Autore Topic: La realtà dei paesi dell'Europa dell'est  (Letto 78200 volte)

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Online Frank

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #420 il: Giugno 11, 2020, 01:00:04 am »
https://www.eastjournal.net/archives/106896

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RUSSIA: Disastro ambientale a Norilsk, il diesel inonda l’Artico
Guglielmo Migliori 3 giorni ago

Lo scorso 29 maggio, una cisterna di carburante della centrale elettrica NTEK (Norilsk-Taimyr Energy Company) è esploso nella città di Norilsk, nella Siberia Artica. La terribile fuoriuscita ha inondato le acque del fiume Ambarnaya con oltre 20mila tonnellate di diesel e inquinanti chimici.

La negligenza dei dirigenti della centrale, insieme alla scarsa tempestività delle autorità locali nel comunicare l’accaduto al governo centrale, ha fatto sì che il carburante fuoriuscito si espandesse a macchia d’olio nelle acque fluviali, contaminando un’area complessiva di circa 350 km quadrati e spostandosi di oltre 12 km dal luogo della perdita originaria.

A quanto si apprende dalle prime stime, quella di Norilsk sarebbe una delle più gravi catastrofi ambientali nella storia recente della Russia. In termini di volume di inquinanti e sostanze tossiche fuoriuscite, il disastro di Norilsk sarebbe secondo solo all’incidente petrolifero di Murmansk del 1994.

Le responsabilità

Secondo le prime perizie, sembrerebbe che il collasso del serbatoio sia stato causato da un cedimento del terreno sottostante, reso friabile dal prematuro scioglimento del permafrost artico a causa di un inverno insolitamente caldo. La NTEK, compagnia energetica controllata da Norilsk Nickel, colosso leader mondiale nell’industria di nickel e palladio, ha tuttavia negato le accuse di omertà tramite le dichiarazioni del direttore Sergej Lipin.

Ad ogni modo, il Comitato Investigativo della Federazione Russa ha avviato un’inchiesta sull’incidente ambientale e sulla mancata tempestività nella comunicazione da parte di NTEK; inoltre, nonostante non sia ancora stata ancora depositata alcuna accusa formale, il direttore della centrale, Vjačeslav Starostin, sarà in stato di fermo sino al 31 luglio.

Come minimizzare la catastrofe?

Il ministro delle Risorse Naturali Dmitrij Kobylkin si è inoltre dichiarato scettico sulle possibilità di limitare al minimo le conseguenze dell’incidente senza una task force congiunta di esercito, governo e ministero delle Situazioni d’Emergenza.

Così, dopo aver aspramente criticato i dirigenti della centrale di Norilsk – responsabile di aver informato le autorità con due giorni di ritardo –  il presidente Vladimir Putin ha accontentato le richieste ministeriali e dichiarato lo stato d’emergenza federale nella regione di Krasnojarsk.

Il ministro Kolbykin ha anche criticato la strategia del governatore della regione di Krasnojarsk, Aleksander Uss, secondo il quale bisognerebbe bruciare il carburante drenato dalle acque dell’Ambarnaya: una pratica non certo ambientalista, e che potrebbe avere effetti disastrosi all’interno del circolo polare artico.

Anche Aleksej Knižnikov, rappresentante del WWF, ha dichiarato in proposito che la dinamica più adatta a minimizzare le conseguenze del disastro ambientale sarebbe quella di drenare l’acqua contaminata in speciali serbatoi, e lì separare le componenti di diesel.

Infine, il gigante russo dell’energia Gazprom ha tempestivamente risposto all’appello del governo ed ha subito inviato una squadra di 70 soccorritori e specialisti da San Pietroburgo, Megion, Nojabrsk e dal Chanty-Mansijsk. La compagnia fornirà inoltre alla task force tutta l’attrezzatura specialistica necessaria, tra cui idrovore, pompe petrolifere, ruspe, tende, bracci meccanici e sistemi di supporto autonomi. Gazprom si farà anche carico di buona parte degli spostamenti e della logistica della task force, per la quale trasferirà a Norilsk gli elicotteri e i mezzi delle proprie centrali nelle penisole di Gydan e di Jamal.

Il disastro di Norilsk si aggiunge dunque a una lunga serie di problematiche ambientali – quali il già citato incidente di Murmansk del 1994 o il preoccupante inquinamento del Mare di Kara – che rischiano di acuire ancor più il precario stato di conservazione dei ghiacci artici.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #421 il: Giugno 11, 2020, 01:05:51 am »
Dice il solito italiano medio:
"Solo in Italia accadono certe cose!"
... ah no, cazzo, mi son sbagliato!, siamo in Serbia!


https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Elezioni-in-Serbia-tra-i-candidati-criminali-di-guerra-202672

Citazione
Elezioni in Serbia: tra i candidati, criminali di guerra

Due criminali di guerra - condannati in via definitiva - sperano di essere eletti parlamentari alla tornata del 21 giugno. Tra i candidati inoltre anche ricercati del Tpi e persone accusate di crimini commessi durante la guerra degli anni '90

10/06/2020 -  Milica Stojanović
(Pubblicato originariamente da Balkan Insight  )


"Credo che il mio programma riguardi tutti i serbi. Non avrò problemi a cooperare in parlamento con coloro che vorranno difendere i serbi perseguitati", ha dichiarato l’aspirante parlamentare Dragan Vasiljković all’emittente serba TV Pink il 17 maggio.

Vasiljković è noto nei Balcani come ‘Capitano Dragan’, un criminale di guerra che è tornato in Serbia il 28 marzo dopo essere stato in carcere in Croazia per i crimini commessi nel 1991.

Ora Vasiljković sta raccogliendo le firme per ottenere il supporto di cui ha bisogno per candidarsi alle prossime elezioni del 21 giugno. Se ci riuscirà, ci saranno due criminali di guerra candidati per la prossima legislatura.

Vasiljković non ha ancora un programma politico formalizzato, ma ha dichiarato che, se eletto, si occuperà della difesa dei “serbi perseguitati” in Croazia, Kosovo e Montenegro.

Ha dichiarato inoltre di essere favorevole a una scarcerazione anticipata per Milorad ‘Legija’ Ulemek e Zvezdan Jovanić, condannati per l’uccisione del Primo Ministro serbo Zoran Đinđić nel 2003. I due andrebbero liberati perché “sono eroi” che hanno combattuto in nome dei serbi.

L’altro criminale di guerra che ha annunciato la sua candidatura è il leader dell’ultranazionalista Partito radicale serbo, Vojislav Šešelj, condannato dal Meccanismo residuale del Tribunale penale internazionale per crimini di guerra contro i croati nel 1992.

Šešelj è già un deputato serbo - sebbene la sua condanna avrebbe dovuto escluderlo dal parlamento - e si sta candidando di nuovo.

Jovana Kolarić, ricercatrice al Centro per il diritto umanitario, una ong di Belgrado che si occupa di crimini di guerra nella ex Jugoslavia, ha affermato che esiste una contraddizione tra la retorica del governo serbo incentrata sul futuro e la pratica di glorificazione di quanti hanno commesso crimini di guerra nel passato.

"‘Guardando al futuro’, la Serbia pubblica e promuove libri scritti da persone condannate per crimini di guerra, citando le loro esperienze come se fossero un esempio, e rendendo loro omaggio in diversi modi", afferma Kolarić.

Lo scorso anno, il ministero della Difesa serbo ha organizzato un evento  per promuovere un libro che negava la responsabilità delle forze serbo-bosniache nel massacro di 71 civili a Tuzla, in Bosnia, nel 1995, e un secondo evento che pubblicizzava  un libro dell’ex generale delle Forze Armate della Jugoslavia Nebojša Pavković, attualmente in carcere per i crimini commessi in Kosovo.

‘Le sentenze per crimini di guerra non contano davvero’
Dragan Vasiljković è stato dichiarato colpevole  per i crimini di guerra commessi tra giugno e luglio 1991 alla fortezza di Knin nella Croazia orientale, dove poliziotti e militari croati in arresto vennero torturati, e per l’attacco ad una stazione di polizia nella città di Glina nel luglio 1991, che portò alla morte di un civile e di un giornalista.

Vasiljković era emigrato in Australia quando aveva quattordici anni, ma rientrò in Jugoslavia prima dello scoppio della guerra in Croazia. Venne inviato nella Croazia orientale, nel territorio controllato dai ribelli serbo-croati, per essere il comandante di un centro di addestramento per un’unità speciale serba paramilitare.

Divenne abbastanza noto da comparire in un fumetto di propaganda militare intitolato Knindže (fusione di Knin e Ninja); si candidò poi alle elezioni presidenziali serbe del 1992 alle quali, secondo la rivista Vreme, ottenne 28.010 voti.

Tuttavia, Kolarić ritiene che Vasiljković non possa diventare "un fattore politico significativo al di fuori di una coalizione con i partiti al governo".

Secondo Kolarić, inoltre, Vasiljković potrebbe essere visto come un punto debole dato che il suo ruolo durante la guerra sta per essere menzionato nella prossima sentenza del Tribunale dell’Aja relativa al processo agli ex comandanti dei servizi segreti serbi, Jovica Stanišić e Franko Simatović. "Credo che nessuno voglia attirare troppa attenzione su questa vicenda al momento".

Šešelj, personaggio di spicco della destra serba dai primi anni ‘90, ha ottenuto di nuovo un seggio in Parlamento nel 2016, dopo che il Tribunale dell’Aja (ICTY) lo aveva esentato dal carcere nel corso del processo consentendogli di tornare in Serbia per curare un cancro.

Nell’aprile 2018, il Meccanismo residuale lo condannò a dieci anni di carcere  per aver incitato a commettere crimini tramite discorsi nazionalisti nel villaggio di Hrtkovci, in Serbia, nel 1992. Avendo tuttavia già trascorso degli anni in custodia, non dovette scontare la pena.

In base alla legislazione serba, se un parlamentare riceve una condanna superiore a sei mesi il suo mandato deve terminare. Ma l’Assemblea serba non ha mai applicato questa legge nei confronti di Šešelj.

Come argomenta Kolarić, il fatto che non sia stato interrotto il mandato di Šešelj "è un chiaro messaggio: lui è privilegiato in questa società, e le sentenze per crimini di guerra non sono importanti, né meritano attenzione".

Da parlamentare, Šešelj ha avuto a disposizione "uno spazio pubblico per la relativizzazione e la negazione dei crimini di guerra… soprattutto del genocidio di Srebrenica", afferma Kolarić.

Il suo partito d’appartenenza, il Partito radicale serbo, partecipa alla coalizione di governo della municipalità di Belgrado di Stari Grad; questo gli ha consentito a febbraio di utilizzare il palazzo del municipio per promuovere un suo libro  in cui nega che il massacro di Srebrenica sia stato un genocidio.

Le altre accuse agli ultranazionalisti
Altri due candidati del Partito radicale serbo sono ricercati dal Tribunale dell’Aja, mentre un terzo candidato è accusato di crimini di guerra commessi durante il conflitto in Kosovo.

Vjerica Radeta e Petar Jojić, due parlamentari del Partito radicale serbo, sono stati accusati dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia di oltraggio alla corte nel corso del processo a Šešelj. I due sono accusati di minacce, ricatti e corruzione ai danni dei testimoni per influenzare le loro testimonianze o per impedirgli del tutto di testimoniare.

Il tribunale aveva inizialmente trasmesso un mandato di arresto nel gennaio 2015, ma un anno dopo la Corte Suprema di Belgrado proibì la loro estradizione all’Aja per l’assenza di basi giuridiche. Da quel momento, il Tribunale dell’Aja ha sempre respinto la richiesta serba  di processare i due ultranazionalisti a Belgrado.

Un altro parlamentare del Partito radicale serbo che si è candidato alle prossime elezioni è Božidar Delić, un ex generale delle Forze Armate della Jugoslavia, comandante della 549esima Brigata Motorizzata durante la guerra in Kosovo. Nel 2013 il Centro per il diritto umanitario ha pubblicato un dossier relativo agli attacchi su otto villaggi in Kosovo compiuti da parte di questa brigata tra marzo e aprile 1999, che hanno portato alla morte di 885 persone.

La Procura serba ha dichiarato a Balkan Insight nel 2013 che ci sono state diverse indagini su Delić  , ma che lui ha sempre negato di aver commesso crimini di guerra e non è mai stato incriminato.

Candidati sotto accusa
Nel dicembre dello scorso anno Aleksandar Šapić, ex pallanuotista, leader dell’Alleanza patriottica serba e presidente della municipalità di Novi Beograd, ha comunicato in una conferenza stampa i membri della sua lista alle prossime elezioni.

Šapić ha dichiarato: "Ogni persona dietro di me ha davanti a sé una carriera politica che merita grazie al suo passato".

Uno di loro era Svetozar Andrić, attualmente il vice di Šapić alla municipalità di Novi Beograd. Durante la guerra in Bosnia Erzegovina, Andrić era il comandante della Brigata Birač dell’esercito serbo-bosniaco, per diventare poi capo di stato maggiore dei Drina Corps.

Nel 2018 il Centro per il diritto umanitario ha presentato un esposto accusando Andrić di crimini di guerra. L’accusa era relativa al fatto che Andrić avesse "ordinato ‘l’espulsione’ della popolazione bosniaca dalla [città di] Zvornik" il 28 maggio 1992.

"Qualche giorno dopo, il 31 maggio 1992, Andrić diede l’ordine di creare il campo di Sušica a Vlasenica. Il campo è esistito fino al 30 settembre 1992. In quei mesi i detenuti si trovavano in condizioni disumane - dormivano sul pavimento e ricevevano un pasto al giorno. Molti di loro venivano picchiati ogni giorno, e le donne venivano stuprate. Circa 160 persone vennero uccise", ha dichiarato il Centro per il diritto umanitario.

"Inoltre, tra maggio e giugno 1992 la brigata comandata da Svetozar Andrić perseguitò i bosniaci in più di venti villaggi della municipalità di Vlasenica. Nel marzo dell’anno seguente, alcuni membri della brigata della quale Andrić era comandante diedero fuoco al villaggio di Gobelje nella municipalità di Vlasenica", prosegue la dichiarazione.

Kolarić ha affermato che la Procura serba non ha risposto al Centro per il diritto umanitario, "quindi non possiamo sapere quali misure sono state prese".

Balkan Insight ha contattato Andrić per un commento, ma al momento della pubblicazione non ha ancora risposto.

Un altro potenziale candidato accusato per la sua condotta durante la guerra è Momir Stojanović, il leader dell’organizzazione Iskreno za Niš della terza città più grande della Serbia, Niš. Stojanović spera di potersi candidare con l’alleanza Narodni Blok, che si oppone all’entrata nella Nato, alla vendita di infrastrutture chiave a stranieri, al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo e all’ingresso dei migranti nel paese.

Stojanović è stato comandante delle truppe di Pristina durante la guerra in Kosovo. Ha già ricoperto la carica di parlamentare dal 2012 al 2016 con il Partito progressista serbo ed è stato a capo del comitato parlamentare per il controllo dei servizi segreti.

L’Interpol ha diramato nel 2015 un’allerta internazionale  per arrestare lui e altri sedici uomini che la missione dell’Unione europea in Kosovo sospetta di essere responsabili per l’uccisione di civili albanesi  nei villaggi di Meja e Korenica nell’aprile del 1999.

Durante il processo all’Aja ai capi politici, militari e della polizia per i crimini commessi durante la guerra in Kosovo, un testimone fece il nome di Stojanović come uno degli organizzatori delle violenze di Meja e Korenica. Stojanović era presente e negò l’accusa.

La Procura serba ha dichiarato a Balkan Insight di aver indagato su Stojanović e gli altri per questi crimini, ma di aver sospeso le indagini per mancanza di prove.

La costante presenza di criminali di guerra e dei loro sostenitori sulla scena politica serba è stata criticata dalla Commissione europea nel rapporto dello scorso anno sui progressi compiuti dal paese per l’ingresso nell’Unione europea.

"In molte occasioni le autorità statali hanno fornito spazi pubblici e hanno preso parte alla promozione di attività di criminali di guerra condannati dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Ciò non contribuisce alla creazione di un ambiente favorevole a un giudizio imparziale ed efficace dei casi di crimini di guerra", sostiene il rapporto.

La Commissione europea ha sottolineato inoltre che gli ufficiali serbi hanno ripetutamente impugnato le decisioni del tribunale; il rapporto afferma che la Serbia deve ancora fare molto per "superare l’eredità del passato". Eleggere criminali di guerra non renderà la Serbia più vicina a quell’obiettivo.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #422 il: Giugno 11, 2020, 01:11:24 am »
L'odio dell'Italia e degli italiani è caratteristico di una certa cultura politica. La tua regione è bellissima e ci si vive bene ma di quella mentalità ce n'è molta credo.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #423 il: Giugno 11, 2020, 01:14:31 am »
L'odio dell'Italia e degli italiani è caratteristico di una certa cultura politica. La tua regione è bellissima e si vive bene ma di quella mentalità ce n'è molta credo.

Soprattutto tra gli anziani di sesso maschile.
Ma conosco anche persone più giovani che ragionano nello stesso modo, fra queste una femmina 37enne che definire malata di esterofilia è un complimento.
Stranamente, però, seguita a vivere in Italia...*

@@

* Anni fa voleva trasferirsi in Australia a raccogliere la frutta...
https://espresso.repubblica.it/attualita/2015/05/15/news/noi-schiavi-italiani-in-australia-ecco-come-funziona-davvero-qui-1.212880
"Voleva", appunto...

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #424 il: Giugno 11, 2020, 01:22:43 am »
Di recente ho incontrato una fiorentina che faceva discorsi simili. Le studentesse poi non ne parliamo, fanno tanti di quegli Erasmus che tornano apolidi. O musulmane. :lol:
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #425 il: Giugno 13, 2020, 18:58:41 pm »
https://www.eastjournal.net/archives/106748

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RUSSIA: Nuove leggi durante la pandemia
Martina Urbinati 1 giorno ago

La pandemia da Covid-19 ha inflitto un colpo durissimo alle democrazie europee. In Russia, la dubbia veridicità dei dati ufficiali sull’andamento dei contagi e sul numero di decessi è stato un tema ampiamente discusso dai media di tutto il mondo. Non migliore si può definire la gestione dell’emergenza: fin dall’inizio, la strategia anti-coronavirus adottata dal Cremlino è stata quella di scaricare scomode responsabilità su governatori regionali, mettendo in risalto le radicate fragilità della politica interna russa. Nonostante la crisi economica all’orizzonte e il tracollo dell’indice di gradimento personale del presidente russo Vladimir Putin, la Duma di Stato ha adottato nuove leggi che fanno discutere.

Una legge sulla cittadinanza per far fronte alla crisi demografica

Per anni, la presenza di norme estremamente restrittive in materia di naturalizzazione di cittadini stranieri non ha fatto altro che acutizzare il tracollo demografico in Russia. Dati alla mano, la popolazione attuale è rimasta sostanzialmente invariata rispetto a trent’anni fa, complici il basso tasso di natalità e il boom di emigrati russi verso i paesi dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti.

Lo scorso aprile sia la Duma che il Consiglio Federale hanno approvato all’unanimità gli emendamenti apportati alla legge sulla cittadinanza: dal momento dell’entrata in vigore della stessa, a determinate categorie di cittadini stranieri sarà concessa la possibilità di ottenere la doppia cittadinanza senza più l’obbligo di risiedere sul territorio della Federazione Russa da almeno 5 anni o di aver lavorato in Russia per almeno tre anni. Queste nuove disposizioni vanno ad aggiungersi alle misure per la liberalizzazione delle politiche di cittadinanza introdotte lo scorso anno a favore dei residenti delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nell’Ucraina orientale.

Ampliamento dei poteri delle forze dell’ordine

In un momento storico in cui le libertà personali sono state notevolmente ridotte per via della crisi epidemiologica, il governo russo ha presentato in parlamento un disegno di legge che amplierebbe i poteri delle forze dell’ordine. Tra le varie specifiche, la misura più controversa prevede che un agente di polizia non venga ritenuto perseguibile per atti compiuti durante l’esercizio delle sue funzioni. Memori delle proteste elettorali violentemente soppresse con percosse e arresti lo scorso anno a Mosca, c’è il rischio che, se approvato, questo provvedimento possa incentivare reati di abuso d’ufficio e che, allo stesso tempo, i colpevoli degli stessi rimangano impuniti.

Un unico database contenente le informazioni dei cittadini

Lo scorso 2 giugno il Consiglio Federale ha approvato la legge sulla creazione di un registro elettronico che permetterà di condensare in un unico luogo i dati anagrafici di tutti i cittadini della Federazione Russa. Per mezzo di questo strumento verranno ridotti i tempi per richiedere servizi pubblici, ha dichiarato Andrei Epišin, vicepresidente del comitato per i bilanci e i mercati finanziari. Una volta ultimato e perfezionato, autorità municipali, agenzie di stato e i cittadini stessi potranno usufruire di questo servizio.

Motivo di maggior preoccupazione è senza dubbio la protezione della privacy e dei dati sensibili dei cittadini russi, come sottolinea l’analista Karina Gorbačëva. Ancora prima che il disegno di legge venisse approvato dalla Duma di stato, alcuni giuristi e persino la Chiesa russa ortodossa si sono detti scettici riguardo a questo provvedimento, citando l’articolo 24 della Costituzione russa che proibisce la trasmissione di dati personali senza il consenso del soggetto stesso.

La riforma costituzionale si voterà a distanza

Costretto a posticipare il referendum costituzionale inizialmente previsto per lo scorso 22 aprile, Putin ha apportato un emendamento alla legge elettorale al fine di garantire il voto “a distanza” per posta o online. Il sistema di voto elettronico è già stato sperimentato in alcuni seggi in occasione delle scorse elezioni municipali di Mosca, non senza riportare difficoltà. Pertanto, la commissione elettorale ha ricordato la necessità di perfezionare il sistema di voto elettronico affinché possano essere scongiurati eventuali brogli elettorali e attacchi informatici.

L’attesa durerà dunque fino al prossimo 1 luglio, data in cui i cittadini dovranno esprimersi in merito agli emendamenti costituzionali approvati dalla Duma e precedentemente criticati in quanto “incostituzionali”. Il provvedimento più controverso riguarda l’azzeramento dei mandati presidenziali con cui l’attuale capo di stato russo potrebbe restare al potere fino al 2036. Per Putin, la partita finale contro il coronavirus si giocherà alle urne “in sicurezza”: è infatti molto probabile che le sorti dell’inquilino del Cremlino vengano decretate sulla base del suo operato durante questi ultimi mesi.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #426 il: Giugno 13, 2020, 19:03:47 pm »
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Albania/Albania-l-informazione-in-quarantena-202724

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Albania: l'informazione in quarantena

Il COVID-19 ha messo in luce la debolezza dell'informazione in Albania. Il monopolio governativo della comunicazione sul coronavirus ha sollevato preoccupazioni sulla trasparenza nella gestione della pandemia e sulla libertà dei media

11/06/2020 -  Gentiola Madhi
La pandemia ha raggiunto ufficialmente l'Albania il 9 marzo, immediatamente seguita da due mesi di lockdown con severe misure restrittive, dichiarazione dello stato di emergenza (in vigore fino al 23 giugno) e sospensione parziale della Convenzione per la protezione dei diritti umani. Il governo ha adottato una pesante retorica bellica sul virus, con veicoli corazzati per le strade e pesanti multe, che ha destato un senso di paura nella popolazione.

All'inizio di maggio, le misure sono state allentate e la vita è quasi tornata alla normalità. Il tasso di infezione è stato inferiore a 20 persone al giorno, mentre il numero di test eseguiti rimane relativamente basso.

In generale, c'è una certa confusione tra la popolazione riguardo alle misure adottate, insieme a sfiducia e percezioni negative della capacità dell'Albania di affrontare adeguatamente la situazione, specialmente alla luce del numero di operatori sanitari recentemente emigrati in Germania. Si teme che il tasso di infezione possa tornare a salire.

Il primo ministro al timone
Un aspetto chiave nella gestione della pandemia sta nella comunicazione efficace e coerente. Come altri paesi, l'Albania ha istituito un comitato tecnico di esperti incaricato di prendere decisioni per contenere l'epidemia. Tuttavia, il lavoro del Comitato è stato caratterizzato da poca trasparenza sulle sue competenze e sulla misura in cui le sue raccomandazioni sono state convertite in decisioni politiche. Fino ai primi di maggio, non si sapeva nemmeno il nome del presidente del Comitato.

La pandemia ha offerto un'opportunità al primo ministro Edi Rama, che ha preso il timone della comunicazione con una presenza costante sui social media e sull'emittente online ERTV. Solo nel primo mese di lockdown, Rama ha pubblicato 407 post su Facebook (13 al giorno) e 47 ore di video  , dando così vita alla prima esperienza di governance tramite i social media in Albania.


"Fondamentalmente, il primo ministro ha monopolizzato non solo il contenuto (ciò che apprendiamo e pensiamo sulla crisi), ma anche la cornice (in che modo pensiamo alla crisi) e i mezzi (come riceviamo le informazioni)", spiega Blerjana Bino, co-fondatrice di Science and Innovation for Development (SCiDEV).

La maggior parte delle decisioni è stata pubblicata per la prima volta sull'account Facebook di Rama e successivamente nella Gazzetta ufficiale, mentre le "conferenze stampa" erano in realtà chiuse ai giornalisti
.

La centralizzazione dell'informazione è stata motivata con la necessità di combattere disinformazione e "infodemia" sul coronavirus. Tuttavia, "la narrazione bellica del governo minaccia i diritti umani e le libertà, nonché la libertà dei media, in modo sproporzionato rispetto alla situazione", sostiene Bino.

Media sotto attacco
La "messa in quarantena" dell'informazione ha portato ad una generale mancanza di trasparenza e responsabilità sulla gestione della pandemia da parte del governo, confermando ancora una volta il disprezzo di quest'ultimo nei confronti dei media. I media nazionali hanno avuto scarse opportunità di informare il pubblico e contrastare la narrazione del governo.

L'ostilità nei confronti dei media è diventata evidente alla fine di marzo, quando il primo ministro ha inviato un messaggio vocale ai telefoni cellulari dei cittadini, avvisandoli di rimanere al sicuro e di "proteggersi dai media". Non è la prima volta che il governo mostra una posizione così drastica contro la libertà dei media: all'inizio di quest'anno ha adottato un controverso pacchetto "anti-diffamazione", attualmente in fase di revisione da parte della Commissione di Venezia.

“Viviamo una pericolosa crisi di comunicazione. Secondo me, il governo albanese è uno di quei regimi che usano il coronavirus per interessi particolari e a breve termine”, afferma Lorin Kadiu, direttore esecutivo dell'organizzazione Citizens Channel. "Abbiamo sollevato preoccupazioni sul monopolio dell'informazione e la volontà di silenziare le voci critiche", aggiunge.

Durante la pandemia, un precedente è stato creato dall'Ispettorato nazionale della sanità, che ha multato la TV privata Ora News per presunta violazione delle regole di distanziamento sociale durante due programmi in prima serata. Inoltre, l'Ispettorato ha raccomandato la sospensione delle trasmissioni. La decisione è stata dichiarata sproporzionata e politicamente motivata dalle organizzazioni dei media. La pressione dell'opinione pubblica ha portato al ritiro di tutte le misure da parte dell'Ispettorato una settimana dopo.

Nonostante le restrizioni, i media hanno cercato di dare spazio a valutazioni alternative da parte degli esperti, in particolare coinvolgendo le competenze mediche della diaspora. "Esperti di alto livello sono stati presenti sui media e hanno risposto alle preoccupazioni dei cittadini, ma hanno ripetutamente taciuto su importanti questioni relative alla trasparenza e al diritto dei cittadini di sapere”, afferma Kadiu. Tuttavia, "rispetto allo spazio in prima serata dedicato ai soliti analisti e opinionisti, direi che le analisi degli esperti rimangono in una certa misura emarginate nella sfera pubblica", conclude Bino.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #427 il: Giugno 13, 2020, 19:05:49 pm »
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Sud-est-Europa-violazioni-dei-diritti-digitali-durante-la-pandemia-da-Covid-19-202654

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Sud-est Europa: violazioni dei diritti digitali durante la pandemia da Covid 19

Una recente ricerca condotta da BIRN e Share Foundation ha messo in luce una serie di casi di violazione dei diritti digitali in Serbia, Bosnia Erzegovina, Ungheria, Croazia, Romania e Macedonia del Nord

12/06/2020 -  Media Centar Sarajevo
(Originariamente pubblicato da Mediacentar Sarajevo, il 4 giugno 2020)

Nell’ambito di un monitoraggio effettuato dal Balkan Investigative Reporting Network  (BIRN) e dalla Fondazione SHARE  durante la pandemia di coronavirus (dal 26 gennaio al 26 maggio 2020) sono stati registrati 163 casi di violazione dei diritti digitali in Bosnia Erzegovina, Ungheria, Croazia, Serbia, Romania e Macedonia del Nord. Come riporta il portale Detektor, in più della metà dei casi registrati si è trattato di propaganda, disinformazione, diffusione di notizie false e di informazioni non verificate. Quasi l’80% delle vittime è rappresentato da semplici cittadini.

Dei 163 casi di violazioni registrati, in 68 casi si è trattato di manipolazioni digitali, mentre 25 casi hanno riguardato la diffusione di notizie false e informazioni non verificate, allo scopo di danneggiare la reputazione della vittima.

Per quanto riguarda i casi registrati in Bosnia Erzegovina, su una pagina Facebook sono stati pubblicati alcuni post che invitavano a distruggere le antenne 5G a Tuzla, mentre sul portale Buka sono state pubblicate informazioni false sui gruppi sanguigni che sarebbero più esposti al rischio di Covid 19.

In quasi il 25% dei casi, sono i funzionari statali, oppure lo stato, ad essere ritenuti responsabili delle violazioni dei diritti e delle libertà digitali.

Nel periodo preso in considerazione, molti governi hanno adottato regole e misure straordinarie per contrastare la diffusione del coronavirus, la cui implementazione si è rivelata inadeguata rispetto agli obiettivi prefissati. Così ad esempio, i governi di Serbia, Ungheria e Romania hanno approvato alcuni provvedimenti che hanno limitato la libertà dei media.

Tra le misure applicate per contrastare la circolazione di notizie false e la diffusione del panico sui social network, le autorità hanno più spesso optato per l’arresto o per una sanzione amministrativa pecuniaria. In Serbia si sono verificati numerosi casi di arresto e fermo, tra cui il caso della giornalista Ana Lalić, che è stata sottoposta al fermo di 48 ore per aver denunciato, in un suo articolo, la mancanza di dispositivi di protezione nel Centro clinico della Vojvodina a Novi Sad.

Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina, a Sarajevo una persona è stata arrestata per aver minacciato la polizia nei commenti scritti sul portale Klix, mentre una persona di Bijeljina è stata arrestata per aver pubblicato sul suo profilo Facebook alcuni messaggi contenenti minacce rivolte alla polizia. Alcune persone sono state sanzionate con una pena pecuniaria per aver pubblicato notizie false e per aver diffuso il panico sui social network, tra cui una persona di Bosanska Gradiška alla quale è stata inflitta una multa di 1000 euro.

Durante la pandemia di coronavirus sono stati registrati anche 18 casi di violazione del diritto alla protezione dei dati personali. Uno di questi casi si è verificato in Republika Srpska dove il governo ha lanciato un sito web  dedicato al coronavirus su cui è stata pubblicata una lista delle persone che avevano violato l’obbligo di auto-isolamento.

Anche i cyber criminali hanno approfittato della pandemia di coronavirus. Sono stati infatti registrati 11 casi di frode informatica, di cui 3 casi di distruzione e furto di dati e di programmi.

In questo periodo di emergenza, alcune categorie di persone sono state particolarmente esposte a minacce, discriminazioni e messaggi d’odio, tra cui giornalisti, operatori medici, cittadini in quarantena, donne, migranti, cinesi, rom ed ebrei.

I dati aggiornati sui casi di violazione dei diritti e delle libertà digitali sono disponibili online, nelle lingue locali, per Bosnia Erzegovina  , Croazia  , Ungheria  , Macedonia del Nord  , Romania  e Serbia  . È disponibile anche un database regionale  .

Le informazioni sui casi di violazione dei diritti digitali registrati durante la pandemia di coronavirus sono disponibili anche sul portale BIRN Investigative Resource Desk  (BIRD). La versione integrale del rapporto, in lingua inglese, è disponibile a questo indirizzo  .

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #428 il: Giugno 20, 2020, 00:41:22 am »
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Serbia-e-Bosnia-Erzegovina-tra-robot-e-zombie-203056

Citazione
Serbia e Bosnia Erzegovina: tra robot e zombie

No, non è un racconto horror e nemmeno un fantasy. In questo commento robot e zombie diventano metafore - drammatiche - della conduzione politica di due paesi, Serbia e Bosnia Erzegovina

19/06/2020 -  Ahmed Burić Sarajevo
Il video  di una recente visita del presidente serbo Aleksandar Vučić allo spazio espositivo del Centro per la robotica e l’intelligenza artificiale presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Belgrado è diventato virale in tutta la regione. Durante la visita, ideata dal team di pubbliche relazioni del presidente come parte integrante della sua campagna elettorale, Vučić ha parlato con un robot intelligente (o forse, nello spirito di rispetto della parità di genere, sarebbe più corretto dire una robot?) di nome Ema progettato dall’azienda cinese NetDragon Websoft.

Dopo una presentazione iniziale, alla domanda del presidente Vučić sul perché sia venuta in Serbia, Ema, che sta imparando a relazionarsi con gli esseri umani, ha risposto: “Amo la Serbia. Visto che sono una forma di tecnologia intelligente, è ovvio che ho scelto di stare in Serbia. Non solo per la sua gente straordinaria, la sua ricca tradizione e la natura, ma anche perché questo paese ha davanti a sé un futuro luminoso. Sono venuta a causa delle menti straordinarie di questo paese, per migliorare l’educazione dei giovani in Serbia, con l’aiuto delle moderne tecnologie educative provenienti dalla Cina, lo studio delle lingue e lo sviluppo delle discipline scientifiche. Il Centro per la robotica e l’intelligenza artificiale dove lavoro garantirà ai giovani la migliore educazione, rendendo orgogliosi tutti i genitori, e la Serbia diventerà uno dei paesi più avanzati, esattamente come dovrebbe essere”.

Dopo che Ema ha concluso il suo breve discorso, il presidente Vučić ha rivolto uno sguardo all’ambasciatrice cinese a Belgrado, Chen Bo, e a quel punto nel video si sente una risata di sollievo e di gioia.

Anche Ema è probabilmente uno degli assi nella manica del presidente serbo, grazie ai quali Vučić sicuramente riuscirà a sconfiggere tutte le altre forze politiche alle imminenti elezioni parlamentari.

L’epoca del declino globale del pensiero politico giova perfettamente ai dittatori locali: gli elettori fedeli di Janša in Slovenia, quelli di Orbán in Ungheria e l’onnipotente Putin che dalla Russia porta vento in poppa ai leader balcanici, ci fanno pensare che l’attuale situazione persisterà ancora per molto tempo.

Praticamente intere generazioni se ne sono andate dai Balcani, lasciando i propri paesi nelle mani di criminali emotivamente deprivati e narcisisti, che hanno privatizzato i beni pubblici, approfittandone per gettare le basi della propria ricchezza. I popoli balcanici, snervati dalle guerre e dalla retorica nazionalista, hanno accettato tutto, “pur di non sparare di nuovo”, e ciò ha portato alla situazione attuale in cui le vecchie forze nazionaliste si mantengono al potere con varie manovre, anche comprando voti e assumendo i propri elettori nel settore pubblico.

Date queste premesse, risulta ovvio che, qualunque sia l’esito delle imminenti elezioni parlamentari in Serbia, questa tornata elettorale non cambierà molto la situazione politica nel paese.

Ad ogni modo, la robot Ema – a giudicare dai risultati di una ricerca sugli atteggiamenti valoriali degli studenti serbi, condotta dall’Istituto per la ricerca sociale della Facoltà di Filosofia dell’Università di Belgrado, insieme al Comitato di Helsinki per i diritti umani in Serbia – avrà molto da fare per migliorare l’educazione serba.

La ricerca in questione  , i cui risultati sono stati pubblicati qualche settimana fa, è stata condotta nel 2019 nelle scuole superiori in cinque città serbe: Belgrado, Novi Pazar, Niš, Kragujevac e Novi Sad. I dati non vanno mai commentati senza essere contestualizzati, ma alcuni dei risultati emersi dalla ricerca sono piuttosto sconfortanti: stereotipi negativi sulle persone LGBT, aborto considerato come peccato, e persino l’idea secondo cui la donna a volte dovrebbe essere “sollecitata”, ricorrendo alla violenza, ad adempiere ai propri doveri coniugali.

Per quanto riguarda l’atteggiamento degli studenti serbi nei confronti dei loro vicini, la situazione è la seguente: più della metà degli intervistati (la ricerca è stata effettuata su un campione di circa 900 studenti) ritiene che il Kosovo sia il cuore della Serbia e che la Serbia non ci rinuncerà mai.

Tenendo conto di questo dato, il numero degli studenti che non credono che i serbi non abbiano commesso alcun crimine durante le ultime guerre combattute sul territorio dell’ex Jugoslavia è più alto di quanto ci si aspetterebbe, il 32%. La percentuale di coloro che riconoscono il genocidio di Srebrenica sale addirittura al 38,2%, un dato che lascia sperare che gli studenti intervistati possano costituire una solida base partendo dalla quale la donna robot Ema potrebbe raggiungere risultati notevoli nel campo dell’educazione, contribuendo a una migliore comprensione del ruolo dello stato e del popolo serbo nella recente storia del sud-est Europa.

Immaginate inoltre che Ema trovi un impiego in una scuola a Šabac, dove dovrà spiegare ai ragazzi chi sono (stati) Ratko Mladić e Radovan Karadžic, che il 31,2% degli intervistati considera criminali di guerra. Quindi, la classe sarebbe divisa, ma prevarrebbero quelli che ritengono che il duetto Mladić-Karadžić condannato all’Aja non sia colpevole di nulla, così come più della metà degli intervistati pensa che i serbi non siano responsabili dei crimini commessi in Kosovo alla fine degli anni Novanta del secolo scorso. In tale atmosfera, per Ema non sarebbe facile tenere lezioni.

Vi è però anche l’altro lato della storia. Il 43% degli intervistati crede che sia possibile una riconciliazione tra serbi e croati, il 53% crede in una riconciliazione tra serbi e bosgnacchi e il 23% in una riconciliazione tra serbi e albanesi. Inoltre, più della metà degli intervistati ritiene che la responsabilità delle guerre degli anni Novanta ricada sulle élite politiche e non sui popoli ex jugoslavi.

Per quanto riguarda invece la Bosnia Erzegovina, ovvero il suo popolo più numeroso, quello bosgnacco, il principale leader politico bosgnacco, Bakir Izetbegović, non socializza con i robot – anche perché in Bosnia Erzegovina, a dire il vero, di robot non ce ne sono affatto – ma si può tranquillamente affermare che si comporta come se fosse uno zombie. Nell’ultima intervista di circa un mese fa – che Izetbegović ha scelto di rilasciare, dopo mesi di silenzio, non a uno dei media pubblici e nemmeno a uno dei rispettabili media privati, bensì a un’emittente piuttosto oscura, la Televisione musulmana Igman - il leader bosgnacco ha evitato di affrontare quasi tutte le questioni di rilievo. Questa intervista è l’esempio della spudoratezza dei media, un’agiografia assurda di un uomo assurdo che, grazie alle circostanze storiche, si è trovato a guidare l’unico popolo europeo vittima di un genocidio dopo la Seconda guerra mondiale.

In questi giorni, forse più che mai, sta emergendo il carattere paradossale delle elezioni nei Balcani. Le forze politiche che hanno deciso di boicottare le elezioni in Serbia si sono semplicemente rese conto di non essere sufficientemente forti da far vacillare il regime di Vučić e del suo partito progressista serbo (SNS), al potere ormai da otto anni.

Quanto alle prossime elezioni in Bosnia Erzegovina, forse l’opzione migliore sarebbe quella di organizzare il boicottaggio delle elezioni, come un atto di disobbedienza civile. Ma tale opzione porterebbe alla conferma dello status quo, ed è proprio quello che auspicano il Partito di azione democratica (SDA) di Izetbegović e l’Unione democratica croata della Bosnia Erzegovina (HDZ BiH).

Qualche giorno fa, i leader dei due partiti hanno finalmente raggiunto un’intesa sullo svolgimento delle elezioni amministrative a Mostar, che non si tengono da oltre dieci anni. Ma non lo hanno fatto perché ci tengono a migliorare la vita della popolazione locale, bensì perché vogliono rimanere al potere. E per far sì che l’attuale brutta situazione si protragga all’infinito.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #429 il: Giugno 20, 2020, 01:31:13 am »
Citazione
Praticamente intere generazioni se ne sono andate dai Balcani, lasciando i propri paesi nelle mani di criminali emotivamente deprivati e narcisisti,
E' anche vero che in Italia clan malavitosi hanno il controllo del territorio anche al Nord, in stretta sinergia con le amministrazioni locali. Tutto il mondo è Paese.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #430 il: Giugno 20, 2020, 09:55:24 am »
E' anche vero che in Italia clan malavitosi hanno il controllo del territorio anche al Nord, in stretta sinergia con le amministrazioni locali. Tutto il mondo è Paese.

Ma questo non c'è bisogno di specificarlo, perché l'italiano medio è straconvinto di vivere nel Paese più mafioso e corrotto al mondo, mentre al tempo stesso ignora alla grande che altrove è pure peggio.
Il mio "compito" non è dimostrare che l'Italia è un Paese "meraviglioso e incorruttibile", bensì che il cosiddetto "estero" non è affatto il paradiso che i nostri connazionali credono sia.

E' un po' come quando si parla di violenza: evidenziare che esiste anche la violenza al femminile non equivale a negare quella maschile.
Tra l' altro a parlare in maniera ossessiva di quest' ultima pensano quotidianamente i media, per cui non c'è bisogno di parlarne anche in questi spazi.
Quegli stessi media che invece glissano regolarmente quando c'è di mezzo la violenza femminile.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #431 il: Giugno 20, 2020, 14:06:30 pm »
Nel mondo globale, anche se in proporzioni variabili, le dinamiche sono le stesse non solo a livello orizzontale (posizione geografica) ma anche verticale, dall'ONU fino alle aggregazioni sociali di base. E' tipico di un regime totalitario voler controllare tutto ad ogni livello.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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« Risposta #432 il: Giugno 20, 2020, 21:20:49 pm »
Sì, ma perlomeno in Europa (sia dell'ovest che dell'est) l'Italia è realmente un caso particolare, per quanto riguarda l' autodenigrazione e il disprezzo di sé.
Come ho già avuto modo di scrivere anni fa, nemmeno gli albanesi degli anni Novanta (quando l'Albania era il terzo paese più povero al mondo) o i rumeni usciti dalla dittatura comunista erano così sprezzanti nei confronti del proprio paese e dei propri connazionali.
In questo gli italiani son veramente un caso a sé.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #433 il: Giugno 20, 2020, 21:52:54 pm »
Secondo te da dove viene questa mentalità?
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:La realtà dei paesi dell'Europa dell'est
« Risposta #434 il: Giugno 21, 2020, 01:14:47 am »
Dal passato, dal fatto che da popolo di dominatori (Impero romano) l'Italia è stata per secoli un popolo dominato, servo di altri popoli.
https://books.google.it/books?id=a8hEDwAAQBAJ&pg=PT8&lpg=PT8&dq=italiani+popolo+sottomesso+per+secoli&source=bl&ots=v2SPzFeJbv&sig=ACfU3U3lYaweiV0ArBCRQ7KZ_WDjiT9Xbg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiZrLuKxZHqAhXEk4sKHeeiCD0Q6AEwAnoECAUQAQ#v=onepage&q=italiani%20popolo%20sottomesso%20per%20secoli&f=false

Gli italiani sono anche storicamente considerati un popolo di traditori,
https://it.wikipedia.org/wiki/Pregiudizio_contro_gli_italiani

Citazione
Katzelmacher, Katzener: deriva dall'accusa di tradimento lanciata dall'Impero austro-ungarico al Regno d'Italia in occasione della prima guerra mondiale. L'Italia nel 1914 si rifiutò di entrare in guerra al fianco dell'Austria, a cui era legata dalla Triplice Alleanza; poi nel 1915 le dichiarò guerra, schierandosi dalla parte dei suoi avversari della Triplice Intesa. Dopo la guerra il Regno d'Italia incorporò terre abitate prevalentemente da popolazioni di lingua tedesca, come l'Alto Adige. Katzelmacher deriva da "fattori di gattini", nel senso della prolificità familiare, oppure da "venditori di cucchiai", per le attività dei commercianti ambulanti transfrontalieri. I due termini sono diffusi in tutti i paesi di lingua tedesca e nelle aree della Repubblica italiana che in passato erano austriache. Il termine si diffuse rapidamente nell'Impero austro-ungarico grazie all'opera satirica del disegnatore Arpad Schmidhammer al suo libello "Maledetto Katzelmacher", che raffigura la caricatura di un bandito meridionale[senza fonte];

oltre ad essere un (non) popolo disunito da 159 anni. al contrario (ad esempio) di quello francese, che è un popolo unito da 1500 anni.
A questo aggiungiamo la diffusissima idea secondo cui la mafia sarebbe stata "inventata" dagli italiani, mentre la realtà è ben diversa.
https://alleanzacattolica.org/la-mafia-cinese/
http://www.nihonjapangiappone.com/pages/societa/yakuza.php
C'è chi arrivò molto tempo prima...

@@

https://oltrelalinea.news/2019/08/02/esterofilia-insostenibile-piaga-dellitalia/?fbclid=IwAR2Ui5AKTe__ePvDOGvOrzroWRf_qPbyJvmpIdAfWsJSQqRNcGEZfUQiFGk

Citazione
Esterofilia: insostenibile piaga dell’Italia
Agosto 2, 2019

Tra le cause dei vari mali che affliggono il nostro Paese, l’esterofilia ha senza ombra di dubbio un ruolo di primaria importanza: è quella esagerata – e, d’altronde, anche immotivata – ammirazione per l’estero, che scaturisce non tanto dal riconoscimento autentico delle virtù dei Paesi stranieri, quanto piuttosto da una forte tendenza tutta italiana all’auto-disprezzo, dall’irresistibile voglia di denigrare, a torto od a ragione, la propria Nazione.

Di conseguenza, la cosa migliore da fare è cercare fortuna al di là delle Alpi (in Svizzera, in Francia od in Germania), oppure avventurarsi addirittura nei Paesi scandinavi, dove di civiltà – secondo una narrazione di tal fatta – se ne trova a palate. Là, o comunque non qua, il sole splende sempre un po’ di più, ed il Tafazzi che è dentro ogni italiano medio non vede l’ora di uscire, per gridare a pieni polmoni che l’Italia fa schifo e che solo espatriando a Londra si può sperare nel campare servendo caffè. Non certo rimanendo in Italia!

E quando, per sua disgrazia, l’italiano medio esterofilo incontra un italiano che no, l’intenzione di andare all’estero proprio non ce l’ha, sul suo volto compare la stessa espressione mista di tristezza e di compassione tipica di chi sta assistendo ad una condanna a morte. Sarà che, come narra Mameli, «noi siamo da secoli calpesti, derisi, / perché non siam popolo, perché siam divisi», ma è proprio vero che è anche per merito di questa mentalità piccolo-borghese che oggi l’Italia si ritrova totalmente asservita alle potenze straniere.


Nessuna descrizione della foto disponibile.
Anche in virtù di questa ingrata e ottusa esterofilia, tale italiano medio non ha fatto altro che giustificare la progressiva perdita di sovranità della sua Nazione. Se tali italiani medi sono i primi a non aver riguardo per la propria Patria, per quale motivo, infatti, dovrebbero aspettarsi rispetto dai Paesi stranieri? L’amore spasmodico ed aprioristico per l’estero è una forma di ignoranza e di mancanza di spirito di coesione, è parte integrante di quel provincialismo culturale anti-italiano che considera l’espatrio un traguardo da raggiungere, un trofeo da mettere in mostra ed un indicatore dello “status quo”.

Questa insensata esterofilia italiana non è più sostenibile. O, meglio, non lo era nemmeno prima, ma oggi come non mai ne cogliamo i rancidi frutti: la graduale svendita della nostra economia a beneficio di chi, con risolino beota, definisce gli italiani «pizza, mafia e mandolino», l’amnesia artistico-culturale di una Nazione che è la culla della civiltà occidentale e che, sotto sotto, fa invidia a tutto il mondo per le sue multiformi potenzialità: ingegno, senso del bello, patrimonio storico.

L’antidoto al veleno esterofilo è il recupero della memoria nazionale. È un passo del tutto importante e necessario da compiere, e gli italiani, forse, stanno cominciando a ricordare.

(di Flavia Corso)


https://it.quora.com/Perch%C3%A9-gli-italiani-sono-cos%C3%AC-esterofili?fbclid=IwAR1MHEfUnQKEGfXu_EDQGK5ZIbYCsa_-G6t5aIqx-0dif-si8R_Ps3VWDEY

Citazione
Perché gli italiani sono così esterofili?
4 Risposte
Adalberto Eroli
Adalberto Eroli, Ex correttore di bozze
Risposto 30/dic/2018 · L'autore ha 232 risposte e 39mila visualizzazioni di risposte
andrebbe forse ascritta tra le patologie psichiche? mi piacerebbe avere, in merito, una considerazione da psichiatri e dottori.
Di certo tutti quelli che conosco che vivono all’estero mi parlano dei luoghi in cui vivono come di una sorta di paradisi in terra.
Un mio conoscente che vive a Londra ne parla come una città in cui è tutto eccezionale e in cui non esistono criminali (eppure ci sono stati 85 morti nel 2018, non è male come eden terrestre!).
un altro che vive a Los Angeles ne parla come un baluardo dell’ambiente in cui nessuno usa l’automobile (le autostrade a 10 corsie evidentemente sono piste ciclabili! e poi che gli statunitensi non usino l’auto è una castroneria pura! ci vanno pure a mangiare gli hamburger in auto e si fanno servire senza scendere). Mi parlò della california come di uno Stato fantastico in cui mai e poi mai esistono - come da noi - incendi o catastrofi naturali (il più grande incendio degli ultimi 80 anni a Malibù, evidentemente non è stato preso in esame).
Di fronte a questi deliri la mia mente sospende ogni giudizio e rinnovo quindi l’invito a qualche psichiatra o neurologo ad aiutarmi a capire di che genere di patologia psichica stiamo parlando e se è curabile.