Autore Topic: Eutanasia obbligatoria (di un maschio): si comincia  (Letto 1550 volte)

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Offline Vicus

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Eutanasia obbligatoria (di un maschio): si comincia
« il: Febbraio 27, 2018, 11:33:14 am »
Questa vicenda evidenzia il logico esito delle leggi sull’eutanasia: il disprezzo della vita umana, considerata appartenente allo Stato contro la volontà degli stessi genitori.
I “casi pietosi” con cui si cerca di far digerire queste leggi ad un’opinione pubblica addormentata sono il preludio all’eutanasia obbligatoria di soggetti, considerati superflui alla società dei consumi.
E’ urgente per la nostra stessa sopravvivenza riportare al centro valori in grado di costruire una società vivibile.

https://costanzamiriano.com/2018/02/24/la-preghiamo-santo-padre-non-permetta-che-si-usino-le-sue-parole-per-uccidere-alfie/#comment-134869

di Costanza Miriano

Alfie Evans è un bambino gravemente malato a cui 14 mesi fa avevano fatto una prognosi molto infausta: si pensava che sarebbe morto a breve, invece è ancora qui fra noi. Solo che, purtroppo per lui, è inglese, e l’ospedale di Liverpool ha deciso che la sua vita non è degna. I genitori si sono opposti, la cosa è finita davanti a un tribunale, fino all’Alta Corte di giustizia. E mentre Alfie continua a vivere nonostante le previsioni dei medici, il giudice ha ordinato che gli sia staccare il ventilatore. E la cosa intollerabile è che lo ha fatto citando  a sostegno delle proprie tesi un passo della lettera di Papa Francesco a monsignor Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

Caro giudice, non si permetta di usare il Papa per affermare le sue tesi. Non si permetta di sporcare lo sguardo cristiano sulla vita umana. Dica invece la verità: in Inghilterra si è stabilito che c’è uno standard di vita considerato accettabile. Al di sotto di quello la sanità, con l’appoggio della giustizia, uccide, anche contro la volontà dei malati o dei loro genitori, come ha fatto con Charlie Gard. E non è solo una questione economica, perché i genitori avevano raccolto i fondi per sostenere le enormi spese. E’ una questione di giudizio su chi ha diritto a vivere e chi no, una cosa che spalanca un baratro, dalle conseguenze imprevedibili.

Si abbia il coraggio di chiamare le cose con il loro nome – la giustizia inglese ha il potere di vita e di morte sui cittadini – ma che non si usi la parola del Papa, che non si parli di diritti, di dignità della vita. E’ vero, Papa Francesco invita al discernimento, perché il rischio dell’accanimento terapeutico esiste, ed è sempre più delicato discernere, mano a mano che la medicina progredisce. Ne metteva in guardia anche Giovanni Paolo II. Ma che stiano tranquilli gli inglesi, la gente continua imperterrita a morire nonostante i progressi della medicina.

La verità è che il criterio di un cristiano, e a maggior ragione del Papa, è sempre quello della relazione e della persona, come dice lui nella lettera citata a sproposito dal giudice (ignorante? perfido?).

“Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità” dice il passo del Catechismo che il Papa sceglie di citare. Alfie non può parlare, ma i suoi genitori – che hanno la titolarità legale per lui – hanno detto di no: non vogliono che si stacchi la spina. Non si usi dunque il Papa per ammantare di filantropia una decisione spietata, facendo due gravi offese. Una alla nostra fede e alle parole del Papa. Una a un innocente giustiziato.

Alfie ciuccia energicamente il suo ciuccio, interagisce con i suoi genitori, anche se, è vero, non parla e non fa niente, tranne sentire l’amore di chi lo circonda. Dipende da un ventilatore, non guarirà mai. E morirà comunque, anche se lasceranno attaccato quel ventilatore.

Ma, devo darle una notizia, caro giudice Hayden, anche lei morirà, prima o poi. Le auguro molto tardi, in modo che abbia tempo di capire quello che sta facendo. La vita è una malattia mortale, anche per le persone sane. Il criterio è che può vivere solo chi è autonomo? Be’, tanti malati dipendono dalle cure che fanno. Non solo, che so, quelli in dialisi, ma anche quelli che devono la loro vita a dei farmaci. Se è per questo anche un astronauta in orbita nello spazio se lasciato da solo muore, se espulso là fuori senza aria né tutto quello che serve a vivere. E se vogliamo spingere ancora più in là il paradosso, anche il giudice Hayden lasciato solo nel mezzo della foresta amazzonica o nel gelo della Siberia a meno cinquanta gradi da solo non se la caverebbe un gran che bene, suppongo. Tutti dipendiamo dalle condizioni esterne e molto dal sostegno di altri. E allora? Qual è la regola per stabilire chi ha diritto di vivere e chi no? La bombola dell’astronauta è accanimento terapeutico?

E’ chiaro che il criterio non può essere quello dell’autonomia della persona. Ma allora? Cosa rende una vita degna di essere vissuta?

Ci sono persone che vivono in condizioni che il mondo giudica intollerabili, eppure sono più compiute e felici e feconde di tanta gente apparentemente sana, i nevrotici, i pazzi, gli schizofrenici che popolano questo Occidente satollo. C’è un autista di autobus paraguayano, Jose Ocampo, immobilizzato su un letto da venti anni. Può muovere solo qualche dito di una mano, ma riesce a dire in modo appena comprensibile che la vita è bellissima, perché si sente amato. Se parliamo di dignità della persona, a me quelli come Alfie e Jose sembrano dignitosissimi: circondati da amore e cure. E’ l’amore che rende la vita degna, è avere qualcuno vicino che ti dica “è bene che tu ci sia”.

La preghiamo Santo Padre, noi sappiamo che lei cerca di parlare nel modo meno divisivo possibile, andando incontro al mondo, nelle periferie culturali, negli angoli più lontani dalla sensibilità cattolica, dalle rigidità, dalla chiusura di cuore, dal farisaismo di chi si sente popolo eletto.

Sappiamo anche che tante volte ha preferito non puntualizzare, non chiarire troppo anche a costo di essere frainteso per non fare questioni di identità e di orgoglio e di appartenenza, che sono quanto di più lontano dal suo cuore. Ma adesso c’è la vita di un bambino che sta per essere ucciso. Non permetta che venga fatto a nome suo. Non permetta che si usino le sue parole con tanta malizia.

La supplichiamo.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.