servizi al proprio popolo non possa essere in grado di mantenere il potere.


Ci sono, però, paesi come l’Ungheria dove la sanità non viene considerata importante. Qui il potere si mantiene investendo nello sport, nel calcio in particolare. Eppure né la nazionale magiara, né tanto meno i club ungheresi stanno dimostrando alcun miglioramento degno di nota negli ultimi anni. Allora perché Viktor Orbán continua a far costruire stadi di calcio e investe cifre astronomiche nel mondo del pallone?


Make Hungarian football great again

C’era una volta la nazionale magiara, capace di demolire i leoni d’Inghilterra: 6 a 3 a Wembley e 7 a 1 in casa. Nell’anno successivo, il 1954, solo i tedeschi impedirono a Puskás e compagni di portare a Budapest la coppa del mondo. Questi furono i punti più alti mai toccati dal calcio ungherese.

Questo costante ricordo ha dato vita a una nostalgia, nel popolo ungherese, dei tempi che furono. Non c’è strumento migliore che un politico senza scrupoli possa trovarsi in mano. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán è una delle figure politiche di questo periodo storico che fanno del richiamo al passato glorioso il fulcro della propria politica interna. La policy è quella del “football first” e l’obiettivo dichiarato è quello di riportare il livello del calcio magiaro a quello di una volta. Per questo servono soldi, potere e investimenti, dentro e fuori dai confini. Ma riportare l’Ungheria al successo sul quadrato verde è il vero fine o soltanto un diversivo?

Le mani sul pallone

Viktor Orbán ha un decente passato da calciatore, capace di militare tra la quarta e la quinta serie ungherese. La decisione di appendere le scarpe al chiodo arriva nel 2005, ma questo non gli impedisce di combinare il suo amore per il calcio con la politica. La sua prima visita all’estero da primo ministro è per la finale della coppa del mondo del 1998 a Parigi. A oggi il calcio magiaro è saturo della sua presenza. Undici club su dodici della massima serie sono di proprietà di alleati di Orbán. Secondo lui lo sport è il settore più importante per la salute, l’educazione dei bambini, la cura delle famiglie e della loro unità. Un esempio di tutto questo è lo spot realizzato per l’inaugurazione della Puskás arena, dove il pallone è il filo conduttore del paese.

Nuovi stadi per tutti

Dal 2010 ben nove club ungheresi hanno costruito nuovi stadi. L’impianto di spicco è la Puskás Arena. Capacità da 68mila spettatori, costata attorno ai 600 milioni di euro. Altre costruzioni degne di nota sono la Groupama Arena a Budapest costata 63 milioni, il nuovo stadio per il Ferencváros da 24mila posti a sedere. Poi c’è l’Hidegkuti Nándor Stadion, la casa della MTK e dell’Honvéd, malgradito dai tifosi. I casi più estremi sono la Pancho Arena, uno degli stadi più belli d’Europa e casa della Puskás Akadémia, e lo stadio dello Szeged, del tutto ingiustificato dato che la squadra milita in nella serie B ungherese.

Gli stadi non sono tutto. 70 milioni di euro sono stati investiti dal governo ungherese per dare vita ad accademie di calcio nelle città di paesi esteri come Romania, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Serbia e Ucraina, dove vivono minoranze etniche ungheresi. In totale per il calcio ungherese, dal 2010, la cifra spesa si aggira intorno al miliardo di euro. Numeri astronomici, ma non è tutto.

Soldi e tasse

Il calcio per Orbán è uno strumento che gli permette di mantenere sia l’appoggio della popolazione, che quello del ristretto gruppo di oligarchi a lui vicini. Per guadagnarsi la loro fedeltà il primo ministro offre loro contratti gonfiati per i progetti di costruzioni statali che sono finanziati dall’UE, con i profitti che vengono successivamente condivisi tra il partito al potere e gli oligarchi.


Il tassello fondamentale di tutto questo è lo schema TAO, il quale consente alle società di deviare gli utili imponibili, con una divulgazione minima, verso le società sportive e le istituzioni culturali. Tra il 2011 e il 2014 i proprietari dei club ungheresi hanno ricevuto più di 250 milioni da questi contributi. Un sistema d’incentivi fiscali per le imprese che promuovono lo sport permette di attrarre grandi fondi d’investimento nello sport e soprattutto nel calcio.


Questi contributi non sono accessibili al pubblico perché classificati come segreti fiscali e secondo un report di Transparency International Hungary, questo strumento aumenta il rischio di corruzione. Secondo il New York Times, il programma ha permesso alle aziende di dirottare almeno 1,5 miliardi di dollari di tasse aziendali direttamente alle istituzioni sportive. Soldi che avrebbero fatto comodo alla sanità, per esempio.

Chi paga?

A pagare il prezzo di tutto ciò è la popolazione ungherese. Il 25% della quale è a rischio povertà. Soltanto dieci paesi dell’UE hanno un’aspettativa di vita minore rispetto agli ungheresi. Budapest spende meno del 3% del PIL in un settore fondamentale come la sanità, comparato al resto dell’UE, e i medici continuano a lasciare il paese per condizioni di lavoro e salari non convenienti. Ma non sono solo loro ad abbandonare l’Ungheria: dall’ingresso nell’Unione, ben 600mila ungheresi hanno lasciato la propria terra.

Il centro della campagna di Karácsony per diventare sindaco di Budapest è stata la polemica sugli stadi. Costruzioni che sono spesso oggetto anche degli attacchi da parte dell’opposizione. Nonostante l’effetto di queste proteste è limitato, il segnale positivo è che qualcuno si sia accorto di questa politica insensata. Stadi di calcio scintillanti e ospedali in decadenza. Il contrasto riflette le priorità di Orbán, diventato uno dei più potenti leader dell’estrema destra europea. Campione nazionalista degli ungheresi comuni e disgrazia per le élite europee. La salute e il futuro del proprio popolo non permettono di consolidare il potere, il calcio sì.

Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #478 il: Agosto 02, 2020, 16:39:40 pm »
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UCRAINA: La “Mecca europea” della maternità surrogata
Claudia Bettiol 20 ore ago

Da KIEV – Secondo quanto riportato di recente da un rappresentante del Medical and Reproductive Law Center di Kiev, nel 2019 in Ucraina sono venuti al mondo centinaia di bambini al mese attraverso la tecnica di procreazione assistita della maternità surrogata. Sebbene le statistiche non siano ufficiali, si stima che anche quest’anno l’industria della surrogazione non si fermi: nonostante l’Ucraina rientri nei paesi in cui è esplosa la pandemia di coronavirus e abbia attuato fin da marzo delle misure restrittive a riguardo, coppie provenienti da Francia, Australia, Cina, Spagna, Stati Uniti e Israele hanno cercato in tutti i modi di raggiungere il “paese degli uteri in affitto” negli ultimi mesi, rimanendo talvolta bloccati alla frontiera o nella capitale con i loro neonati, in balia degli eventi.

Surrogazione e prosperità

Da quando, nel 2015, i paesi asiatici hanno vietato la maternità surrogata commerciale, dando prova dello sfruttamento del sistema da parte di coppie straniere e degli abusi da parte delle agenzie intermediarie, l’industria ucraina della surrogazione ha prosperato. L’Ucraina ha ottenuto il titolo di “Mecca della maternità surrogata” e ha rapidamente iniziato a creare agenzie e cliniche per la riproduzione assistita in pompa magna – legali e illegali. Ma mentre la maggior parte dei paesi europei vieta la maternità surrogata a fini commerciali – sebbene le legislazioni differiscano da paese a paese – la pratica è legale e diffusa in Ucraina.

Oggi il paese è uno dei pochi posti rimasti dove la maternità surrogata può ancora essere organizzata in modo economico e nel rispetto della legge: l’Ucraina compete in questo mercato esclusivamente con la Georgia e il Kazakistan tra i paesi post-sovietici, ma non ha rivali con i paesi dell’area Schengen grazie alle agevolazioni in materia di visti. Pertanto, le coppie straniere – principalmente europee – che vogliono ricorrere a questa pratica arrivano a frotte in Ucraina, alimentando il cosiddetto “turismo dell’utero in affitto”.

La maternità surrogata commerciale in Ucraina è regolata dall’art 123 del Codice della Famiglia (comma 2). La legge consente solo alle coppie sposate ufficialmente (un uomo e una donna) di sottoporsi al processo di surrogazione gestazionale; i coniugi devono essere in grado di dimostrare la loro impossibilità di concepimento naturale e almeno uno dei due deve avere un legame genetico con il neonato. Le disposizioni di questo articolo indicano inoltre che la legislazione ucraina in materia di riproduzione assistita non protegge gli interessi della madre biologica/surrogata, ma pone in primo luogo i termini dell’accordo concluso tra la madre surrogata e il coniuge. La coppia che si affida alla pratica di surrogazione ottiene il certificato ucraino di nascita del bambino, del quale i due genitori risultano il padre e la madre effettivi: ai coniugi viene perciò riconosciuta la piena potestà genitoriale; la madre surrogata non ha, invece, diritti parentali sul bambino nato.

La pratica è molto popolare e molte donne ucraine trovano la soluzione ai loro problemi (finanziari) diventando madri surrogate. Ma a quale prezzo?

La scelta delle madri surrogate

In Ucraina, i servizi di maternità surrogata sono offerti da agenzie e cliniche private. Sono facilissime da trovare: basta un clic sul vostro motore di ricerca e ne compaiono a centinaia, con siti dedicati in ucraino, russo e inglese; alcune sfoggiano anche un personale medico altamente qualificato e un supporto multilingue.

Tuttavia, spesso e volentieri, l’illegalità è all’ordine del giorno e molte cliniche sfuggono alla già morbida legislazione in materia. Coppie straniere, cliniche (non registrate o sotto falso nome) e altrettante agenzie intermediarie o addirittura madri surrogate improvvisate preferiscono fare le cose sottobanco per non pagare le tasse, senza ovviamente curarsi delle eventuali conseguenze se qualcosa va storto.

“Il mercato della maternità surrogata in Ucraina è illegale per due terzi”, afferma Serhiy Antonov, giurista presso l’IRTSA Ukraine (Agenzia internazionale d’assistenza nelle tecnologie di riproduzione ausiliari), il quale sottolinea come sia facile trovare delle madri surrogate con una semplice ricerca sui social network, sui servizi di messaggistica istantanea (Viber, Telegram), sulle piattaforme di cerca/trova lavoro o, addirittura, tra gli spazi pubblicitari in metropolitana.

Quasi tutti gli esperti concordano: uno dei motivi principali che spinge le donne ucraine a  diventare madri surrogate, è la situazione economica. Le “madri in affitto” sono attratte da questo “lavoro” che garantisce loro uno stipendio pari al triplo del salario medio ucraino (che si aggira mediamente intorno ai 280€ mensili); tuttavia, il compenso medio che queste donne ricevono è piuttosto modesto per gli standard europei (dagli 11,5 ai 13 mila dollari). Chi ne trae realmente vantaggio, sono le coppie straniere, in quanto i costi del servizio sono nettamente inferiori rispetto ad altri paesi: il prezzo medio di questo “pacchetto all inclusive” varia dai 30mila ai 50mila dollari – un quinto del suo costo negli Stati Uniti e negli altri paesi in cui questa pratica è consentita.

“Per me è un lavoro. Sono una madre surrogata” – storia di Olya, una madre single che partecipa per la quarta volta al programma di maternità surrogata.

Ma quali sono i requisiti per dare in affitto il proprio utero? Innanzitutto, la candidata deve compilare un questionario con i propri dati personali e dare il consenso totale alla procedura. I prerequisiti di base possono variare leggermente, ma generalmente la donna non deve avere più di 35-37 anni, deve aver già partorito almeno un figlio e deve essere sana e senza vizi (quali consumo di alcol e fumo). Superata questa prima fase, entrano in gioco dapprima gli avvocati – che si occupano di tutte le questioni legali – e successivamente il personale medico. Solitamente, il contratto comprende la prassi di visite mediche standard, ma la coppia di futuri genitori può aggiungere dei servizi extra (ad esempio, l’alloggio per loro e per la madre surrogata nelle settimane che precedono e seguono  il parto o altri esami specifici). Come da contratto, il bambino viene passato ai genitori immediatamente dopo la nascita (salvo eccezioni): contrariamente alla legislazione di molti paesi, in Ucraina una madre surrogata non può rifiutare di dare il bambino alla coppia di coniugi (tale opzione è fornita, ad esempio, in Russia).

Maternità surrogata e pandemia

La pratica della surrogazione commerciale è vietata e illegale in moltissimi paesi in quanto considerata una violazione della dignità delle donne: l’utero di una donna fertile è, all’occhio di molti, un semplice oggetto in affitto (e a basso prezzo), paragonabile a una sorta di prostituzione o, più radicalmente, alla tratta commerciale di minori.

Lo scorso maggio, Mykola Kuleba, commissario presidenziale ucraino per i diritti dei bambini, ha paragonato la maternità surrogata proprio alla tratta di minori e ha apertamente chiesto il divieto di tali pratiche in Ucraina. A suo avviso, la fornitura di tali servizi a cittadini stranieri può portare a violazioni dei diritti dei minori, come è accaduto proprio in questi ultimi mesi: a causa della quarantena e delle misure restrittive dovute alla pandemia di Covid-19, i genitori stranieri non sono stati in grado di assistere alla nascita dei loro bambini presso una delle maggiori cliniche di medicina riproduttiva, BioTexCom – coinvolta in numerosi scandali, tra cui un’accusa per “traffico di migliaia di bambini ucraini all’estero”. Il ministero delle Politiche Sociali ha, quindi, espressamente dichiarato che ciò ha portato a una violazione del diritto di questi bambini alla cura dei genitori.

Tuttavia, la commissaria per i diritti umani, Lyudmila Denisova, è intervenuta in sostegno della legalità di questa pratica: “Se la maternità surrogata viene vietata in Ucraina, continuerà a esistere, ma illegalmente. E le persone più vulnerabili in questa situazione saranno le madri surrogate”.

La maternità surrogata è un grande stress e costituisce un profondo trauma sia per la madre surrogata e la sua famiglia, che per le coppie di genitori, senza dimenticare il bambino stesso. Una tale enfasi sulla fisicità riduce la donna a oggetto e ignora i rischi e i danni alla salute (inclusi quelli mentali e psicologici) che le vengono inflitti durante la gravidanza e dopo il parto. Danni che si ripercuotono nel bambino stesso se le cose non vanno lisce come l’olio: non è raro che molti neonati finiscano in orfanotrofio in quanto nati con malformazioni, malattie o disabilità di vario ordine e grado; in questi casi, se la coppia rifiuta il bambino, la madre surrogata – non avendo alcun diritto – anche volendo, non può fare nulla.

“Sono così felice di aver contribuito a dare a una coppia un bellissimo bambino, che è molto amato. Ma non farò mai più la madre surrogata. È stata un’esperienza terribile.” – Alina

Le opinioni, le esperienze e le motivazioni delle donne che prestano il loro utero in affitto sono diverse e molto personali, così come quelle delle coppie che si rivolgono a questi servizi pur di realizzare il proprio sogno di genitori.

Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #479 il: Agosto 02, 2020, 16:41:48 pm »
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Citazione
BIELORUSSIA: Continua la mobilitazione sociale contro Lukashenko
redazione 4 ore ago

di Martina Urbinati e Leonardo Scanavino

Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del prossimo 9 agosto 2020 sembra che in Bielorussia qualcuno stia iniziando a dare sempre più voce al dissenso nei confronti dell’eterno presidente Aleksandr Lukashenko. La mobilitazione sociale è partita dal basso nelle scorse settimane ed alcune figure pubbliche come la premio Nobel Svetlana Aleksievič stanno dando visibilità e slancio alle richieste della popolazione.

La situazione politico-economica

Lukashenko governa la Bielorussia ininterrottamente da 26 anni: in questo lasso di tempo le libertà democratiche sono state ridotte all’osso e ogni forma di opposizione (incluse le proteste) è stata repressa tramite l’uso di strumenti di sovietica memoria.

In parallelo, la situazione economica ha vissuto parecchi alti e bassi, soprattutto per l’ancoraggio sostanziale alla Russia, che ha spesso bloccato le possibilità di partnership della Bielorussia con altri paesi. Mosca ha molto spesso utilizzato il suo potere economico per piegare Minsk alla propria volontà, talvolta causando prolungati periodi di crisi e difficoltà negli approvvigionamenti energetici e di materiali grezzi necessari per il funzionamento del comparto industriale del paese.

Se a questo quadro si aggiunge una gestione catastrofica della pandemia di covid-19, l’immagine che viene fuori fa risaltare i punti più critici della governance di Lukashenko. Il covid-19, come altrove nel mondo, non ha fatto altro che accentuare le tendenze che si potevano osservare negli ultimi anni. Le corpose proteste degli ultimi mesi, per esempio, avevano obiettivi simili a quelle degli anni precedenti, ma l’esasperazione della popolazione è risaltata ancora più chiaramente. La mancata imposizione di un lockdown o di misure restrittive della vita pubblica e degli eventi ha fatto schizzare i contagi, portando la Bielorussia ad essere uno dei paesi con il più alto tasso di contagi d’Europa.

Tensioni in vista delle presidenziali

Nelle scorse settimane la commissione elettorale centrale aveva stabilito che i due principali contendenti di Lukashenko non avessero presentato la loro candidatura in maniera idonea. È stato così che Viktor Babaryko, che si sarebbe reso responsabile di un’ingente evasione fiscale e al quale è stato contestato di far parte di un “gruppo criminale organizzato”, è stato escluso dalla corsa presidenziale ed è ancora detenuto presso la sede centrale dei servizi di sicurezza bielorussi a Minsk.

La stessa commissione ha anche rigettato la candidatura di Valerij Tsepkalo, un ex alleato di Lukashenko ed ex ambasciatore del paese negli Stati Uniti, sostenendo che non avesse raccolto firme a sufficienza. La decisione di escludere i due candidati ha scatenato violente proteste nella capitale e nelle maggiori città del paese. L’ennesima deriva autoritaria dell’attuale governo ha fatto maturare una nuova consapevolezza soprattutto da parte delle nuove generazioni cresciute senza conoscere un’alternativa politica. Proprio questo mancato senso di rappresentanza ha contribuito a generare un clima di ritrovata partecipazione politica, sfatando il mito che dipingeva quella bielorussa come una “società senza voce”.

A tal proposito, un’indagine condotta dal centro di ricerca ZOiS tra fine giugno e inizio luglio ha coinvolto 2000 bielorussi di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Dalle risposte è emerso che oltre ad essere in netta minoranza (meno del 10% degli intervistati), i sostenitori di Lukashenko si contraddistinguono per un basso livello di interesse per la politica e, allo stesso tempo, sarebbero propensi a riconfermarlo per motivi legati ad una maggiore stabilità economica.

Verso la fine dell’autocrazia o prove generali?

Indubbiamente, gli avvenimenti degli scorsi mesi hanno evidenziato una crisi politica mai verificatasi prima d’ora in Bielorussia. Seppure il rating personale di Lukanshenko sia sceso ai minimi storici, la probabilità che i risultati elettorali possano subire falsificazioni resta un rischio di poco conto per la Commissione elettorale centrale. Proprio quest’ultima ha recentemente adottato una risoluzione che dimezza il numero degli osservatori indipendenti rispetto ai componenti della commissione elettorale in ogni seggio, compromettendo il rispetto degli standard elettorali sanciti da trattati internazionali.

In uno scenario in cui Lukashenko dovesse essere riconfermato alla guida del paese per il sesto mandato di fila, c’è la possibilità che si verifichino tensioni interne già osservate in Ucraina durante le proteste di piazza Maidan a Kiev. L’arresto di milizie private russe vicino a Minsk avvenuto pochi giorni fa desta preoccupazioni circa l’eventualità che si verifichino repressioni violente in caso di disordini. A poco più di una settimana dal voto, la situazione rimane tesa ed incerta, inserendosi in un contesto di generale instabilità in est Europa.