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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est

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Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Azerbaijan/Azerbaijan-le-foreste-depredate-195540

E qui siamo in Azerbaijan.


--- Citazione ---Azerbaijan: le foreste depredate

Ne avevamo scritto alcune settimana fa per la Croazia, ma accade anche in Azerbaijan. Le istituzioni non sempre sono in grado o vogliono difendere il proprio patrimonio boschivo. Con gravi conseguenze sul futuro del paese

25/07/2019 -  Aygun Rashidova,  Esmira Javadova
(Pubblicato originariamente da Chai Khana  il 25 giugno 2019)

La strada ci porta nel profondo della verdeggiante ed erbosa foresta che attornia la strada tra Gadik e Zargova, nel distretto azerbaijano nordorientale di Guba. La foresta sembra estendersi all'infinito, coprendo tutto attorno a noi. Ma anche qui, a distanza di chilometri dal villaggio più vicino, i segni del disboscamento illegale sono chiaramente visibili. La foresta è disseminata di tronchi di alberi e delle loro chiome tranciate. I ceppi morti sembrano corpi senza testa sparsi nella foresta.

Gadik, un villaggio nel distretto di Guba, dista 168 chilometri da Baku, capitale dell'Azerbaijan. Circa 150 famiglie vivono in questo villaggio pedemontano. Gli abitanti dipendono dalla foresta per il loro sostentamento. L'antico bosco protegge le riserve d'acqua, nutre i loro alberi da frutto e l'erba su cui il loro bestiame pascola. Oggi temono però per i loro boschi, e per la sopravvivenza e sicurezza della loro comunità.


Segni del passaggio di mezzi pesanti (Chai Khana)

Durante il periodo dell'Unione sovietica, foreste come quella di Gadik, erano protette dalle guardie forestali. Pattugliavano l'area e tenevano il disboscamento illegale a bada. Ora il sistema di controllo forestale è collassato e le comunità locali hanno iniziato a pattugliare loro stesse i boschi nel tentativo di proteggerli.

Rasul Mehraliyev, 54 anni, dal suo giardino vede bene il bosco. È tra chi effettua i controlli e conosce il paesaggio degli alberi e dei prati come casa sua. Ogni giorno percorre i sentieri del bosco cercando segni di disboscamento. Quando vede nuovi ceppi o tracce di pneumatico allerta le autorità. Mehraliyev ha notato negli ultimi tempi qualche miglioramento: prima c'era più deforestazione illegale per la costruzione di porte e mobili. "È diminuita un po' recentemente, forse perché i giornalisti ne hanno scritto molto. Inoltre dopo che abbiamo installato videocamere di sorveglianza la portata della deforestazione è calata", racconta.

Ma vi sono ancora parecchi segnali che portano a credere che il disboscamento persiste. Nel profondo della foresta, Merhaliyev fa notare - su un sentiero davanti a noi - i segni di ruote di grandi veicoli. "Guarda attentamente, queste tracce sono di automezzi pesanti. Guarda, questi rami sono stati tolti così che questi mezzi possano muoversi liberamente", dice.

Il governo ammette che il territorio coperto da foreste stia diminuendo. In particolare, il ministero dell'Ecologia ha evidenziato un peggioramento della situazione nei boschi dei distretti di Oghuz, Lerik e Guba. Secondo globalforestwatch.org  , organizzazione che utilizza le immagini satellitari per raccogliere i propri dati, l'Azerbaijan dal 2000 ad oggi ha perso 7000 ettari di alberi.

Tuttavia, gli ambientalisti segnalano che anche le immagini satellitari non illustrano pienamente il problema, in parte perché i sensori dei satelliti possono essere elusi da colori verde scuro, come paludi e laghi. "Le immagini satellitari inoltre segnano come foresta tutta la vegetazione più alta di cinque metri, ma potrebbero essere frutteti o parchi, non solo boschi", nota l'ambientalista Javid Gara.

Javid Gara, laureato in Politiche ambientali e gestione all'Università di Bristol, da quattro anni studia la situazione nelle foreste dell'Azerbaijan. A suo avviso le statistiche ufficiali non tengono conto della deforestazione illegale, quindi le cifre riguardo i boschi esistenti e la superficie boschiva sono artificialmente alte. In realtà, dice Javid Gara, i nostri boschi sono in uno stato decisamente peggiore. "Senza boschi vasti e sani, l'Azerbaijan soffre, e soffrirà molto di più, per alluvioni, desertificazione, siccità...", sottolinea Javid Gara. "Ho esplorato i boschi e le aree rurali per gli ultimi 4 anni e ho anche lavorato per dieci mesi nel Dipartimento per lo Sviluppo forestale come senior advisor sulla protezione ... La deforestazione è molto più grave di ogni analisi satellitare o cifra ufficiale".

Secondo Gara, i boschi dell'Azerbaijan si trovano ad affrontare tre sfide: il taglio raso, il taglio selettivo e gli incendi boschivi. "Il disboscamento è la più grande minaccia per le nostre foreste. [I taglialegna] scelgono gli alberi più in disparte e più grandi e questo è in realtà il tipo di disboscamento più facile da fermare. Se c'è la volontà politica, può essere fermato in pochi giorni", dice Gara.

Altre minacce, come il taglio selettivo per il legno da ardere e la produzione di carbone, sono risolvibili se il governo ha il volere di fare passi decisivi, dice. Per esempio, i villaggi dell'Azerbaijan come Gadik non hanno accesso al gas naturale quindi dipendono dal legno per scaldare le loro case in inverno. "Il taglio degli alberi per riscaldarsi è il più difficile da evitare, a meno che tutti questi villaggi e alcuni edifici statali come gli asili, le scuole, le caserme, etc. non vengano fornite di alternative possibili", dice Javid Gara.


Segni di disboscamento illegale (Chai Khana)

"Tuttavia esiste la possibilità di ridurre il suo impatto con una migliore gestione delle foreste e incentivando stufe a legna più efficienti. Idealmente, rendere l'elettricità e/o il gas molto economici nelle aree rurali, specialmente nei villaggi attorno e nelle foreste, diminuirebbe il consumo di legna combustibile".

Gli alberi vengono tagliati anche per fare spazio ai campi agricoli. "Per esempio, un compaesano ha dissodato alcuni ettari della foresta di Gadik per piantare patate. Sono rimasti i ceppi di alberi vecchi di 40-50 anni. Tutto perché qualcuno voleva fare dei soldi dal business delle patate", sospira Rasul Mehraliyev, un abitante del luogo.

Abbattendo parti della foresta, si stanno mettendo intere comunità a rischio, sottolinea l'ecologista Nizami Shafiyev. Gli alberi del bosco - spiega - in particolare i carpini, sono vitali per l'approvvigionamento di acqua delle comunità locali. I cittadini di Gadik si sono già lamentati dei problemi di approvvigionamento idrico e gli ambientalisti segnalano che la salute dei boschi e le riserve di acqua sono strettamente collegate.

Azad Guliyev, a capo Dipartimento dello Sviluppo forestale del ministero dell'Ecologia e delle Risorse naturali, dice che il ministero sta muovendo passi avanti per ridurre il disboscamento, incluse multe a persone colte ad abbattere illegalmente gli alberi. "Lo scorso anno il ministero ha firmato un memorandum col ministero degli Interni per effettuare dei blitz congiunti nelle foreste, rafforzando il controllo sul trasporto di legname con posti di blocco. L'obiettivo era di prevenire il trasporto illegale di materiali dalle foreste. Anche gli agenti di pattuglia del ministero degli Interni sono stati coinvolti", dice Guliyev.

Aggiungendo poi che videocamere di sorveglianza sono state installate nei boschi di numerosi distretti settentrionali nella catena del Caucaso: Zagatala, Sheki, Gakh, Oghuz e Gabala. Le videocamere tuttavia - secondo gli abitanti di Gadik - rappresentano una soluzione solo parziale. I singoli cittadini possono infatti essere dissuasi dalle multe, ma chi gestisce il business del taglio di legname illegale su ampia scala non lo è, nota l'ambientalista Shafiyev.

Se gli alberi tagliati vengono usati come legna da ardere, la multa ammonta a 5 manat [circa 2.6 euro] per metro cubo. Se l'albero è tagliato per ottenere del legno per ragioni commerciali, la penale può variare tra i 50 e i 150 manat [rispettivamente 26 e 79 euro circa] per metro cubo, in base al tipo di albero. L'ecologista Shafiyev aggiunge che queste multe non sono un deterrente per le grandi aziende. "Quelli che fanno queste cose hanno molti soldi e potere", dice.

Alla fine, sono le povere comunità locali che dipendono dalle foreste per il loro riscaldamento e per produrre il carbone che soffrono, sia per l'impatto ecologico del disboscamento illegale che per la debole risposta del governo per fermarlo, sottolinea Javid Gara. "Le persone povere lavorano in condizioni pericolose e malsane per guadagnarsi il pane e i ricchi uomini d'affari e gli agenti corrotti diventano sempre più ricchi. Il disboscamento illegale più intensivo ha luogo nelle regioni di Oghuz e Lerik, dove vi sono meno opportunità economiche che nelle regioni circostanti. In queste regioni, le foreste restano una fonte primaria di reddito per gli abitanti del luogo", chiosa.
--- Termina citazione ---

Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Romania/Romania-i-giovani-vittime-dimenticate-della-pandemia-211195


--- Citazione ---Romania: i giovani, vittime dimenticate della pandemia

Cătălina e Vladi appartengono alla generazione che non ha finito la scuola superiore seguendo il modus operandi classico, e poi ha dovuto affrontare questo “anno strano”, come dice Vladi. “L’anno universitario non ha avuto una vera fine e, allo stesso tempo, non ha mai avuto un vero inizio”

18/06/2021 -  Nicoleta Coșoreanu
(Pubblicato originariamente da Voxeurop  il 10 giugno, traduzione di Anna Bissanti)

Nel gennaio di quest’anno, quasi quattro mesi dopo aver iniziato a studiare Comunicazione e relazioni pubbliche all’università “Babeș Bolyai” di Cluj-Napoca, Vladimir Ciobanu ha finalmente potuto conoscere i suoi compagni di corso. È accaduto dopo che la sua amica, Cătălina Perju è andata a casa sua per tingergli i capelli di biondo – un cambiamento d’immagine radicale – e ha postato alcune foto su una story di Instagram. Vladi ha continuato a conversare con chi aveva commentato il suo post ed ha scoperto che una ragazza del suo corso viveva non lontano dal suo quartiere.

Vladi e Cătălina si conoscono dalle superiori: erano compagni di classe a Bucarest, sono diventati grandi amici e l’anno scorso hanno deciso di iscriversi insieme all’università di Cluj-Napoca. Cătălina studia giornalismo a “Babeș”. Solo due settimane prima che avessero inizio i corsi, però, i due hanno scoperto che la didattica del primo semestre sarebbe stata online a causa della pandemia, così come poi per il secondo semestre. Vladi aveva già preso in affitto un appartamento a Cluj-Napoca e ha deciso di rimanere, mentre Cătălina – che in un primo tempo aveva pianificato di sistemarsi nel campus – è tornata a Bucarest. “Avevamo previsto di essere insieme a Cluj sin dall’inizio e ci sembrava strano essere separati”, dice.

In Romania ogni università è stata libera di decidere se tenere lezioni in presenza o a distanza. La maggior parte ha scelto la seconda opzione. Se non altro, c’è stata una certa continuità rispetto alla scuole che non hanno fatto altro che alternare la didattica in presenza a quella online a seconda dell’instabile andamento epidemiologico. Quello che è certo, invece, sono i problemi di fondo del sistema universitario, messi in luce dalla situazione. Un problema particolare è stato quello della disponibilità di camere nei campus studenteschi. Ogni anno sono quasi 100mila gli studenti  che scelgono questa soluzione, perché si tratta di un’alternativa più economica rispetto all’affitto di appartamenti e, allo stesso tempo, offre maggiori possibilità di socializzazione.

A causa del Covid-19, la disponibilità di camere è stata fortemente ridotta per rispettare le norme sul distanziamento. Al “Babeș Bolyai”, per esempio, soltanto 1.800 camere su 6.700  erano ancora disponibili, la maggior parte delle quali era destinata agli studenti stranieri o chi frequenta i master e i dottorati di ricerca.

Gli studenti che avevano preso in affitto un alloggio prima della decisione degli atenei di tenere le lezioni online hanno perso i due mesi di caparra versati in anticipo. E molti hanno scelto di tornare a casa dai genitori.

Cătălina è riuscita a trovare una camera al campus soltanto nel febbraio di quest’anno. Dapprima non aveva voglia di decorarla, appendendo poster o spostando i mobili: le sembrava più un luogo di passaggio, un posto dove pernottare prima di tornare a Bucarest, nella casa dei genitori, dopo un tragitto di 6 ore in macchina oppure, peggio, un viaggio in treno di 12 ore. “Non ero del tutto presente o assente”, dice Cătălina. Sola e spaesata non sentiva suo quello spazio. È dagli studenti più grandi che ha sentito raccontare la “vera vita studentesca”.

“Tutti ti raccontano che è il periodo più bello della vita, quello più pieno di avventure. Quando poi non si vive nulla del genere, si resta delusi, soprattutto perché non dipende da noi”, dice ancora Cătălina. Per Vladi, il primo anno di università ha voluto dire solitudine e uno schermo da fissare. “Mi è sembrato quasi di aver comprato un paio di corsi online e di averli lasciati andare in sottofondo, oppure di ascoltare un podcast. Per me il primo anno di università è stato questo”.

Da una parte, alcuni insegnanti non hanno adeguato i loro metodi alla didattica online. Vladi continua a sentir raccontare dagli studenti di come sia brava una professoressa che ha l’abitudine di portare dei dolcetti e di divertirli con lezioni interattive, ma tutto ciò che ha potuto vedere, per ora, sono delle slide lette a voce alta su Zoom. Il seminario, dice, dura appena venti minuti. Cătălina sperava di poter scrivere articoli veri, invece ha dovuto adeguarsi a scrivere pezzi basati sui video di YouTube o i tg. “L’unica cosa che potevo fare era intervistare la gente nel centro commerciale e scrivere pezzi sulle nostre camere che venivano allagate dopo i temporali”, dice. 

Uno studio  fatto all'inizio della pandemia racconta che il 59 per cento degli studenti considerava i corsi online “peggiori” o “molto peggiori” di quelli in presenza. Tra le cause c’era la mancata interazione con i compagni e il fatto che gli studenti non potevano accedere alle biblioteche e dovevano svolgere più compiti da soli. Il 49 per cento ha avuto difficoltà a contattare il personale universitario per questioni amministrative e il 46 per cento ha detto che è stato più difficile comunicare con i professori.

Gli abusi dei docenti
Le lezioni online, però, hanno anche portato alla luce gli abusi dei docenti, accendendo un dibattito pubblico sulle loro responsabilità in campo educativo in Romania. Una professoressa dell’Università di Bucarest è stata licenziata dopo che sono circolati filmati nei quali insultava, umiliava e vessava i suoi studenti. Alla Facoltà di Medicina e farmacia di Bucarest è stata avviata un’inchiesta in seguito al caso di un professore che strillava e umiliava online i suoi allievi. Gli ex studenti di entrambi i professori hanno iniziato a raccontare di abusi che andavano avanti da anni.

È stato così possibile parlare, e documentare, il fatto che in Romania gli studenti hanno poca voce in capitolo, sia all’università sia nelle scuole di grado inferiore. Un altro studio condotto dal ministero dello Sport e della Gioventù dal 2018 al 2020 ha evidenziato un calo della fiducia da parte dei giovani nelle istituzioni dello stato, ma anche verso il prossimo. “La metà degli studenti più giovani pensa che sia meglio non fidarsi di nessuno e crede che nessuno si preoccupi della gente che ha intorno”, si legge nello studio. Questo circolo vizioso implica che le persone hanno minori probabilità di impegnarsi a livello sociale o per cercare di provocare un cambiamento.

Cătălina racconta una grande frustrazione per tante cose su cui non ha il controllo e, anche, il fatto che non le è stato chiesto niente in merito dall’anno scorso. All’epoca, stava terminando il liceo, ma non ha potuto esprimersi in merito alle modalità di attuazione degli esami nazionali. Lei e Vladi appartengono alla generazione che non ha finito la scuola seguendo il modus operandi classico, e poi ha dovuto affrontare questo “anno strano”, come dice Vladi. “L’anno scolastico non ha avuto una vera fine e, allo stesso tempo, non abbiamo avuto un vero inizio”, dice.

Questa generazione ha sperimentato un senso di perdita come nessun’altra. “Prima di tutto, questa sensazione ti cambia la realtà e poi perdura, ricordandoti quello che ti sei perso”, dice la psicologa Diana Lupu. Per la generazione di Vladi e Cătălina, non c’è stata una transizione alla vita universitaria. “Dove sono i momenti di congedo formale che ti permettono di iniziare un capitolo nuovo della vita?”.

Vladi sperava di poter entrare davvero in aula, per ascoltare un antipatico professore alle otto di mattina, una delle molte cose di cui si lamentavano le generazioni prima della sua della sua. “Ci eravamo immaginati feste, di conoscere tante persone. Nulla di tutto questo si è avverato. Quest’anno è stato per noi una sorta di anno incompleto”.

 Testo realizzato in collaborazione con la Fondazione Heinrich Böll – Parigi

--- Termina citazione ---

Vicus:
L'abbiamo capito tutti che gli mancano le feste. Anche se parla del prof., solo per dire che è "antipatico".
Che belli gli studi all'estero, vacanze-premio a base di festicciole per i futuri quadri inetti del sistema. Ricordo una di queste seratine insulse. Una coppia di dottorande spagnole, di sinistra ovviamente, esibivano un selfie in cui giocavano con pistole ad acqua.
Due fesserie "europee" imparate a pappagallo e op! inutile posto in ONG femminista o multinazionale assicurato. L'importante è tenere occupate le donne con qualcosa, fino ai 40.

Quasi non ce ne rendiamo conto, ma siamo una specie divenuta rara. Forse un giorno ci chiuderanno in qualche riserva, chissà.

Frank:
Dice il solito italiano medio:
"Ancora una volta abbiamo fatto scuola! Certe cose succedono SOLO in Italia!"
Ah no, cazzo, siamo in Moldavia...

https://video.corriere.it/esteri/moldavia-rissa-diretta-tv-un-dibattito-politico/e82a6d9c-ebbe-11eb-8dfd-2426b1e21c4f

//www.youtube.com/watch?v=3k8edc4wZG0

Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Grecia/Giornalismo-in-Grecia-la-sconcertante-eredita-di-George-Tragkas-223252


--- Citazione ---Giornalismo in Grecia: la sconcertante eredità di George Tragkas
George Tragkas era un giornalista di spicco, scomparso nel dicembre 2021. La scoperta post mortem della rilevanza economica della sua eredità ha però scatenato forti polemiche sul ruolo e il potere dei giornalisti nel paese

02/02/2023 -  Mary Drosopoulos Salonicco
Rumoroso, euro-scettico, con opinioni ultra-patriottiche, George Tragkas era considerato una delle voci populiste più influenti in Grecia. L'esperto giornalista inveiva regolarmente contro potenti e istituzioni, che spesso accusava di cospirazioni volte a minare il futuro del paese e della sua gente.

Durante la famigerata "era dei memorandum sul prestito" e la crisi finanziaria che ha sconvolto la Grecia, Tragkas ha sostenuto fortemente il ritorno alla dracma. I suoi attacchi verbali all'allora cancelliera Angela Merkel sulle politiche finanziarie dell'Europa gli erano valsi una multa di 25mila euro, comminata dal Consiglio nazionale per la radio e la televisione della Grecia, ma anche una copertina sulla rivista tedesca Bild come il volto del "clima anti-tedesco in Grecia".

Durante la pandemia era poi diventato un convinto no-vax, sostenendo che il virus non esisteva. Tragkas è morto a dicembre 2021 a causa di complicazioni legate al Covid-19.

Un’eredità scomoda
Pochi mesi dopo la sua morte, i media locali hanno riferito dell'avventuroso recupero di un testamento manoscritto di quindici pagine che rivela beni strabilianti: depositi in varie banche per milioni di euro, lingotti d'oro e immobili del valore di molti milioni in Grecia, Europa e Stati uniti.

Le immagini delle lussuose proprietà di Tragkas a Monte Carlo, Nizza e Manhattan smentiscono la sua immagine pubblica di "Robin Hood" del giornalismo greco. L'annuncio del sequestro del patrimonio da parte delle autorità greche è stato il colpo di grazia.

Come emerso successivamente, tre mesi prima della morte di Tragkas era stata avviata un'indagine - in seguito ad una denuncia anonima - ma anche alla constatazione di una serie di operazioni incompatibili con i redditi dichiarati dal giornalista. Un rapporto di sessanta pagine pubblicato dall'Autorità Antiriciclaggio ha concluso che i beni del giornalista potrebbero essere il prodotto di attività illecite.

Alla luce di questi sviluppi, alcuni giornalisti locali hanno iniziato a ritrarre il giornalista - un tempo rispettato - come un ricattatore, temuto da molti a causa delle informazioni a cui aveva accesso.

Tra luci ed ombre
Sebbene avesse iniziato la sua carriera come editorialista sportivo ad Atene, Tragkas aveva acquisito notorietà nel 1988 seguendo le condizioni di salute dell'ex primo ministro Andreas Papandreou, ricoverato in ospedale a Londra.

I commenti sarcastici di Tragkas sulla nuova e molto giovane compagna di Papandreou, l'hostess Dimitra Liani, lo avevano portato ad essere attaccato e citato in giudizio da persone dell'entourage del premier. Negli anni successivi a questo episodio, Tragkas si era coltivato un'immagine di schietto eroe popolare, pronto a denunciare gli scandali e la corruzione di altre persone.

Tragkas aveva gradualmente acquisito un potere e un'influenza immensi. Dall'essere caporedattore di vari giornali era passato alla creazione di una propria stazione radio e sito Internet, pubblicando la propria rivista personale e persino fondando il partito politico di destra Popolo Libero.

Nel 2008, la pubblicazione di un elenco contenente gli importi di denaro spesi dal governo per scopi pubblicitari su diversi media ha mostrato che il giornale di Tragkas era stato il maggior destinatario di fondi pubblici, nonostante la modesta tiratura e scarso impatto. A questo segno di favoritismo erano seguiti altri episodi simili.

Il nome di Tragkas compariva nella famigerata lista Lagarde diffusa dal giornalista Kostas Vaxevanis nella sua rivista investigativa Hot Doc. L'elenco conteneva i nomi di oltre duemila potenziali trasgressori fiscali provenienti dalla Grecia con conti non dichiarati presso la filiale di Ginevra della banca svizzera HSBC.

Elenchi simili, presumibilmente forniti dall'ex ministro delle Finanze francese Christine Lagarde ad altri paesi europei per aiutarli a contrastare l'evasione fiscale, avevano innescato ovunque immediate indagini con risultati tangibili.

Non in Grecia: l'elenco era stato trattato come un dato rubato e tenuto segreto per due anni; l'ex ministro delle Finanze George Papakonstantinou era stato persino accusato di deliberata inazione. A pagare era stato invece Vaxevanis, in quello che è diventato uno dei casi più iconici di censura della stampa in Grecia.

Giornalismo e stereotipi
L'indagine in corso dovrà far luce non solo sull'ovvia questione di come il giornalista fosse arrivato a possedere milioni di euro, ma anche sulle circostanze che gli hanno conferito un potere così immenso, consentendogli di ricattare persone, manipolare le istituzioni e ingannare l'opinione pubblica.

Il caso di Tragkas incarna molti degli stereotipi negativi che la società greca associa ai giornalisti e ne consolida ulteriormente la sfiducia nei media. Un'indagine post mortem per corruzione significa che, indipendentemente dall'esito, rimarrà impunito.

Nonostante tutto, è indispensabile andare a fondo della questione se si vuole ricostruire la fiducia nell'istituzione e nella pratica del giornalismo.
--- Termina citazione ---

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