A mio parere Fusaro parla della realtà italiana semplicemente perchè vive in Italia, ma non ritiene che la prassi italiana di gestione dell'emergenza sia sostanzialmente diversa rispetto agli altri Paesi (e se anche lo credesse, l'accusa non sarebbe al proprio Paese, ma all'autorità politica che su di esso comanda). In realtà, Fusaro è stato tra i primi a scagliarsi contro il governo e la polizia francesi, e in favore dei gilet gialli; ha detto di tutto e di più contro le democrazie occidentali, mentre loda abitualmente il nostro Paese, per la sua cultura e le sue tradizioni. Ricordo, ad esempio, la polemica contro l'apertura di Starbucks a Milano e, d'altra parte, l'elogio del tradizionale caffè italiano; e così numerose difese delle tipicità italiane (luoghi turistici, aziende, cucina, arte...). Tra l'altro il nostro filosofo ha dichiarato guerra agli anglicismi e difende a spada tratta l'utilizzo della lingua italiana, cosa non proprio da esterofilo. Talvolta può apparire grottesco, ma è indubbio che abbandonare la propria lingua in favore dell'inglese significa rinunciare alla propria identità in favore del progetto cosmopolita; peraltro, rispolverando spesso termini italiani arcaici, Fusaro porta gli italiani che lo ascoltano a pensare all'antichità della propria lingua, delle proprie radici, del proprio passato. In definitiva, a me Fusaro sembra, nel suo campo, un patriota dei nostri tempi, sebbene non raramente dissenta dal suo pensiero.