Un altro articolo pregevole trovato su questo sito
https://ilfilodeifili.blogspot.it/2018/03/io-sono-una-donna.htmlvenerdì 16 marzo 2018
Io sono una donna
Io sono una donna
Quanto scrivo prende spunto dopo aver visto un vecchio film:
Totò, Peppino e le fanatiche. Visione misogina?
film del 1958, piena rivoluzione in ambito domestico, gli elettrodomestici prendono sempre più piede.
Ma non solo quello, con il benessere i capricci, la sconsideratezza aumentano, perdendo il filo della tradizione, del bello dei rapporti che vanno disintegrandosi.
Ma a pagarne i vezzi delle donne, son sempre gli uomini sempre e in ogni caso.
Direte si tratti di comicità, quindi di non offrire troppo peso alla questione. Ricordo però che la comicità è nata proprio per sottolineare dei disagi comuni della società in maniera non palese, così da evitare censura e polemiche, cosicché solo i più attenti potevano coglierne la sottigliezza. Un tipo di satira politica antica sono Le Vespe di Aristofane.
Dire: “non tutte sono così” è come comprare un biglietto per la fiera dell’ovvio.
Ma anche i politici non sono tutti rubagalline, né gli inglesi dormiglioni o scrocconi se dobbiamo stare a Mr. Bean.
La comicità, prende un disagio reale e diffuso per la maggiore inserendolo in una chiave ancora più esasperata, quasi inverosimile o surreale. Nonché pochi riescono nell’intento, tanto è che solo il giullare aveva il permesso di deridere il Re.
Da qui nascono le varie battute su uomini che lasciano i calzini in giro, o su donne in altri contesti.
Quelle sui medici, o ad esempio carabinieri. In passato per entrare nell’arma bastava molto poco, quindi le battute decadono quando decade il contesto che le ha suscitate. Le battute rimaste sui carabinieri rimangono quelle di sempre senza una nuova produzione.
Si vorrà forse stereotipare, offrendo l’idea che gli automobilisti siano tutti nevrotici facendo battute su di essi?
Difatti è stupido offendersi, sarebbe più intelligente coglierne l’ironia e trarne insegnamento, cosicché rielaborando il contesto queste battute non possano più sussistere.
son fin troppo, ora, le donne che si offendono alle battute.
Ma torniamo al film, siamo nel 1958, molto prima dell’ondata femminista nota > presumibilmente donne ancora oppresse.
Mi ha colpito del film, che consiglio vivamente di vedere e riflettere su tutto compreso l’epilogo, la frase: “io sono una donna”. Quante volte in tv, ad esempio al grande fratello, abbiamo sentito dire: “io sono una donna… in quanto donna… non dirlo alle donne… ma si dice così a una donna”? E’ una forma gerarchica che fa leva sulla cavalleria, affinché in torto o ragione, non potendo reagire si faccia ciò che la donna ha deciso. Non puoi dir lei che ha torto, se lo dici con le buone non ascolta, se con altra terminologia non puoi in quanto donna!
Quindi ricapitolando se usi altri termini ti comporti male su una donna, che pur volendo abbattere gli stereotipi sociali, pur ritenendosi migliore e capace di far tutto in multitasking e senza aiuto (frasi caratteristiche del femminismo), pretende il mantenimento cavalleresco; rimanendo comunque valido che se ti comporti in maniera cavalleresca possa sputarci sopra e dire che hai un comportamento sessista.
Quando vedrete nella scenetta in calce che ho selezionato, vi è un plus ultra di contraddizioni, che nel 2017 questo atteggiamento non è più solo un caso, ama addirittura usato consapevolmente.
-Io sono una donna (richiesta cavalleresca che suppone la potenza dell’IO);
-Su questo non vi sono dubbi
-Ecco siamo alle smancerie (dove dimostra che non le va bene né le cose dette in modo diretto, ne le lusinghe).
Come si può notare è un circolo vizioso, dove ad A si risponde B, ma anche questo va male qualora proposto.
Quindi o molte donne soffrono di disturbi isterici, dissonanze cognitive, borderline ecc, oppure reputandole esseri intelligenti come preferisco fare, devo ritenere sia fatto di proposito.
Questa la reputo violenza!
C’è da chiedersi come mai è possibile, e perché sia un fenomeno così diffuso. Secondo me perché non vi può esser patriarcato in primis, se non che questa sia una logica di importazione proveniente da noti paesi prettamente protestanti.
Ovviamente non serve ripetere (ma meglio farlo) come la frase: "in quanto donna", sia sessista, partigiana, quanto sia dicotomica pronunciata da coloro che per prime lottano contro stereotipi di genere, sociali e si definiscono "paritarie", pur volendosi risparmiare un pensiero diretto. Quindi dagli uomini, e dalla parità, ne han preso solo ciò che è di comodo, cosicché mai proveranno anche ciò che comporta esser uomini e sempre, in virtù del vizio, si avrà l'opportunità di comportarsi in maniera capricciosa, banale, sconsiderata; non pagheranno mai nulla, nemmeno nei rapporti più semplici come quelli nel film, le colpe dei loro errori. Anche una sconsiderata, in fondo, ha chi le va dietro perchè migliorarsi?
Sono convinto che in piena parità sia necessario smetterla di usare la frase come paravento dai rimproveri o ammissioni di responsabilità, a meno che le donne non desiderino esser ingannate a trattate come disabili; in quel caso però sarebbe logico, lineare e consono di far false lotte ipocrite.
Ecco a voi un link da seguire ed una piccola scena tratta dal film prima citato: