Autore Topic: Da pari opportunità a matriarcato...  (Letto 1277 volte)

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Online Frank

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Da pari opportunità a matriarcato...
« il: Ottobre 19, 2018, 16:15:55 pm »
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/17/da-pari-opportunita-a-matriarcato-perche-chi-rivendica-la-supremazia-delle-donne-mi-fa-inorridire/4696859/

Citazione
Da Pari Opportunità a matriarcato, perché chi rivendica la supremazia delle donne mi fa inorridire
Diritti | 17 ottobre 2018

Marcello Adriano Mazzola
Avvocato, rappresentante istituzionale avvocatura

Ieri ho letto un’intervista a Marina Terragni sul Corriere della sera, in occasione dell’uscita del suo libro Gli uomini ci rubano tutto e a pagina 41 con mia somma sorpresa leggo che “è l’ora di un femminismo radicale che affermi la primazia materna e femminile”. In realtà, lo ammetto, mi sono sorpreso soltanto che lo abbia detto chiaramente. Infatti la mission (direi il manifesto del nuovo femminismo d’assalto), per chi segue attentamente le dinamiche della comunicazione e dei codici sociali, è ben chiaro da diversi anni.

Solo qualche giorno fa, in occasione di un evento (finalmente tecnico e approfondito) critico verso il ddl Pillon, tenutosi a Roma davanti a Montecitorio, una delle relatrici, la professoressa Assunta Morresi, componente del Comitato nazionale di Bioetica, concludeva (ero in terza fila) asserendo che “le donne partoriscono e dunque hanno più diritti [degli uomini, verso i figli]”.

Solo qualche mese fa un giudice della sezione famiglia di Milano, dopo aver ascoltato nell’udienza presidenziale, entrambi i coniugi, si rivolgeva all’uomo/padre, con il seguente imperativo: “Lo sa che lei deve lasciare la casa di abitazione?”. Costui sbigottito le chiedeva perché, ed in tutta risposta riceveva l’ancor di più sorprendente “E’ la prassi di questo tribunale!”. Anche qua nulla di sorprendente, nel diritto di famiglia l’uomo si presume essere sempre il cattivo e la donna si presume essere sempre la vittima. Infatti l’uomo in tribunale entra genitore/coniuge/convivente paritetico ed esce non collocatario/frequentatore/perequatore.

Il paradosso poi è che quasi ogni giorno mi tocca leggere un articolo sulla “sparizione dei padri”, sui padri assenti. Assenti o rimossi obtorto collo?

Il magistrato Fabio Roia, presidente della sezione penale “Misure di prevenzione” del Tribunale di Milano, che si occupa di violenza in famiglia dal 1991, ha scritto di recente che l’alienazione genitoriale (migliaia di casi drammatici ogni anno, che investono i figli e per il 70-80% dei casi i padri) è una “moda” e che la violenza veda come vittime solo le donne. I centri antiviolenza, praticamente tutti, si rifiutano di ricevere denunce da parte dei maschi. Eppure ci sono e neanche poche.

La pubblicità oramai si spreca nel proporre uomini che al più son buoni per fare da macchina soffia foglie. Valfrutta ha proposto una serie di tappi da collezione, tra cui la “famiglia” che vedeva ritratti unicamente una mamma che tiene per mano i due figli. Il padre non pervenuto. Basta poi leggere attentamente i giornali per rendersi conto che identici gravi fatti di cronaca sono messi in prima pagina o in rilievo se la vittima è donna, mentre scompaiono a francobollo se la vittima è un uomo.



E’ da tempo tutto un fiorire di esternazioni dogmatiche quali “le femmine sono più sensibili/migliori a scuola/più dotate etc”. E potrei continuare a lungo. Non è che siamo passati da un patriarcato radicato (per vero solo in alcune parti d’Italia) da anni 50 a un preteso, rivendicato, urlato matriarcato misto alla ricerca di posizioni di vera supremazia?

Se lo strumento delle Pari Opportunità ha avuto un senso in passato al fine di rendere accessibile e riequilibrare posizioni apicali interamente nelle mani degli uomini, da anni oramai le pari opportunità non assolvono più a questo scopo ma sono finalizzati a garantire posizioni a prescindere dalle capacità e dai meriti. Vorrei ricordare come le donne abbiano già posizioni di assoluto rilievo nei settori più importanti: magistratura e pubblica istruzione (dalla scuola dell’infanzia alle superiori, università escluse). Dove anzi oramai gli uomini siano in posizione di minoranza, ma non per questo rivendicano quote azzurre.

Il mio timore è che raggiunto un certo equilibrio, c’è chi rivendica non uguali diritti ma bensì maggiori diritti. Il che, – da giurista che ha una posizione ortodossa verso il principio di uguaglianza -, mi fa inorridire.

Attenzione perché questa deriva sta lentamente sostituendo la lotta di classe con la lotta tra i sessi, a detrimento delle fondamenta stessa della società civile. Il mio sogno è quello di una società dove venga rispettata ogni diversità, ci sia spazio per la meritocrazia e per la solidarietà. Dove l’uguaglianza sia il primo faro.

Allora forse è il caso che tutti noi si rifletta sulle reali dinamiche che stanno investendo e producendo i cambiamenti della società civile. Società che dovrebbe nutrirsi del prezioso equilibrio delle diversità innate tra uomo e donna. E per diversità non intendo affatto che uno sia migliore dell’altro.

Online Frank

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Re:Da pari opportunità a matriarcato...
« Risposta #1 il: Ottobre 19, 2018, 16:19:20 pm »
Citazione
Marina Terragni ● un giorno fa-
Gentile Avvocato, temo che lei sulla base di una recensione abbia del tutto frainteso il senso del mio libro. Che non è, come nelle diffuse fantasie FemDom, l'auspicio di una supremazia femminile -primazia significa tutt'altro: è la centralità nella madre e della relazione madre-figlio nell'esperienza di ogni essere umano-, bensì la speranza in un mondo che non necessiti del dispositivo del dominio. La incoraggio non tanto alla lettura del libro -ci mancherebbe altro- ma a passare in una libreria e a leggere almeno la quarta di copertina, dove scrivo: Non si tratta di guerra agli uomini... si tratta di togliere ogni necessità di guerra e di dominio". Del resto perfino il papa emerito Ratzinger parla del dominio maschile come "perversione dei rapporti tra i sessi". E se è vero che una donna viene uccisa dal compagno o ex ogni due giorni, e che a parità di mansioni le donne guadagnano in media il 25% meno degli uomini (dati Onu), forse qualche problemino lo abbiamo. La invito pertanto a giudizi meno frettolosi che, come lei stesso può osservare, hanno l'unico effetto di scatenare una misoginia gratuita e fuori controllo. Sono certo che questo non piace nemmeno a lei.



Citazione
Marcello Adriano Mazzola ↪ Marina Terragni ● un giorno fa-
Gent.ma Marina, premesso che la leggo da anni e con piacere, dunque non avendo alcun pregiudizio verso le sue posizioni. Coglierò dunque l'occasione di leggere il suo libro. Il suo chiarimento conferma quanto ho scritto. Infatti mi sono limitato ad estrapolare esattamente quanto riportato nell'intervista (il cui contenuto non mi pare lei abbia smentito a CorSera). Quanto al termine "primazia" mi spiace deluderla ma secondo Treccani è "Primato, posizione di superiorità nei confronti degli altri", dunque nessun equivoco da par mia. Anche l'uso ripetitivo di argomentazioni dogmatiche quali la strage di donne ("una donna viene uccisa dal compagno o ex ogni due giorni") e dunque del suggestivo strumento "femminicidio", brandito contro gli uomini, è assolutamente errato e tale da avvelenare ogni dibattito. Infatti i numeri sono ben diversi: fonte Istat 2016, 65 donne uccise); fonte Min. Interno 2017, 55 donne uccise, e nel 2017/2018 0,2 donne uccise ogni 100.000 donne dai 18/65 anni, sulla popolazione complessiva pari a 0,1 ogni 100.000 persone. Secondo i dati Eurostat siamo costantemente da un decennio il terzo posto più sicuro in Europa. Certo pure io sarei felice che non ci fosse mai un omicidio di una donna ma esiste un posto al mondo dove non accada? Le vere stragi sono altre: i morti sul lavoro (2 ogni giorno, il 95% sono uomini); i suicidi (5 al giorno, il 90% sono uomini). Crede che colpevolizzare l'uomo ogni giorno di una strage delle donne sia serio? I miei saluti



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Nadia Somma✔Blogger ↪ Marcello Adriano Mazzola ● un giorno fa-
Gentilissimo Avvocato, i numeri sono diversi ma li citi correttamente. Istat (https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/omicidi-di-donne) parla di 65 donne uccise nel 2016. Forse ha letto male e frettolosamente perchè ha sommato vittime maschili e femminili. In realtà le donne uccise dal partner, marito ecc nel 2016 sono 59. Posto che i femminicidi sono stati 149 e vanno classificati sulla base del motivo per cui una donna è stata uccisa (una donna uccisa da un uomo durante una rapina in banca evidentemente non è femminicidio) non si capisce perché enumera le donne uccise dal marito, compagno, convivente ma non le 17 uccise dagli ex. Una svista o cosa? Considerando il fatto che il 51% delle donne che si separa lo fa per motivi di violenza il dato sulle donne uccise dagli ex fa parte del problema. Quindi: 59 più 17 fa 76. Resta inteso che anche l'uccisione di una donna da parte di un estraneo può essere femminicidio (per esempio morte in seguito ad aggressione per stupro, o donne uccise da clienti o sfruttatori ecc). Da verificare quindi se tra quelle 77 vittime sono femminicidi. (Le donne uccise da partner, ecc sono il 50% , gli uomini il 2,8%). Quindi la invito caldamente ad informare (e informarsi ) meglio sul femminicidio. E' una questione di correttezza. Inoltre trovo bizzarro che lei veda come un' arma che si brandisce contro gli uomini la denuncia della violenza maschile contro le donne ma sorvola sulle armi usate contro le donne. Saluti

Online Frank

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Re:Da pari opportunità a matriarcato...
« Risposta #2 il: Ottobre 19, 2018, 16:23:16 pm »
Naturalmente non poteva mancare il solito articolo demente della solita Nadia Somma.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/18/il-gap-tra-uomini-e-donne-esiste-eccome-caro-mazzola-e-ha-radici-economiche/4700582/

Citazione
Il gap tra uomini e donne esiste eccome, caro Mazzola. E ha radici economiche
Diritti | 18 ottobre 2018

Nadia Somma
Attivista presso il Centro antiviolenza Demetra

Dopo aver letto il post di Marcello Adriano Mazzola, dove paventa una supremazia delle donne in Italia e reclama pari opportunità, sì, ma per gli uomini, sono andata a rivedere alcuni dati sul gap economico e occupazionale tra uomini e donne nel nostro Paese. Sulla violenza contro le donne tocca ripetere che a parte le personalissime opinioni di Mazzola, ci sono numeri e dati che ne rivelano l’entità e l’asimmetria con la violenza che gli uomini possono subire dalle donne. Gli uomini, infatti, sono maggiormente vittime della violenza da parte di altri uomini e spesso a causa della stessa cultura machista che colpisce le donne. Non entrerò nemmeno nel merito dell’allarme Pas su cui ho scritto più volte e di cui l’avvocato, contraddicendo il magistrato Fabio Roia che si occupa di violenza in famiglia dal 1991, denuncia migliaia di casi ogni giorno senza indicare una ricerca di riferimento o i criteri con i quali sarebbero stati raccolti i dati ecc. Nessuna citazione tranne l’autoreferenzialità. Mi soffermerò, quindi, sul gap economico tra uomini e donne. L’avvocato Mazzola dovrebbe dormire sonni tranquilli. Molto meno tranquilli sono, invece, i sonni delle donne italiane. Andiamo a ripassare qualche dato.

L’Istat ha rilevato finalmente qualche anno fa anche la povertà delle donne separate di cui non si parlava mai. La fine di un matrimonio impoverisce entrambi i coniugi ma ad essere maggiormente a rischio di povertà sono le donne (24% contro il 15% degli uomini). Il 40% delle donne sposate sono disoccupate e il 60% che lavora, ha redditi più bassi di quelli dei mariti ed è per questo che rivelano i dati Caritas, la popolazione di separati o divorziati che si rivolge ai servizi del circuito ecclesiale è composta da un 53,5% di donne e un 46,5% di uomini (parlando di famiglie o ex famiglie con figli minori). In Italia da decenni sono state abbandonate politiche per cambiare le relazioni tra donne e uomini e il lavoro di cura è stato lasciato sulle spalle delle donne che svolgono lavoro domestico a scapito di carriera e lavoro. Esiste una mole di lavoro di cura che le donne svolgono senza alcun riconoscimento e anzi spesso sono state tacciate con violenza di parassitismo.

Sempre grazie ad una indagine Istat pubblicata del 2016 e che traccia un identikit del Paese si evince che le donne hanno effettuato 50 miliardi e 694 milioni delle ore di produzione familiare pari al 71% del totale. “Le casalinghe, con 20 miliardi e 349 milioni di ore – ci dice Istat – sono i soggetti che contribuiscono maggiormente al lavoro di cura. Il numero medio di ore di lavoro non retribuito svolte in un anno è pari a 2.539 per le casalinghe, 1.507 per le occupate e solo  826 per gli uomini (considerando sia quelli occupati, sia quelli non occupati)”. Tutte le indagini svolte negli ultimi dieci anni, ci dicono che le donne sono penalizzate nel mondo del lavoro e non solo da pregiudizi ma anche dalla maternità. I dati dell’Ispettorato del lavoro basati su una ricerca del 2016 rivelano che le dimissioni volontarie sono state 37.738 e che le donne lasciano il lavoro per assenza di servizi, impossibilità di conciliare lavoro e cura dei figli e assenza di rete parentale. Nel nostro Paese da anni si tagliano risorse per il welfare, tanto sono le donne ad assumerlo sulle loro spalle: curano figli, gli anziani, i famigliari ammalati o con handicap e pure mariti.

L’avvocato Mazzola dovrebbe sapere che uno dei principi del diritto è che non si possono trattare in maniera disuguale soggetti che sono su un piano di uguaglianza ma neppure trattare in maniera uguale soggetti tra cui esiste una disuguaglianza. Il carico di cura dei figli è sulle madri e quando nelle separazioni i giudici intervengono per aumentare la frequentazione tra padri e figli, suscitano spesso l’opposizione dei padri non delle madri, lo ha dichiarato in un comunicato contro il ddl Pillon, Magistratura democratica. E’ ovvio che in una società dove gli uomini dedicano la vita a lavoro e carriera (e lo possono fare grazie al lavoro di cura svolto dalle mogli) il tempo per occuparsi dei figli è minore. Un modo per cambiare le cose sarebbe una proposta di legge per introdurre in Italia, come è avvenuto in molti Paesi, la legge sui congedi dal lavoro per paternità e maternità, di pari durata e non cedibili. Nel 2012 invitai Mazzola ad occuparsene insieme alla sua associazione e alle associazioni dei padri separati. Mi rispose che era favorevole ma non mi risulta che se ne sia interessato sul suo blog o con la sua associazione.

Infine, uno sguardo su alcune delle meravigliose carriere delle donne.

Aumentano le magistrate ma solo una minima percentuale arriva ai vertici. Ne scriveva sulla Stampa, un anno fa circa, Linda Laura Sabbatini con l’articolo “La lunga marcia incompiuta delle donne in magistratura“: “I vertici sono rigidamente maschili. Nessuna donna è mai stata presidente della Corte di Cassazione, tra i membri del Csm solo tre sono donne e una sola espressione dei giudici togati. Tre magistrati su quattro, tra coloro che esercitano funzioni direttive, sono uomini e poco meno di due terzi di quelli che esercitano funzioni semidirettive”. Non splende il sole sui cammini delle donne nemmeno in altre professioni. Ieri Vincenzo Barone, rettore della Normale di Pisa, ha denunciato come sia impossibile promuovere delle donne all’Università perché  appena ad un concorso si presenta una donna arrivano lettere anonime con calunnie sessiste. Le solite accuse che investono la sfera della sessualità delle donne con particolari che non hanno nulla a che vedere con la loro competenza e professionalità come se la moralità delle donne dovesse influenzarne le carriere.

Ed è noto che cosa sia accaduto pochi giorni fa al Cern con la “lezione” di Alessandro Strumia. Dietro a quella che erroneamente l’avvocato Mazzola chiama “lotta tra i sessi” (sarebbe più corretto parlare di lotta ai diritti delle donne) denunciandone la sostituzione alla lotta di classe, esiste una questione mai affrontata. E si intreccia alla lotta di classe. L’enorme mole di lavoro di cura svolto dalle donne ha un valore economico che non viene in alcun modo riconosciuto. Lo si nega e disprezza ma si continua a pretendere che spetti alle donne svolgerlo e senza chiedere riconoscimenti (il ddl Pillon docet): in nome dell’amore e del dovere. Le radici della violenza maschile contro le donne si nutrono anche di disparità economiche.

@nadiesdaa




Citazione
Gianna Usafora ● 17 ore fa-
Cara Nadia lasciamo che i maschilisti seppelliscano i maschilisti e rivolgiamoci altrove. Questo è lo stato dell'arte del maschio italiano. Prendiamone atto e difendiamoci nelle sedi appropriate senza disperdere energie inutilmente.