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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
Frank:
https://www.eastjournal.net/archives/109880
--- Citazione ---ROMANIA: Gli studi di genere sotto accusa
Maria Savigni 6 giorni ago
Dopo la messa al bando in Ungheria nel 2018, lo scorso 16 giugno anche la Romania ha approvato una proposta di legge che proibisce l’insegnamento dei gender studies nelle proprie istituzioni scolastiche e universitarie.
Gli studi di genere tra “ideologia” e libertà accademica
Nato nel contesto anglosassone degli anni Sessanta, gli studi di genere sono un ramo accademico multidisciplinare che analizza la costruzione sociale della sessualità e identità di genere. Suddivisi in vari filoni tra cui women studies e LGBTQ+ studies, gli studi di genere si pongono l’obiettivo di esaminare altri campi del sapere come la storia o la critica letteraria attraverso la prospettiva e l’esperienza femminile o di genere.
Alla base dell’intervento legislativo in questione vi è l’accusa, nei confronti di tali studi, di essere uno strumento di propaganda politica: “Il mio emendamento cerca di fermare un’ideologia marxista tossica per lo sviluppo dei bambini. Secondo questa ideologia, il sesso biologico non può definire un bambino come uomo o donna, e quindi il bambino è costretto a decidere tra i 114 generi inventati dai sostenitori di questa teoria”, ha affermato il parlamentare romeno Vasile Cristian Lungu, promotore dell’iniziativa. Legato ad ambienti evangelical e neoconservatori americani, Lungu è un esponente del Partito Popolare (PMP) attualmente all’opposizione. La proposta, del tutto analoga a quella di Viktor Orbán che ha costretto la Central European University a spostare la propria sede a Vienna, è comunque riuscita ad ottenere il consenso della maggioranza.
Le Università di Bucarest e Cluj Napoca, che offrono master e corsi di specializzazione in studi di genere, saranno costrette a chiudere tali corsi ed eliminare qualsiasi riferimento al concetto di “genere” dai propri curricula universitari. Di fronte a tale prospettiva, la reazione del mondo accademico è stata netta: l’assemblea dei rettori si è espressa contro la legge, considerata un’ingerenza nell’autonomia dell’insegnamento lesiva della libertà d’espressione. Studenti e docenti universitari hanno lanciato una petizione per chiedere al presidente della repubblica, Klaus Iohannis, di porre il veto sulla legge.
Una legge incostituzionale?
La libertà accademica, ad ogni modo, non è l’unica ad essere minacciata. La nuova normativa elimina di fatto l’educazione sessuale dalle scuole di qualsiasi ordine e grado, dal momento che il testo proibisce in modo esplicito qualsiasi riferimento a sesso o genere dentro le istituzioni scolastiche. Affrontare questioni come l’omosessualità e il transgenderismo in ambito educativo diventerà, quindi, semplicemente un tabù.
La Romania ha depenalizzato l’omosessualità nel 2001, ma non prevede alcuna forma di riconoscimento nei confronti delle coppie dello stesso sesso ed è stata classificata da ILGA Europe tra gli ultimi posti in Europa sotto il profilo della tutela dei diritti LGBT. Oltre a rappresentare un pericolo per la libertà di ricerca, l’iniziativa finisce per costruire un velo di invisibilità e marginalizzazione sulla comunità transgender in Romania, che conta circa 120mila persone.
Le associazioni LGBT che si sono mobilitate contro la legge hanno sottolineato il passaggio sotto silenzio di questa proposta di legge, presentata già lo scorso autunno e approvata in piena crisi epidemiologica da Covid-19.
Non si tratta, del resto, dell’unica iniziativa contro la comunità LGBT in questi ultimi anni: nel 2018 il partito social-democratico (PSD) aveva proposto una riforma costituzionale per vietare il matrimonio omosessuale inserendo nella Carta costituzionale la nozione di matrimonio come legame tra un uomo e una donna, tentativo di riforma bocciato in sede di referendum.
La nuova iniziativa sposta il terreno di scontro sul piano accademico, con pesanti conseguenze per la libertà d’espressione in Romania. Gli appelli del mondo universitario e dell’associazionismo LGBT, però, non sono rimasti senza risposta. Il 10 luglio il Presidente Iohannis, di orientamento moderato sul tema dei diritti civili, ha presentato una questione di costituzionalità alla Corte Costituzionale, che dovrebbe pronunciarsi a breve sulla legittimità o meno della legge “anti-gender”.
Se una censura di incostituzionalità appare più probabile, rimane ormai il secondo caso in tre anni in cui uno Stato membro dell’Unione Europea tenta di mettere all’indice un corpus di teorie e studi accademici.
--- Termina citazione ---
Frank:
https://www.eastjournal.net/archives/110069
--- Citazione ---POLONIA: Gli slogan anti-LGBT conquistano i cartelloni pubblicitari
redazione 1 giorno ago
di Alessandro Ajres, docente di lingua polacca dell’università di Torino e presidente del circolo culturale Polski kot
“La donna non indosserà abiti da uomo, né l’uomo indosserà abiti da donna, perché chiunque fa tali cose è in abominio all’Eterno, il tuo Dio” (Deuteronomio, 22:5). Questo è soltanto uno degli enormi tabelloni ispirati alla Bibbia comparso la scorsa settimana a Varsavia e finanziato dall’associazione Roty Marszu Niepodległości (Truppe per la Marcia dall’Indipendenza) che hanno animato gli ultimi mesi di scontro intorno al movimento LGBT in Polonia. A propria volta, Roty è soltanto una delle organizzazioni – il cui obiettivo è “mobilitare i polacchi a prendersi cura degli interessi nazionali, della sovranità statale e promuovere il patriottismo” – che abbia optato per questo tipo di comunicazione. È da tempo, infatti, che le associazioni schierate sui due fronti utilizzano gli spazi normalmente riservati ai messaggi pubblicitari per sostenere le proprie idee.
Andando a ritroso, risalgono a più di due anni fa ormai le prime camionette messe in circolazione dall’associazione Pro – Prawo do życia (Pro – Diritto alla vita), su cui facevano mostra di sé alcuni slogan anti-abortisti. Da quel momento in poi, via via le strade della Polonia sono state sempre più attraversate dai furgoni e popolate dai tabelloni di organizzazioni contrapposte.
In particolare, i tragitti percorsi dalle camionette degli attivisti pro-life hanno scatenato con frequenza crescente la proteste della società civile e portato talvolta all’aggressione degli autisti e al tentativo di distruzione dei mezzi (l’arresto della nota attivista Margot Szutowicz è formalmente dovuto proprio a uno di questi episodi). Le ultime “sortite” dei furgoni organizzati dai pro-life (a Cracovia ce n’è stata una il 29 agosto con la scritta: “Stop pedofilia. La lobby LGBT in Polonia vuole insegnare ai bimbi di 4 anni la masturbazione e a quelli di 6 ad acconsentire al sesso”) sono state costantemente scortate dalla polizia e rigidamente perimetrate. La reazione talvolta rabbiosa della controparte nasce dalla frustrazione di dover continuamente subire l’esposizione di messaggi omotransfobici e fuorvianti, come la correlazione insistita tra omosessualità e pedofilia, che pure vengono autorizzati dalle amministrazioni delle varie città.
Anche le associazioni a difesa dei diritti civili hanno provato a veicolare i loro messaggi con gli stessi mezzi. Tuttavia, il tentativo non si è rivelato altrettanto efficace. Teatro di uno scontro di questo tipo è la città di Białystok, sede nel luglio 2019 di un Pride connotato da violenze contro i manifestanti. Proprio in ricordo di quei fatti, alla metà di luglio di quest’anno l’organizzazione Tęczowy Białystok (Białystok Arcobaleno) ha affittato una serie di grandi tabelloni affiggendo slogan di tolleranza e uguaglianza: “Dopo la tempesta arriva sempre l’arcobaleno” con sfondo proprio sui colori dell’arcobaleno. L’iniziativa ha causato la reazione di un altro gruppo informale, ovvero Milcząca Większość (Maggioranza Silenziosa), che ha risposto con altrettanti tabelloni contenenti slogan di segno opposto: “Bene contro odio” (una scritta bianca in campo nero, dove però la parola “odio” è caratterizzata invece dai colori arcobaleno), oppure ancora “La verità non la occulti con la menzogna” (in questo caso, è la parola menzogna a contenere i colori arcobaleno).
lgbt polonia
Milcząca Większość, i cui tabelloni sono stati fatti oggetto di attacchi, racconta difendendosi: “Il tentativo di distruggere i nostri cartelloni è solo un’altra prova di quanto aggressivi e intolleranti verso le opinioni altrui siano gli attivisti di sinistra. La distruzione dei cartelloni pubblicitari non è avvenuta da parte di un movimento congiunto di residenti, ma ha rappresentato solo l’azione di alcuni singoli individui che non hanno affatto il sostegno generale della città”. Il gruppo anti-LGBT si dice convinto della giustezza delle proprie azioni, spiegando anzi che i cartelloni infondono “fiducia” nelle persone e questo, a loro avviso, “è particolarmente necessario in tempi in cui la sinistra cerca in ogni modo di limitare la libertà di parola”.
“Gazeta Wyborcza”, principale quotidiano polacco, ha paragonato Milcząca Większość al Ku Klux Klan, accusando i suoi membri di trincerarsi dietro all’anonimato, dato che rifiutano di lasciare i riferimenti di qualsiasi rappresentante. Loro, invece, giudicano l’azione di Tęczowy Białystok come una provocazione tanto più offensiva perché avallata dalle autorità locali: “Una maggioranza consistente degli abitanti aveva già mostrato nel 2019 [con le violenze contro il Pride] che nella nostra città non ci può essere sostegno per tali eventi”.
Su tutto questo si posano le recenti dichiarazioni di Ursula von der Leyen, che ha promesso che nell’Unione Europea, e tanto meno in Polonia, non ci sarà più posto per zone dichiarate LGBT-free. È auspicabile e doveroso, anche se da queste parti il percorso sembra ancora piuttosto lungo.
Foto: “Non lasceremo che le famiglie vengano distrutte” – Milcząca Większość / Fakty.interia
--- Termina citazione ---
Frank:
https://www.eastjournal.net/archives/109124
--- Citazione ---Pillole di filosofia russa/1: Le origini del pensiero russo
Arianna Marchetti 30 minuti ago
Con il presente articolo East Journal lancia una nuova rubrica, curata da Arianna Marchetti, dedicata alla filosofia russa, dalle origini ai tempi moderni.
Ci sono diversi fattori che hanno determinato nel tempo il destino e il carattere della Russia: in primo luogo, la sua posizione e conformazione geografica; più storicamente, l’adozione del cristianesimo nella sua forma ortodosso-bizantina e l’invasione tataro-mongola. Anche alla luce di questi elementi è possibile comprendere l’origine e lo sviluppo di una specifica atmosfera quasi psicologica entro cui si è enucleato il pensiero russo. È anche questa atmosfera ad aver fatto sì che alcuni temi filosofici di origine europea occidentale si sviluppassero qui in maniera originale, “alla russa”.
La filosofia è stata, in Russia come altrove, uno strumento di autocoscienza nazionale: il pensiero si è arrovellato nei secoli sui cosiddetti valori fondamentali, sulle prospettive di sviluppo nazionale e sul posto della nazione nella storia e civiltà mondiale. Per questo motivo, è particolarmente interessante rivolgere l’attenzione ai maggiori prodotti della filosofia russa al fine di comprendere appieno le particolarità che caratterizzano questo paese, la sua storia e la sua realtà politico-culturale attuale.
La filosofia russa (o meglio, slava orientale), intesa come fenomeno intellettuale storico, ha assunto una sua forma delineata nel lungo periodo che va dal IX al XVII secolo. La Rus’ di Kiev del X secolo importò da Bisanzio, assieme alla religione, anche diversi concetti di filosofia classica, incorporandoli attraverso il filtro del cristianesimo. Contrariamente alla scolastica occidentale, la cui lingua era il latino (nella sua variante medievale), la filosofia della Rus’ si orientò nella direzione segnata dai monaci missionari Cirillo e Metodio, che nobilitarono nel IX secolo la “lingua degli slavi” dandole dignità liturgica, sacra (non solo i due fratelli monaci crearono un alfabeto adatto ai suoni slavi, ma favorirono anche la traduzione della Bibbia). Pertanto, il pensiero di questi secoli si contraddistingue, in primo luogo, per l’utilizzo della lingua slava ecclesiastica e, in secondo luogo, come ragionamento eminentemente religioso, il cui fine ultimo era avvicinarsi a Dio. La filosofia non era concepita come una costruzione logico-concettuale, bensì come una pratica meditativa volta al raggiungimento di un’unità con il divino tramite il raccoglimento interiore.
Il pensiero medievale slavo orientale è particolarmente affascinante e ha prodotto diversi importanti testi, opere che hanno influenzato nel tempo la cultura. Tra questi, spiccano il Sermone sulla Legge e la Grazia (Slovo o zakone i blagodati, XI secolo) attribuito a Ilarion di Kiev e il Sermone sulla Saggezza (Slovo o premudrosti, XII secolo) attribuito al vescovo Cirillo di Turov.
La ricerca morale di Dostoevskij, come la filosofia della storia di Tolstoj, sono tra gli esempi più noti dell’influenza della tradizione medievale, che fu ripresa più volte come ispirazione proprio per il suo carattere “puro”, privo di influenze razionali associate alla tradizione classica e occidentale. Il rifiuto di ogni speculazione razionale su Dio precluse al patrimonio filosofico latino medievale di mettere radici nel suolo russo: pur noto, questo corpus di testi non influenzò gli sviluppi stilistici nella Rus’. Anche la dominazione tataro-mongola — che si protrasse nell’area dal XIII al XV secolo — contribuì a rendere più difficile lo scambio di idee e testi tra i territori slavi e quelli europeo-occidentali. Fino alla ritirata dei tatari e l’ascesa di Ivan III nel 1478, la scolastica medievale rimase pressoché sconosciuta ai monasteri di Kiev e delle altre città dell’area: il pensiero slavo orientale rimase fortemente ancorato alla patristica greca e alla tradizione bizantina.
Nel Settecento, grazie alle riforme di Pietro il Grande, imperatore russo che promosse un’europeizzazione forzata nel paese proseguendo e approfondendo l’orientamento dei suoi predecessori, la religione, che fino a quel momento aveva permeato tutti gli strati della sfera intellettuale, iniziò a perdere il suo primato, aprendo il campo alla scienza. Questo fu un periodo di forte europeizzazione delle élite russe, caratterizzato dalla ricerca della modernizzazione in tutti i campi, dalla scienza alle discipline umane. Nel 1725 fu istituita un’Accademia delle Scienze e delle Arti, alla quale furono invitati a insegnare professori dall’Europa occidentale; l’illuminismo tedesco, ma non solo, si diffuse allora in maniera estesa.
Tre intellettuali della “dotta compagnia” di Pietro il Grande contribuirono in maniera particolare allo sviluppo della filosofia russa del tempo: Feofan Prokopovič, Vasilij Tatiščev e Antioch Kantemir, ferventi sostenitori dell’assolutismo illuminato e delle riforme pietrine. Ebbero quindi un ruolo centrale nel far progredire la filosofia verso nuove frontiere e nel promuovere l’idea della modernizzazione come forza del progresso storico.
--- Termina citazione ---
Vicus:
Frank per curiosità: hai qualche esperienza di donne polacche, o di italiani che si sono sposati polacche nel loro Paese? Pura curiosità, ormai ho tirato i remi in barca sulla questione.
Frank:
--- Citazione da: Vicus - Settembre 23, 2020, 23:09:55 pm ---Frank per curiosità: hai qualche esperienza di donne polacche, o di italiani che si sono sposati polacche nel loro Paese? Pura curiosità, ormai ho tirato i remi in barca sulla questione.
--- Termina citazione ---
Leggo solo ora la tua domanda.
No, non ho alcuna esperienza con donne polacche, né conosco italiani che si sono sposati delle polacche nel loro Paese.
Conosco di vista un uomo ultra cinquantenne che convive con una polacca 37enne, e tramite un elettricista di mia conoscenza conosco la storia di un suo zio, ormai deceduto da anni, che si era "accollato" una badante polacca più giovane di lui di almeno 20 anni, che ogni tanto lo picchiava... anche perché lui non reagiva (era pure anziano).
So anche che lo "salassò", da "brava" femmina (parassita) dell' est quale era.
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