Non è un aforisma, ma merita di stare quì.
Poi vedremo perchè.
Il frutto proibito del principio d’identità
Il pensiero razionale occidentale si fonda su un falso, cioè che A=A sia davvero un’espressione dotata di senso, mentre in realtà, non significa nulla[1].
Da un punto di vista fisico, non esiste niente che si possa dire essere uguale a se stesso, se non al limite solo negando il tempo, “azzerando l'attimo”, perché se si ammette il flusso temporale si cade senz'altro nel panta rei, nella concezione del “tutto scorre” di Eraclito[2], ma anche nel caso dell'azzeramento del tempo, Δt=0, il congelamento, la morte, come si può essere certi che esista fisicamente, e non astrattamente, davvero qualcosa uguale a se stessa[3]?
E' inverificabile, dunque rimane un concetto metafisico, e al pari di quello religioso della fede in Dio, un dogma.
Questo che sembra essere solo un problema accademico ha invece notevoli implicazioni sociali e storiche, e le conseguenze di una simile concezione del mondo, si sono rivelate drastiche, enormi. Il celebre fisico, Max Planck, definì l'intero processo del pensiero razionale dell’Occidente come uno sforzo continuo per cercare di eliminare dai suoi presupposti ogni elemento "antropologico".
O. Spengler[4], riconobbe che “Le forme fisse negano la vita. Le formule e le leggi pietrificano l'immagine della natura. I numeri uccidono. Sono le Madri del Faust, che troneggiano auguste nella solitudine...”
L’analisi matematica[5] si regge su un principio fondamentale, ovvero quello di ignorare le differenze infinitesime, e pare che da un punto di vista materiale, quantitativo, le cose continuino a funzionare lo stesso, anzi, si semplificano[6], anche se l’obiezione mossa da Berkeley[7] sulla contraddizione insita nella concezione dell’analisi matematica “standard”, quella che si insegna agli adolescenti sin dal liceo, rimane ancora oggi ineccepibile:
Dopo tutto, dt è o uguale a zero , o diverso da zero. Se dt non è zero, allora 32 + 16dt non è lo stesso di 32. Se dt è zero, allora anche l'incremento nella distanza ds è zero, e la frazione ds/dt non è 32+16dt un’espressione senza significato 0/0.
…
Infatti quando si dice:svaniscano gli incrementi, cioè non siano nulla, o non esistono affatto, si distrugge la precedente supposizione che gli incrementi fossero qualcosa, o che esistessero.
...
Che cosa sono queste flussioni?Le velocità di incrementi evanescenti. E che cosa sono gli stessi incrementi evanescenti?Non sono né quantità finite, né quantità infinitamente piccole, non sono nulla. Potremmo ora chiamarle i fantasmi delle quantità morte?[8]
A K.Weierstrass dobbiamo il capolavoro di aver riformulato l'analisi matematica espellendo il concetto di moto di un punto, infatti aboliti i concetti di moto, di direzione, di avvicinamento ad un secondo punto, l’analisi venne resa completamente statica, perfetta.
Infine, Luce Irigaray, la più brillante intellettuale del femminismo della differenza ha il merito di aver identificato anch’essa nel principio d’identità l’incipit della deriva occidentale, ma pur partendo bene, finisce male, perché per la sola ragione di essere “figlio” di Aristotele, lo identifica come una costruzione al maschile, mentre abbiamo visto che anche la costruzione del panta rei di Eraclito è al maschile, eppero', diametralmente opposta a quella Aristotelica.
La Irigaray insomma, cade in fallo sul sesso del soggetto.....quello di Aristotele, e pare dimenticare che gli individui pur essendo determinati da un sesso biologico, a livello psichico possiedono una controparte sessuale, Anima nell’uomo e Animus nella donna, e possono esprimere archetipi sia femminili sia maschili, e dunque “l’orientamento sessuale” del pensiero non lo si riconosce dal sesso del soggetto che l’ha formulato, ma dalle caratteristiche intrinseche alla concezione stessa.
Il principio d’identità in realtà , “la madre originaria”, la più semplice, di tutte le proposizioni ricorsive, non è che la riproposizione in termini formali di un principio femminile[9], dell’archetipo dell’Uroboros, Draco interfecit se ipsum, maritat se ipsum, impraegnat se ipsum, della monoliticità della Grande Madre, l’unico senso che può avere A=A è che A, pur cambiando, non è mai Altro, rimane sempre se stesso, immutabile attraverso le variazioni che pure esistono.
Ma questo è proprio il culto della Dea Madre, non a caso mediterraneo, che ci descrive Bachofen:
La donna è il dato stabile, l’uomo diviene.
Qui ha radice anche quella concezione primitiva che parla dell’unione di una madre immortale con un padre mortale. La madre è sempre la stessa, mentre dalla parte dell'uomo, assistiamo ad una serie infinita di generazioni. La medesima madre primordiale si accoppia con uomini sempre nuovi.
A=A è insomma un'affermazione di sintesi, ed è qui che va cercato il suo senso, che significa, affinché sia valida, che deve rimane immutabile, ma dato che A è costretta a mutare perché nella realtà vige il panta rei, allora per far permanere la validità del principio ideale, si ignorano e si azzerano le differenze, prima piccole, errori sperimentali, oppure si aggiustano le teorie verso la staticità, o ancora, nella cultura si azzerano le differenze sempre più grandi, riducendo tutto all’uguale, all’uguaglianza, introducendo così un altro principio, quello d’economia[10], che poi verrà continuamente utilizzato sotto le più svariate forme, dalle istituzioni politiche a quelle sociali a quelle prettamente economiche, nell’intero corso della storia occidentale.
Come può essere maschile un principio che si fonda sull’immutabilità, sull’uguaglianza, che privilegia la materia, la democrazia, e la concezione quantitativa a quella qualitativa?
E che cosa sono 2.300 anni di pensiero razionale occidentale, se non, come abbiamo visto, il perfezionamento di questo principio? La riduzione del mondo in concordanza con questo criterio?
Se si fosse imposto il pensiero di Eraclito, aristocratico, antidemocratico, maschile, “uno è per me diecimila, se è il migliore”[11] l'Occidente avrebbe seguito un percorso radicalmente diverso, probabilmente molto più simile a quello del Sol levante, alla concezione logica del pensiero giapponese, che infatti rifiuta il principio d’identità[12], invece … si è affermato Aristotele.
A=A e perché no, anche B=A![13].
Note
[1] “Detto di passaggio: Dire di due cose, che esse sono identiche, è un nonsenso; e dire di una, che essa è identica a se stessa, dice nulla”, L. Wittgenstein, Trattato logico-filosofico, prop. 5.5303.
[2] Esemplificata dalla massima, “Non si può attraversare due volte lo stesso fiume”.
[3] Si può ritenere che flusso temporale e variazione di stato siano “collegate”, e che quindi azzerando la variazione di tempo, si azzeri anche quella di stato, ma è errato. Se è vero che non ci può essere tempo senza variazione di stato, perché in un universo immobile, morto/congelato, non ha senso nemmeno il concetto di tempo, può invece esservi variazione di stato/moto senza “scomodare” il tempo, infatti il tempo implica una regolarità nel moto, una ciclicità, ma in alternativa è possibile pensare ad un universo interamente retto da leggi caotiche, in cui l'unico moto possibile, sia quello completamente casuale/aciclico e dunque, esserci il moto, ma non il tempo. Dove non c'è predittibilità non c'è tempo, ma dove non c’è tempo, Δt=0, può comunque esserci variazione di stato e dunque, impredittibilità.
[4] Autore de “Il tramonto dell’Occidente”
[5] Quella definita Standard, che poi è quella che viene correntemente insegnata, ma esiste un'altra analisi matematica, non Standard che non ignora le differenze infinitesime, che però, e contrariamente alla definizione di matematica come la suprema scienza esatta,viene ignorata dalla maggior parte dei matematici, e di fatto, non insegnata.
[6] Vi è una chiara analogia con la parte infinitesima di materia del gamete maschile rispetto all’apporto materiale femminile.
[7] Filosofo irlandese del XVIII secolo.
[8] Tratto da “Da dove viene la matematica”, George Lakoff e Rafael Núñez
[9] Seppure usato impropriamente, ma certamente non maschile.
[10] Ad es. il rasoio di Occam, chiamato proprio "principio d’economía” o di parsimonia.
[11] Si osservi quanto questo slogan di Eraclito somigli alla natura competitiva dei gameti maschili.
[12] Si veda “La logica del luogo” di Nishida Kitaro, il più importante filosofo giapponese del XX secolo.
[13] Eguaglianza ha senso solo da un punto di vista quantitativo, e con le dovute approssimazioni, ignorando gli infinitesimi, mentre da un punto di vista qualitativo, se si riconoscono in A e B enti la cui individualità è unica … non ha alcun senso.