Anch'io sono convinto che la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna sia la forma più funzionale di organizzazione della società, nonché la più efficiente.
Ma a una condizione, ovvero che la donna faccia la casalinga, e non per costrizione, ma perché contenta di farlo, come mia madre.
Far lavorare le donne oggi, nel pieno della più colossale crisi da sovraproduzione di tutti i tempi, con la metà della popolazione divisa tra disoccupati e sottoccupati, è un nonsenso sotto tutti i punti di vista.
Quando furono spinte a farlo, un motivo c'era: allora, tutto era "labour intensive", e la forza lavoro disponibile era meno di quella che serviva, anche perché la popolazione maschile in età lavorativa era stata in parte decimata dalla guerra. Fu indubbiamente una colossale cazzata, dettata solo dalla cupidigia di vedere il PIL crescere a due cifre tipo Cina, ma allora non ci si rese conto del danno colossale che si stava facendo, nel momento in cui si andava a toccare uno degli equilibri più delicati su cui si è sempre retta, per millenni, la società umana. Ma ormai è stata fatta, e indietro non si torna. Nessuna donna accetterebbe, oggi, di tornare a fare la casalinga a tempo pieno.
Oggi, dopo 4 decenni di crescita costante e cospicua della produttività del lavoro per via del progresso tecnologico, è l'esatto contrario: non c'è più abbastanza lavoro per darne a tutti.
Paradossalmente, oggi, dal mio punto di vista, sarebbe molto più funzionale un' economia pianificata di stampo socialista.
Quello che ne erano, al tempo, alcuni dei principali difetti, oggi, sarebbero pregi: la scarsa produttività, per la società nostra, sarebbe una mano santa, perché permetterebbe di risolvere il problema della disoccupazione, e il livellamento dei redditi, dal punto di vista della QM, un' altra mano santa, perché farebbe cessare il puttaneggiamento giovanile delle donne dietro agli alfa, con conseguente impennata della natalità, anche a causa della minore pressione lavorativa (è noto che la DDR, al tempo, avesse tassi di natalità due volte la BDR, anche per via del fatto che la pressione lavorativa sulle donne era assai inferiore e che queste disponessero di una serie di leggi estremamente azzeccate a tutela della stessa: asili nido gratis per tutte, congedi di maternità lunghissimi, eccetera eccetera; inoltre, la casa assegnata dallo stato, non incentivava i divorzi per accaparrarsela).
Ovviamente non sto parlando della Stasi e porcherie varie, ma solo dell' impianto economico.
La società ideale non esiste. Esiste solo, per ogni periodo storico, quella più adatta alle caratteristiche di quel dato luogo in quel dato momento, e, qui da noi, secondo me, è fuori di dubbio che, il capitalismo, abbia fatto il suo tempo, anche perché, se ci stiamo lentamente estinguendo, il motivo è da ricercarsi lì.
N.B.
Il sottoscritto è sempre stato un keynesiano convinto, NON un socialista.
Soltanto, nel corso degli anni ho capito una cosa: che il capitalismo "buono", quello dell' Italia del boom, con le nazionalizzazioni e quant'altro, non è altro che uno specchietto per le allodole. Questo, perché ha un difetto enorme: non ha gli anticorpi per resistere alla propria degenerazione, e, di conseguenza, non appena si verificano le condizioni, inizia un rapido processo di involuzione che lo porta a diventare, nel giro di qualche lustro, una sorta di neofeudalesimo, innescando una spirale autodistruttiva sia a livello economico che sociale, alla fine della quale, l'unico sbocco è rappresentato dalla sua implosione, con tutto ciò che ne consegue.
Il capitalismo, per sua stessa natura, può essere solo totalitario. Il capitalismo "buono" è solo una pia illusione.