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La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Aladin-Hodzic-ritornare-a-camminare-222567
--- Citazione ---Aladin Hodžić, ritornare a camminare
Aladin Hodžić, oggi 32enne, nel 1994 venne colpito da una granata e subì l’amputazione di una gamba. Grazie a un video-reportage realizzato nel 1995 da un giornalista italiano, si mosse una rete solidale: venne accolto in Italia per essere curato e qui rimase a vivere. Lo abbiamo incontrato
22/02/2023 - Nicole Corritore
Nell'agosto del 2022 il fotoreporter Robert Belošević, dopo averci già provato per anni attraverso una testata croata ricominciò a cercare informazioni su un bimbo che aveva fotografato in Bosnia Erzegovina durante la guerra. Aladin, quel bambino, oggi adulto, grazie ai social ha visto l'articolo. I due si sono incontrati tre mesi dopo, proprio nel luogo dove è stata scattata la foto [qui il video-reportage dell'incontro , realizzato da 24Sata, ndr]. Ma è grazie al reportage di un altro giornalista, italiano, che nel 1995 Aladin Hodžić venne accolto e curato in Italia.
L'estate scorsa il fotoreporter Robert Belošević ha cercato informazioni sul bimbo senza una gamba che aveva fotografato durante la guerra, per incontrarlo e conoscerlo. Quel bambino sei tu. Dove ti trovavi, quando ti ha fotografato?
Screenshot video 24Sata , settembre 2022
Era l’agosto del 1995 e lui era un fotografo croato che stava seguendo gli avvenimenti di guerra legati all’Operazione Tempesta nella confinante Croazia ma che hanno interessato anche il territorio bosniaco. Bihać è la mia città, dove sono nato nel novembre del 1990 e ho vissuto, eccetto un breve periodo nel ‘94 in cui i miei genitori mi avevano mandato a stare da parenti, per sicurezza.
È proprio lì che ho perso la gamba nel luglio 1994, mentre ero a Ostrožac, un villaggio a nord di Bihać nel territorio del comune di Cazin. Mio padre aveva deciso di portarmi, assieme a mia madre, a stare dai miei nonni materni dove la situazione era più tranquilla, perché si prospettava un periodo bellico abbastanza caotico nella città di Bihać.
Siamo rimasti lì alcune settimane, finché non sono stato ferito. Tutto è accaduto nel giardino, mentre giocavo con una decina di bambini del posto. Dalle postazioni circostanti ci hanno visto e hanno lanciato una granata che è caduta un po’ lontano da noi, ma una scheggia mi ha colpito alla gamba destra, mentre gli altri bambini sono rimasti illesi.
Mi hanno portato immediatamente all’ambulatorio di Ostrožac per le prime cure d’emergenza e poi mi hanno subito portato in ambulanza all’ospedale di Cazin, ma essendo grave sono stato trasferito a Bihać dove mi hanno amputato la gamba. E poi, sono rimasto in questa città fino alla partenza per l’Italia.
È grazie a un reportage di un giornalista italiano che sei arrivato in Italia... Cosa ricordi?
Sì, sono arrivato in Italia il 5 settembre del 1995. Avevo 4 anni e mezzo e non ho molti ricordi, ma sicuramente la persona che è stata più presente e che ci ha aiutato fin dall’inizio è stato Marco Beci che durante la guerra in Bosnia lavorava per cooperazione italiana, morto purtroppo nel 2003 in Iraq nell’attentato avvenuto a Nassirya [a Marco Beci è dedicato il libro “Morire a Nassirya ”, uscito nel 2014, ndr].
Mi ricordo solo qualche immagine del viaggio in auto fino all’Italia, da Bihać a Zagabria e poi da lì a Budrio, in provincia di Bologna.
Sono venuto a sapere i dettagli, solo una volta cresciuto. Oltre a quella foto, la mia storia è stata conosciuta pubblicamente grazie a riprese realizzate da un giornalista italiano, Luciano Masi della Rai che aveva seguito tutta la guerra in Bosnia Erzegovina. Marco Beci, che lavorava per la cooperazione governativa italiana, ha visto quelle immagini in televisione e un giorno si è presentato a casa nostra a Bihać per dirci che senza di me non sarebbe tornato in Italia. E così è stato!
Sono partito accompagnato da mio padre, con Sanja, un’altra bambina di 7 anni figlia di conoscenti di mio papà, che aveva anche lei subito un’amputazione – alla gamba sinistra – a causa della scheggia di una granata.
Siamo stati ospitati in una prima fase nel Comune di Budrio, dove ci hanno fatto i primi controlli e analisi mediche, e definire il percorso per la realizzazione della protesi. Io e Sanja abbiamo fatto lo stesso percorso, stessi medici, stesso ospedale e seguente periodo di riabilitazione. Il Centro protesi di Budrio ha proseguito poi a monitorare la situazione, anche per “aggiornare” le protesi che cambiano man mano durante la crescita in altezza e poi anche con l’aumento di peso.
Il resto della tua famiglia era in Bosnia? Sei poi rimasto a vivere a Budrio?
Mia madre, con mia sorellina che aveva pochi mesi, ci ha raggiunto dopo poco una volta ottenuti i documenti assieme ai genitori di Sanja. Appena io e Sanja ci siamo stabilizzati, mio padre ha deciso che non voleva più vivere di aiuti umanitari. E quindi la questione era trovarsi un lavoro, per rimanere a vivere in Italia, oppure tornare in Bosnia.
A quel punto dal Comune di Bondeno (provincia di Ferrara), gemellato dal 1982 con Bihać , è arrivata l’offerta di un lavoro e di un alloggio e così ci siamo trasferiti lì. Oggi vivo vicino a Bondeno, con mia moglie e mia figlia e il resto della mia famiglia. Mentre Sanja si è poi trasferita con la famiglia in Germania.
Come ti sei trovato in Italia? Com’è oggi la tua vita?
Sul sentiero in Bosnia Erzegovina
© foto Aladin Hodžić
Essere arrivato in Italia da piccolo ha reso ovviamente più facile l’inizio di questa nuova vita, dall’imparare la lingua fino al fare nuove amicizie. I bambini imparano subito, mi basta guardare mia figlia che è ancora alla materna e parla già italiano, bosniaco e inglese!
Certo, non è stata una passeggiata per i miei genitori, che hanno dovuto lasciare casa e parenti in Bosnia e ripartire da zero, sebbene non me lo abbiano mai fatto pesare. Ovvio che sul piano affettivo sarebbe stato più facile per tutti rimanere in Bosnia, dove avevamo parenti e amici. Ma per il mio futuro, e considerata la situazione nel paese ancora oggi, è stata una vera fortuna essere stati accolti in Italia.
Oggi ho un lavoro, una casa e vivo sereno. Faccio sport, da ragazzino mi piaceva molto il calcio mentre ora mi piace fare escursioni in montagna e sono attirato da sport “estremi” come il paracadutismo e il bungee jumping (salto con corda o fune elastica).
Andate a trovare parenti e amici in Bosnia? Come vedi il tuo paese, da cittadino bosniaco e italiano?
Certo, appena riusciamo ci torniamo volentieri. Vivo la Bosnia da italiano e bosniaco, cioè sento forti entrambe le appartenenze. Quindi la vedo con gli occhi di bosniaco, che si sente parte integrante del paese e della sua città, ne conosce la lingua e tradizioni, ma anche con gli occhi di cittadino italiano, diciamo “straniero”.
Per cui, mi piace molto tornarci, ma allo stesso tempo provo amarezza, rabbia e tristezza nel vedere la situazione. Una piccola fetta della popolazione vive benissimo e si è arricchita, mentre molte altre persone vivono ai margini. Quindi differenze sociali molto elevate. E mi colpisce soprattutto come vengano lasciate senza l’assistenza di cui avrebbero diritto persone come me, vittime della guerra.
Mettendo a confronto l’aiuto che ho avuto io e che mi ha reso possibile costruirmi la vita che ho oggi, e la loro in cui non hanno ricevuto il dovuto sostegno materiale e psicologico, mi prende l’angoscia. Con tutto quello che è accaduto durante la guerra, le migliaia di vittime civili dovrebbero essere al primo posto tra le priorità del paese. Invece rimangono ancora, per livello di assistenza, ultime in Europa.
E poi, vorrei aggiungere, quando sono in Bosnia provo molto dolore nel vedere quanto ancora oggi ci siano persone che istigano all’odio. Capisco che per chi ha subito duramente quella guerra sia difficile dimenticare o perdonare, ma si dovrebbe almeno salvaguardare le nuove generazioni da quello che abbiamo vissuto noi e farle vivere in pace.
Se poi contiamo la crisi economica, l’assistenza sanitaria che non funziona, la corruzione e la mancanza di lavoro che spinge tantissimi ad andarsene, mi viene da dire con tristezza che non sembra nemmeno un paese che fa parte del cuore d’Europa.
--- Termina citazione ---
Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Montenegro/Balcani-il-trionfo-dell-abusivismo-edilizio-223430
--- Citazione ---Balcani: il trionfo dell’abusivismo edilizio
Costruzioni abusive proliferano in tutti i paesi balcanici. Le autorità locali si oppongono, ma con scarso successo o con scarsa volontà. Una panoramica su Bosnia Erzegovina, Croazia, Montenegro e Serbia
16/02/2023 - Marija Mirjačić, Edin Barimac, Juraj Filipović, Gojko Vlaović
(Pubblicato originariamente da Vijesti , selezionato e tradotto da LcB e OBCT)
Legislazione carente, mancanza di volontà politica, burocrazia obsoleta, avidità individuale, tangenti, mancanza di alloggi... Il fenomeno dell'abusivismo edilizio nei Balcani ha molte cause, talvolta inestricabili, ed è sostenuto da pratiche sociali radicate da decenni, che ne complicano la risoluzione. A scapito dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile e dei cittadini.
Croazia senza un piano di sviluppo turistico sostenibile
Il problema dell'abusivismo edilizio in Croazia è stato oggetto di dibattito pubblico fin dall'inizio della crescita del turismo negli anni Settanta. Sebbene proprietà illegali esistano in tutto il paese, il problema si concentra sulla costa dalmata. Dall'indipendenza, la Croazia non è stata in grado di trovare un modo efficace per ridurre questo fenomeno, che accelera la drammatica cementificazione della costa.
Un problema che si riscontra anche altrove, in Grecia, Italia, Portogallo, Spagna e in alcune regioni della Francia. È il risultato di un turismo di massa "festaiolo" senza una strategia a lungo termine.
La costa croata è stata svenduta e devastata perché l'apparato istituzionale e il quadro legislativo sono inefficaci. Lo stato croato non cerca di incoraggiare i proprietari di immobili a partecipare all'economia locale, al turismo, all'agricoltura o alla creazione di valore aggiunto, ma si limita a facilitare le vendite degli immobili - il che non sarebbe un male di per sé se gli acquirenti stranieri rispettassero la legge. Ma, come i croati, approfittano delle scappatoie legali, delle anomalie sociali e dell'avidità di alcuni. In questo, non c'è alcuna differenza antropologica tra un tedesco e un croato.
L'abusivismo edilizio continua quindi a diffondersi senza troppa resistenza da parte delle autorità. Nella maggior parte dei casi, l'Ispettorato di Stato ha solo il potere di sospendere il cantiere e di imporre una multa che l'investitore dovrà pagare prima di continuare a costruire indisturbato e prima di legalizzare la sua costruzione.
Le principali vittime sono la natura, il patrimonio culturale e la demografia locale. Gli abitanti stanno abbandonando le isole e le piccole città della Dalmazia e dell'Istria, minacciando la Croazia di uno scenario pericoloso in cui gran parte della costa si trasformerà in una meta di turisti festaioli, in proprietà immobiliari di cemento, proprietà di stranieri che assumono lavoratori stranieri.
Bosnia Erzegovina, insediamenti informali privi di adeguate infrastrutture pubbliche
In Bosnia Erzegovina l'edilizia incontrollata non è un problema solo sulla costa, come nell’area costiera di Neum: da anni lo è anche a Sarajevo. Interi quartieri vengono costruiti senza permessi e senza infrastrutture pubbliche adeguate. Nei condomini, ogni proprietario costruisce piani aggiuntivi con l'approvazione del "capo del quartiere".
"Sono state apportate più di 1.000 modifiche al piano urbanistico della città di Sarajevo. Oggi cammini per strada e sai cosa è stato progettato per quel determinato posto, ma domani passi e vedi che stanno costruendo qualcos'altro", spiega Hasan Ćemalović, un importante architetto bosniaco.
A Mostar è quasi impossibile conoscere il numero esatto di costruzioni illegali, ma sono molte, dagli edifici commerciali a quelli che spuntano nei cortili di altre case. Ma è a Banja Luka che troviamo uno degli esempi più eloquenti di edilizia illegale. Si tratta del famoso Palazzo Bianco, in costruzione a pochi metri dal municipio della capitale dell'entità della Republika Srpska. L'ispettorato comunale ha stabilito che l'investitore non aveva i permessi necessari per costruire, ordinando la demolizione, ma a tutt'oggi l'edificio è ancora lì.
100 milioni di euro di mancate entrate per i comuni del Montenegro
Nel 2022 sono state presentate ai comuni montenegrini decine di migliaia di domande di sanatoria di edifici costruiti illegalmente. Secondo il ministero dell'Ecologia, della Pianificazione e dello Sviluppo urbano, ci sono state più di 56.000 domande di sanatoria ma solo 2.722 sono state evase. Se tutte queste domande fossero state prese in carico le amministrazioni comunali avrebbero potuto guadagnare circa 100 milioni di euro.
Una sanatoria per gli abusi edilizi è stata approvata nel 2018, ma la procedura non è ancora conclusa. Il motivo principale è di natura burocratica, se non di mancanza di volontà politica: non è ancora stato approvato il Piano Regolatore Generale (PRG), che avrebbe dovuto essere ultimato nell'ottobre 2022. Anticipando questo ritardo, nel luglio 2022 il Parlamento ha emendato la Legge sulla pianificazione territoriale e l'edilizia, posticipando il termine per la legalizzazione delle costruzioni illegali al 2023. Questa nuova scadenza sarà rispettata?
Nulla è certo. Migliaia di domande sono in attesa di essere esaminate, mentre i comuni non hanno dipendenti qualificati per questo compito. Nel frattempo continuano ad arrivare nuove domande, soprattutto da parte di cittadini stranieri (da Russia, Ucraina, Israele, Emirati Arabi Uniti...). Inoltre, molti proprietari di edifici abusivi non hanno mai risolto il problema legale della proprietà del terreno su cui è stato costruito l'edificio, complicando ulteriormente le pratiche per un’amministrazione catastale già sovraccarica di lavoro.
Gli edifici abusivi possono ancora generare reddito per i comuni sotto forma di una tassa annuale per l'uso dello spazio da parte di un edificio abusivo. La tassa varia dallo 0,5 al 2% del prezzo medio di costruzione per metro quadro di un edificio residenziale di nuova costruzione in Montenegro. Tuttavia, le città costiere di Budva, Bar e Tivat non hanno ancora definito l'importo di questa tassa. Il ministero dell'Ecologia, della Pianificazione Territoriale e dello Sviluppo Urbano dichiara di non sapere quanto ogni comune abbia raccolto sulla base di questa tassa.
In Serbia, cosa fare con i due milioni di edifici residenziali illegali?
In Serbia ci sono circa due milioni di edifici residenziali abusivi, a dimostrazione del fallimento dei passati tentativi di sanatoria e della necessità di una nuova strategia per sradicare il problema.
Secondo le autorità, circa il 90% di questi due milioni di edifici in attesa di legalizzazione appartengono a persone che li hanno costruiti illegalmente per risolvere il problema degli alloggi, non per trarre un rapido profitto violando la legge.
Per motivare i cittadini a legalizzare le case che hanno costruito abusivamente, alcuni emendamenti alla legge sulla legalizzazione, entrati in vigore nel 2018, stabiliscono che gli edifici non legalizzati entro il 6 novembre 2023 dovranno essere demoliti. Tuttavia, il 3 novembre 2022, la Corte costituzionale li ha dichiarati incostituzionali.
--- Termina citazione ---
Frank:
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Romania/Giovani-e-lavoro-i-paradossi-della-Romania-223725
--- Citazione ---Giovani e lavoro: i paradossi della Romania
Nel panorama europeo la Romania ha tra i più bassi tassi di disoccupazione generale e tra i più alti di quella giovanile. Ed è una tendenza che non migliora
03/03/2023 - Mihaela Iordache
La Romania non è un paese per i giovani. Lo dicono le statistiche secondo le quali centinaia di migliaia di giovani (tra 15 e 24 anni) non hanno un lavoro. L’indice della disoccupazione giovanile è infatti tra i più alti dell’UE, attestandosi al 22,9%. Paradossalmente, come segnala l’Istituto Nazionale di Statistica, il tasso di disoccupazione generale è stato del 5,4% a novembre, uno dei più bassi a livello europeo.
Tra le cause della disoccupazione giovanile gli stipendi bassi. Secondo un sondaggio (realizzato a gennaio) dalla più grande piattaforma di reclutamento online, eJobs, i giovani tra 18 e 25 anni considerano che lo stipendio corretto per loro dovrebbe essere tra i 3000 e i 7000 lei (600-1400 euro). Per la stragrande maggioranza dei partecipanti al sondaggio (86,2%) il più importante criterio per accettare un posto di lavoro riguarda infatti proprio lo stipendio.
Rispetto ad altre categorie di età, la generazione “Z” è poi interessata a svolgere il lavoro da casa (34,6%) mentre il 51,8% vorrebbe lavorare in modalità ibrida con la possibilità di decidere su quanti giorni presentarsi in ufficio. “I giovani non risultano, invece, molto legati al profilo delle aziende e non danno molta importanza se il datore di lavoro è una start up oppure è una multinazionale”, spiega alla la stampa di Bucarest Raluca Dumitra, a capo del marketing di eJobs.
Nell’Ue sono alcuni paesi dell’est a raggiungere la più elevata integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. I più bassi indici di disoccupazione giovanile si registrano infatti in tre regioni della Repubblica Ceca e in tre dell’Ungheria (sotto il 4%). Le dinamiche in Romania sono molto diverse: ad eccezione del suo nord-ovest, con circa il 7% di disoccupazione giovanile, la situazione dei giovani rispetto al lavoro resta preoccupante. Inoltre lo sviluppo economico disomogeneo implica che la disoccupazione giovanile vari notevolmente da una regione ad altra. La situazione più preoccupante si verifica nella regione dell’Oltenia, sud-ovest del paese, dove l’indice medio di disoccupazione giovanile è del 21,6%, il più alto a livello nazionale.
Tra i primi posti nell’UE per abbandono scolastico
Secondo Eurostat in Romania l’abbandono scolastico è aumentato nel 2021 di tre punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Dal 2011, quando la Romania ha varato l’attuale legge sull’educazione, si stima che circa 450.000 bambini abbiano abbandonato lo studio prima di finire la scuola media. Le autorità romene non sono mai riuscite ad abbassare la soglia del 10% dell’abbandono scolastico (nonostante si fossero impegnate a farlo entro il 2020).
Più del 15% dei giovani della Romania di età tra i 18 e 24 anni non ha completato la terza media. In altre parole, su una classe di 25 bambini, 4 di loro hanno abbandonato molto precocemente la scuola.
È in questo contesto da inserire il dato anche sui Neet, i giovani tra i 15 e 19 anni che non studiano e non lavorano. Secondo i più recenti dati Eurostat la media UE dei giovani che non studiano e non lavorano è del 6,8% tra i 15 e i 19 anni: in Italia è del 13,2% - la peggiore a livello europeo - segue a stretto giro proprio la Romania con il 12,1% e al terzo posto vi è Malta con il 10,0%.
L'abbandono scolastico ha implicazioni significative sulla vita dei giovani e sul futuro del paese e si traduce in una ridotta capacità di trovare lavoro e salari più bassi. Inoltre i giovani che abbandonano la scuola spesso hanno una maggiore probabilità di vivere in povertà, di avere problemi di salute mentale e di avere una minore partecipazione civica. La Romania si trova tra i primi tre paesi dell’UE che perdono popolazione in età attiva: tra le cause vi sono il basso indice di natalità, l’invecchiamento della popolazione e non per l’ultima la migrazione all’estero dove il lavoro viene meglio pagato.
Le politiche europee
Nella nuova programmazione per le politiche di coesione UE 2021-2027 ben €7.3 miliardi di euro dell’European Social Fund Plus (ESF+) saranno dedicati a progetti che migliorino l’accesso al lavoro, in particolare per i giovani, l’educazione di qualità ed inclusiva, e la formazione professionale. Risorse ingenti che fanno seguito ad iniziative anche degli anni precedenti come ad esempio, tra le molte, la Youth Employment Initiative, lanciata per fornire sostegno ai giovani che vivono nelle regioni in cui il tasso di disoccupazione era superiore al 25%.
A fronte di risorse europee ingenti la Romania - come del resto molti altri paesi europei - è stata in grado di utilizzare una parte ridotta. Nel 2019 il paese occupava l’ultimo posto per l’utilizzo dei fondi europei destinati a ridurre la disoccupazione giovanile, secondo quanto sottolineato anche di recente dall’ex europarlamentare romena, nonché ex commissaria europea Corina Crețu.
Inoltre in Romania vi è grande eterogeneità regionale per quanto riguarda la capacità di spendere i fondi messi a disposizione. Alcune regioni sono riuscite a investire almeno la metà dei fondi a disposizione, altre non sono riuscite a spendere nemmeno il 10% del totale.
Riduzione della disoccupazione
Secondo un’analisi del sito www.cursdeguvernare.ro nell’ultimo decennio la Romania è riuscita a ridurre la disoccupazione giovanile di 2,3 punti percentuali, tra le peggiori performance nell'UE. Hanno fatto “peggio” Paesi Bassi (-2 punti percentuali), Germania (-1,4 punti percentuali) e Lussemburgo (-1 punti percentuali) ma partendo da una disoccupazione giovanile molto inferiore: di fatto sono dati che dimostrano politiche più efficaci.
Due paesi hanno registrato aumenti: Svezia (+0,1 punti percentuali) e Austria (+0,8 punti percentuali). A livello europeo, il tasso di disoccupazione giovanile è diminuito di 6 punti percentuali nell'ultimo decennio. Un'altra particolarità del mercato del lavoro in Romania è l'altissimo rapporto tra il tasso di disoccupazione giovanile e il tasso di disoccupazione generale, pari a 2,3, il secondo livello più alto dell'UE, dopo quello del Portogallo, pari a 2,4.
Crescita economica, ma non per tutti
La Romania è tra i paesi europei con la più alta crescita economica dell’UE. La Commissione europea stima una crescita intorno al 3% per l’anno in corso e anche per il prossimo, il che significa posizionarsi al terzo posto nella classifica dei 27 membri UE. Ma la crescita economica della Romania - in questa situazione - rischia di incidere poco sulle prospettive dei giovani romeni: un quarto di loro rischia anche nei prossimi anni di rimanere disoccupato.
--- Termina citazione ---
Vicus:
Per forza crescono, con i salari bassi... ma anche in Italia i giovani sono disoccupati
Frank:
Lo so bene.
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